Appello di Benedetto XVI per la giovane che vive in un Paese nel quale i cristiani sono “spesso vittime di violenza o discriminazione”. Rispetto per la dignità umana. Nel discorso per l’udienza, il Papa ha illustrato la figura di santa Giuliana di Liegi. Nella Chiesa c’è una “nuova primavera eucaristica”.
Città del Vaticano (AsiaNews) - Sia restituita la “piena libertà” ad Asia Bibi. E’ l’appello lanciato oggi da Benedetto XVI che, al termine dell’udienza generale ha detto che “la comunità internazionale segue con grande preoccupazione la dfficile situazione dei cristiani in Pakistan, spesso vittime di violenza o discriminazione”. Il Papa ha quindi espresso “vicinanza spirituale” ad Asia Bibi e ai suoi familiari e chiesto la liberazione della donna. “Prego - ha concluso - per quanti sono in situazioni analoghe e perchè la loro dignità umana e i loro diritti fondamentali siano pienamente rispettati”.
Prima dell’appello, nel discorso rivolto alle 40mila persone presenti in piazza san Pietro, Benedetto XVI ha detto che la Chiesa sta vivendo una “primavera eucaristica”, con tante persone, anche giovani che “sostano silenziosi davanti al tabernacolo per intrattenersi con Gesù”. E’ il “meraviglioso sviluppo” del culto eucaristico del quale la Chiesa è particolarmente debitrice a Santa Giuliana di Cornillon o di Liegi, la suora vissuta tra il 1191e il 1258 ala quale Benedetto XVI ha dedicato la sua riflesson per l’udienza generale.
Il Papa, continuando a illustrare le grandi figure femminili della Chiesa medioevale ha ricordato che Giuliana nacque in un ambiente, quello di Liegi, che era “un vero cenacolo eucaristico, insigni teologi vi avevano illustrato il valore supremo del Sacramento dell’Eucaristia e c’erano gruppi femminili generosamente dediti al culto eucaristico e alla comunione fervente”.
Rimasta orfana a 5 anni, Giuliana, con la sorella Agnese, fu affidata alle suore agostiniane, tra le quali entrà a 18 anni. Era una donna di “notevole cultura, al punto che cita le opere dei Padri in latino, in particolare Agostino e Bernardo”. Aveva “vivace intelligenza” e “propensione per la contemplazione”. A 16 anni ebbe la sua prima visione che si ripetè più volte. La visione rappresentava “la luna nel suo pieno splendore con una striscia scura diametralmente. Il Signore le fece comprendere che la Luna era la vita della Chiesa sulla terra e la linea scura rappresentava l’assenza di una festa liturgica” nella quale “i credenti avrebbero potuto adorare l’Eucaristia per aumentare la fede, avanzare nella pratica delle virtù e riparare le offese al Santissimo Sacramento”.
Divenne lo scopo della sua vita. Insieme ad altre due donne, “la beata Eva, che conduceva una vita eremitica, e Isabella, che l’aveva raggiunta nel monastero di Mont-Cornillon”, crearono una specie di “alleanza spirituale”. Vollero anche interpellare “teologi ed ecclesiastici su quanto stava loro a cuore. Le risposte furono positive e incoraggianti”. Questo “si ripete frequentemente nella vita dei santi: per avere la conferma che un’ispirazione viene da Dio, occorre sempre immergersi nella preghiera, saper attendere con pazienza, cercare l’amicizia e il confronto con altre anime buone, e sottomettere tutto al giudizio dei pastori della Chiesa”. E fu proprio il vescovo di Liegi, Roberto di Thourotte, che accolse la proposta di Giuliana e delle sue compagne, e istituì, per la prima volta, la solennità del Corpus Domini nella sua diocesi. Più tardi, altri Vescovi lo imitarono.
”Ai santi, tuttavia, il Signore chiede spesso di superare delle prove, perché la loro fede venga incrementata. Accadde anche a Giuliana, che dovette subire la dura opposizione di alcuni membri del clero e dello stesso superiore da cui dipendeva il suo monastero”. Giuliana, allora, “di sua volontà” lasciò il convento e per dieci anni, dal 1248 al 1258, fu ospite di vari monasteri di suore cistercensi. Si spense nel 1258 a Fosses-La-Ville, in Belgio. “Nella cella dove giaceva fu esposto il Santissimo Sacramento e, secondo le parole del biografo, Giuliana morì contemplando con un ultimo slancio d’amore Gesù Eucaristia, che aveva sempre amato, onorato e adorato”. Alla “buona causa della festa del Corpus Domini” aderì anche Giacomo Pantaléon di Troyes, che aveva conosciuto la Santa durante il suo ministero di arcidiacono a Liegi e che, divenuto papa Urbano IV, nel 1264, volle istituire la solennità del Corpus Domini come festa di precetto per la Chiesa universale. Fu ancora lui che volle dare l’esempio, celebrando la solennità del Corpus Domini a Orvieto, città in cui allora dimorava e che volle conservato nel duomo della città, ove è ancora, “il celebre corporale con le tracce del miracolo eucaristico avvenuto l’anno prima, nel 1263, a Bolsena. Un sacerdote, mentre consacrava il pane e il vino, era stato preso da forti dubbi sulla presenza reale del corpo e del sangue di Cristo nel sacramento dell’Eucaristia. Miracolosamente alcune gocce di sangue cominciarono a sgorgare dall’ostia consacrata, confermando in quel modo ciò che la nostra fede professa”.
Urbano IV chiese anche a uno dei più grandi teologi della storia, san Tommaso d’Aquino di comporre i testi dell’ufficio liturgico di questa grande festa. “Essi, ancor oggi in uso nella Chiesa, sono dei capolavori, in cui si fondono teologia e poesia. Sono testi che fanno vibrare le corde del cuore per esprimere lode e gratitudine al Santissimo Sacramento, mentre l’intelligenza, addentrandosi con stupore nel mistero, riconosce nell’Eucaristia la presenza viva e vera di Gesù, del suo Sacrificio di amore che ci riconcilia con il Padre, e ci dona la salvezza”.
Ricordando santa Giuliana di Cornillon, ha concluso il Papa, “rinnoviamo anche noi la fede nella presenza reale di Cristo nell’Eucaristia”. “Gesù Cristo è presente nell'Eucaristia in modo unico e incomparabile. È presente infatti in modo vero, reale, sostanziale: con il suo corpo e il suo sangue, con la sua anima e la sua divinità. In essa è quindi presente in modo sacramentale, e cioè sotto le specie eucaristiche del pane e del vino, Cristo tutto intero: Dio e uomo” .
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