di Gianfranco Amato
ROMA, martedì, 2 novembre 2010 (ZENIT.org).- La Comunione anglicana è costituita dall’insieme delle Chiese che si riconoscono in quella forma di religione cristiana che va sotto il nome di anglicananesimo. La compongono trentotto provincie sparse in tutto il mondo e dotate di autonomia, sotto la guida spirituale di un primate, l’Arcivescovo di Canterbury della Chiesa d’Inghilterra, detta anche Chiesa madre. Delle provincie fanno parte anche la Chiesa Episcopale degli Stati Uniti e la Chiesa Episcopale Scozzese. Quella anglicana è comunque una Comunione che scricchiola.
I primi dissensi sono sorti quando l’ala liberale, mossa dallo spirito politically correct e dal mito dell’emancipazione femminile, ha chiesto ed ottenuto l’ordinazione di preti e vescovi donna. Quello del sacerdozio femminile è stato uno dei principali motivi di divisione all’interno della Comunione, e poiché diverse parrocchie non lo hanno accettato, l’Arcivescovo di Canterbury ha deciso di nominare degli appositi Pastori, i Provincial Episcopal Visitors, popolarmente chiamati PEV o “flying bishop” (vescovi volanti), affidando loro i fedeli tradizionalisti.
E’ nata persino un’associazione mondiale denominata Forward in Faith (avanti nella fede), costituita da religiosi e laici anglicani che si sono opposti alla consacrazione sacerdotale delle donne, per tre sostanziali ragioni. Primo, tale pratica viene considerata contraria alle Sacre Scritture, come insegna la tradizione bimillenaria della Chiesa cristiana occidentale ed orientale. Secondo, l’ordinazione femminile, decisa unilateralmente e senza previo accordo da parte di alcune Chiese della Comunione anglicana, si è posta come un grave atto scismatico. Terzo, le donne-sacerdote creano un ulteriore ed insormontabile ostacolo nel cammino ecumenico di riconciliazione con la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa.
A seguito delle sempre più numerose richieste di conversione da parte di anglicani, Benedetto XVI, dando ancora una volta prova di intelligente sensibilità, ha emanato, il 4 novembre 2009 (memoria di San Carlo Borromeo), la Costituzione apostolica Anglicanorum Coetibus, con la quale si è consentita l’istituzione di Ordinariati personali, per permettere a gruppi di ministri e fedeli anglicani di entrare nella piena comunione con la Chiesa cattolica, conservando nel contempo elementi dello specifico patrimonio spirituale e liturgico anglicano. Ciascun ordinariato - giuridicamente assimilato ad una diocesi – avrà, infatti, facoltà «di celebrare l’Eucaristia e gli altri Sacramenti, la Liturgia delle Ore e le altre azioni liturgiche secondo i libri liturgici propri della tradizione anglicana approvati dalla Santa Sede, in modo da mantenere vive all’interno della Chiesa cattolica le tradizioni spirituali, liturgiche e pastorali della Comunione anglicana, quale dono prezioso per alimentare la fede dei suoi membri e ricchezza da condividere».
Nel frattempo, la situazione della cosiddetta Comunione anglicana è andata peggiorando.
Come se non bastasse, al problema del sacerdozio femminile si è aggiunto quello dei Vescovi omosessuali.
Dopo le polemiche sorte nel maggio 2003 a seguito della nomina Jeffry John a Vescovo di Reading, ed alla successiva revoca dopo due mesi (John non era solo un omosessuale dichiarato ma per anni era stato anche un convinto attivista delle lobby gay), l’Arcivescovo di Canterbury ha chiesto una moratoria sulla consacrazione dei presuli omosessuali e delle consorelle dedite all’amore saffico. La tregua si è però rotta lo scorso 15 maggio quando la Chiesa Episcopale Americana ha approvato la nomina della reverenda Mary Glasspool a Vescovo ausiliario di Los Angeles. La Glasspool, infatti, non solo è una lesbica dichiarata, ma convive ufficialmente con la propria compagna. Inutili sono stati gli strepiti dell’Arcivescovo di Canterbury, mentre furiosa è montata l’indignazione tra i Vescovi ed i fedeli di numerose comunità anglicane.
Peter Jensen, Arcivescovo di Sydney ha condannato la decisione di nominare Vescovo un’omosessuale convivente (“partened lesbian”), ritenendo che tale decisione non solo «avalli uno stile di vita contrario alle Scritture», ma crei un’ulteriore seria divaricazione all’interno della Comunione Anglicana, tale da metterne a rischio la stessa esistenza. La Chiesa Episcopale Scozzese, invece, lo scorso agosto, ha dichiarato, per bocca del suo Primus, il rev. David Chillingworth, che la questione della nomina dei Vescovi omosessuali deve essere serenamente affrontata «senza veli o infingimenti». Facile immaginare come tutto ciò abbia creato sconcerto e smarrimento tra il popolo dei fedeli anglicani.
Questo era il quadro della situazione quando Benedetto XVI ha messo piede nel Regno Unito lo scorso 17 settembre, in occasione della sua visita di Stato. Il Santo Padre durante tutto il tour britannico non ha mai smesso di rivolgere la propria attenzione al disagio vissuto dalle comunità anglicane tradizionaliste, ed al loro desiderio di ricongiungersi alla Chiesa di Roma. Non è un caso, infatti, che al termine della visita, prima di ripartire, il Pontefice, parlando ai vescovi di Inghilterra, Galles e Scozia, riuniti a Birmingham, abbia rinnovato loro l'invito ad «essere generosi nel porre in atto la Costituzione apostolica Anglicanorum Coetibus».
I frutti della provvidenziale visita papale, del resto, non si sono fatti attendere.
Lo scorso 15 ottobre, parlando all’Assemblea Nazionale di Forward in Faith, il suo presidente John Broadhurst ha annunciato di voler chiedere entro l’anno la piena comunione con il Papa, formalizzando la propria conversione al cattolicesimo. John Broadhurst nel mondo anglicano non è un quisque de populo. Oltre ad essere, infatti, Vescovo di Fulham nella diocesi di Londra, è da sempre considerato la “big beast”, il leader carismatico, del movimento anglo-cattolico tradizionalista. Che si tratti di una conversione sincera e convinta lo dimostra anche il fatto che nell’Ordinariato cattolico non potrà mantenere la carica di Vescovo, in quanto sposato e padre di quattro figli (uno dei quali, peraltro, si chiama Benedict). Sarà comunque un ottimo sacerdote.
Arguto uomo di spirito, dalla battuta sempre pronta, colto, intelligente e combattivo, John Broadhurst ha anche dichiarato che rimarrà presidente di Forward in Faith, poiché l’associazione non dipende direttamente dalla Chiesa anglicana. Per Broadhurst si tratta di un vero ritorno a casa, dato che egli proviene da una famiglia cattolica, ed è stato battezzato secondo il rito di Santa Romana Chiesa. Che non si tratti, comunque, di una folgorazione improvvisa ma di un percorso preparato e meditato, lo dimostra l’incontro riservato avuto alla fine di luglio del 2009 con il Cardinale di Vienna Christoph Schönborn, espressamente voluto da Benedetto XVI.
All’ultima Assemblea di Forward in Faith, oltre all’annuncio di Broahurst, si è potuto ascoltare anche il raffinato e lucido discorso di padre James Patrick, al secolo His Honour Judge James Patrick. L’ex magistrato, ora sacerdote cattolico, ha spiegato che l’idea dell’Ordinariato è sempre stata «al centro della missione del Papa», ed ha esortato tutti coloro che hanno mostrato interesse per tale struttura, a formare una grande «prima ondata». Poiché padre Patrick ha parlato di un «percorso quaresimale», qualcuno ha voluto intravvedere in quella espressione una conferma dei rumours che riecheggiano circa una trasmigrazione di massa nella Chiesa Cattolica a pasqua. Già si sa di altri presuli.
Non solo John Broadhurst, infatti, ma anche il Presidente della Church Union, Edwin Barnes, Vescovo emerito di Richborough, è in procinto di “cross the Tiber” (attraversare il Tevere), come si usa dire da quelle parti.
E così sarebbero in totale quattro i Vescovi della Chiesa d’Inghilterra che intendono ricongiungersi alla Comunione cattolica: John Broadhurst, Vescovo di Fulham; Andrew Burnham, Vescovo di Ebbsfleet; Keith Newton, Vescovo di Richborough; ed il suo predecessore Edwin Barnes. Mentre corrono voci ufficiose di altri religiosi pronti a diventare cattolici, resta un fatto comunque clamoroso e significativo che ben tre dei quattro Vescovi nominati dal Sinodo anglicano per accudire i fedeli tradizionalisti stiano per aderire alla proposta della Anglicanorum Coetibus.
Qualcuno nutriva legittime perplessità sul fatto che la Costituzione Apostolica rivolta agli anglicani potesse determinare un fenomeno di popolo ed indurre singole comunità a chiedere di far parte degli Ordinariati personali. Si pensava più ad un processo “clero-guidato”, che ad un movimento scaturente dal basso.
Il caso della parrocchia di San Pietro a Folkestone, città dell’Inghilterra sud-orientale situata nella contea del Kent e affacciata sullo stretto di Dover, ha smentito gli scettici. Il Consiglio parrocchiale di quella comunità, infatti, alla fine di settembre ha deciso, con voto unanime, di contattare e informare Rowan Williams, Arcivescovo di Canterbury, circa la volontà di aderire all’Ordinariato. Questo il testo della dichiarazione ufficiale: «Nella riunione del 28 settembre, il Consiglio parrocchiale della Chiesa di San Pietro di Folkestone all’unanimità ha dato mandato ai Churchwardens di scrivere all’Arcivescovo di Canterbury, nostro Vescovo diocesano, chiedendogli un incontro per manifestare la volontà del Consiglio parrocchiale e di molti fra i parrocchiani di aderire all’Ordinariato inglese della Chiesa cattolica quando esso verrà eretto. Desideriamo che questo passaggio possa essere reso il più semplice possibile, non solo per noi, ma per la famiglia diocesana di Canterbury, che con rammarico dovremo lasciare». Bisogna peraltro precisare che nella Chiesa d’Inghilterra il Consiglio parrocchiale, a differenza di quanto avviene nella Chiesa Cattolica, agisce come vero e proprio organo esecutivo di una parrocchia, ed è costituito dal parroco, dai Churchwardens (principali collaboratori del parroco), e da rappresentanti eletti dei laici.
Non v’è dubbio che il successo della visita di Benedetto XVI in Gran Bretagna abbia decisamente contribuito ad accelerare i processi di avvicinamento di religiosi e fedeli alla Chiesa cattolica, attraverso la geniale intuizione dell’Ordinariato personale. E non c’è dubbio che lo spirito della Anglicanorum Coetibus sia stato al centro dei pensieri del Santo Padre durante tutta la sua visita. Fonti attendibili riferiscono, ad esempio, che il Papa in persona abbia espresso al cerimoniere pontificio, mons. Guido Marini, la sua personale preoccupazione che la cerimonia religiosa presso la Cattedrale di Westminster si svolgesse in modo appropriato e solenne, per dimostrare agli anglicani tradizionalisti l’attenzione ed il rispetto che la Chiesa cattolica attribuisce alla liturgia. Non pochi sono stati i cambiamenti imposti da mons. Marini su espressa disposizione del Papa.
L’indubbio successo della visita di Benedetto XVI in Gran Bretagna ha certamente contribuito a far rompere gli indugi a tanti di coloro che nel mondo anglicano guardavano con sempre maggiore interesse all’ipotesi di un approdo cattolico. Il colpo magistrale della Anglicanorum Coetibus – certamente non casuale – ha compiuto l’opera.
Tutto ciò sta realizzando un sommovimento epocale nel panorama ecclesiastico britannico, al punto che qualcuno ha parlato di un vero e proprio “earthquake”, un terremoto spirituale. Molti intravedono in questo fenomeno – con quale ragione – il compimento naturale dello spirito e degli obiettivi che hanno caratterizzato il Movimento di Oxford, e la risposta a numerose preghiere. A cominciare, ovviamente, da quelle del Beato John Henry Newman.
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