giovedì 31 dicembre 2009

Dal prof. Carlo Bellieni

The IndependentInfant school exclusions are rising, study shows

Allarme negli asili inglesi: 2.000 (!) bambini all'anno sospesi da scuola per aver aggredito o altri bimbi o degli adulti. e i maestri si lamentano che i piccoli sono sempre più ineducati ad affrontare un ambiente dove "ci sono delle regole da rispettare", a differena che a casa loro. E qui sta il punto: la famiglia non c'è più, o ha rinunciato ad educare. E questo è il risultato.

martedì 29 dicembre 2009

Un aforisma al giorno - 151

"Una grande accusa, io credo, deve permanere a carico dei moderni sostenitori della vita semplice, la vita semplice, intendo, in tutte le sue varie forme, dal vegetarianesimo all'onorevole coerenza dei Doukhobor. Ed esattamente questa è l'accusa che permane a loro carico, che essi vorrebbero renderci semplici nelle cose senza importanza, ma complessi nelle cose importanti. Essi vorrebbero renderci semplici nelle cose che non contano, vale a dire, nella dieta, nel vestiario, nell'etichetta, nel sistema economico. Ma vorrebbero renderci complessi nelle cose che contano, nella filosofia, nella devozione, nell'accettazione spirituale e nel rifiuto spirituale. Non conta granché se un uomo mangia un pomodoro cotto o un pomodoro crudo; ma conta molto se mangia un pomodoro crudo con la mente stracotta. Il solo genere di semplicità che valga la pena di conservare è la semplicità di cuore, la semplicità che accetta e gode. (...) C'è più semplicità nell'uomo che mangia caviale di impulso che nell'uomo che mangia uvetta per principio".

Gilbert Keith Chesterton, Eretici

lunedì 28 dicembre 2009

Un aforisma al giorno - 150

"Ogni particolare indica qualche cosa, certo, ma in genere indica la cosa sbagliata. A me sembra che i fatti indichino in tutte le direzioni, come i mille rami di un albero. È solo la vita dell'albero che ha unità e si innalza, solo la linfa verde che sgorga, come una fontana, verso le stelle".

Gilbert Keith Chesterton, Il Club dei Mestieri Stravaganti

sabato 26 dicembre 2009

Una bella notizia: Morganti ristampa Uomovivo!

La Vigilia di Natale abbiamo avuto una bella telefonata da Morganti Editori che ci comunicava che Uomovivo è esaurito (!!!) e che si apprestano a ristamparlo (oltre a proseguire le pubblicazioni della collana Chestertoniana con L'Incredulità di Padre Brown e La Sfera e la Croce).

Perché è una bella notizia?

Perché vuol dire che tutti lo vogliono!

Che bellissima notizia!

Chesterton è attuale - Anche Scola cita Chesterton...

Qui un commento sul Natale del cardinale Patriarca di Venezia Angelo Scola in cui si cita Chesterton.

giovedì 24 dicembre 2009

Rialti parla di Dickens, Chesterton e controllo delle nascite

La lezione di Charles Dickens sul controllo delle nascite (da Libero)

Edoardo Rialti
Pubblicato il giorno: 24/12/09
Attualità di “Christmas Carol”

Tornato al cinema per vedere l’ultimo adattamento di Canto di Natale di Charles Dickens, non si può non ammirare con gratitudine il genio dello scrittore nell’averci donato una storia così profonda e commovente, un autentico mito moderno, capace di parlare al cuore di ogni uomo. Vi si racconta infatti come anni di solitudine ed egoismo possano essere spazzati via dalla misericordia umana e divina, e come un cuore congelato nella morsa dell’avidità, della diffidenza, e, in fondo, della paura possa sempre aprirsi al pentimento e all’amore; vi si racconta come si possa sempre tornare ad essere se stessi, quella vera identità unica ed irripetibile custodita dalle nostre memorie più pure, e che le menzogne e le scelte sbagliate possono eclissare e deturpare, ma mai cancellare.

Il vecchio e perfido Scrooge, che all’inizio del racconto viene paragonato alle pietre dure ed aguzze, alle tempeste, alle pioggie gelide dei pomeriggi più squallidi, diventa alla fine «un amico, un padrone, un uomo così buono come mai poteva averne conosciuto quella buona vecchia città»; questo grazie ad un cammino di conoscenza e conversione la cui profondità richiederebbe un commento assai più lungo.

Tuttavia, tra le numerose verità contenute nell’apparizione dell’ orribile spettro di Marley e nel confronto con gli Spiriti del Natale Passato, Presente e Futuro, spicca una figura che costituisce l’autentico perno della vicenda, la persona che cambierà più di ogni altra l’animo indurito del protagonista: si tratta del piccolo Tim, il bambino gravemente storpio dell’impiegato Bob Cratchit. Un ragazzino piagato e sfortunato, ma buono e gentile, che non ha paura delle sue malformazioni, ed anzi proprio grazie ad esse ha più chiaro di molti altri cosa sia davvero il Natale, il miracolo di Dio sceso ad abbracciare e sanare tutto il male che grava sulla vita dell’uomo: «Tornando a casa, mi ha detto che sperava che la gente lo avesse visto in chiesa, perché era storpio e per loro poteva essere un piacere rammentarsi nel giorno di Natale di Colui che fece camminare gli storpi e vedere i ciechi».

Sarà proprio lo struggimento per il destino di questo bambino a fare definitivamente breccia nel cuore di Scrooge. Ed è a questo bambino che l’autore affida l’ultima battuta della storia: «Che Dio ci benedica, ciascuno di noi!», ben più profondo che dire “tutti noi”: ciascuno esprime l’assoluto valore di ogni singolo essere umano, nella sua specificità, nei suoi aneliti e nelle sue ferite. Dio è sceso ad abbracciare ciascuno di noi. A vincere laddove sembrerebbe non esserci più speranza è dunque proprio uno degli inutili, degli infelici, dei reietti che all’inizio della storia il vecchio usuraio vorrebbe vedere rinchiusi o, meglio ancora, mai venuti al mondo: «Così si riduce la popolazione in eccesso», sentenzia Scrooge.

In una sua introduzione al grande classico, G.K. Chesterton notava: «La risposta a chiunque se ne vada parlando di popolazione in eccesso sta nel domandargli se la popolazione in eccesso non sia proprio lui, oppure, altrimenti, come faccia a sapere di no».

Ben pochi oggi si riconoscerebbero nel vecchio che, all’inizio della storia, irride e disprezza lo spirito del Natale, la gioia delle feste e della comunione tra gli uomini; ma siamo poi così sicuri di non essere più Scrooge di quanto pensiamo? La gelida e esplicita indifferenza per i deboli ed indifesi ha lasciato il posto alla cosidetta “pietà” con la quale si decide preventivamente di eliminare queste persone al momento stesso del loro concepimento, in maniera così gentile, “compassionevole” e “pulita” con milioni di aborti in tutto il mondo.

Scrooge disprezzava il suo impiegato e la sua numerosa famiglia, e quante volte oggi questi cosiddetti “uomini buoni” considerano “egoisti” le madri o i padri che faticano con amore e dedizione per mantenere i loro figli handicappati. Quello che il vecchio avido si augurava è oggi sostenuto con serafica serenità da tanta «gente buona» la cui posizione di fondo è esattamente la stessa, e con assai maggiore ipocrisia in effetti: non vogliamo seccature, non vogliamo che ci sia qualcosa o qualcuno che ci obblighi ancora una volta a sfondare le nostre sicurezze e comodità.

Dickens non dice affatto che non si debba lottare contro il dolore e la miseria, anzi: sarà proprio la generosità del vecchio usuraio a salvare la vita del piccolo Tim, di cui «divenne come un secondo padre». Ma Dickens ci sta mostrando come la prima risposta a tutte le sofferenze sia sempre ed innanzitutto un abbraccio d’amore, che ci mette in discussione e spacca le nostre previe misure.

Proprio per questo ci introduce sempre più nella pienezza e nella gioia: donare la nostra vita vuol dire, davvero ritrovarla, ed il vecchio Scrooge, arriva a sperimentare da vecchio quello che sembrava perduto negli errori della giovinezza: la gioia dell’amicizia e della paternità.

BUON NATALE DI CUORE!!!

Natale: è una sfida che fa rimbombare
bruscamente
campane a mezzanotte, come cannoni.
Messaggeri di una battaglia appena vinta:
è la gioia della grotta, un'allegria
da trincea, da città fortificata.

Questo bimbo da una grotta
erompe –
sotterranea divinità che esplode – :
ha minato il mondo. Scrolla dal basso
palazzi e parlamenti; e il gran re che avverte
la vibrazione sotto i piedi, trema
nel tremante suo palazzo.
E tra i misteri della grotta
questo è forse il più grande: anche
se gli uomini sotto terra
l'inferno hanno cercato, sotterra il cielo
hanno trovato. Questo il paradosso:
le più Alte Idee da quel giorno solo dal basso
possono agire. E il Regno
non può ricostituirsi senza
ribellione.

Perché la Chiesa non nacque
principato, ma per esser – contro il principe
del mondo –
universale rivoluzione.



(G. K. Chesterton, adattamento da un brano de L'Uomo Eterno)

Buon Natale a tutti voi cari amici di Gilbert e di Gesù!

Chesterton è attuale - Eric Cantona parafrasa Chesterton

« Sono molto orgoglioso che i tifosi cantino ancora il mio nome allo stadio, ma ho paura che un domani loro si fermino. Ho paura perché lo amo. E ogni cosa che ami, hai paura di perderla. »
(Éric Cantona)


Inviato da iPhone

martedì 22 dicembre 2009

Dal prof. Carlo Bellieni

Donatori non "Non morti ma morenti"? Una nuova sfida da rifiutare.

New York TimesWhen Does Death Start?

Un tempo si aspettava una trafila di accertamenti prima di dichiarare la morte; oggi in certi casi di danno cerebrale "si crea una nuova classe di donatori: non morti ma morenti". Al padre della piccola Amanda, danneggiata da una caduta di bicicletta, il medico "mi disse che Amanda non sarebbe più potuto andare in bici o skateboard, e lei non l'avrebbe mai voluto" e l'articolista aggiunge: "se alla gente senza possibilità di significativa ripresa si dà la possibilità di una vita artificiale, non si dovrebbe dare loro anche la possibilità di una morte artificiale"?

AvatarNew York TimesHeaven and Nature

Avatar, è ambientato nel 2154, su un pianeta chiamato Pandora, molto simile alla Terra per dimensioni e forme di vita. Questo articolo del NYT ne spiega il panteismo di base.

Poesia e stupore.

Qui trovate un interessante articolo dell'amico e socio Marco Testi dal titolo Lo stupore e il respiro - La poesia come domanda, incontro, comunicazione. Dall'Agenzia di stampa Sir.

GRAN BRETAGNA/ L'ultima follia: per Natale regaliamoci il divorzio

Da Il Sussidiario, questo articolo dell'amico Gianfranco Amato giustamente intitolato "l'ultima" follia degli inglesi, ultima in ordine di tempo di una lunga serie. Verrebbe da dire: last but not least... ma noi speriamo sempre in una rinascita dell'intelligenza nella patria di Gilbert, magari con la sua intercessione (e questo sarebbe davvero un miracolo da fargli meritare direttamente la canonizzazione...).

martedì 22 dicembre 2009

È giunto il tempo delle strenne natalizie. Quest’anno i londinesi, per la prima volta, potranno trovare sotto l’albero di Natale un nuovo regalo: un “divorce voucher”. Sì, avete capito bene, si tratta di un buono che consente di utilizzare una prestazione professionale legale in materia di divorzio: 125 sterline per 30 minuti e 250 sterline per un’ora di consulenza. Iva compresa.

La “brillante” idea è stata partorita dallo studio legale Lloyd Platt & Co., specializzato, ça va sans dire, in diritto di famiglia. Vanessa Lloyd Platt, una delle titolari del prestigioso studio, conferma con soddisfazione che da quando è partita l’iniziativa, qualche settimana fa, sono già più di 50 i voucher acquistati da mariti, mogli e amanti. Tra gli interessati ci sono anche amici e parenti di coppie in crisi.

Di fronte all’accusa di trasformare cinicamente una tragedia umana in un regalo, la bella Vanessa Lloyd Platt si è limitata a constatare che «Natale è davvero un periodo stressante per le famiglie e lo dimostra il fatto che, tutti gli anni, si registra sempre un gran numero di richieste di divorzio nel mese di gennaio». Per questo l’iniziativa del voucher «risponde a una vera esigenza delle persone e sta riscontrando un inaspettato interesse».

Mentre leggevo, tra il serio e il faceto, l’articolo del Telegraph che riportava questa notizia, mi sono venuti in mente due personaggi inglesi che hanno affrontato il tema drammatico della crisi coniugale con un’interessante prospettiva laica. Niente a che vedere con religione, fede, Chiesa e sacramenti.

Il primo è John Ware, celebre giornalista televisivo che ama definirsi «privo di qualunque bagaglio ideologico» e autore del documentario “La Morte del Rispetto”, sulla crisi familiare in Gran Bretagna, andato in onda sul canale BBC2 alle 23:20 perché il tema è stato considerato «too dark», troppo pesante, per la prima serata.

Ware parte da una forte critica a quella che lui definisce la «sperimentazione individualista del dopoguerra», i cui frutti hanno portato a una «fragmented society». Secondo Ware, infatti, «tutto è cominciato negli anni ’70 con il crescere del numero dei genitori non sposati, dei genitori single, dei genitori conviventi o dei genitori acquisiti» e «in un simile contesto è nata una generazione di figli che si è trovata allo sbando».

Responsabile di questa tragedia sociale è stata «la furia iconoclasta del ‘68 che ha distrutto diverse cose negative ma anche tante positive come, ad esempio, l’istituto del matrimonio». Il punto è che ora, stando al giornalista della BBC, «nonostante gli evidenti effetti benefici del matrimonio, soprattutto per i figli, il governo ha sempre evitato un dibattito serio sull’argomento» e si è rassegnato alla «ineluttabilità di un “irreversible social trend”, le cui rilevanti conseguenze sembra si debbano inevitabilmente subire».

Perciò il laico John Ware sostiene che «l’unico modo per ribaltare il problema è comprendere la stretta relazione che esiste tra la frammentazione della società e il declino dell’istituto matrimoniale».

L’altro personaggio che affronta il tema non in chiave teologica o fideistica ma con un approccio definito di “pragmatic common sense”, è uno che di divorzi se ne intende. Si tratta del celebre giudice Sir Paul Coleridge, quello che ha trattato, tra l’altro, anche il complicato divorzio tra Heather Mills and Sir Paul McCartney. Uno che in materia ne ha viste di tutti i colori, operando, tra l’altro, nel Paese che ha il più alto tasso di divorzi del mondo.

Proprio per questo Coleridge è giunto alla conclusione che il matrimonio rappresenti l’unico «gold standard» della relazione tra un uomo e una donna e anche l’unico argine al «breakdown» della famiglia britannica, fenomeno che sta assumendo dimensioni «epidemiche», e che rappresenta «materia di forte preoccupazione per tutti i soggetti coinvolti, a cominciare dai più deboli, ovvero i figli».

Coleridge parla di un «totale e incontrollato “liberi tutti”, in cui l’unico parametro di comportamento è quello dell’essere fedeli a se stessi, ai propri desideri ed ai propri bisogni». Un individualismo esasperato che sta distruggendo la trama del tessuto sociale.

Da tale considerazione nasce, tra l’altro, la proposta lanciata dal giudice di costituire una commissione nazionale per affrontare i risvolti sociali del divorzio, problema che sta assumendo «una rilevanza pubblica paragonabile al tema della sicurezza o della crisi economica». Che per Coleridge non sia una questione ideologica lo dimostra il fatto che egli, pur sottolineando la prevalenza del modello sociale del matrimonio, non è sfavorevole al riconoscimento di alcuni diritti alle coppie di fatto con una consolidata convivenza. Il punto è quello di non distruggere la coesione sociale retta dalla famiglia.

La trovata del “divorce voucher” di Vanessa Lloyd Platt conferma, in realtà, il rischio della banalizzazione di un fenomeno sociologico sempre più preoccupante. Ma la migliore risposta a questa bislacca iniziativa l’hanno data i bambini.

L’anno scorso è stato effettuato un sondaggio tra 1.500 bimbi britannici al di sotto dei dieci anni, attraverso il quale è stato chiesto a ciascuno di loro che cosa avrebbe voluto abolire se fosse diventato padrone del mondo. Significativo che tra le prime dieci cose da vietare ci fossero il divorzio e gli atti di bullismo. Due forme di violenza che gli occhi distratti dei genitori spesso evitano di guardare.

Pio XII, il papa che si oppose a Hitler


di Piero Gheddo

Benedetto XVI ha riconosciuto le sue virtù eroiche. Fino agli anni ’60 il mondo ebraico l’ha sempre lodato e apprezzato per aver salvato la vita di centinaia di migliaia di ebrei. Poi ha cambiato registro. La “leggenda nera” contro di lui sostenuta dai Paesi comunisti.


Milano (AsiaNews) - Papa Benedetto ha approvato l’eroicità delle virtù di Pio XII, con reazioni negative da una parte del mondo ebraico e da corrente laiche o laiciste che hanno avversato da sempre il “Pastor Angelicus”, venerato e pregato da molti che l’hanno conosciuto. Ho letto l’opera di uno storico tedesco, Michael Hasemann: “Pio XII – Il Papa che si oppose a Hitler” (Paoline, Milano 2009, pagg. 336), che fa giustizia delle calunnie contro Eugenio Pacelli: di aver favorito l’ascesa al potere di Hitler e di avere taciuto di fronte alla Shoa degli ebrei. La ricerca di Hesemann, fondata su documenti d’archivio tedeschi e nazisti, ha la Prefazione del Postulatore della causa di beatificazione di Pio XII, il gesuita tedesco Peter Gumpel che scrive: “Mentre il nostro immane lavoro di ricerca e studio procedeva, i miei collaboratori e io ci siamo convinti sempre più che nei riguardi di Pio XII era stata creata una vera e propria “leggenda nera””.

Eugenio Pacelli, come nunzio in Germania, era contro Hitler fin dagli anni venti. Da quel “pazzo fanatico”, che aveva carisma e mobilitava le folle, non sarebbe venuto nulla di buono: i suoi rapporti a Roma e l’azione che svolse in Germania lo dimostrano senza ombra di dubbio. Poi, come Papa Pio XII, aveva mobilitato la diplomazia vaticana e la rete europea di diocesi, parrocchie, istituti ed enti religiosi per portare in salvo gli ebrei e ottenne, già durante la guerra, centinaia di migliaia di visti d’ingresso per i profughi dall’Europa nazista in Argentina, Santo Domingo e altri paesi dell’America Latina. “Nel frattempo – scrive Hasemann – le potenze belligeranti non facevano nulla per impedire la Shoah. Parecchi Stati, fra i quali Svizzera e USA, respinsero i rifugiati ebrei, fino al punto di rimandarli in Germania, dove finivano nelle camere a gas! L’Aviazione alleata aveva sorvolato più volte Auschwitz, scattando fotografie anche dei forni crematori, ma non si prese la briga di bombardare le linee ferroviarie che portavano al lager”.

Eppure c’è stata una violenta campagna contro “il silenzio” di Pio XII, ma nessuno ha protestato contro il silenzio di Roosevelt, Churchill, Stalin e nemmeno della Croce Rossa, anche lei impegnata nella salvezza dei profughi dal Nazismo e costretta al silenzio per poter salvarne il più possibile. Gli ebrei salvati per intervento diretto della Chiesa cattolica, secondo una ricerca documentata fino allo scrupolo di Pinchas Lapide, storico israeliano: da 847.000 a 882.000, con numeri per i singoli paesi: Romania 250.000, Francia e Ungheria 200.000, Italia 55.000, ecc.

Hasemann riporta citazioni di rappresentanti del mondo ebraico, che fino al 1963 ringraziavano Pio XII. Chaim Weizmann (futuro primo Presidente dello Stato di Israele) già nel 1943 scriveva: “La Santa Sede presta il suo potente aiuto, ovunque sia possibile, allo scopo di alleviare la sorte dei miei correligionari perseguitati”. Nel 1944, il rabbino capo degli ebrei in Palestina, dichiarò: “Il popolo d’Israele non dimenticherà mai ciò che ha fatto Sua Santità per i nostri fratelli e sorelle più sfortunati, in questa tragicissima pagina della nostra storia”. Il 21 settembre 1945 il segretario del “Congresso ebraico mondiale”, Leon Kubowitzky, ringraziava Pio XII per “aver salvato gli ebrei dalle persecuzioni fasciste e naziste” e per “tutto il bene che la Chiesa si è sforzata di compiere a favore del nostro popolo”. Alle parole era unita una donazione di 20.000 dollari al Pontefice.

Al termine della guerra, Moshe Scharett, futuro secondo Presidente di Israele, venne ricevuto in udienza da Pio XII e dichiarò: “Gli dissi che, a nome del popolo ebraico, era mio dovere ringraziare lui, e tramite lui l’intera Chiesa cattolica, per tutto ciò che avevano fatto per salvare gli ebrei nelle varie nazioni”. Raffaele Cantoni, Presidente dell’UCEI (Unione delle comunità ebraiche in Italia), dichiarava nel dopoguerra: “Sei milioni di miei correligionari sono stati assassinati dai nazisti, ma il numero delle vittime sarebbe stato di molto superiore senza l’efficace intervento di Pio XII”. Per il 17 aprile 1955 gli ebrei italiani proclamarono una “Giornata del ringraziamento” per i soccorsi loro prestati dal Papa. Il 26 maggio di quell’anno l’Orchestra filarmonica di Israele venne appositamente in Vaticano per eseguire brani di Beethoven alla presenza di Pio XII, “in segno di gratitudine dello Stato ebraico per l’opera da lui compiuta a favore dei perseguitati”.

Fino all’inizio degli anni sessanta, da parte del mondo ebraico non vi sono che voci favorevoli all’azione di Pio XII in aiuto agli ebrei perseguitati. La campagna contro questo grande Papa nasce nel 1963 quando viene pubblicato in Germania “Il Vicario”, di uno sconosciuto giovane tedesco Rolf Hochhuth, che mai aveva frequentato gli Archivi vaticani e non conosceva quelli nazisti. Hasemann documenta molto bene che l’opera di Hochhuth è stata preparata direttamente dal KGB e si augura che si aprano gli archivi sovietici, ma queste notizie non sono passate nella stampa mondiale. “Il Vicario” ha un successo immediato e internazionale, sostenuta dai Partiti comunisti dell’Occidente e dalla stampa fiancheggiatrice di sinistra. Qualsiasi smentita circa la falsità delle tesi sostenute non trova spazio nella stampa internazionale, mentre già nel marzo 1963 il governo della Repubblica Federale tedesca aveva preso le distanze da “Il Vicario”, con questo comunicato: “Il Governo Federale si rammarica che siano state mosse accuse contro Papa Pio XII. Il defunto Pontefice aveva levato in diverse occasioni la voce contro le persecuzioni razziali del Terzo Reich e liberato quanti più ebrei possibile dalle mani dei persecutori”.

I nostri fratelli cattolici nel mondo soffrono molto. Guardate che succede in Indonesia ed in Iraq.

















In alto: manifestazione dei cattolici curdi in Iraq e i danni alla chiesa indonesiana di cui all'articolo qui sotto.



Jakarta, mille estremisti islamici, fra cui donne e bambini, assaltano una chiesa cattolica
di Mathias Hariyadi

Ancora un omicidio mirato contro la comunità cristiana di Mosul

lunedì 21 dicembre 2009

Uomini e tristezza - Rassegna stampa

21 Dicembre 2009 - Giornale
NATALE. Spariscono Gesù e stella cometa 88 KB

19 Dicembre 2009 - CorrieredellaSera
Feste in famiglia. Allargata 216 KB

19 Dicembre 2009 - Foglio
Liberi Per Vivere
SI PARLA DI NOI :: Gli embrioni non sono cavie 87 KB

Papa Wojtyla e Pio XII: firmati i decreti per la beatificazione

Dal blog di Andrea Tornielli - 19.12.2009

"Benedetto XVI, come previsto e annunciato, ha promulgato questa mattina il decreto sulle virtù eroiche di Giovanni Paolo II. Ma la vera sorpresa, inattesa, è la firma del decreto riguardate Pio XII, al secolo Eugenio Pacelli. Il processo di Papa Wojtyla, com’è noto, si è svolto velocemente. Quello di Pacelli, aperto per volontà di Paolo VI alla fine del Concilio insieme a quello di Papa Giovanni, è durato a lungo. I cardinali e vescovi della Congregazione dei santi avevano votato all’unanimità in favore delle virtù eroiche di Pio XII nel maggio 2007. Ma Benedetto XVI aveva deciso di non promulgare subito il decreto, e aveva fatto fare un supplemento di ricerca. Questa indagine suppletiva, basata sui documenti dell’Archivio vaticano, si è conclusa già da qualche mese e l’esito è stato ancora una volta assolutamente positivo. Così oggi, a sorpresa, sono stati approvati congiuntamente entrambi i decreti, insieme a molti altri".

sabato 19 dicembre 2009

Il Sussidiario cita spesso Chesterton

Qui un articolo di Lorenzo Albacete da Il Sussidiario su Obama e l'Afghanistan. Si cita Chesterton.

Qui un articolo di Phillip Blond, consigliere del leader conservatore inglese Cameron e noto estimatore di Chesterton, sul "modern conservativism". Si cita pure Chesterton.

Sono tutti e due in inglese, of course...

giovedì 17 dicembre 2009

Rassegna stampa

17 Dicembre 2009 - Messaggero
Bioetica
Il partito dell'embrione 102 KB

17 Dicembre 2009 - èVita
Fine Vita
Il nodo-calendario per la legge 67 KB

17 Dicembre 2009 - Riformista
Scuola
Scaraffia: la laicità che ha paura di una suora 106 KB

23 Dicembre 2009 - Tempi
Scuola
Negare il Natale a 97 aulunni su 100 è autocensura 110 KB

17 Dicembre 2009 - CorrieredellaSera
Bagnasco: no ai nuovi maesrtri dell'odio 82 KB

17 Dicembre 2009 - Tempo
CROCEFISSO. Oggi si decide a Straburgo 20 KB

Chesterton e il Natale a New York! Grazie a Riro Maniscalco!


Il nostro amico italo-americano Riro Maniscalco ci ha appena inviato, fresca fresca straight from the event, una foto dell'incontro su Chesterton e il Natale, organizzato a New York e di cui avevamo dato tempo fa notizia.

Era presente un altro grande amico, padre Ian Boyd, e quindi cosa desiderare di più dall'America?

E' una bella sorpresa e ci conferma che abbiamo tanti buoni amici sparsi per il mondo di cui ringraziare a voce alta Nostro Signore che si avvicina così a grandi passi verso di noi!

mercoledì 16 dicembre 2009

Il Papa parla di Giovanni di Salisbury, di ragione, di libertà e di vita


  •  CATECHESI DEL SANTO PADRE IN LINGUA ITALIANA

    Cari fratelli e sorelle,

    oggi ci avviamo a conoscere la figura di Giovanni di Salisbury, che apparteneva a una delle scuole filosofiche e teologiche più importanti del Medioevo, quella della cattedrale di Chartres, in Francia. Anch'egli, come i teologi di cui ho parlato nelle settimane scorse, ci aiuta a comprendere come la fede, in armonia con le giuste aspirazioni della ragione, spinge il pensiero verso la verità rivelata, nella quale si trova il vero bene dell'uomo.

    Giovanni nacque in Inghilterra, a Salisbury, tra il 1100 e il 1120. Leggendo le sue opere, e soprattutto il suo ricco epistolario, veniamo a conoscenza dei fatti più importanti della sua vita. Per circa dodici anni, dal 1136 al 1148, egli si dedicò agli studi, frequentando le scuole più qualificate dell'epoca, nelle quali ascoltò le lezioni di maestri famosi. Si recò a Parigi e poi a Chartres, l'ambiente che segnò maggiormente la sua formazione e di cui assimilò la grande apertura culturale, l'interesse per i problemi speculativi e l'apprezzamento per la letteratura. Come spesso accadeva in quel tempo, gli studenti più brillanti venivano richiesti da prelati e sovrani, per esserne stretti collaboratori. Questo accadde anche a Giovanni di Salisbury, che da un suo grande amico, Bernardo di Chiaravalle, fu presentato a Teobaldo, Arcivescovo di Canterbury - sede primaziale dell'Inghilterra -, il quale volentieri lo accolse nel suo clero. Per undici anni, dal 1150 al 1161, Giovanni fu segretario e cappellano dell'anziano Arcivescovo. Con infaticabile zelo, mentre continuava a dedicarsi allo studio, egli svolse un'intensa attività diplomatica, recandosi per dieci volte in Italia, con lo scopo esplicito di curare i rapporti del Regno e della Chiesa di Inghilterra con il Romano Pontefice. Fra l'altro, in quegli anni il Papa era Adriano IV, un inglese che ebbe con Giovanni di Salisbury una stretta amicizia. Negli anni successivi alla morte di Adriano IV, avvenuta nel 1159, in Inghilterra si creò una situazione di grave tensione tra la Chiesa e il Regno. Il re Enrico II, infatti, intendeva affermare la sua autorità sulla vita interna della Chiesa, limitandone la libertà. Questa presa di posizione suscitò le reazioni di Giovanni di Salisbury, e soprattutto la coraggiosa resistenza del successore di Teobaldo sulla cattedra episcopale di Canterbury, san Tommaso Becket, che per questo motivo andò in esilio, in Francia. Giovanni di Salisbury lo accompagnò e rimase al suo servizio, adoperandosi sempre per una riconciliazione. Nel 1170, quando sia Giovanni, sia Tommaso Becket erano già rientrati in Inghilterra, quest'ultimo fu assalito e ucciso all'interno della sua cattedrale. Morì da martire e come tale fu subito venerato dal popolo. Giovanni continuò a servire fedelmente anche il successore di Tommaso, fino a quando venne eletto Vescovo di Chartres, dove rimase dal 1176 al 1180, anno della sua morte.

    Delle opere di Giovanni di Salisbury vorrei segnalarne due, che sono ritenute i suoi capolavori, designate elegantemente con i titoli greci di Metaloghicón (In difesa della logica) e ilPolycráticus (L'uomo di Governo). Nella prima opera egli – non senza quella fine ironia che caratterizza molti uomini colti – respinge la posizione di coloro che avevano una concezione riduttiva della cultura, considerata come vuota eloquenza, inutili parole. Giovanni, invece, elogia la cultura, l'autentica filosofia, l'incontro cioè tra pensiero forte e comunicazione, parola efficace. Egli scrive: "Come infatti non solo è temeraria, ma anche cieca l'eloquenza non illuminata dalla ragione, così la sapienza che non si giova dell'uso della parola è non solo debole, ma in certo modo monca: infatti, anche se, talora, una sapienza senza parola può giovare a confronto della propria coscienza, raramente e poco giova alla società" (Metaloghicón 1,1, PL 199,327). Un insegnamento molto attuale. Oggi, quella che Giovanni definiva "eloquenza", cioè la possibilità di comunicare con strumenti sempre più elaborati e diffusi, si è enormemente moltiplicata. Tuttavia, tanto più rimane urgente la necessità di comunicare messaggi dotati di "sapienza", ispirati cioè alla verità, alla bontà, alla bellezza. È questa una grande responsabilità, che interpella in particolare le persone che operano nell'ambito multiforme e complesso della cultura, della comunicazione, dei media. Ed è questo un ambito nel quale si può annunciare il Vangelo con vigore missionario.

    Nel Metaloghicón Giovanni affronta i problemi della logica, ai suoi tempi oggetto di grande interesse, e si pone una domanda fondamentale: che cosa può conoscere la ragione umana? Fino a che punto essa può corrispondere a quell'aspirazione che c'è in ogni uomo, cioè la ricerca della verità? Giovanni di Salisbury adotta una posizione moderata, basata sull'insegnamento di alcuni trattati di Aristotele e di Cicerone. Secondo lui, ordinariamente la ragione umana raggiunge delle conoscenze che non sono indiscutibili, ma probabili e opinabili. La conoscenza umana – questa è la sua conclusione - è imperfetta, perché soggetta alla finitezza, al limite dell'uomo. Essa, però, cresce e si perfeziona grazie all'esperienza e all'elaborazione di ragionamenti corretti e coerenti, in grado di stabilire rapporti tra i concetti e la realtà, grazie alla discussione, al confronto e al sapere che si arricchisce di generazione in generazione. Solo in Dio vi è una scienza perfetta, che viene comunicata all'uomo, almeno parzialmente, per mezzo della Rivelazione accolta nella fede, per cui la scienza della fede, la teologia, dispiega le potenzialità della ragione e fa avanzare con umiltà nella conoscenza dei misteri di Dio.

    Il credente e il teologo, che approfondiscono il tesoro della fede, si aprono anche a un sapere pratico, che guida le azioni quotidiane, cioè alle leggi morali e all'esercizio delle virtù. Scrive Giovanni di Salisbury: "La clemenza di Dio ci ha concesso la sua legge, che stabilisce quali cose sia per noi utile conoscere, e che indica quanto ci è lecito sapere di Dio e quanto è giusto indagare… In questa legge, infatti, si esplicita e si rende palese la volontà di Dio, affinché ciascuno di noi sappia ciò che per lui è necessario fare" (Metaloghicón 4,41, PL 199,944-945). Esiste, secondo Giovanni di Salisbury, anche una verità oggettiva e immutabile, la cui origine è in Dio, accessibile alla ragione umana e che riguarda l'agire pratico e sociale. Si tratta di un diritto naturale, al quale le leggi umane e le autorità politiche e religiose devono ispirarsi, affinché possano promuovere il bene comune. Questa legge naturale è caratterizzata da una proprietà che Giovanni chiama "equità", cioè l'attribuzione a ogni persona dei suoi diritti. Da essa discendono precetti che sono legittimi presso tutti i popoli, e che non possono in nessun caso essere abrogati. È questa la tesi centrale delPolycráticus, il trattato di filosofia e di teologia politica, in cui Giovanni di Salisbury riflette sulle condizioni che rendono l'azione dei governanti giusta e consentita.

    Mentre altri argomenti affrontati in quest'opera sono legati alle circostanze storiche in cui essa fu composta, il tema del rapporto tra legge naturale e ordinamento giuridico-positivo, mediato dall'equità, è ancor oggi di grande importanza. Nel nostro tempo, infatti, soprattutto in alcuni Paesi, assistiamo a uno scollamento preoccupante tra la ragione, che ha il compito di scoprire i valori etici legati alla dignità della persona umana, e la libertà, che ha la responsabilità di accoglierli e promuoverli. Forse Giovanni di Salisbury ci ricorderebbe oggi che sono conformi all'equità solo quelle leggi che tutelano la sacralità della vita umana e respingono la liceità dell'aborto, dell'eutanasia e delle disinvolte sperimentazioni genetiche, quelle leggi che rispettano la dignità del matrimonio tra un uomo e una donna, che si ispirano a una corretta laicità dello Stato – laicità che comporta pur sempre la salvaguardia della libertà religiosa –, e che perseguono la sussidiarietà e la solidarietà a livello nazionale e internazionale. Diversamente, finirebbe per instaurarsi quella che Giovanni di Salisbury definisce la "tirannia del principe" o, diremmo noi, "la dittatura del relativismo": un relativismo che, come ricordavo qualche anno fa, "non riconosce nulla come definitivo e lascia come ultima misura solo il proprio io e le sue voglie" (Missa pro eligendo Romano Pontifice, Omelia, "L'Osservatore Romano", 19 aprile 2005).

    Nella mia più recente Enciclica. Caritas in veritate, rivolgendomi agli uomini di buona volontà, che si impegnano affinché l'azione sociale e politica non sia mai sganciata dalla verità oggettiva sull'uomo e sulla sua dignità, ho scritto: "La verità e l'amore che essa dischiude non si possono produrre, si possono solo accogliere. La loro fonte ultima non è, né può essere, l'uomo, ma Dio, ossia Colui che è Verità e Amore. Questo principio è assai importante per la società e per lo sviluppo, in quanto né l'una né l'altro possono essere solo prodotti umani; la stessa vocazione allo sviluppo delle persone e dei popoli non si fonda su una semplice deliberazione umana, ma è inscritta in un piano che ci precede, e che costituisce per tutti noi un dovere che deve essere liberamente accolto" (n. 52). Questo piano che ci precede, questa verità dell'essere dobbiamo cercare e accogliere, perché nasca la giustizia, ma possiamo trovarlo e accoglierlo solo con un cuore, una volontà, una ragione purificati nella luce di Dio.

  • Iraq - Mons. Sako: a Mosul è in atto una “pulizia etnica” contro i cristiani


    Chi leva la voce per difendere questi nostri fratelli inermi?



    L’arcivescovo di Kirkuk conferma il rafforzamento delle misure di sicurezza per Natale, nel timore di nuovi attacchi. Ieri doppio attentato a Mosul, colpite due chiese della città. Il bilancio è di una neonata morta e 40 feriti. Fonte di AsiaNews in città: la comunità cristiana è “destinata a morire”.


    Kirkuk (AsiaNews) – A Mosul è in atto una “pulizia etnica e religiosa” che si è acuita “nell’imminenza del Natale”. È quanto afferma ad AsiaNews mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, che anticipa il “rafforzamento delle misure di sicurezza per le feste”. In città si respira un clima di tensione e paura, accresciuto dal nuovo attacco avvenuto ieri a due luoghi di culto, che ha causato una vittima e 40 feriti. Una fonte cristiana della città, anonima per motivi di sicurezza, lancia l’allarme: “la comunità è destinata a morire”.

    Nella tarda mattinata di ieri un’autobomba è esplosa nei pressi della chiesa dell’Annunciazione, nel quartiere al-Mohandiseen, danneggiando muri e vetrate. Gli attentatori hanno lanciato anche una serie di granate contro l’adiacente scuola cristiana, uccidendo una neonata e ferendo altre 40 persone, fra cui cinque liceali. Saad Younes, padre della bambina di otto giorni, conferma che l’esplosione è avvenuta mentre la cognata e la piccola uscivano dall’ospedale.

    Un secondo attentato ha preso di mira la chiesa siro-cattolica dell’Immacolata, nel quartiere di al-Shifaa, a nord di Mosul. Un ordigno è esploso davanti alla cancellata che si affaccia sulla strada, senza causare vittime né feriti. Gli attacchi di ieri sono solo l’ultimo episodio di una serie di violenze contro i luoghi di culto cristiani della città: il 26 novembre scorso i terroristi hanno raso al suolo la chiesa di Sant’Efrem e colpito la Casa Madre delle suore domenicane di Santa Caterina.

    Fonti di AsiaNews in città confermano la “fuga delle suore” e le poche rimaste “hanno paura ad uscire”. Gli attacchi sono “un messaggio di avvertimento” per costringere i cristiani all’esodo di massa. “Le famiglie che sono fuggite al nord, nel Kurdistan – conferma la fonte – non hanno lavoro, né una prospettiva di vita. La comunità cristiana è destinata a morire”.

    Una preoccupazione condivisa da mons. Louis Sako, arcivescovo di Kirkuk, che parla di “pulizia etnica e religiosa” in atto a Mosul. Il governo centrale e i partiti, aggiunge il prelato, si preoccupano solo delle elezioni, in programma il 7 marzo 2010, e soprattutto della “spartizione del petrolio”. Il quadro politico della città è complesso: gli arabi controllano il potere locale, i curdi non partecipano al consiglio municipale; nella zona vi è inoltre una forte presenza di gruppi fondamentalisti e membri del vecchio regime di Saddam Hussein.

    “La situazione è molto tesa – sottolinea mons. Sako – la settimana scorsa sono stati uccisi due fratelli cristiani, altri due sono stati rapiti. Dov’è il governo locale? Dov’è il governo centrale? Dove sono le rappresentanze dei partiti al potere?” domanda il prelato.

    Egli auspica una maggiore coesione all’interno della comunità cristiana, perché riesca a creare un “potere forte” in grado di respingere le violenze. Fra le possibili risposte, il prelato chiede “una dichiarazione forte a nome delle chiese e dei partiti cristiani, per dire che siamo saldi, che siamo per l’Iraq, per la pace e la convivenza fra le etnie e le religioni”. “Distruggere questo mosaico – aggiunge – è come distruggere tutto l’Iraq”.(DS)

    Un film su Gregor Mendel, ill "padre" della genetica, quando scienza e fede spiegano la realtà



    E' interessante, leggete, amici.

    di Mario Gargantini e Alberto Carrara (Il Sussidiario)

    mercoledì 16 dicembre 2009


    Arriva sul grande schermo, e speriamo anche nelle sale e multisale della penisola, la vita dell’abate Gregor Mendel, sacerdote cattolico e padre della genetica moderna. Il film The Gardener of God (Il giardiniere di Dio) è la prima produzione cinematografica moderna sulla figura di Mendel ed è un affettuoso omaggio a uno scienziato schivo e riservato, che persegue i suoi obiettivi con grande passione; un sacerdote che vive per Cristo, che fa della preghiera uno stato d'animo e il faro della sua vita, un prete-scienziato che fin da giovane era convinto che le forze della natura agiscono secondo una segreta armonia, che è compito dell'uomo scoprire per il bene dell'uomo stesso e la gloria del Creatore.
    I 110 minuti del film, girato in Piemonte e a Salisburgo, narrano la storia umana e spirituale di Mendel, abate dell’ordine di San Agostino, che fu al contempo uomo di fede, di cultura e uomo di scienza, sacerdote fervoroso e inquieto intellettuale. La sceneggiatura alterna la vita monastica dell’abate agostiniano alla sua passione per la ricerca scientifica, come pure al suo dono peculiare di direttore e maestro d’anime.
    Altri personaggi intrecciano le loro vite con la sua: come la volubile contessa von Bauman, che cerca di sedurlo ma davanti all'integrità di Mendel si redime, vergognandosi del proprio errore; è interpretata da Anja Kruse, nota artista della televisione austro-tedesca. E poi la principessa von Limburg, amica e mecenate, che lo appoggia nei momenti difficili; è interpretata dalla principessa Maria Pia Ruspoli. Il film mostra anche un incontro amichevole e paterno tra Mendel e Papa Pio IX, che incoraggia lo scienziato e gli spiega che la scienza è il tentativo dell'uomo di essere degno di Dio.

    Johann Gregor Mendel era nato a Heinzendorf (nell’attuale Repubblica Ceca) il 22 luglio 1822. Fu monaco, botanico, metereologo e genetista; era giunto alla scienza grazie alla sua passione per l’agricoltura. Nel 1843 entrò nel monastero agostiniano di Altbrünn e nel 1847 professò i voti religiosi e ricevette gli ordini sacri. Durante i suoi studi teologici gli venne permesso partecipare a corsi di agricoltura e di viticoltura imparando da Franz Diebl il metodo di impollinazione artificiale come tecnica principale per migliorare le piante in modo controllato.

    Tra il 1851 e il 1853 studiò all’Università di Vienna dove apprese, per la prima volta attraverso Franz Unger, le teorie sulla mutazione delle specie e quella sull’antichità del pianeta Terra. Dallo stesso Unger, Mendel imparò l’applicazione della teoria cellulare di Virchow applicata alla fertilizzazione delle piante; tale tecnica lo portò ad identificare, nel 1856, la cellula uovo e il granello di polline quali elementi per la formazione di un nuovo individuo, lo zigote. Membro della Società di Zoologia e Botanica di Vienna, si rese conto presto della totale assenza di una vera analisi statistica sulla frequenza delle ibridazioni con piante.
    Tornato al monastero di Brünn, come pone in rilievo il film, Mendel iniziò una serie di esperimenti con la pianta di pisello (Pisum sativum) che lo resero celebre non soltanto nella storia della scienza. Iniziò le sue ibridazioni nel 1856 e terminò i suoi studi otto anni dopo, con estrema pazienza e costanza. Tra il 1856 e il 1863, coltivò e incrociò più 30.000 piante di Pisum sativum. I suoi studi, presentati nel 1865 durante il Congresso della Società di Scienze Naturali, costituirono le fondamenta scientifiche della moderna genetica. Morì a Brünn (Moravia) il 6 gennaio 1884.

    Giovanni Paolo II, in un suo discorso commemorativo del 10 marzo 1984, così si esprimeva: «prima di divenire uomo di cultura e di scienza, Gregorio Mendel fu uomo di fede. E tale egli restò, sapendo strettamente unire, come già altri, ma in un modo ben superiore, la vita cristiana e monastica alle sue ricerche scientifiche, e sempre mantenendo il genio della sua intelligenza eccezionale ugualmente rivolto verso il suo Creatore per lodarlo e adorarlo, e verso la creazione, per scoprire le leggi in essa nascoste dalla provvida sapienza di Dio». «Sull’esempio del suo maestro sant’Agostino - concludeva il Papa - seguendo la propria vocazione personale, Gregorio Mendel, nell’osservazione della natura e nella contemplazione del suo Autore, seppe in un medesimo slancio congiungere la ricerca della verità con la certezza di conoscerla già nel Verbo creatore, luce seminata in ogni uomo e rifulgente nell’intimo delle leggi della natura, che lo studioso pazientemente decifra».

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    È questa una perfetta sintesi delle qualità dell’abate che emergono dal film, presentato in anteprima a Roma la scorsa settimana presso l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum. Scritto e diretto da Liana Marabini, il film è una produzione Condor Pictures e vede come attore protagonista il famoso Christopher Lambert, perfettamente a suo agio nei panni di padre Mendel.
    La Marabini è scenarista, regista e produttrice; si è specializzata in film ispirati alla storia della Chiesa, riscoprendo i grandi personaggi che ne hanno esaltato la ricchezza intellettuale e spirituale. Ha portato così in scena dei nuovi modelli, benché antichi, come Vivaldi, il curato d’Ars, il cardinale Newman e ora Mendel: tutti uomini notevoli che hanno raggiunto l’immortalità con le loro opere, ispirate da Dio e che avevano in comune il fatto di essere preti cattolici. Liana Marabini è anche fondatrice e presidente di Mirabile Dictu – International Catholic Film Festival, la cui prima edizione si svolgerà dal 7 all’11 giugno 2010 all’Auditorio Vaticano.
    Presente all’anteprima, l’Arcivescovo Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha sottolineato come lo strumento cinematografico sia riuscito a portare a galla il delicato quanto necessario dialogo tra scienza e fede.

    (Mario Gargantini, Alberto Carrara)

    Rassegna stampa (ieri)

    14 Dicembre 2009 - Avvenire
    Fine Vita
    No alle trattative al ribasso sulla legge 82 KB

    15 Dicembre 2009 - Avvenire
    Fine Vita
    Malati terminali, persone da rispettare e sostenere 124 KB

    15 Dicembre 2009 - Avvenire
    Fine Vita
    Anzani: sono tutti viventi 74 KB

    15 Dicembre 2009 - CorrieredellaSera
    Aborto
    Aborto selettivo. Assolti i medici 51 KB

    Un'altra splendida poesia di Chesterton da Rodolfo Caroselli

    Dal mitico Rodolfo Caroselli che ringraziamo:

    Propongo un'altra grande poesia del Nostro da me tradotta in versi italiani.


    “A prayer in Darkness” by Gilbert Keith Chesterton
    [“Preghiera nell’oscurità”, traduzione in versi italiani di Rodolfo Caroselli]


    THIS much, O heaven—if I should brood or rave,
    [Questo Ti chiedo, o Cielo, se impazzissi,]
    Pity me not; but let the world be fed,
    [niente pietà; ma che si nutra il mondo,]
    Yea, in my madness if I strike me dead,
    [sì, se io, folle, a morte mi colpissi,]
    Heed you the grass that grows upon my grave.
    [cura Tu l’erba sopra al mio sepolcro.]

    If I dare snarl between this sun and sod,
    [Se impegolato qui fra sole e terra,]
    Whimper and clamour, give me grace to own,
    [urla e rumore, lasciami la grazia,]
    In sun and rain and fruit in season shown,
    [nel sole, nella pioggia e nei Tuoi frutti,]
    The shining silence of the scorn of God.
    [del muto, scintillante, sdegno Tuo.]

    Thank God the stars are set beyond my power
    [Le stelle, grazie a Dio, mi son precluse]
    If I must travail in a night of wrath,
    [nel mio notturno, tormentato pianto]
    Thank God my tears will never vex a moth,
    [che, grazie a Dio, non turba una falena,]
    Nor any curse of mine cut down a flower.
    [né il maledire mio recide un fiore.]

    Men say the sun was darkened: yet I had
    [Benché si dica: il sole fu oscurato,]
    Thought it beat brightly, even on—Calvary:
    [splendeva io credo anche sul Calvario;]
    And He that hung upon the Torturing Tree
    [ed Egli udendo, appeso a quella Croce,]
    Heard all the crickets singing, and was glad.
    [tutti i grilli cantar, fu consolato.]

    martedì 15 dicembre 2009

    Papa: la crisi ecologica “storica opportunità” per ripensare i nostri stili di vita

    Si intitola “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato” il messaggio di Benedetto XVI per la prossima Giornata mondiale della pace. Il rispetto della natura, oltre che essere una questione economica, ha il suo fondamento nella morale e chiede quindi un cambiamento di stili di vita delle persone e degli Stati. La responsabilità dei Paesi tecnologicamente avanzati e di quelli in via di sviluppo. La “ecologia umana” e il rischio del panteismo. Il testo completo del messaggio.


    Città del Vaticano (AsiaNews) – La “crisi ecologica” che il mondo si trova oggi ad affrontare è una “storica opportunità” per ripensare in modo lungimirante il modello di sviluppo dell’umanità, abbandonando stili di vita, personali e nazionali, dettati dall’egoismo e dal consumismo, a favore di una solidarietà tra persone, nazioni e generazioni, fondata sulla comune responsabilità nei confronti del creato. E’ una “necessità” che, per Benedetto XVI, esige la coscienza che “ogni decisione economica ha una conseguenza di carattere morale” e che, di conseguenza, va affrontata con un rinnovamento culturale ed etico, che si preoccupi in primo luogo della “ecologia umana”, rifiutando ogni riduzione della persona, sia quella proveniente dalla “assolutizzazione” della tecnica, sia quella visione egualitaristica della “dignità” di tutti gli esseri viventi, che rischia di sfociare in un nuovo pantesimo.

    Cade nel momento in cui a Copenhagen le nazioni del mondo discutono del loro futuro il messaggio di Benedetto XVI per la 43ma Giornata mondiale della pace, che il Papa ha dedicato al tema “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”. In esso, partendo dal principio che “la creazione è l’inizio e il fondamento di tutte le opere di Dio e la sua salvaguardia diventa oggi essenziale per la pacifica convivenza dell’umanità” (n. 1), il Papa chiede ad ogni uomo e ad ogni nazione di scegliere vie che portino al “governo” e non all’“abuso” della natura, attraverso strumenti come l’uso dell’energia solare, una “gestione del sistema idrogeologico globale”, “appropriate strategie di sviluppo rurale incentrate sui piccoli coltivatori e sulle loro famiglie”, “idonee politiche per la gestione delle foreste, per lo smaltimento dei rifiuti, per la valorizzazione delle sinergie esistenti tra il contrasto ai cambiamenti climatici e la lotta alla povertà” (n. 10).

    La questione ecologica, afferma Benedetto XVI è urgente, “Come rimanere indifferenti - chiede - di fronte alle problematiche che derivano da fenomeni quali i cambiamenti climatici, la desertificazione, il degrado e la perdita di produttività di vaste aree agricole, l’inquinamento dei fiumi e delle falde acquifere, la perdita della biodiversità, l’aumento di eventi naturali estremi, il disboscamento delle aree equatoriali e tropicali? Come trascurare il crescente fenomeno dei cosiddetti ‘profughi ambientali’: persone che, a causa del degrado dell’ambiente in cui vivono, lo devono lasciare”? “Come non reagire di fronte ai conflitti già in atto e a quelli potenziali legati all’accesso alle risorse naturali? Sono tutte questioni che hanno un profondo impatto sull’esercizio dei diritti umani, come ad esempio il diritto alla vita, all’alimentazione, alla salute, allo sviluppo” (n. 4).

    La risposta deve partire dalla considerazione che “la crisi ecologica non può essere valutata separatamente dalle questioni ad essa collegate, essendo fortemente connessa al concetto stesso di sviluppo e alla visione dell’uomo e delle sue relazioni con i suoi simili e con il creato. Saggio è, pertanto, operare una revisione profonda e lungimirante del modello di sviluppo, nonché riflettere sul senso dell’economia e dei suoi fini, per correggerne le disfunzioni e le distorsioni” (n. 5). Occorre, insomma, “un profondo rinnovamento culturale”, la riscoperta di quei valori che costituiscono il fondamento sul quale costruire un futuro migliore per tutti. Dal momento, infatti, che le situazioni di crisi “siano esse di carattere economico, alimentare, ambientale o sociale, sono, in fondo, anche crisi morali collegate tra di loro”, esse “obbligano a riprogettare il comune cammino degli uomini. Obbligano, in particolare, a un modo di vivere improntato alla sobrietà e alla solidarietà, con nuove regole e forme di impegno” (n. 5).

    Se, dunque, occorre un nuovo progetto di sviluppo, esso deve partire dalla considerazione che “tutto ciò che esiste appartiene a Dio, che lo ha affidato agli uomini, ma non perché ne dispongano arbitrariamente. E quando l’uomo, invece di svolgere il suo ruolo di collaboratore di Dio, a Dio si sostituisce, finisce col provocare la ribellione della natura, piuttosto tiranneggiata che governata da lui. L’uomo, quindi, ha il dovere di esercitare un governo responsabile della creazione, custodendola e coltivandola” (n. 6), anche per le generazioni future. Il Papa parla, in proposito, di “leale solidarietà inter-generazionale”, aggiungendo che “la tutela della proprietà privata non ostacoli la destinazione universale dei beni” (n. 8).

    Quasi prevedendo le obiezioni che i Paesi del Terzo mondo hanno sollevato a Copenhagen (il messaggio porta la data dell’8 dicembre), Benedetto XVI afferma che è “importante riconoscere, fra le cause dell’attuale crisi ecologica, la responsabilità storica dei Paesi industrializzati”. Per questo “è necessario che le società tecnologicamente avanzate siano disposte a favorire comportamenti improntati alla sobrietà, diminuendo il proprio fabbisogno di energia e migliorando le condizioni del suo utilizzo” (n. 9). D’altro canto, “i Paesi meno sviluppati e, in particolare, quelli emergenti, non sono tuttavia esonerati dalla propria responsabilità rispetto al creato, perché il dovere di adottare gradualmente misure e politiche ambientali efficaci appartiene a tutti” (n. 8).

    Appare infatti “sempre più chiaramente che il tema del degrado ambientale chiama in causa i comportamenti di ognuno di noi, gli stili di vita e i modelli di consumo e di produzione attualmente dominanti, spesso insostenibili dal punto di vista sociale, ambientale e finanche economico. Si rende ormai indispensabile un effettivo cambiamento di mentalità che induca tutti ad adottare nuovi stili di vita nei quali la ricerca del vero, del bello e del buono e la comunione con gli altri uomini per una crescita comune siano gli elementi che determinano le scelte dei consumi, dei risparmi e degli investimenti” (n. 11) . “Tale responsabilità non conosce frontiere. Secondo il principio di sussidiarietà, è importante che ciascuno si impegni al livello che gli corrisponde, operando affinché venga superata la prevalenza degli interessi particolari” (n. 11). “Occorre, inoltre, richiamare la responsabilità dei media in tale ambito, proponendo modelli positivi a cui ispirarsi. Occuparsi dell’ambiente richiede, cioè, una visione larga e globale del mondo; uno sforzo comune e responsabile per passare da una logica centrata sull’egoistico interesse nazionalistico ad una visione che abbracci sempre le necessità di tutti i popoli. Non si può rimanere indifferenti a ciò che accade intorno a noi, perché il deterioramento di qualsiasi parte del pianeta ricadrebbe su tutti” (n. 11).

    Da parte sua, la Chiesa “ha una responsabilità per il creato”, dono di Dio per tutti, “anzitutto, per proteggere l’uomo contro il pericolo della distruzione di se stesso”. “Il degrado della natura è, infatti, strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana, per cui quando l’«ecologia umana» è rispettata dentro la società, anche l’ecologia ambientale ne trae beneficio. Non si può domandare ai giovani di rispettare l’ambiente, se non vengono aiutati in famiglia e nella società a rispettare se stessi: il libro della natura è unico, sia sul versante dell’ambiente come su quello dell’etica personale, familiare e sociale. I doveri verso l’ambiente derivano da quelli verso la persona considerata in se stessa e in relazione agli altri” (n. 12). Di qui il nuovo incoraggiamento a salvaguardare una “autentica ecologia umana” che “affermi con rinnovata convinzione l’inviolabilità della vita umana in ogni sua fase e in ogni sua condizione, la dignità della persona e l’insostituibile missione della famiglia, nella quale si educa all’amore per il prossimo e al rispetto della natura” (n. 12).

    L’ultima considerazione del Papa è dedicata a contestare quelle concezioni del rapporto dell’uomo con l’ambiente che portano ad “assolutizzare” la natura e “ritenerla più importante della stessa persona”, in quanto elimina la differenza “ontologica” tra la persona umana e gli altri esseri viventi. “In tal modo, si viene di fatto ad eliminare l’identità e il ruolo superiore dell’uomo, favorendo una visione egualitaristica della ‘dignità’ di tutti gli esseri viventi. Si dà adito, così, ad un nuovo panteismo con accenti neopagani che fanno derivare dalla sola natura, intesa in senso puramente naturalistico, la salvezza per l’uomo. La Chiesa invita, invece, ad impostare la questione in modo equilibrato, nel rispetto della ‘grammatica’ che il Creatore ha inscritto nella sua opera, affidando all’uomo il ruolo di custode e amministratore responsabile del creato, ruolo di cui non deve certo abusare, ma da cui non può nemmeno abdicare. Infatti, anche la posizione contraria di assolutizzazione della tecnica e del potere umano, finisce per essere un grave attentato non solo alla natura, ma anche alla stessa dignità umana” (n. 13). (FP)

    Il testo del messaggio: http://212.77.1.245/news_services/bulletin/news/24827.php?index=24827&lang=it

    lunedì 14 dicembre 2009

    Dopo il crocifisso, la Corte Europea ci prova con l’aborto

    di Gianfranco Amato (Il Sussidiario)

    lunedì 14 dicembre 2009

    Dopo i crocifissi in Italia ora tocca alla legge antiabortista irlandese. Lo scorso 9 dicembre, infatti, si è svolta a Strasburgo, davanti ai 17 giudici della Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, l’udienza relativa al ricorso promosso contro l’Irlanda a causa della legislazione pro-life vigente in quello Paese.

    Il caso è giunto avanti alla Corte a seguito della richiesta avanzata da tre donne irlandesi di veder riconoscere il “diritto” di aborto anche nell’Isola di smeraldo.

    L’interruzione volontaria della gravidanza è attualmente illegale in Irlanda, a meno che la vita della donna non sia in grave pericolo, e persino la Costituzione è stata modificata nel 1983 per includere un emendamento pro-life. Oggi, infatti, nella Carta Costituzionale irlandese si legge: «Lo Stato afferma il diritto alla vita del nascituro e, tenuto conto dell’eguale diritto alla vita della madre, garantisce nella propria legislazione il riconoscimento e, per quanto possibile, l’esercizio effettivo e la tutela di tale diritto, attraverso idonee disposizioni normative».

    Il governo irlandese non ha esitato a difendere a spada tratta la propria Costituzione e le norme che ne derivano in tema di aborto, davanti ai giudici di Strasburgo. L’Avvocato Generale dello Stato, Paul Gallagher, ha dichiarato, senza mezzi termini, che il ricorso rappresenta un «significant attack» al sistema sanitario irlandese. Gallagher si è rivolto alla Corte affermando che «il diritto alla vita del nascituro è basato su fondamentali valori morali profondamente radicati nel tessuto sociale irlandese».
    La sentenza della Corte Europea è attesa per l’anno prossimo.

    Ora, a prescindere dal merito dei singoli casi pendenti avanti la Corte di Strasburgo, la questione più generale che si pone è quella di capire se sia ammissibile che la cultura, la tradizione, i valori e persino le norme approvate in parlamento attraverso un processo democratico, possano essere messe in discussione da un organismo internazionale artificialmente creato e del tutto avulso dal contesto che è chiamato a giudicare.

    Il paradosso si ingigantisce se si considera che quella cultura, quelle tradizioni, quei valori e quelle leggi appartengono ad uno stato membro dell’Unione Europea e possono essere smantellate da un organismo che con l’Unione non ha nulla a che vedere.

    Sì, perché la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nonostante l’altisonante aggettivo, non è un’istituzione dell’Unione Europea e non va confusa, come spesso accade, con la Corte di Giustizia Europea, che invece è, a tutti gli effetti, un’importante componente dell’architettura istituzionale comunitaria.

    Gli strenui difensori dei principi liberali e democratici si dovrebbero porre il problema se sia giusto consegnare la sovranità popolare di un Paese membro dell’Unione Europea a diciassette uomini dalle più disparate estrazioni, visto che fanno attualmente parte della Corte anche giudici provenienti dalla Turchia, dalla Macedonia, dall’Albania, dal Montenegro, dalla Moldavia, dalla Georgia e persino dall’Azerbaigian.

    Oggi quell’organismo internazionale – impropriamente chiamato Corte Europea – è in grado di giudicare cultura, tradizioni, valori e leggi di Paesi che non rappresentano proprio la Korea di Kim Yong Il, la Libia di Gheddafi, l’Iran di Ahmadinejad, o la Birmania della giunta militare golpista guidata dal generale Than Shweh. Si tratta dell’Irlanda e dell’Italia, due civili e democratici Paesi europei accumunati, guarda caso, dal “difetto” di essere entrambi due Paesi cattolici.

    Quando scoppiò il caso dei crocifissi, scoprimmo che il giudice della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in rappresentanza dell’Italia è Vladimiro Zagrebelsky, talmente imparziale da aver meritato il premio di “Laico dell’anno 2008”, conferitogli dalla Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni, aderente alla EHF – FHE European Humanist Federation.
    C’è forse qualcuno disposto a scommettere su come Zagrebelsky si pronuncerà in merito alla questione irlandese?

    Il "marketing virale chestertoniano" del nostro amico Giovanni Borghi

    Abbiamo un amico, Giovanni Borghi, il quale si è talmente appassionato (e giustamente! e come faceva a non appassionarsi?) a Chesterton che, oltre a diventare socio della nostra scalcinata Società, ha preso una decisione solenne che condividiamo in toto: contagiare quante più persone sia possibile della sua stessa "malattia". Per cui si è dato all'elargizione di copie di Ortodossia tra i suoi amici e congiunti.

    Col suo permesso pubblichiamo questa simpatica mail intercorsa con la nostra segretaria Elisa dalla quale si evince questa sua apprezzabilissima volontà e l'intenzione di non "creare stock" illegittimi! Lo salutiamo con caloroso affetto e diciamo: ci fossero tanti Borghi così! Quanto starebbero meglio tutti, dopo aver letto l'Ortodossia?

    Cosa simile fecero lo scorso anno Piergiorgio Bighin e Gigi Liseno di Chioggia. Dissero: invece di fare regali idioti, facciamo questo! Bello!!!

    Speriamo di tornare presto in grado di fornirvi altre copie di Ortodossia! Comunque chi vorrà fare regali chestertoniani, avrà sempre la possibilità di avvalersi delle convenzioni con Morganti, Lindau e Fede&Cultura!

    Gentile Elisa,

    visto che sul blog pubblicizzate le copie di Ortodossia, immagino ne abbiate delle altre.

    Se il prezzo e' lo stesso di prima, ovviamente spedizione a parte, volevo ordinarvene altre 20 copie.
    Penso sia giusto darvi la mia parola sul fatto che le daro' tutte in regalo, visto il numero che ho chiesto.

    Delle dieci che vi avevo gia' ordinato quattro sono per ora avanzate, due le ho lasciate a miei amici, A.P. e C.S.. Una e' alla mia famiglia, una al parroco di M. e B. (PV), una a un amico della libreria E.C. di Modena e una e' stata regalata da mio fratello a D.B., da poco ordinato diacono.
    Prevedo di lasciarne una copia ad altri due parroci di Modena (G.B. e G.B.), a E.B. e ad un'amica. Questo esaurisce le dieci.

    Per tutte le altre, vi faro' sapere per correttezza e grosso modo l'uso che ne ho fatto, mantenendo l'anonimato dei riceventi. Vedrete che comunque ne faccio uso non all'ingrosso, bensi' indirizzandola in modo personale (e in citta' diverse) a chi sono sicuro puo' apprezzare l'autore, o a chi, suo malgrado, mi promette che lo leggera' (e poi spero nell'effetto sorpresa).

    sabato 12 dicembre 2009

    Dal prof. Carlo Bellieni

    "Casuale" sarai tu!

    December 12th, 2009 http://carlobellieni.com

    Alla fine dell'anno Darwiniano in cui ci hanno rintronato e ci rintronano anche in questi ultimi giorni di dicembre in tutte le salse con gli inni al darwinismo, vogliamo vederci chiaro? Nulla contro Darwin o contro un'idea che le specie siano evolute e cambiate nel tempo. Ma c'è tanto che non ci torna. Intanto non capiamo perché si parli di evoluzione se si ritiene che la natura non abbia un creatore e dunque una finalità: se tutto avviene a caso e per lotta continua per la sopraffazione, perché pensare che l'apparizione dell'uomo non sia invece una involuzione o un caso, perché pensare che l'uomo sia il top e non lo sia invece l'altro ramo dello sviluppo delle specie, per esempio il gabbiano? Ma c'è di più: perché nelle immagini sull'evoluzione verso il migliore, si rappresenta al top della scala l'uomo-maschio-bianco? E la donna? E chi non è "bianco"? Non credo che sia una casualità, dato che l'evoluzionismo si sviluppò grazie a Darwin che viveva nell'Inghilterra bianca che stava governando il mondo col suo impero e cercava una giustificazione morale e biologica al suo imperialismo, che voleva essre dettato non da brama di potere, ma dall'ineluttabilità della natura e della storia al governo dell'uomo bianco (vedi Kipling) sul mondo. D'altronde il malthusiaesimo che predica la paura della sovrappopolazione (da parte di un popolo che consumava e razziava i beni di mezzo mondo) è imparentato col darwinismo casuale. Ma se tutto è causale, cosa ci fa pensare che nostra moglie e nostro figlio, non siano un ammasso di cellule e molecole che per caso si sono incrociate e per un evento legato alla forza e alla violenza sono restate appiccicate tra loro? Ma ancor prima, se tutto è caso, se tutto avviene per una selezione casuale di pulsioni e forze, le leggi della fisica dovrebbero aver seguito lo stesso itinerario: al'inizio milioni di leggi casualmente accozzate, poi nei millenni dei millenni ne sono rimaste solo, guarda tu, quelle armoniche. All'inizio ci sarebbe stata una forza di gravità che invece di attrarre gli oggetti li respingeva, insieme ad un'altra che li schiacciava e una che li faceva girare in tondo o in ellisse o a zig-zag. E lo stesso per milioni di forze diverse e di assenza di forze, tra cui sarebbe restata solo quella centripeta e quella centrifuga… milioni di leggi e soprattutto milioni di mondi senza nessuna legge, in cui le leggi della fisica (la termodinamica, l'entropia…) sarebbero arrivate a dominare l'universo dopo aver conquistato il mondo schiacciando i mondi senza leggi… Senza poi contare oggi l'arrivo dell'epigenetica che sta rivalutando l'influsso dell'ambiente sull'evoluzione ma non in senso di selezionare delle mutazioni casuali, ma in quello di provocare delle differenti espressioni del messaggio scritto nel DNA: l'ambiente fa parlare il DNA in modo diverso e quando il DNA ha appreso questo messaggio, lo trasmette in maniera ereditabile. Insomma, il mondo non sarebbe più un campo di battaglia per la sopravvivenza del migliore, ma una sala di lavoro dove l'ambiente collabora col DNA e lo aiuta ad esprimersi. Questo non spiega tutto, ma ci apre gli occhi sul fatto che se, mentre il darwinismo casuale spiegava l'evoluzione in base ai caratteri più stravolgenti, non spiega in fondo l'evoluzione dei caratteri minori: se in base al darwinismo casuale è comprensibile che il batterio che muta casualmente possa sopravvivere all'antibiotico mortale, non è comprensibile, in base a quel principio, perché i piedi dell'uomo si allungano progressivamente e lentamente nei tempi: i nostri figli hanno in media due taglie di scarpe in più  rispetto alla generazione precedente… perché quelli con le scarpe più piccole non riescono a riprodursi? E se è poetico pensare alla giraffa che sopravvive meglio se improvvisamente ne nasce una col collo lungo che mangia le foglie degli alberi in un boschetto dove non ci sono piante basse, non si capisce con chi si sarebbe accoppiata e riprodotta questa sciagurata giraffa dal collo lungo, a meno che non si pensi che nello stesso giorno e nello stesso posto ne sia nata un'altra con la stessa mutazione e ovviamente di sesso diverso; e siccome i figli di una sola coppia non bastano per fare una stirpe, di mutazioni "causali" ce ne volevano almeno una ventina e sempre per caso avvenute tutte lo stesso giorno e sempre per caso tutte nello stesso posto. Insomma, quando si dice "casuale" bisogna essere coerenti...

    venerdì 11 dicembre 2009

    Ci sono tante cose da dire e allora le mettiamo tutte insieme, cari amici...


    Noi è un po' che lo diciamo che questi signori non sanno più cosa inventarsi:

    L'ultima dei cosiddetti ambientalisti: più aborti in Africa per salvare la Terra, di Gianfranco Amato (da Il Sussidiario).

    Sempre sull'argomento, insistono:

    Per i problemi climatici Pechino suggerisce la strategia del figlio unico per tutto il mondo (da AsiaNews).

    Sappiamo che qualcuno ci rimarrà male, ma Cristo è davvero presente nell'Eucarestia:

    Papa: l’eucaristia non è un “rito di socializzazione”, in essa Gesù è realmente presente, (da AsiaNews).

    Chesterton lo ha sempre detto:

    Papa: Se Dio sparisce, l’umanità rischia di distruggere se stessa
    (da AsiaNews).

    Padre Samir è uno dei pochi che comprende davvero il Medio Oriente, il mondo islamico, l'Asia (lasciate stare occidentalisti, no global, teocon, neocon, americanisti, antiamerikanisti che albergano nei cosiddetti giornaloni italiani... per piacere!), quindi leggetelo:

    P. Samir: La scomparsa delle Chiese del Medio oriente, tragedia per cristiani e musulmani (di Samir Khalil Samir, da AsiaNews).

    Il brillantissimo e chestertoniano (quanto alla massa, di certo...) don Lorenzo Albacete dice la sua sugli ambientalisti:

    La bomba atomica degli ambientalisti (di Lorenzo Albacete, da Il Sussidiario).

    Mentre in Europa si vuole mettere fuori dalle scuole il Crocifisso, in India purtroppo va ancora peggio:

    Estremisti indù bruciano una chiesa nell’Andhra Pradesh (di Nirmala Carvalho da AsiaNews)

    Purtroppo mentre in Europa si chiacchiera, in Iraq la gente muore e soprattutto i cristiani:

    Mosul, uccisi due fratelli cristiani. Cellula di al Qaeda rivendica la strage a Baghdad (da AsiaNews).

    mercoledì 9 dicembre 2009

    Abbiamo momentaneamente terminato le copie di Ortodossia...

    ...quindi dovrete avere pazienza per un po'.

    Appena saremo in grado di metterle a disposizione, ve lo faremo sapere.

    Grazie comunque per l'attenzione che dimostrate per il Capolavoro.

    Gilbert e Gulisano sabato a Settignano (FI)

    La Comunità dei Figli di Dio di Settignano (Firenze), la realtà ecclesiale fondata dal grandissimo don Divo Barsotti, ha invitato il nostro caro vicepresidente Paolo Gulisano. Andate, è un bel posto e si parla naturalmente del nostro Gilbert.

    Sabato 12 dicembre 2009

    Oratorio della Misericordia - Settignano (FI)

    Ore 15,30

    G. K. CHESTERTON:
    L'AVVENTURA DI UN UOMO VIVO


    Conferenza di Paolo Gulisano (Giornalista e scrittore)


    Dopo l'incontro introduttivo dedicato alla vita e al pensiero del cardinale Newman, sabato 12 dicembre si terrà a Settignano il secondo incontro del ciclo dedicato agli scrittori inglesi. In questo secondo appuntamento approfondiremo la conoscenza di un'altra grande figura del panorama inglese: Gilbert Keith Chesterton (1874-1936).
    Chesterton è stato giornalista, polemista e scrittore assai prolifico; in trent'anni di attività ha scritto infatti quasi cento libri tra cui alcuni saggi e biografie (su Charles Dickens, Francesco d'Assisi e Tommaso d'Aquino), ha composto poesie, opere teatrali, romanzi, racconti brevi e un numero difficilmente calcolabile di articoli di giornale.
    Nato a Londra il 29 maggio 1874 da una famiglia borghese di confessione anglicana, a vent'anni, a motivo del suo insuccesso universitario e dell'insorgere di tante domande sulla vita, Chesterton viene colpito da una grave forma di depressione e da una crisi di scetticismo nei riguardi della fede. Superata questa grave crisi attraverso le letture, in particolare del Libro di Giobbe, rinasce spiritualmente e inizia la sua attività letteraria. Nel 1922 si converte alla Chiesa cattolica grazie all'amicizia di padre John O'Connor (il sacerdote irlandese che gli ispirerà il personaggio di Padre Brown) e di Hilaire Belloc. Chesterton morì il 14 giugno 1936. In occasione della sua morte, papa Pio XI inviò un telegramma al capo della gerarchia ecclesiastica in Inghilterra in cui si diceva che il papa pregava e piangeva la morte di colui che definiva "devoto figlio della Santa Chiesa, difensore ricco di doti della Fede Cattolica". Era la seconda volta che un papa dava il titolo di Difensore della Fede (defensor fidei) a un inglese (la prima era stata ad Enrico VIII).
    Per presentarci la vita e il pensiero di Chesterton abbiamo invitato Paolo Gulisano: studioso di letteratura, collaboratore de L'Osservatore Romano, è tra i maggiori esperti italiani di Chesterton, Lewis e Tolkien. Su Chesterton ha pubblicato il libro Chesterton e Belloc. Apologia e profezia (Ancora 2002). Quest'anno è uscita una sua interessante biografia sullo scrittore Oscar Wilde, sempre pubblicata da Ancora (Il ritratto di Oscar Wilde, 2009). L'incontro si terrà come sempre nell'Oratorio della Misericordia di Settignano e avrà inizio alle 15.30. Vi aspettiamo numerosi

    lunedì 7 dicembre 2009

    GRAN BRETAGNA - La storia di Jennie, discriminata perché cristiana

    Da Il Sussidiario
    Gianfranco Amato

    lunedì 7 dicembre 2009

    La Landscore Primary School di Crediton è una comune scuola elementare del Devonshire. Jennie Cain è una comune impiegata che lavora in quella scuola e che ha una figlia di cinque anni, Jasmine, che frequenta proprio la Landscore Primary School. Una comune alunna tra tante alunne.

    Il fatto straordinario - destinato a creare un vero e proprio caso - è che lo scorso gennaio Jasmine è stata rimproverata dall’insegnante della sua classe per aver parlato della fede cristiana con un’altra bambina. Per essere precisi, la “colpa” della piccola Jasmine è di aver spaventato un’altra bambina parlando dell’inferno. A quella conversazione teologica tra bimbi, avvenuta nell’ottobre del 2008, nessun adulto, peraltro, aveva partecipato ed era quindi in grado di confermare l’esatto tenore della discussione.

    Venuta a sapere delle motivazioni che avevano portato alla pubblica reprimenda della propria figlia, la signora Cain decide di mandare una e-mail privata ai familiari e agli amici della parrocchia che frequenta, chiedendo loro di pregare per l’accaduto.
    Nonostante quella e-mail fosse stata spedita dal computer di casa della signora Cain, fuori dall’orario di lavoro, usando il proprio indirizzo di posta elettronica personale, finisce nelle mani del preside della scuola Gary Read, il quale decide di aprire un’inchiesta disciplinare a carico della signora Cain per «professional misconduct».

    Così, anziché finire nei guai il preside per evidente violazione della privacy, è la povera signora Cain a finire davanti alla commissione disciplinare scolastica e a essere sanzionata con una censura scritta. Mrs. Cain non si arrende e chiede che la decisione adottata nei suoi confronti venga riesaminata.

    La cosa buffa è che i membri della commissione disciplinare d’appello intendevano, in realtà, annullare il provvedimento sanzionatorio a carico della dipendente, considerandolo sproporzionato, fuori luogo e un tantino discriminatorio. A far cambiare loro idea, e bloccare l’annullamento della sanzione, sono stati gli zelanti funzionari del Human Resources Department dell’Amministrazione locale della Contea di Devon.

    In questa tristissima vicenda è pure emerso, tra l’altro, che persino dal punto di vista formale il procedimento disciplinare non ha pienamente rispettato le regole. La signora Cain è stata sospesa dal lavoro per quattro mesi. Tornata a scuola, è stata accolta da un clima di assoluta ostilità e palesemente discriminatorio nei suoi confronti.

    Stanca di subire ulteriori vessazioni, Jennie Cain ha deciso di adire il giudice del lavoro di Tauton chiamando in giudizio non solo la direzione della Landscore Primary School, ma anche l’Amministrazione locale della Contea di Devon. L’udienza è fissata per il prossimo 22 marzo 2010.

    Quando il caso è divenuto di dominio pubblico una delle poche solidarietà che la signora Cain si è vista esprimere è stata quella dell’Arcivescovo di York attraverso un articolo pubblicato su un quotidiano nazionale.

    Il presule si è scagliato, senza mezzi termini, contro queste forme illiberali di intolleranza che stanno prendendo sempre più piede in tutti i livelli della pubblica amministrazione britannica: «Chiedere a qualcuno di lasciare la propria fede fuori dalla porta del luogo di lavoro è come chiedere di rimuovere il colore della propria pelle prima di entrare in ufficio. La fede in Dio non è un orpello né un optional extra».

    L’Arcivescovo ha precisato, inoltre, che per i cristiani «la fede è parte del proprio Dna, rappresenta l’elemento costitutivo del proprio essere e definisce il senso della loro presenza nel posto di lavoro. La fede abbraccia la realtà e l’esistenza intera di un cristiano e non può ridursi ad un atto di culto da rendere una volta a settimana la domenica».

    Pronunciandosi sempre sul caso Cain, l’Arcivescovo di York ha precisato che in quella vicenda «le autorità hanno dimostrato di non avere la più pallida idea di cosa significhi per un credente la sequela di Cristo», e che «tale ignoranza sta al cuore del problema, di cui l’episodio della dipendente scolastica è un semplice sintomo».

    Poi ha denunciato la crescente discriminazione cui sono vittime i cristiani in Gran Bretagna: «Coloro che dimostrano intolleranza e ignoranza, e vorrebbero relegare il cristianesimo a una delle tante possibili scelte di vita a disposizione, sostengono di agire in conformità alle politiche basate sul doppio concetto di “diversità e uguaglianza”. Tuttavia nella mente di chi che sostiene tali politiche il termine “diversità” sembra voler significare qualunque colore o credo eccetto il cristianesimo, che resta pur sempre la religione della maggioranza della popolazione, mentre la parola “eguaglianza” sembra valere per chiunque, bianco o nero, tranne che per un cristiano credente in Dio».

    L’unico elemento positivo dell’avvilente vicenda che ha coinvolto Jennie Cain è quello di essere riusciti ad ascoltare le parole intelligenti e di buon senso dell’Arcivescovo di York. Ora aspettiamo che, a marzo, l’Employment Tribunal di Tauton faccia giusti