Ronald Knox. Il giallista anglicano che si innamorò della Messa in latino
tratto da: Tempi, 20.9.2007, n. 38, p. 41s.
Figlio di un vescovo della Chiesa inglese e nipote di altri due, si fece prete cattolico per difendere il cristianesimo dalla deriva progressista.
A cinquant'anni dalla morte, un ritratto di monsignor Ronald Knox
Suo nonno materno fu un grande asceta. Vescovo di Lahore, nell'India britannica, soffrì sempre il non riuscire a fare molti proseliti fra gli indù della sua vasta diocesi. Rientrato a Londra, non seppe adattarsi a una vita ordinaria, e ripartì per il Vicino Oriente, allora Impero ottomano, alla ricerca dei pochi cristiani, eredi delle chiese apostoliche, che ancora vivevano fra i musulmani. Morì, poverissimo ma stimato come un grande uomo di Dio, in un angolo sperduto della penisola arabica.
Anche suo nonno paterno, George Knox, fu vescovo in India, a Madras. Ma di tutt'altro stampo, il tipico pastore per cui il sacerdozio è un buon posto sicuro. Educò i suoi figli in una severità vicina alla reclusione: niente giochi né libri né amici, il mezzo penny di mancia settimanale destinato alle elemosine in chiesa.
Cresciuto in questo ambiente, Eduard, suo padre, si convinse che fosse la cosa più naturale del mondo seguire la carriera ecclesiastica. Di suo ci mise un gusto per il dibattito e la polemica, e si impegnò per dimostrare come il cristianesimo potesse benissimo conciliarsi con la modernità. Volle essere assegnato a una parrocchia operaia della periferia di Birmingham, più tardi diventerà vescovo di Manchester. Eduard «fino all'ultimo non vacillò mai - scrive Evelyn Waugh nella brillante biografia di Ronald Knox - nella convinzione che il "libro delle Preghiere" fosse il monumento alla liberazione nazionale dalla tirannia e dalla corruzione di Roma». Rimasto vedovo, sposò in seconde nozze una donna molto più giovane di lui, che spalancò, in tutti i sensi, le finestre di casa Knox. Arrivò perfino a convincere il marito ad accettare in regalo una bicicletta, ma siccome i figli erano sei, il mezzo era del tutto insufficiente: Ethel ne comprò altre cinque, e così le lunghe pedalate attraverso la campagna inglese divennero parte integrante dell'educazione assolutamente informale dei figli Knox.
Ronald Arbuthnott Knox, venuto al mondo nel 1888, era senza paragone il più intelligente di tutti loro. A sei anni già leggeva Virgilio in lingua originale, e poco dopo produsse una specie di telenovela in latino, che da grande definirà «francamente tediosa». Finì a Eton, dove si distinse fra i migliori del suo corso. Ma dove, soprattutto, la sua vita prese un corso inaspettato. Divoratore di libri, intorno al Natale del 1903 gli capitò fra le mani anche un'opera di Robert H. Benson, l'autore de Il padrone del mondo, che, ancora anglicano, scriveva del valore del culto della Vergine e del sacerdozio come sacramento. Ronald prese a comunicarsi regolarmente e, un paio d'anni più tardi, in ginocchio nella cappella della scuola, solo davanti a Dio, fece voto di celibato. Dopo Eton, Oxford, dove era da poco stato nominato prefetto degli studenti il primo cattolico mai ammesso nei college oxonensi dai tempi della Riforma, Sligger Urquhart. Sligger era perfettamente consapevole che la minima accusa di proselitismo gli sarebbe costata il posto, e si guardava bene dal far cenno alla questione religiosa. Ma qualcosa in lui dovette catturare il giovane Ronald Knox, se è vero che proprio a Oxford fra i due nacque un'amicizia che durerà per tutta la vita. Quando Ronald tornava a casa, sempre più spesso gli capitava di dover discutere contro le innovazioni modernizzanti che il padre cercava di imporre nella propria diocesi, difendendo gli aspetti più tradizionali del culto anglicano.
La battaglia contro il relativismo
Tra il 1910 e il 1915, Knox si preparò per il sacerdozio, fu ordinato, e divenne uno dei più brillanti sostenitori dell'anglo-cattolicesimo, la corrente nel seno della Chiesa anglicana più vicina alle posizioni di Roma. Così disse nel suo sermone per la festa dei santi Pietro e Paolo, anno 1913: «Noi non possiamo poggiare i nostri piedi sulla roccia di Pietro, ma solo guardare la sua ombra che ci passa accanto, e sperare che possa cadere su di noi e guarirci. Eppure, anche adesso non siamo senza speranza; Maria non ha dimenticato i suoi figli solo perché sono scappati via dal loro maestro e, dimenticate le sue lezioni, cercano di trovare di nuovo la strada di casa, umiliati e terrorizzati nell'oscurità». Al contempo, Knox si accorse che il vero "nemico" era il liberalismo teologico, una posizione che si faceva sempre più strada, secondo cui la soluzione ai problemi religiosi è l'abbandono di qualsiasi ferma credenza. Joseph Pearce, grande studioso della cultura cattolica inglese del Novecento e professore dell'Ave Maria University, Florida, dice a Tempi che «forse la più corrosiva definizione in lingua inglese del modernismo teologico è proprio di Knox. Compare in Absolute and Abitofhell: "Quando una garbata cortesia, per temperare lo zelo bigotto, ha corretto 'io credo' con 'si sente'."». Scritto subito dopo l'ordinazione, nel 1912, Absolute and Abitofhell (più o meno traducibile in "L'assoluto e le abitudini infernali") ebbe successo perfino tra i progressisti che metteva alla berlina, forse per l'ironia con cui l'autore rivestiva anche i giudizi più duri: «È così stupido che la civiltà moderna abbia rinunciato a credere al diavolo, quando costui ne è l'unica spiegazione ragionevole».
Come molti anglo-cattolici, Knox aveva sognato un ritorno dell'intera Chiesa d'Inghilterra alla comunione di Roma, anche a costo di attenderlo per decenni. Ma con lo scoppio della Grande guerra il tempo si fece breve. Per molti dei suoi amici in trincea si trattò di decidere, subito, oggi, prima della battaglia di cui non sapevano se avrebbero visto la sera. Gli chiedevano consiglio per lettera, in licenza lo andavano a cercare. E, uno a uno, i suoi amici scelsero. Durante le vacanze di Natale del 1916 ebbe un lungo confronto col padre, che gli rimproverò di tradire il suo popolo, di cercare solo la propria "calma", di "seppellire i suoi talenti", e infine di mettere in pericolo la sua (del padre) posizione. La lotta interiore durò ancora qualche mese, ma ormai la strada era chiara: il 22 settembre del 1917 Ronald Knox veniva accolto nella Chiesa cattolica dall'abate del monastero benedettino di Farborough.
Un motu proprio scritto per lui
Fu come se si fosse liberato di un peso. Commenta Waugh: «Lui, che così spesso sospendeva il giudizio in tantissime questioni della vita quotidiana, non dubitò più neanche per un momento che il cattolicesimo fosse, e debba essere, la fede storica della cristianità: o l'intero deposito della fede era ispirato da Dio e protetto e sviluppato sotto la guida divina, o era falso». Anche la sua attività letteraria ebbe una svolta. «Credo che Knox non abbia realizzato in pieno le sue potenzialità come scrittore - osserva per Tempi Pearce - perché le trascurò per adempiere alla sua vocazione primaria di prete, era più preoccupato del suo gregge che di evangelizzare la cultura con i suoi scritti. Per questo produsse libri come La Messa al rallentatore e Il Credo al rallentatore, e spese diversi anni per realizzare una traduzione completa della Bibbia: un risultato magnifico, anche se messo in ombra dalle traduzioni ufficiali che vennero subito dopo. Naturalmente, anche La messa al rallentatore ebbe vita breve perché la Messa che Knox descrive fu sostituita, dopo il Vaticano II, dal nuovo rito. Ma chissà se con il motu proprio di Benedetto XVI Knox non risorgerà come valida guida a questa forma straordinaria della Messa».
Nel club di GKC e Agatha Christie
Tutto questo, comunque, non impedì a Knox di scrivere sei gialli (uno dei quali è ancora l'unico suo libro attualmente disponibile in Italia) e di partecipare alla vita del "Detection club", presieduto da Gilbert K. Chesterton, e che vantava tra i suoi membri perfino Agatha Christie. «Chesterton - ci ricorda Pearce - aveva avuto grande influenza sulla conversione di Knox. Eppure, paradossalmente, Knox entrò nella Chiesa cattolica prima di lui, ed ebbe un ruolo importante quando questi dovette fare il passo decisivo». Sembrò addirittura che sarebbe toccato a lui accoglierlo nella fede, invece fu scelto padre O'Connor, l'ispiratore della figura di padre Brown. A Knox sarebbe spettato il più triste compito di celebrare il funerale di Chesterton, ma nemmeno in quell'occasione rinunciò a qualche motto di spirito sui libri di lui e sui preti. «Sì, molti dei grandi convertiti inglesi avevano un gusto per la vita che inevitabilmente sfociava in buonumore», conclude Pearce. «La fragorosa allegria di Belloc, Chesterton, Knox, Waugh e altri è contagiosa ed è, paradossalmente, un grande strumento di evangelizzazione della cultura. Una volta Knox osservò: "Solo l'uomo ha una dignità, perciò solo l'uomo può essere messo in ridicolo". Chesterton scrisse un saggio intero su questo tema, intitolato Sull'arte di rincorrere il proprio cappello. "Il riso e l'amore sono dappertutto - scrisse Knox - nelle persone sane non c'è guerra fra loro"».
Ronald Arbuthnott Knox morì il 24 agosto di cinquant'anni fa, nel 1957.
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