domenica 31 gennaio 2010

Tutta la premura di Lewis verso i suoi indifesi lettori

Da Tempi

Si parla di (anche) Chesterton, sempre più attuale...

Se volete essere convinti della bontà di leggere (e far leggere ai bambini)

di Annalena Valenti

Se volete essere convinti della bontà di leggere (e far leggere ai bambini) storie come Le cronache di Narnia, niente c’è di meglio che sentire le ragioni dell’autore stesso. Nel caso delle Cronache C. S. Lewis l’ha fatto rispondendo, negli anni Cinquanta, alle molte lettere di bambini inglesi e americani affascinati dai suoi sette libri di avventure fantastiche dei giovani Pevensie. Alcune di queste risposte sono state raccolte da Carlo Bajetta in C. S. Lewis, Lettere ai bambini, San Paolo. Quel che più colpisce di queste lettere, oltre all’innata simpatia e sintonia dello scrittore con ciò che i bambini desiderano, è che per Lewis se da una parte le parole scritte su Narnia servono a chiarire sempre di più il significato della vera e grande storia e quindi della stessa vita nostra, dall’altra quelle stesse parole non devono essere di scandalo né far del male ai bambini che le leggono. Questa preoccupazione, assente nella maggior parte degli scribacchini di tutti i tempi (compresi quelli odierni) ma condivisa da scrittori come Claudel e Chesterton, compare nelle righe rivolte al fratellino di un piccolo ammiratore, rimasto troppo impaurito dall’“Isola Oscura”. E si riscontra anche nei chiarimenti alla madre di un altro fan di Aslan, preoccupata per il troppo amore del figlio verso il leone (con lei peraltro Lewis manterrà nel tempo il rapporto epistolare). La bontà del significato è contenuta nelle parole stesse, e quando si chiarisce di più il mistero dell’esistenza, ciò è buono.

mammaoca.wordpress.com

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