domenica 31 gennaio 2010

Tutta la premura di Lewis verso i suoi indifesi lettori

Da Tempi

Si parla di (anche) Chesterton, sempre più attuale...

Se volete essere convinti della bontà di leggere (e far leggere ai bambini)

di Annalena Valenti

Se volete essere convinti della bontà di leggere (e far leggere ai bambini) storie come Le cronache di Narnia, niente c’è di meglio che sentire le ragioni dell’autore stesso. Nel caso delle Cronache C. S. Lewis l’ha fatto rispondendo, negli anni Cinquanta, alle molte lettere di bambini inglesi e americani affascinati dai suoi sette libri di avventure fantastiche dei giovani Pevensie. Alcune di queste risposte sono state raccolte da Carlo Bajetta in C. S. Lewis, Lettere ai bambini, San Paolo. Quel che più colpisce di queste lettere, oltre all’innata simpatia e sintonia dello scrittore con ciò che i bambini desiderano, è che per Lewis se da una parte le parole scritte su Narnia servono a chiarire sempre di più il significato della vera e grande storia e quindi della stessa vita nostra, dall’altra quelle stesse parole non devono essere di scandalo né far del male ai bambini che le leggono. Questa preoccupazione, assente nella maggior parte degli scribacchini di tutti i tempi (compresi quelli odierni) ma condivisa da scrittori come Claudel e Chesterton, compare nelle righe rivolte al fratellino di un piccolo ammiratore, rimasto troppo impaurito dall’“Isola Oscura”. E si riscontra anche nei chiarimenti alla madre di un altro fan di Aslan, preoccupata per il troppo amore del figlio verso il leone (con lei peraltro Lewis manterrà nel tempo il rapporto epistolare). La bontà del significato è contenuta nelle parole stesse, e quando si chiarisce di più il mistero dell’esistenza, ciò è buono.

mammaoca.wordpress.com

Non vendiamo software illegale, pasticche miracolose o altro (ma penso che l'avevate capito, no?)

Cari Amici,
ho appena tolto or ora il frutto di una sporca incursione di qualche fenomeno della natura che ha pensato di usare il nostro blog per pubblicizzare software craccato, pasticche miracolose (ci siamo capiti...) e altro...

Abbiate pazienza, non so come facciano, ma entrano ovunque.

Appena ce ne accorgiamo, ripuliamo il tutto e via.

Un saluto carissimo a tutti,

L'Uomo Vivo

venerdì 29 gennaio 2010

Rassegna stampa



04 Febbraio 2010 - Espresso
Fecondazione Artificiale
Libero embrione 265 KB

29 Gennaio 2010 - Repubblica
Adozione E Affido
Da genitori gay nessun disagio per i figli 69 KB

29 Gennaio 2010 - Avvenire
Adozione E Affido
No ad una coppia di lesbiche 76 KB

29 Gennaio 2010 - Avvenire
Omosessuali
Strasburgo. Ecco i giochi delle lobby gay 83 KB
 

The Guardian del 28 Gennaio 1910 cita Chesterton...


In questo collegamento trovate un articolo del The Guardian giusto giusto di cento anni fa, esattamente del 28 Gennaio 1910, che parla dello slittino a Buxton, una cittadina del Derbyshire, in Inghilterra. In quel periodo partì questa strana moda (peraltro Buxton non è una città di montagna...) e per quel che interessa noi l'articolo cita alla fine il nostro Gilbert, esattamente così:

"C'era una mano importante che mancava. Il signor G. K. Chesterton non c'era. Forse, però, slitta altrove. Forse scivola in un mondo sottosopra in cui tutte le persone slittano sulle loro teste, e solo lui scivola seduto, per fare un paradosso".

Il contesto dell'articolo (leggere per credere) non c'entra assolutamente nulla con Chesterton, ma alla fine il redattore lo deve citare: Gilbert era al massimo dell'esplosione della sua popolarità e sembrava giusto, all'epoca, citarlo anche abbastanza gratuitamente in un articolo che trattava di tutt'altro...

Ma ce lo vedete il nostro Gilbert sullo slittino...?

giovedì 28 gennaio 2010

Il discorso del Santo Padre Benedetto XVI in occasione dell'udienza ai Membri delle Pontificie Accademie in occasione della 14a Seduta Pubblica

I neretti sono nostri.

Signori Cardinali,

venerati Fratelli nell’Episcopato e nel Sacerdozio,

illustri Presidenti e Accademici,

Signore e Signori!

Sono lieto di accogliervi e di incontrarvi, in occasione della Seduta Pubblica delle Pontificie Accademie, momento culminante delle molteplici attività dell’anno. Saluto Mons. Gianfranco Ravasi, Presidente del Consiglio di Coordinamento fra Accademie Pontificie, e lo ringrazio per le cortesi parole che mi ha rivolto. Estendo il mio saluto ai Presidenti delle Pontificie Accademie, agli Accademici e ai Sodali presenti. L’odierna Seduta Pubblica, nel corso della quale è stato consegnato, a mio nome, il Premio delle Pontificie Accademie, tocca un tema che, nell’ambito dell’Anno Sacerdotale, riveste particolare importanza: "La formazione teologica del presbitero".

Oggi, memoria di San Tommaso d’Aquino, grande Dottore della Chiesa, desidero proporvi alcune riflessioni sulle finalità e sulla missione specifica delle benemerite Istituzioni culturali della Santa Sede di cui fate parte e che vantano una variegata e ricca tradizione di ricerca e di impegno in diversi settori. Gli anni 2009-2010, infatti, per alcune di esse, sono segnati da una specifica ricorrenza, che costituisce ulteriore motivo per rendere grazie al Signore. In particolare, la Pontificia Accademia Romana di Archeologia ricorda la Fondazione avvenuta due secoli fa, nel 1810, e la trasformazione in Accademia Pontificia, nel 1829. La Pontificia Accademia di San Tommaso d’Aquino e la Pontificia Accademia Cultorum Martyrum hanno ricordato il loro 130° anno di vita, essendo state fondate entrambe nel 1879. La Pontificia Accademia Mariana Internazionale ha celebrato, poi, il 50° della propria trasformazione in Accademia Pontificia. Le Pontificie Accademie di San Tommaso d’Aquino e di Teologia hanno ricordato, infine, il decennale del loro rinnovamento istituzionale, avvenuto nel 1999 con il Motu proprio Inter munera Academiarum, che reca proprio la data del 28 gennaio.

Tante occasioni, dunque, per rivisitare il passato, attraverso la lettura attenta dei pensieri e delle azioni dei Fondatori e di quanti si sono prodigati per il progresso di queste Istituzioni. Ma lo sguardo retrospettivo e la memoria del glorioso passato non possono costituire l’unico approccio a tali eventi, che richiamano soprattutto il compito e la responsabilità delle Accademie Pontificie di servire fedelmente la Chiesa e la Santa Sede, rinnovando nel presente il ricco e diversificato impegno, che già ha prodotto preziosi frutti anche nel recente passato. La cultura contemporanea, e ancor più gli stessi credenti, infatti, sollecitano continuamente la riflessione e l’azione della Chiesa nei vari ambiti in cui emergono nuove problematiche e che costituiscono anche settori in cui operate, come la ricerca filosofica e teologica; la riflessione sulla figura della Vergine Maria; lo studio della storia, dei monumenti, delle testimonianze ricevute in eredità dai fedeli delle prime generazioni cristiane, a cominciare dai Martiri; il delicato ed importante dialogo tra la fede cristiana e la creatività artistica, a cui ho voluto dedicare l’Incontro con personalità del mondo dell’arte e della cultura, svoltosi nella Cappella Sistina lo scorso 21 novembre. In questi delicati spazi di ricerca e di impegno, siete chiamati a offrire un contributo qualificato, competente e appassionato, affinché tutta la Chiesa, e in particolare la Santa Sede, possa disporre di occasioni, di linguaggi e di mezzi adeguati per dialogare con le culture contemporanee e rispondere efficacemente alle domande e alle sfide che l’interpellano nei vari ambiti del sapere e dell’esperienza umana.

Come ho più volte affermato, l’odierna cultura risente fortemente sia di una visione dominata dal relativismo e dal soggettivismo, sia di metodi e atteggiamenti talora superficiali e perfino banali, che danneggiano la serietà della ricerca e della riflessione e, di conseguenza, anche del dialogo, del confronto e della comunicazione interpersonale. Appare, pertanto, urgente e necessario ricreare le condizioni essenziali di una reale capacità di approfondimento nello studio e nella ricerca, perché ragionevolmente si dialoghi ed efficacemente ci si confronti sulle diverse problematiche, nella prospettiva di una crescita comune e di una formazione che promuova l’uomo nella sua integralità e completezza. Alla carenza di punti di riferimento ideali e morali, che penalizza particolarmente la convivenza civile e soprattutto la formazione delle giovani generazioni, deve corrispondere un’offerta ideale e pratica di valori e di verità, di ragioni forti di vita e di speranza, che possa e debba interessare tutti, soprattutto i giovani. Tale impegno deve essere particolarmente cogente nell’ambito della formazione dei candidati al ministero ordinato, come esige l’Anno Sacerdotale e come conferma la felice scelta di dedicargli la vostra annuale Seduta Pubblica.

Una delle Pontificie Accademie è intitolata a San Tommaso d’Aquino, il Doctor Angelicus et communis, un modello sempre attuale a cui ispirare l’azione e il dialogo delle Accademie Pontificie con le diverse culture. Egli, infatti, riuscì ad instaurare un confronto fruttuoso sia con il pensiero arabo, sia con quello ebraico del suo tempo, e, facendo tesoro della tradizione filosofica greca, produsse una straordinaria sintesi teologica, armonizzando pienamente la ragione e la fede. Egli lasciò già nei suoi contemporanei un ricordo profondo e indelebile, proprio per la straordinaria finezza e acutezza della sua intelligenza e la grandezza e originalità del suo genio, oltre che per la luminosa santità della vita. Il suo primo biografo, Guglielmo da Tocco, sottolinea la straordinaria e pervasiva originalità pedagogica di San Tommaso, con espressioni che possono ispirare anche le vostre azioni: Frà Tommaso – egli scrive - "nelle sue lezioni introduceva nuovi articoli, risolveva le questioni in un modo nuovo e più chiaro con nuovi argomenti. Di conseguenza, coloro che lo ascoltavano insegnare tesi nuove e trattarle con metodo nuovo, non potevano dubitare che Dio l’avesse illuminato con una luce nuova: infatti, si possono mai insegnare o scrivere opinioni nuove, se non si è ricevuta da Dio una ispirazione nuova?" (Vita Sancti Thomae Aquinatis, in Fontes Vitae S. Thomae Aquinatis notis historicis et criticis illustrati, ed. D. Prümmer M.-H. Laurent, Tolosa, s.d., fasc. 2, p. 81).

Il pensiero e la testimonianza di San Tommaso d’Aquino ci suggeriscono di studiare con grande attenzione i problemi emergenti per offrire risposte adeguate e creative. Fiduciosi nella possibilità della "ragione umana", nella piena fedeltà all’immutabile depositum fidei, occorre – come fece il "Doctor Communis" – attingere sempre alle ricchezze della Tradizione, nella costante ricerca della "verità delle cose". Per questo, è necessario che le Pontificie Accademie siano oggi più che mai Istituzioni vitali e vivaci, capaci di percepire acutamente sia le domande della società e delle culture, sia i bisogni e le attese della Chiesa, per offrire un adeguato e valido contributo e così promuovere, con tutte le energie ed i mezzi a disposizione, un autentico umanesimo cristiano.

Ringraziando, dunque, le Pontificie Accademie per la generosa dedizione e per l’impegno profuso, auguro a ciascuna di arricchire le singole storie e tradizioni di nuovi, significativi progetti attraverso cui proseguire, con rinnovato slancio, la propria missione. Vi assicuro un ricordo nella preghiera e, nell’invocare su di voi e sulle Istituzioni a cui appartenete l’intercessione della Madre di Dio, Sedes Sapientiae, e di San Tommaso d’Aquino, di cuore imparto la Benedizione Apostolica.

Rassegna stampa

 


27 Gennaio 2010 - Avvenire
Divorzio
DIVORZIO BREVE. La commissione lo boccia 44 KB

28 Gennaio 2010 - Avvenire
Cure Palliative
Anzani: anche dal Senato un sì unanime 80 KB

27 Gennaio 2010 - Avvenire
Fine Vita
Il nodo di nutrizione e idratazione 50 KB

28 Gennaio 2010 - QN
Fine Vita
Bagarre in Commissione 37 KB

28 Gennaio 2010 - Avvenire
Fine Vita
Scintille in commissione 68 KB

28 Gennaio 2010 - SecoloItalia
Fine Vita
Andamento lento 94 KB

27 Gennaio 2010 - Sole24ore
Eutanasia
Aiutò la figlia malata a morire, non colpevole 92 KB

28 Gennaio 2010 - èVita
Ellaone
Pillola dei cinque giorni, abortivo col trucco 130 KB

27 Gennaio 2010 - Repubblica
Ru486
Nuovi ritardi per la pillola abortiva 74 KB

27 Gennaio 2010 - CorrieredellaSera
CROCEFISSO. Frattini: contro una proibizione sbagliata 66 KB

28 Gennaio 2010 - Avvenire
Omosessuali
Gender e nozze gay, l'Europa frena 121 KB

28 Gennaio 2010 - Giornale
Omosessuali
Lettera del nunzio, scoppia il caso in Europa 86 KB
 
 
 

Dal prof. Carlo Bellieni

New York TimesLos Angeles Marijuana Sellers Limited

Chiudono per decreto cittadino molti dei negozi di marijuana a Los Angeles su richiesta dei cittadini: ora avranno orari ristretti e saranno allontanati dalle zone più abitate. E in Italia invece ci si augura che accada il contrario da noi: ascoltassero l'esperienza di chi ci è passato.

 

LASTAMPA.it - HomePoker on line, rischio salute mentale

Il gioco d'azzardo nuoce alla salute? Bella scoperta. il fatto è che se ne fa sponsor lo Stato. magari in forme ridanciane e accattivanti, ma quanti giochi televisivi banalizzano il guadagno, la fatica del lavoro in favore dell'azzardo e della fortuna? E quante lotterie sono sponsorizzate dallo Stato che ne trae utili (magari a fin di bene, ma pur sempre utili sul gioco d'azzardo). Magari ora non sarà più classificato "azzardo" quello reso lecito dalla TV, ma ci lascia sempre attoniti.


mercoledì 27 gennaio 2010

Oggi, Giornata della Memoria, vorremmo ricordare l'esistenza di altri genocidi sconosciuti

E' opportuno ricordare in questo giorno, oltre il tristissimo genocidio degli ebrei, anche altri genocidi meno conosciuti.

Pochi sanno della sorte degli armeni, degli assiri e dei greci sotto i Turchi.

Intanto può essere utile, a titolo meramente informativo, dare uno sguardo a Wikipedia, che almeno ne parla:

Il genocidio degli Assiri

Il genocidio degli Armeni


Il genocidio dei Greci


Sarebbe interessante sapere poi quanti cristiani in giro per il mondo muoiono in odio alla fede, quanti sono stati uccisi in maniera pianificata negli ultimi secoli (occorrerebbe aprire il grande mare del gu'lag sovietico e tante altre tristezze simili).

Giustamente il Papa questa mattina ha parlato di rispetto della vita in quanto tale.

Papa Benedetto su San Francesco d'Assisi e Shoah (naturalmente i giornali hanno parlato solo della seconda)

Il Santo Padre ha pronunciato oggi una bellissima catechesi su San Francesco d'Assisi e un appello in occasione del ricordo della Shoah.
I giornali hanno parlato solo della Shoa (senza nulla togliere alla sua importanza, per carità), purtroppo, perdendo una grande occasione per parlare di un grande sotto tutti i punti di vista.

Cari fratelli e sorelle,

in una recente catechesi, ho già illustrato il ruolo provvidenziale che l’Ordine dei Frati Minori e l’Ordine dei Frati Predicatori, fondati rispettivamente da san Francesco d’Assisi e da san Domenico da Guzman, ebbero nel rinnovamento della Chiesa del loro tempo. Oggi vorrei presentarvi la figura di Francesco, un autentico "gigante" della santità, che continua ad affascinare moltissime persone di ogni età e di ogni religione.

"Nacque al mondo un sole". Con queste parole, nella Divina Commedia (Paradiso, Canto XI), il sommo poeta italiano Dante Alighieri allude alla nascita di Francesco, avvenuta alla fine del 1181 o agli inizi del 1182, ad Assisi. Appartenente a una ricca famiglia – il padre era commerciante di stoffe –, Francesco trascorse un’adolescenza e una giovinezza spensierate, coltivando gli ideali cavallereschi del tempo. A vent’anni prese parte ad una campagna militare, e fu fatto prigioniero. Si ammalò e fu liberato. Dopo il ritorno ad Assisi, cominciò in lui un lento processo di conversione spirituale, che lo portò ad abbandonare gradualmente lo stile di vita mondano, che aveva praticato fino ad allora. Risalgono a questo periodo i celebri episodi dell’incontro con il lebbroso, a cui Francesco, sceso da cavallo, donò il bacio della pace, e del messaggio del Crocifisso nella chiesetta di San Damiano. Per tre volte il Cristo in croce si animò, e gli disse: "Va’, Francesco, e ripara la mia Chiesa in rovina". Questo semplice avvenimento della parola del Signore udita nella chiesa di S. Damiano nasconde un simbolismo profondo. Immediatamente san Francesco è chiamato a riparare questa chiesetta, ma lo stato rovinoso di questo edificio è simbolo della situazione drammatica e inquietante della Chiesa stessa in quel tempo, con una fede superficiale che non forma e non trasforma la vita, con un clero poco zelante, con il raffreddarsi dell’amore; una distruzione interiore della Chiesa che comporta anche una decomposizione dell’unità, con la nascita di movimenti ereticali. Tuttavia, in questa Chiesa in rovina sta nel centro il Crocifisso e parla: chiama al rinnovamento, chiama Francesco ad un lavoro manuale per riparare concretamente la chiesetta di san Damiano, simbolo della chiamata più profonda a rinnovare la Chiesa stessa di Cristo, con la sua radicalità di fede e con il suo entusiasmo di amore per Cristo. Questo avvenimento, accaduto probabilmente nel 1205, fa pensare ad un altro avvenimento simile verificatosi nel 1207: il sogno del Papa Innocenzo III. Questi vede in sogno che la Basilica di San Giovanni in Laterano, la chiesa madre di tutte le chiese, sta crollando e un religioso piccolo e insignificante puntella con le sue spalle la chiesa affinché non cada. E’ interessante notare, da una parte, che non è il Papa che dà l’aiuto affinché la chiesa non crolli, ma un piccolo e insignificante religioso, che il Papa riconosce in Francesco che Gli fa visita. Innocenzo III era un Papa potente, di grande cultura teologica, come pure di grande potere politico, tuttavia non è lui a rinnovare la Chiesa, ma il piccolo e insignificante religioso: è san Francesco, chiamato da Dio. Dall’altra parte, però, è importante notare che san Francesco non rinnova la Chiesa senza o contro il Papa, ma solo in comunione con lui. Le due realtà vanno insieme: il Successore di Pietro, i Vescovi, la Chiesa fondata sulla successione degli Apostoli e il carisma nuovo che lo Spirito Santo crea in questo momento per rinnovare la Chiesa. Insieme cresce il vero rinnovamento.

Ritorniamo alla vita di san Francesco. Poiché il padre Bernardone gli rimproverava troppa generosità verso i poveri, Francesco, dinanzi al Vescovo di Assisi, con un gesto simbolico si spogliò dei suoi abiti, intendendo così rinunciare all’eredità paterna: come nel momento della creazione, Francesco non ha niente, ma solo la vita che gli ha donato Dio, alle cui mani egli si consegna. Poi visse come un eremita, fino a quando, nel 1208, ebbe luogo un altro avvenimento fondamentale nell’itinerario della sua conversione. Ascoltando un brano del Vangelo di Matteo – il discorso di Gesù agli apostoli inviati in missione –, Francesco si sentì chiamato a vivere nella povertà e a dedicarsi alla predicazione. Altri compagni si associarono a lui, e nel 1209 si recò a Roma, per sottoporre al Papa Innocenzo III il progetto di una nuova forma di vita cristiana. Ricevette un’accoglienza paterna da quel grande Pontefice, che, illuminato dal Signore, intuì l’origine divina del movimento suscitato da Francesco. Il Poverello di Assisi aveva compreso che ogni carisma donato dallo Spirito Santo va posto a servizio del Corpo di Cristo, che è la Chiesa; pertanto agì sempre in piena comunione con l’autorità ecclesiastica. Nella vita dei santi non c’è contrasto tra carisma profetico e carisma di governo e, se qualche tensione viene a crearsi, essi sanno attendere con pazienza i tempi dello Spirito Santo.

In realtà, alcuni storici nell’Ottocento e anche nel secolo scorso hanno cercato di creare dietro il Francesco della tradizione, un cosiddetto Francesco storico, così come si cerca di creare dietro il Gesù dei Vangeli, un cosiddetto Gesù storico. Tale Francesco storico non sarebbe stato un uomo di Chiesa, ma un uomo collegato immediatamente solo a Cristo, un uomo che voleva creare un rinnovamento del popolo di Dio, senza forme canoniche e senza gerarchia. La verità è che san Francesco ha avuto realmente una relazione immediatissima con Gesù e con la parola di Dio, che voleva seguire sine glossa, così com’è, in tutta la sua radicalità e verità. E’ anche vero che inizialmente non aveva l’intenzione di creare un Ordine con le forme canoniche necessarie, ma, semplicemente, con la parola di Dio e la presenza del Signore, egli voleva rinnovare il popolo di Dio, convocarlo di nuovo all’ascolto della parola e all’obbedienza verbale con Cristo. Inoltre, sapeva che Cristo non è mai "mio", ma è sempre "nostro", che il Cristo non posso averlo "io" e ricostruire "io" contro la Chiesa, la sua volontà e il suo insegnamento, ma solo nella comunione della Chiesa costruita sulla successione degli Apostoli si rinnova anche l’obbedienza alla parola di Dio.

E’ anche vero che non aveva intenzione di creare un nuovo ordine, ma solamente rinnovare il popolo di Dio per il Signore che viene. Ma capì con sofferenza e con dolore che tutto deve avere il suo ordine, che anche il diritto della Chiesa è necessario per dar forma al rinnovamento e così realmente si inserì in modo totale, col cuore, nella comunione della Chiesa, con il Papa e con i Vescovi. Sapeva sempre che il centro della Chiesa è l'Eucaristia, dove il Corpo di Cristo e il suo Sangue diventano presenti. Tramite il Sacerdozio, l'Eucaristia è la Chiesa. Dove Sacerdozio e Cristo e comunione della Chiesa vanno insieme, solo qui abita anche la parola di Dio. Il vero Francesco storico è il Francesco della Chiesa e proprio in questo modo parla anche ai non credenti, ai credenti di altre confessioni e religioni.

Francesco e i suoi frati, sempre più numerosi, si stabilirono alla Porziuncola, o chiesa di Santa Maria degli Angeli, luogo sacro per eccellenza della spiritualità francescana. Anche Chiara, una giovane donna di Assisi, di nobile famiglia, si mise alla scuola di Francesco. Ebbe così origine il Secondo Ordine francescano, quello delle Clarisse, un’altra esperienza destinata a produrre frutti insigni di santità nella Chiesa.

Anche il successore di Innocenzo III, il Papa Onorio III, con la sua bolla Cum dilecti del 1218 sostenne il singolare sviluppo dei primi Frati Minori, che andavano aprendo le loro missioni in diversi paesi dell’Europa, e persino in Marocco. Nel 1219 Francesco ottenne il permesso di recarsi a parlare, in Egitto, con il sultano musulmano Melek-el-Kâmel, per predicare anche lì il Vangelo di Gesù. Desidero sottolineare questo episodio della vita di san Francesco, che ha una grande attualità. In un’epoca in cui era in atto uno scontro tra il Cristianesimo e l’Islam, Francesco, armato volutamente solo della sua fede e della sua mitezza personale, percorse con efficacia la via del dialogo. Le cronache ci parlano di un’accoglienza benevola e cordiale ricevuta dal sultano musulmano. È un modello al quale anche oggi dovrebbero ispirarsi i rapporti tra cristiani e musulmani: promuovere un dialogo nella verità, nel rispetto reciproco e nella mutua comprensione (cfr Nostra Aetate, 3). Sembra poi che nel 1220 Francesco abbia visitato la Terra Santa, gettando così un seme, che avrebbe portato molto frutto: i suoi figli spirituali, infatti, fecero dei Luoghi in cui visse Gesù un ambito privilegiato della loro missione. Con gratitudine penso oggi ai grandi meriti della Custodia francescana di Terra Santa.

Rientrato in Italia, Francesco consegnò il governo dell’Ordine al suo vicario, fra Pietro Cattani, mentre il Papa affidò alla protezione del Cardinal Ugolino, il futuro Sommo Pontefice Gregorio IX, l’Ordine, che raccoglieva sempre più aderenti. Da parte sua il Fondatore, tutto dedito alla predicazione che svolgeva con grande successo, redasse una Regola, poi approvata dal Papa.

Nel 1224, nell’eremo della Verna, Francesco vede il Crocifisso nella forma di un serafino e dall’incontro con il serafino crocifisso, ricevette le stimmate; egli diventa così uno col Cristo crocifisso: un dono, quindi, che esprime la sua intima identificazione col Signore.

La morte di Francesco – il suo transitus - avvenne la sera del 3 ottobre 1226, alla Porziuncola. Dopo aver benedetto i suoi figli spirituali, egli morì, disteso sulla nuda terra. Due anni più tardi il Papa Gregorio IX lo iscrisse nell’albo dei santi. Poco tempo dopo, una grande basilica in suo onore veniva innalzata ad Assisi, meta ancor oggi di moltissimi pellegrini, che possono venerare la tomba del santo e godere la visione degli affreschi di Giotto, pittore che ha illustrato in modo magnifico la vita di Francesco.

È stato detto che Francesco rappresenta un alter Christus, era veramente un’icona viva di Cristo. Egli fu chiamato anche "il fratello di Gesù". In effetti, questo era il suo ideale: essere come Gesù; contemplare il Cristo del Vangelo, amarlo intensamente, imitarne le virtù. In particolare, egli ha voluto dare un valore fondamentale alla povertà interiore ed esteriore, insegnandola anche ai suoi figli spirituali. La prima beatitudine del Discorso della Montagna - Beati i poveri in spirito perché di essi è il regno dei cieli (Mt 5,3) - ha trovato una luminosa realizzazione nella vita e nelle parole di san Francesco. Davvero, cari amici, i santi sono i migliori interpreti della Bibbia; essi, incarnando nella loro vita la Parola di Dio, la rendono più che mai attraente, così che parla realmente con noi. La testimonianza di Francesco, che ha amato la povertà per seguire Cristo con dedizione e libertà totali, continua ad essere anche per noi un invito a coltivare la povertà interiore per crescere nella fiducia in Dio, unendo anche uno stile di vita sobrio e un distacco dai beni materiali.

In Francesco l’amore per Cristo si espresse in modo speciale nell’adorazione del Santissimo Sacramento dell’Eucaristia. Nelle Fonti francescane si leggono espressioni commoventi, come questa: "Tutta l’umanità tema, l’universo intero tremi e il cielo esulti, quando sull’altare, nella mano del sacerdote, vi è Cristo, il Figlio del Dio vivente. O favore stupendo! O sublimità umile, che il Signore dell’universo, Dio e Figlio di Dio, così si umili da nascondersi per la nostra salvezza, sotto una modica forma di pane" (Francesco di Assisi, Scritti, Editrici Francescane, Padova 2002, 401).

In quest’anno sacerdotale, mi piace pure ricordare una raccomandazione rivolta da Francesco ai sacerdoti: "Quando vorranno celebrare la Messa, puri in modo puro, facciano con riverenza il vero sacrificio del santissimo Corpo e Sangue del Signore nostro Gesù Cristo" (Francesco di Assisi, Scritti, 399). Francesco mostrava sempre una grande deferenza verso i sacerdoti, e raccomandava di rispettarli sempre, anche nel caso in cui fossero personalmente poco degni. Portava come motivazione di questo profondo rispetto il fatto che essi hanno ricevuto il dono di consacrare l’Eucaristia. Cari fratelli nel sacerdozio, non dimentichiamo mai questo insegnamento: la santità dell’Eucaristia ci chiede di essere puri, di vivere in modo coerente con il Mistero che celebriamo.

Dall’amore per Cristo nasce l’amore verso le persone e anche verso tutte le creature di Dio. Ecco un altro tratto caratteristico della spiritualità di Francesco: il senso della fraternità universale e l’amore per il creato, che gli ispirò il celebre Cantico delle creature. È un messaggio molto attuale. Come ho ricordato nella mia recente Enciclica Caritas in veritate, è sostenibile solo uno sviluppo che rispetti la creazione e che non danneggi l’ambiente (cfr nn. 48-52), e nel Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace di quest’anno ho sottolineato che anche la costruzione di una pace solida è legata al rispetto del creato. Francesco ci ricorda che nella creazione si dispiega la sapienza e la benevolenza del Creatore. La natura è da lui intesa proprio come un linguaggio nel quale Dio parla con noi, nel quale la realtà diventa trasparente e possiamo noi parlare di Dio e con Dio.

Cari amici, Francesco è stato un grande santo e un uomo gioioso. La sua semplicità, la sua umiltà, la sua fede, il suo amore per Cristo, la sua bontà verso ogni uomo e ogni donna l’hanno reso lieto in ogni situazione. Infatti, tra la santità e la gioia sussiste un intimo e indissolubile rapporto. Uno scrittore francese ha detto che al mondo vi è una sola tristezza: quella di non essere santi, cioè di non essere vicini a Dio. Guardando alla testimonianza di san Francesco, comprendiamo che è questo il segreto della vera felicità: diventare santi, vicini a Dio!

Ci ottenga la Vergine, teneramente amata da Francesco, questo dono. Ci affidiamo a Lei con le parole stesse del Poverello di Assisi: "Santa Maria Vergine, non vi è alcuna simile a te nata nel mondo tra le donne, figlia e ancella dell’altissimo Re e Padre celeste, Madre del santissimo Signor nostro Gesù Cristo, sposa dello Spirito Santo: prega per noi... presso il tuo santissimo diletto Figlio, Signore e Maestro" (Francesco di Assisi, Scritti, 163).


APPELLO DEL SANTO PADRE
Sessantacinque anni fa, il 27 gennaio 1945, venivano aperti i cancelli del campo di concentramento nazista della città polacca di Oświęcim, nota con il nome tedesco di Auschwitz, e vennero liberati i pochi superstiti. Tale evento e le testimonianze dei sopravvissuti rivelarono al mondo l'orrore di crimini di inaudita efferatezza, commessi nei campi di sterminio creati dalla Germania nazista.

Oggi, si celebra il "Giorno della memoria", in ricordo di tutte le vittime di quei crimini, specialmente dell’annientamento pianificato degli Ebrei, e in onore di quanti, a rischio della propria vita, hanno protetto i perseguitati, opponendosi alla follia omicida. Con animo commosso pensiamo alle innumerevoli vittime di un cieco odio razziale e religioso, che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte in quei luoghi aberranti e disumani. La memoria di tali fatti, in particolare del dramma della Shoah che ha colpito il popolo ebraico, susciti un sempre più convinto rispetto della dignità di ogni persona, perché tutti gli uomini si percepiscano una sola grande famiglia. Dio onnipotente illumini i cuori e le menti, affinché non si ripetano più tali tragedie!

POPIELUSZKO/ Il regista Wieczynski: è un film che aiuta a spazzar via le menzogne del nostro tempo



Intervista a Rafal Wieczyński da Il Sussidiario

mercoledì 27 gennaio 2010

«Le vite degli uomini sono così simili tra loro: difficili, grigie, talvolta cupe. Sarebbero insopportabili senza dei barlumi di felicità, i segni della Tua presenza in mezzo a noi». In queste parole pronunciate da padre Popieluszko, la chiave di una storia di martirio che il regista polacco Rafal Wieczynski ha saputo restituirci senza retorica, con l’asciutta sobrietà di ciò che é vero. Abbiamo incontrato a Milano il regista di Non si può uccidere la speranza, in occasione della proiezione del film organizzata dall'Associazione Stalker - Mendicanti dello sguardo (che ha portato Wieczynski in tour in Italia di tre serate a Milano, Ferrara e Rimini) e da Sentieri del Cinema, che ha fatto registrare il sold out al cinema Palestrina di Milano. Ecco cosa ha raccontato il regista a ilsussidiario.net

Popieluszko racconta la storia di un martire che, mosso dalla fede, combatte contro la menzogna comunista per riaffermare la statura autentica dell’uomo. Quali sono a suo parere, nell’Europa odierna, le menzogne che minacciano libertà e felicità umana? E chi é il martire, oggi?

In ogni era è in atto la stessa lotta e il messaggio di Popieluszko è universale, poiché si tratta del Cristianesimo. E’ strano, sembra quasi che distinguere il bene dal male sia stato più facile al tempo di Popieluszko, nella mia giovinezza. Ora invece stabilire dove sia il male è una sfida, definire dove sia la menzogna ci richiede uno sforzo. Eppure la menzogna è intorno a noi: è riporre il significato della vita solo nel nostro piacere. E’ questa la menzogna più diffusa, perché non ci dà vera felicità e non ci fa crescere. Possiamo notare come molte persone, soprattutto nell’Occidente europeo, considerino pericoloso il messaggio di Cristo e reagiscano cercando di emarginare la cultura cristiana.

Ci faccia un esempio

Qui a Milano ho visto per la prima volta il meraviglioso Duomo, un monumento grandioso della cultura, della storia e dell’Europa cristiana, e mi sono chiesto come possiamo negare la cittadinanza a Cristo nella costituzione europea. E’ una grande menzogna che ci circonda e ci fa perdere la libertà. Popieluszko combatteva per la libertà interiore: ora, accettando queste regole conformiste del politically correct, stiamo perdendo la nostra libertà.

Nel suo film ha molta parte la millenaria religiosità tradizionale del popolo polacco. A suo parere, anche in relazione alla recente sentenza europea sui crocifissi, quale ruolo può avere oggi la fede degli avi? È un presidio di tradizione e cultura da preservare o qualcosa di più?

In Polonia, dopo il 1989, la fede delle persone é divenuta più profonda, ma una parte della società si é allontanata del tutto dalla Chiesa. Chi è rimasto frequenta però le funzioni regolarmente. E’ una scelta. Abbiamo anche molte vocazioni di giovani preti, il nostro paese esporta preti in tutto il mondo. Non vengono dai villaggi ma dalle grandi città, dai nuovi movimenti cattolici. La loro vocazione nasce perciò dal tentativo di capire cosa sia la fede.

Cosa significherebbe quindi, in tal senso, rimuovere i crocifissi?

Sono felice quando vedo una croce non solo perché fa parte della tradizione ma anche semplicemente perché c’è, perché è un segno, e un giorno potrà assumere un significato più profondo per qualcuno. Ma se viene proibita, allora torniamo ai tempi del paganesimo. Nello scorso secolo, e anche in questo, molte persone sono morte, e stanno morendo, per la croce. E’ una cosa che non dovremmo mai dimenticare.

Del suo film stupisce la coralità e il forte senso di comunità, degli operai di Solidarnosc ma anche di tutto un paese unito da qualcosa di più profondo degli interessi specifici. Nell’attuale società si può ancora dire questo “noi”? E come?

I polacchi hanno questa capacità di stringersi in comunità quando c’è un pericolo. Solidarnosc aveva questa capacità anche perché si fondava su valori evangelici, il primo uomo di Solidarnosc era, infatti, il Papa. Questa è la ragione. Credo che questa unità sia un’esperienza universale. In Polonia ora, a mio parere, si sarebbe di nuovo uniti di fronte al pericolo. Ma il pericolo, come dicevamo, è diverso da prima.

Cosa la spinge a credere questo?

Sempre più persone se ne accorgono. Per questo sono sicuro che un giorno arriverà una persona o un movimento grazie al quale l’unità farà ritorno. Ne sono convinto anche quando i giovani, soprattutto in Polonia, mi chiedono di quest’unità con una sorta d’invidia mista a desiderio. Mi chiedono “Come doveva essere meravigliosa quest’unità! E cosa ne avete fatto? Perché l’avete persa?”. E’ un desiderio forte e diffuso: credo perciò che quando ci renderemo conto che stiamo davvero perdendo la nostra anima, la nostra libertà, saremo di nuovo insieme.

Che cosa l’ha spinta a venire in Italia?

E’ molto interessante che io sia qui grazie all’incontro con giovani di Comunione e Liberazione avvenuto negli anni ’70/’80. E il fatto che noi siamo qui a discutere di Popieluszko è anche frutto di quell’incontro, di quella comunione. E’ per quell’incontro che il messaggio di Popieluszko arriva anche in Italia. Quei ragazzi mi hanno invitato in Italia perché, a loro volta, erano venuti in Polonia nel ’70, avendo modo di conoscere la cultura e la religione polacca. E sono venuti perché padre Ricci, il cardinal Wizynszki e Wojtyla hanno lavorato insieme per favorire l’incontro tra Italia e Polonia. E’ un processo fatto di incontri e volti che non si fermerà.

Un tema cruciale del suo film é quello dei rapporti tra religione e patriottismo, caratteristici della storia tormentata del suo paese. Come crede convivano e si rapportino queste due dimensioni?

Non vi é contraddizione. Popieluszko era sicuro di questo: se la gente non avesse permesso alla menzogna comunista di entrare nel suo cuore, il potere del partito non avrebbe avuto chance di sopravvivenza. E in effetti accadde così: il potere comunista cadde perché le persone smisero di avere paura di dire che era una menzogna. So che da voi in Italia è considerato strano che gli operai chiamino un prete a celebrare messa nella loro fabbrica, ma in Polonia é molto diverso.

A cosa sta lavorando adesso?

Sto lavorando a un documentario per cui ho raccolto materiali riguardo alle popolazioni dei villaggi polacchi tra ‘800 e ‘900, un periodo di grandi cambiamenti nel paese, di grande modernizzazione. Una modernizzazione che venne però dalla Chiesa, non dal socialismo. In questi scritti si parla sempre di un prete che inizia un movimento, un partito, un’azione di cambiamento.

Che consigli darebbe a un giovane regista italiano che volesse raccontare una di queste storie?

Non mi sento di dare consigli, specialmente ai registi italiani, che ammiro molto. E’ vero, nella vostra storia avete grandi figure di preti. L’unico problema che intravedo nei film sui preti è che sono spesso troppo sdolcinati, sembrano fatti per bambini. L’unico consiglio è di farli per persone pensanti. La cosa più importante è scoprire cosa Dio ci vuole dire tramite quella storia e mettere da parte se stessi. Dio non ha bisogno di essere migliorato dai registi.

Quali sono state le sfide più impegnative ed affascinanti, a livello tecnico, che ha incontrato nel corso della lavorazione del film?

Ci sono molti effetti speciali nel film. Abbiamo chiesto consiglio a professionisti che hanno lavorato a film di Hollywood, come Apocalypto. Le scene più difficili sono state sicuramente quelle che prevedevano la combinazione di materiale d’archivio e scene recitate, in particolare quando l’inquadratura doveva passare dalla folla alla figura di papa Wojtyla, presente nei documenti storici. Questo movimento panoramico, culminante nel montaggio di materiale d’archivio, ha richiesto particolare perizia. Gli americani ci hanno fatto i complimenti e ne siamo orgogliosi.

Ci dica un aspetto del suo film di cui va particolarmente fiero

Un altro aspetto interessante è la presenza di attori che sono stati testimoni di quei fatti storici e che ci hanno offerto, anche per questo, une recitazione molto naturale. Sono stati usati come comparse nelle manifestazioni anche giovani studenti che, lavorando a fianco dei più anziani, hanno assistito a una sorta di lezione di storia.

(Eleonora Recalcati)

Popieluszko a Cupra Marittima (AP)


Inizio spettacoli ore 21.15
Ingressi: € 6,00 interi, € 4,50 ridotti
Ingresso universitari: € 4,00
Ingresso con tessera ANCCI € 4.00
Costo Tessera ANCCI: € 10,00 (valida per l’intera stagione 2008/09)
Programma:

25 febbraio: Popieluszko di Rafal Wieczynski, Polonia, 2009
Per informazioni
CENTRO J. MARITAIN
Via Cavour, 23 – 63012 Cupra Marittima (AP)
Telefono: 0735778983 FAX: 0735777187

martedì 26 gennaio 2010

Nonna Howe a rischio inquisizione perchè cristiana



Gianfranco Amato

lunedì 25 gennaio 2010

Una storia degna di Collodi. E’ accaduta a Norwich in Gran Bretagna, ma non si tratta di Pinocchio. La protagonista è un’arzilla nonnina pensionata di 67 anni, Pauline Howe, che ha avuto la malaugurata idea di distribuire volantini a contenuto religioso contro l’omosessualità durante una parata gay, lo scorso 25 luglio. Immaginabile la reazione dei variopinti manifestanti che, sentitisi offesi, hanno aggredito verbalmente l’anziana pensionata.

La signora Howe, avendo ritenuto di aver subito un torto, si rivolge, da brava cittadina, alle autorità pubbliche per far valere i propri diritti e scrive al direttore generale del comune di Norwich, denunciando l’aggressione. Come Pinocchio, resta poi in fiduciosa attesa che la giustizia faccia il proprio corso.

Settimane dopo la denuncia, viene presa di soprassalto quando due police officers bussano alla sua porta. Gli agenti spiegano alla sconcertata signora Howe che la lettera da lei scritta rischiava di contenere espressioni omofobiche tali da integrare un “hate incident”, ovvero uno di quei casi che debbono essere attentamente indagati. Così, sottopongono la spaventatissima signora Howe ad un interrogatorio di 80 minuti, tanto da meritarsi un titolo ad effetto sul Daily Mail: «The English Inquisition».

Nella lettera contestata, l’ingenua pensionata, dopo aver accennato al fatto che i manifestanti avessero assunto «un atteggiamento verbale aggressivo e violento», ha voluto incautamente proseguire affermando: «Io ed altri cristiani non intendiamo intrometterci nella privacy delle persone né pretendiamo di impedire comportamenti offensivi nelle abitazioni private. E’ l’esternazione pubblica di una simile indecenza per le strade di Norwich che noi riteniamo offensiva nei confronti di Dio e di molti residenti di Norwich».

La povera signora Howe, poi, ha osato utilizzare, nella prosa imprudente della lettera, espressioni derivate dal linguaggio biblico per descrivere le pratiche omosessuali, spiegando, infine, tutte le esiziali conseguenze di tali pratiche, dalla caduta degli imperi alle infezioni sessualmente trasmissibili.

Lo scorso settembre Pauline Howe riceve una lettera da Bridget Buttinger, vice direttrice generale del Comune di Norwich, con la quale viene avvertita della possibilità che le espressioni da lei utilizzate possano integrare estremi di reato. La zelante funzionaria spiega che l’amministrazione locale ha il dovere, come tutti gli altri enti pubblici, di «eliminare ogni forma di discriminazione».

Per tale motivo, precisa alla signora Howe la stessa funzionaria, «il contenuto della lettera è stato ritenuto discriminatorio a causa delle espressioni utilizzate nei confronti di alcune persone per il loro particolare orientamento sessuale», e quindi la stessa lettera è stata «trasmessa all’autorità di polizia».

Da qui la sgradita visita dei police officers che, come i due carabinieri di Pinocchio, si erano recati dalla povera signora Howe per notificarle il fatto che lei avrebbe potuto passare da denunciante a denunciata. Fortunatamente, pare abbia poi prevalso il buon senso, per cui nessuna incriminazione dovrebbe essere mossa alla sfortunata signora Howe.

L’intervento delle forze dell’ordine, comunque, è parso talmente surreale – un episodio davvero collodiano – che lo stesso Ben Summerskill, il capo della potentissima lobby gay denominata Stonewall, - noto per non fare sconti a nessuno sul fronte dei diritti omosessuali – è arrivato a criticare l’intervento della polizia in questo caso, definendolo «disproportionate».

Il mio amico e collega avvocato Mike Judge, legale della signora Howe, intende ora valutare se siano ravvisabili nel comportamento dei funzionari comunali o dei poliziotti gli estremi della violazione del diritto di opinione e credo religioso protetti dal Human Rights Act. Mike Jugde, avvocato che si occupa principalmente di casi relativi alla libertà religiosa, ha commentato l’episodio della signora Howe precisando: «Affinchè un sistema democratico possa sopravvivere i cittadini devono essere liberi di esprimere le proprie opinioni, ancorché impopolari, ad una pubblica autorità senza il timore di sentire bussare la porta da agenti di polizia».

Un anno fa, durante un nostro incontro a Londra, Mike Judge mi aveva già confessato che in Gran Bretagna «it’s not a crime to be a Christian, but it increasingly feels like it». Non è ancora un reato essere cristiani ma lo si comincia sempre più a percepire come tale. Il caso Howe rappresenta un’ottima lezione per tutti i politicanti corretti che nel nostro Paese pretendono di discettare e legiferare sull’omofobia con la grossolanità di chi si ostina a non vedere il rischio che possa essere travalicato il labile confine tra l’offesa ed il diritto alla libertà di espressione e di credo religioso.

IRAQ Nuovo attacco contro cristiani a Mosul, ferito un giovane



Fonti di AsiaNews parlano di “una persecuzione che prosegue nell’indifferenza generale” e aggiungono che “i cristiani vivono nel panico” e mirano a lasciare la città, convinti che “non si tratta di criminali normali” e che dietro agli attacchi ci sono “precisi piani politici”. Mosul (AsiaNews) – Prosegue, a Mosul, in Iraq, la caccia ai cristiani. Oggi pomeriggio due negozi sono stati attaccati, un appartiene a un cristiano e l'altro a un yazidi. Il cristiano è un giovane che si chiama Raghid Sabah Tobia. E’ stato gravemente ferito ed è stato trasportato all'ospedali. Il negozio di Raghid non è lontano della chiesa caldea, al quartiere di Dawassa, l’altro è nello stesso quartiere dove c'è la cappella siro-cattolica di Qasr al Mutran. Fonti di AsiaNews a Mosul, che chiedono l’anonimato per motivi di sicurezza, parlano di “una persecuzione che prosegue nell’indifferenza generale” e aggiungono che “i cristiani vivono nel panico” e mirano a lasciare la città. I cristiani sono convinti che “non si tratta di criminali normali” e che dietro agli attacchi ci sono “precisi piani politici”, che il governo non contrasta. Da Baghdad non giungono informazioni “su chi vi sia dietro gli attacchi contro chiese e cristiani”, ma la fonte è sicura che l’esecutivo centrale, il governatorato di Mosul e la leadership curda “sono a conoscenza” del piano contro la comunità cristiana.

PAKISTAN Lahore, domestica cristiana 12enne torturata e uccisa dal padrone musulmano


La giovane lavorava presso la famiglia di un potente avvocato della città, dove era soggetta a violenze sessuali, fisiche e psicologiche. La morte della ragazza ha scatenato le proteste della comunità cristiana, che chiede giustizia. Attivista per i diritti umani: il 99% delle giovani cristiane che lavorano per musulmani sono vittime di violenze e abusi. Lahore (AsiaNews/Agenzie) – Una giovane cristiana di 12 anni è morta per le violenze inflitte dal suo datore di lavoro, un ricco e potente avvocato musulmano di Lahore. Il decesso è avvenuto il 22 gennaio scorso e ha scatenato le proteste della comunità cristiana, che ha manifestato davanti al governatorato provinciale del Punjab. Le autorità cercano di placare gli animi e assicurano giustizia; il presidente pakistano Zardari promette un risarcimento alla famiglia. La ong protestante Sharing Life Ministry Pakistan (Slmp) riferisce che Shazia Bashir, 12 anni, lavorava da otto mesi come collaboratrice domestica nella casa di Chaudhry Muhammad Naeem, avvocato ed ex presidente della Lahore Bar Association. Fonti cristiane aggiungono che la ragazza era vittima di continue vessazioni ed è stata violentata e torturata prima di essere uccisa. Sohail Johnson, coordinatore di Slmp, sottolinea che la giovane lavorava in condizioni di stress psicologico e fisico, era soggetta a traumi e non riceveva la paga mensile pattuita (circa 12 dollari). “Era ricoperta di insulti – spiega – ogni volta che sollevava la questione del compenso”. L’attivista cristiano conferma che Shazia, tre giorni prima di morire, ha subito torture dal suo datore di lavoro. L’uomo ha cercato di curarla a casa, senza avvertire i genitori delle condizioni di salute. I trattamenti sono risultati inefficaci e si è reso necessario il ricovero al Meo Hospital di Lahore. “I genitori di Shazia non hanno potuto vedere la figlia” denuncia Razia Bibi, 44 anni, zia della vittima. La 12enne è morta il 22 gennaio scorso in ospedale a causa delle ferite subite. Sohail Johnson conferma che il cadavere presentava i segni delle torture in 12 punti diversi del corpo ed è stata ricoverata “con la mandibola fratturata”. In un primo momento la famiglia di Chaudhry Muhammad Naeem ha proposto un risarcimento di 250 dollari ai genitori per non sporgere denuncia; poi si sono dati alla fuga. La polizia li ha arrestati ieri dietro pressioni del governo federale Il 23 gennaio la comunità cristiana ha tenuto una manifestazione davanti agli uffici dell’Assemblea provinciale del Punjab. L’associazione dei legali di Lahore, invece, si è schierata a difesa del potente avvocato musulmano. La minoranza cristiana esprime dubbi sull’indipendenza e l’efficacia delle indagini avviate dalla polizia. Tuttavia Rana Sanaullah, Ministro della giustizia del Punjab, assicura che non vi saranno interferenze esterne e verrà fatta giustizia. Sohail Johnson (nella foto con il cadavere della giovane uccisa) spiega che il 99% delle ragazze cristiane, provenienti da famiglie povere, lavorano come domestiche per ricchi musulmani. Esse sono sovente vittime di abusi e violenze fisiche, sessuali e psicologiche. “In alcuni casi – aggiunge l’attivista – i loro padroni le danno in sposa a domestici musulmani, obbligandole a convertirsi all’islam”. Il coordinatore di Slmp conclude che “queste vulnerabili ragazze cristiane non godono di alcuna protezione” e chiede al governo “a tutelarle”. Il presidente pakistano Asif Ali Zardari invita il governo del Punjab a sostenere economicamente la famiglia della ragazza uccisa e promette 6mila dollari in aiuti. La somma dovrebbe coprire anche le spese necessarie per i funerali di Shazia Bashir, che si terranno oggi a Lahore.

VIETNAM La violenza ha vinto: rimosse le croci di Dong Chiem

di J.B. An Dang
“Scortati” dalla polizia, alcuni fedeli sono stati costretti a riportarsi a casa i crocefissi che erano stati portati sul monte Che. I media statali parlano di parrocchiani “persuasi ed educati” dalle autorità, il parroco nega che sia stato un atto volontario.


Hanoi (AsiaNews) – Alla fine, la forza ha vinto. “Scortati” dalla polizia, alcuni fedeli di Dong Chiem sono saliti sul monte Che e si sono riportati a casa (nella foto) le croci che vi erano state piantate dalla gente dopo il 6 gennaio, quando agenti e militari avevano fatto saltare con l’esplosivo il crocefisso che vi sorgeva.

I media di regime (Hà Nội Mới, An Ninh Thủ Đô, Radio The Voice of Vietnam, Hanoi Television), secondo abitudine consolidate, ieri hanno dato della vicenda una versione addomesticata e trionfalistica, per la quale “dopo molto tempo, persuasi ed educati dai funzionari del comune di An Phu e della contea di My Duc, domenica 24, sotto la guida del parroco Nguyen Van Huu e del suo vicario Nguyen Van Lien, un gruppo di parrocchiani ha rimosso tutte le croci sul monte Che”.

Tale ricostruzione dei fatti viene respinta dai due sacerdoti, che nel corso della vicenda sono stati pubblicamente insultati con gli altoparlanti e ripetutamente vessati dalla polizia con una serie di ordini di comparizione e lunghe ore di interrogatori. “Da venerdì - spiega il responsabile della parrocchia - gli altoparlanti annunciavano la decisione dei dirigenti locali del Partito comunista e delle autorità civili e militari di rimuovere domenica 24 tutte le croci sul monte”. “Un gruppo di parrocchiani è stato costretto dai funzionari a mettere in pratica la decisione, sotto stretto controllo della polizia. Non è stato fatto volontariamente. Abbiamo protestato contro la rimozione delle croci”.

Di buono c’è che, vinta la loro battaglia, le centinaia di agenti e attivisti che avevano occupato il villaggio se ne stanno andando, “per il ritorno alla vita normale”, come dicono i media statali.

Che sembrano non voler porre fine all’attacco contro i cattolici. Sotto tiro ora c’è padre Peter Nguyen Van Khai, redentorista, accusato di “organizzare pellegrinaggi a Dong Chiem” e “esagerare la portata degli incidenti, per motive politici”. Né ha fine la campagna contro l’arcivescovo di Hanoi, mons. Joseph Ngo Quang Kiet e contro I redentoristi della parrocchia di Thai Ha, qualificati “istigatori di sommosse”, per i quali si chiedono severe punizioni.

lunedì 25 gennaio 2010

Chesterton è attuale - Francesco D'Agostino cita Chesterton

Su Avvenire di ieri 24 Gennaio 2010 il filosofo Francesco D'Agostino iniziava il suo commento così:

"Mi ha sempre colpito, e continua a colpirmi, una nota battuta di Chesterton: a chi gli chiedeva se ritenesse che la Chiesa dovesse essere governata «democraticamente», egli rispondeva: «Certamente sì; a condizione, però, che vengano ammesse al voto anche le generazioni passate». Una considerazione del genere credo che si possa applicare benissimo alla questione delle riforme costituzionali, su cui si tormentano, ormai da anni, politici e giuristi e che quindi è inevitabilmente divenuta tormentosa, nel senso peggiore del termine, anche per la pubblica opinione. Quanto più sentiamo ripetere da tutte le parti che tutte le riforme, ma soprattutto quelle costituzionali, dovrebbero essere «condivise», tanto più sembra che si allontani il momento in cui davvero esse possano realizzarsi".

Il resto dell'articolo lo trovate qui.

Massimiliano Amolini, Uomo Vivo, ha esaurito tutte le copie del suo libro, per cui non chiedetene più...!

Cari Amici,

sono molto molto contento di comunicarvi che il nostro amico Massimiliano Amolini (ricordate il suo libro? Ne abbiamo parlato in un posto il 12 Gennaio 2010!) ha esaurito tutte le copie del suo libro!

Un successone! Vedete che bella cosa? Io sono molto molto contento ed allegro per questo.

Vi faremo sapere se ne ristamperà ancora, nel frattempo NON CHIEDETENE PIU' perché appunto non ci sono.

Qualora ci fossero, saremo noi a farvelo sapere.

EVVIVA MASSIMILIANO!!!

domenica 24 gennaio 2010

Libero su Chesterton


Il quotidiano Libero, grazie a Marco Respinti, ha dedicato a Chesterton un'intera pagina (quella che vedete qui sopra) del suo numero del 22 Gennaio 2010.

E' dedicata all'ultima pubblicazione chestertoniana di Raffaelli Editore, la famosa conferenza tenuta nel corso del Maggio Fiorentino 1935 dal Nostro Eroe. Riguarda il rapporto tra la cultura inglese e la cultura latina, di cui abbiamo parlato tempo fa in occasione della presentazione della pubblicazione dell'altro inedito chestertoniano da parte di Raffaelli Editore, La ballata del Cavallo Bianco.

Un grazie a Marco Respinti e a chi lavora per far conoscere Chesterton!

Un aforisma al giorno - 155

Cari amici,
ecco che cosa pensava Chesterton di conservatori e progressisti. Badate! Di tutti i conservatori e i progressisti, fuori e dentro il suo paese!
Finalmente qualcuno che ha capito che l'inghippo (per il quale "ringraziamo" Hegel, Marx, Nietszche e... compagni!) sta proprio lì!


"Tutto il mondo moderno si è diviso in conservatori e progressisti. L'attività dei progressisti è quella di continuare a fare errori. L'attività dei conservatori è quella di evitare che gli errori siano corretti".


Gilbert Keith Chesterton, da Illustrated London News, 19 Aprile 1924

sabato 23 gennaio 2010

Ancora sulla sentenza eugenetica del Tribunale di Salerno...

da Avvenire di Giovedì 21 gennaio 2010

Le malefatte della lettura «orientata»

P er comprendere la portata 'eversiva' della decisione del Tribunale di Salerno è sufficiente ricordare cosa prevede la vigente normativa. L’articolo 1 della legge40 – confermata da un referendum popolare – sancisce il divieto di ricorso alla procreazione assistita per le coppie fertili, mentre l’articolo 13 dispone il divieto di praticare diagnosi sull’embrione concepito per finalità non terapeutiche, ossia di sperimentazione o selettive. In più, tali norme hanno passato il vaglio della Corte costituzionale che l’anno scorso ha rigettato le eccezioni di incostituzionalità, confermando il divieto di selezione eugenetica.
L’abnormità del provvedimento del Tribunale di Salerno sta nell’aver disapplicato una legge dello Stato, attraverso il ricorso alla cosiddetta «lettura costituzionalmente orientata» delle norme. Con l’aggravante del paradosso che la Corte costituzionale sul punto specifico si è già pronunciata, togliendo spazio a qualunque possibilità di interpretazione. Ciò che appare davvero inquietante in questa decisione del giudice salernitano è il prevalere di una personale impostazione ideologica del magistrato rispetto al rigido dettato di una legge approvata dal Parlamento, confermata dall’espressione popolare referendaria e persino dalla pronuncia della Corte costituzionale. Non è esagerato affermare che quella sentenza rappresenti un grave vulnus al nostro sistema democratico Ero uno studente universitario quando, all’inizio degli anni ’80, leggevo gli scritti di un grande giurista, Giovanni Cassandro. Fu lui a denunciare i rischi dell’operato di quei magistrati i quali pensano che «la giustizia debba essere amministrata non applicando la legge e servendo la legge, ma piegando la legge (attraverso l’interpretazione) a strumento eversivo di un ordinamento che non realizza o non realizza ancora l’ideologia che i giudici prediligono, difendono, propagano, e intendono addirittura attuare con le loro sentenze».

Nel nostro ordinamento il potere legislativo, in virtù della rappresentanza conferitagli dal popolo, è l’unico depositario del potere sovrano. E i magistrati sono soggetti alla legge, che costituisce la fonte della loro autorità e ne rappresenta il limite invalicabile. Per questa ragione il provvedimento del Tribunale di Salerno farebbe rivoltare nella tomba il Montesquieu autore dello Spirito delle Leggi e padre della tripartizione dei poteri dello Stato moderno. Così ammoniva il barone politologo: «Tutto sarebbe perduto se un’unica persona o un unico corpo di notabili, di nobili o di popolo esercitasse questi tre poteri: quello di fare le leggi, quello di eseguire le risoluzioni pubbliche e quello di punire i delitti o le controversie dei privati». Per questo, Montesquieu sosteneva che i giudici devono limitarsi ad essere la «bocca della legge». Quando dimenticano di essere la « bouche de la loi » e pretendono di essere la « bouche de la vérité », allora in pericolo non c’è soltanto la giustizia ma anche la democrazia di un popolo.


Gianfranco Amato
presidente Scienza & Vita di Grosseto

venerdì 22 gennaio 2010

Rassegna stampa

22 Gennaio 2010 - Avvenire
Cure Palliative
Legge in dirittura di arrivo 64 KB

22 Gennaio 2010 - Repubblica
CROCEFISSO. Ricorso contro la Ue 73 KB

22 Gennaio 2010 - Avvenire
Europa: la libertà religiosa da difendere ovunque 83 KB

giovedì 21 gennaio 2010

Quando i capri espiatori si chiamano Pio e Benedetto - Malafede e disinformazione

Riprendiamo dal "Corriere della Sera" del 20 gennaio un commento scritto dopo l'incontro di Benedetto XVI con la comunità ebraica di Roma.


di Bernard-Henri Lévy

Bisognerebbe smetterla con la malafede, il partito preso e, per dirla tutta, la disinformazione, non appena si tratta di Benedetto XVI. Fin dalla sua elezione, si è intentato un processo al suo "ultraconservatorismo", ripreso di continuo dai mass media (come se un Papa potesse essere altra cosa che "conservatore"). Si è insistito con sottintesi, se non addirittura con battute pesanti, sul "Papa tedesco", sul "post-nazista" in sottana, su colui che la trasmissione satirica francese "Les Guignols" non esitava a soprannominare "Adolfo II".
Si sono falsificati, puramente e semplicemente, i testi: per esempio, a proposito del suo viaggio ad Auschwitz del 2006, si sostenne e - dal momento che col passar del tempo i ricordi si fanno più incerti - ancor oggi si ripete che avrebbe reso onore alla memoria dei sei milioni di morti polacchi, vittime di una semplice "banda di criminali", senza precisare che la metà di loro erano ebrei (la controverità è davvero sbalorditiva, poiché Benedetto XVI in quell'occasione parlò effettivamente dei "potenti del iii Reich" che tentarono "di eliminare" il "popolo ebraico" dal "rango delle nazioni della Terra", "Le Monde", 30 maggio 2006).
Ed ecco che, in occasione della visita del Papa alla sinagoga di Roma e dopo le sue due visite alle sinagoghe di Colonia e di New York, lo stesso coro di disinformatori ha stabilito un primato, stavo per dire che ha riportato la palma della vittoria, poiché non ha aspettato nemmeno che il Papa oltrepassasse il Tevere per annunciare, urbi et orbi, che egli non aveva saputo trovare le parole che bisognava dire, né compiuto i gesti che bisognava fare e che dunque aveva fallito nel suo intento...
Allora, visto che l'evento è ancora caldo, mi si consentirà di mettere qualche puntino su qualche "i". Benedetto XVI, quando si è raccolto in preghiera davanti alla corona di rose rosse deposta di fronte alla targa commemorativa del martirio dei 1021 ebrei romani deportati, non ha fatto che il suo dovere, ma l'ha fatto. Benedetto XVI, quando ha reso omaggio ai "volti" degli "uomini, donne e bambini" presi in una retata nell'ambito del progetto di "sterminio del popolo dell'Alleanza di Mosè", ha detto un'evidenza, ma l'ha detta. Di Benedetto XVI che riprende, parola per parola, i termini della preghiera di Giovanni Paolo ii, dieci anni fa, al Muro del Pianto; di Benedetto XVI che chiede quindi "perdono" al popolo ebraico devastato dal furore di un antisemitismo per lungo tempo di essenza cattolica e nel farlo, ripeto, legge il testo di Giovanni Paolo ii, bisogna smettere di ripetere, come somari, che egli è indietro-rispetto-al-suo-predecessore.
A Benedetto XVI che dichiara infine, dopo una seconda sosta davanti all'iscrizione che commemora l'attentato commesso nel 1982 dagli estremisti palestinesi, che il dialogo ebraico cattolico avviato dal concilio Vaticano II è ormai "irrevocabile"; a Benedetto XVI che annuncia di aver l'intenzione di "approfondire" il "dibattito fra uguali" che è il dibattito con i "fratelli maggiori" che sono gli ebrei, si possono fare tutti i processi che si vuole, ma non quello di "congelare" i progressi compiuti da Giovanni XXIII.
Quanto alla vicenda molto complessa di Pio XII, ci tornerò, se necessario. Tornerò sul caso di Rolf Hochhuth, autore del famoso Il vicario, che nel 1963 lanciò la polemica sui "silenzi di Pio xii". In particolare, tornerò sul fatto che questo focoso giustiziere è anche un negazionista patentato, condannato più volte come tale e la cui ultima provocazione, cinque anni fa, fu di prendere le difese, in un'intervista al settimanale di estrema destra "Junge Freiheit", di colui che nega l'esistenza delle camere a gas, David Irving. Per ora, voglio giusto ricordare, come ha appena fatto Laurent Dispot nella rivista che dirigo, "La règle du jeu", che il terribile Pio xii, nel 1937, quando ancora era soltanto il cardinale Pacelli, fu il coautore con Pio xi dell'Enciclica Mit brennender Sorge ("Con viva preoccupazione"), che ancora oggi continua ad essere uno dei manifesti antinazisti più fermi e più eloquenti.
Per ora, dobbiamo per esattezza storica precisare che, prima di optare per l'azione clandestina, prima di aprire, senza dirlo, i suoi conventi agli ebrei romani braccati dai fascisti, il silenzioso Pio XII pronunciò alcune allocuzioni radiofoniche (per esempio Natale 1941 e 1942) che gli valsero, dopo la morte, l'omaggio di Golda Meir: "Durante i dieci anni del terrore nazista, mentre il nostro popolo soffriva un martirio spaventoso, la voce del Papa si levò per condannare i carnefici".
E, per ora, ci si meraviglierà soprattutto che, dell'assordante silenzio sceso nel mondo intero sulla Shoah, si faccia portare tutto il peso, o quasi, a colui che, fra i sovrani del momento: a) non aveva cannoni né aerei a disposizione; b) non risparmiò i propri sforzi per condividere, con chi disponeva di aerei e cannoni, le informazioni di cui veniva a conoscenza; c) salvò in prima persona, a Roma ma anche altrove, un grandissimo numero di coloro di cui aveva la responsabilità morale. Ultimo ritocco al Grande Libro della bassezza contemporanea; Pio o Benedetto, si può essere Papa e capro espiatorio.


(©L'Osservatore Romano - 21 gennaio 2010)

Rassegna stampa

21 Gennaio 2010 - èVita
Fecondazione Artificiale
Fermate chi vuole smontare la legge 40 137 KB

21 Gennaio 2010 - èVita
Fecondazione Artificiale
Un mondo di bebè selezionati 173 KB

mercoledì 20 gennaio 2010

Popieluszko

CARI AMICI CHESTERTONIANI,
CHI VUOLE VEDERE IL FILM E INCONTRARE IL REGISTA, PUO' FARLO QUESTA SERA A FERRARA E DOMANI SERA A RIMINI!!! Sotto trovate le indicazioni.
Riceviamo e vi giriamo volentieri la segnalazione di Antonio Autieri di Sentieri del Cinema.

Carissimi,


sono il direttore dell'associazione Sentieri del Cinema. Innanzi tutto grazie perché avete citato a volte i nostri interventi sul nostro sito o sul Sussidiario.net. Ho letto oggi il vostro blog sulla proiezione del film Popieluszko a Pesaro.
Noi ci stiamo muovendo molto sul film, come già su Katyn (credo abbiate seguito quella nostra "campagna").
Sempre lunedì facciamo a Milano una serata sul film con il regista! Lo segnalate?
E collaboriamo con amici che nei giorni dopo portano film e regista a Ferrara e Rimini.

Ecco informazioni dettagliate.
Grazie per quanto potrete fare.

Antonio Autieri
Sentieri del Cinema

Il film Popieluszko - Non si può uccidere la speranza è stato presentato in Italia durante l'ultimo Festival Internazionale del Cinema di Roma. Dopo quella proiezione il film, come spesso accade per opere che indagano fatti storici "scomodi" (si pensi alla sorte analoga di Katyń, del maestro Andrzej Wajda), ha avuto una vita distributiva travagliata ed è uscito in pochissime sale. Molti di quanti ne avevano sentito parlare durante il passaggio alla manifestazione romana, pur interessati alla straordinaria vicenda umana di padre Popieluszko (martire del regime comunista, e in procinto di essere proclamato beato dalla Chiesa) non sono ancora riusciti a vedere il film di Rafał Wieczyński.
Per questo l'associazione Sentieri del Cinema ha invitato il regista polacco per una serata in cui Popieluszko - Non si può uccidere la speranza sarà proiettato nuovamente a Milano (dove è già stato in programmazione per due settimane, sempre al cinema Palestrina). La proiezione, che si terrà lunedì 18 gennaio alle ore 20.30 sarà introdotta dallo stesso regista insieme al Console Generale della Repubblica di Polonia in Milano Krzysztof Strzałka, al giornalista del quotidiano "Avvenire" Luigi Geninazzi, saranno presenti in sala anche la produttrice del film Julita Swircz Wieczyńska e la Presidente dell'Associazione dei Polacchi a Milano Joanna Heyman Salvadé.
Altre due proiezioni avverranno a Ferrara il 20 gennaio e a Rimini il 21 gennaio.

Gli appuntamenti

MILANO
lunedì 18 gennaio

h. 20.30
cinema Palestrina
Incontro con il regista Rafał Wieczyński

presenta
Beppe Musicco, presidente di Sentieri del Cinema
Intervengono
Krzysztof Strzalka, Console Generale della Repubblica di Polonia in Milano
Luigi Geninazzi, giornalista di Avvenire

sono presenti
Joanna Heyman Salvadé, Presidente Associazione Polacchi a Milano
Julita Swircz Wieczynska, produttrice del fim

Segue proiezione del film.



FERRARA
Mercoledì 20 gennaio

h 19.00
Sala dell'Arengo (piazza Municipale, 2)
Incontro con il regista Rafal Wieczynski

h. 21.00
Cinema Boldini
proiezione del film

RIMINI
giovedì 21 gennaio
Cinema Settebello
h 21.00
Incontro con il regista Rafal Wieczynski

La trama

Agosto del 1980. Dopo il primo pellegrinaggio di Giovanni Paolo II in Polonia, i lavoratori cominciano gli scioperi contro il regime. A celebrare la messa degli operai arriva padre Popiełuszko. Il sacerdote comprende le rivendicazioni dei lavoratori, li aiuta e partecipa alla rivolta di Solidarność. Ma nel paese viene proclamata la legge marziale. Varsavia è occupata dai carri armati e gli scioperi vengono brutalmente repressi. Padre Jerzy diventa testimone della grande dimostrazione di indipendenza dei lavoratori polacchi, ma anche della drammatica repressione da parte della polizia. Nelle sue omelie riesce ad esprimere quello che le persone sentono ma non riescono a dire. Le sue parole diventano la guida di una nazione in rivolta. Sono sempre di più i fedeli che vengono a sentirlo. La polizia politica cerca di intimorirlo: padre Jerzy è un pericolo per il regime, il nemico pubblico numero uno. Per difenderlo i lavoratori formano un servizio d'ordine. Sfidando le autorità politiche, Popiełuszko organizza i funerali di una vittima del regime e porta i suoi fedeli in pellegrinaggio a Jasna Gora. Sa bene di rischiare la vita, ma deve portare avanti la sua missione di verità e giustizia, non può fermarsi. Lo fermano i gendarmi del regime, che lo rapiscono e lo uccidono. Verrà ritrovato nelle acque di un lago. La sua morte resta un mistero, ma la sua vita continua a donare luce ad un popolo. La sua opera e la sua testimonianza hanno contribuito a cambiare la storia del mondo, ma hanno anche lasciato un solco da seguire e percorrere sempre per raggiungere la libertà.

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