giovedì 23 luglio 2009

Chesterton è attuale - Tracce, mensile di CL, parla di Chesterton

Ricordiamo che L'Uomo Eterno, edito da Rubbettino, ha una Nota Biobibliografica firmata dal nostro presidente Marco Sermarini.

L'UOMO ETERNO Le due stranezze che hanno cambiato la Storia

di Alessandra Stoppa
23/07/2009
È possibile che Gilbert Keith Chesterton venga beatificato, è notizia di questi giorni. Un uomo straordinariamente buono. Si è battuto per la verità. Senza sconti e senza moralismi. Lo dicono le testimonianze di chi l’ha conosciuto, ma basterebbero le pagine dei suoi libri. Basterebbe vedere il compito di cui si è fatto carico sempre: ricordarci che le cose hanno un nome e che far finta che non l’abbiano non è da uomini. «Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro», scriveva nel 1905. Aveva capito che ci sarebbe stato sempre più bisogno di difendere non prodigi invisibili, ma la realtà. Anche L’uomo eterno racchiude questo scopo. Guardare la realtà è un problema di proporzioni. Ci sono cose che stanno a un livello medio. Altre che sono eccezionali. Vanno distinte. E non tutto sta in fila indiana, lungo la linea del progresso evoluzionistico. Né fianco a fianco, secondo il razionalismo degli studi comparati.
Il saggio è stato dato alle stampe nel 1925 (era assente dalle librerie italiane dal ‘30): è un’esplorazione della storia dell’umanità, un viaggio nelle civiltà e nelle culture dalla notte dei tempi fino all’Impero Romano. E, profeticamente, fino al nostro tempo. È un saggio sulla Storia e sulla riflessione storica. Ma è quanto di meno intellettualistico si possa leggere. È un’opera concreta come i fatti e le immagini che germogliano a ogni riga del genio inglese. L’intento è dar battaglia al darwinismo storico. Al materialismo evolutivo che falsifica la storia teorizzando che tutto è progredito dal piccolo al grande, dalla barbarie alla civiltà, dal peggio al meglio, ogni cosa una dopo l’altra, l’una dall’altra, in ordine cronologico, lentamente. Ma questi stadi progressivi, piatti e imprecisi, si sgretolano al peso di una novità che spacca il tessuto della Storia. L’uomo. «Che non è un’evoluzione, ma una rivoluzione», scrive Chesterton. L’uomo non è «una cosa naturale». È un essere «strano», così strano che è quasi «straniero a questa terra». Tutto accanto a lui tende, come lui, a un fine glorioso, ma è l’unico a saperlo.
Il saggio si struttura in due parti: la creatura-uomo e l’uomo-Cristo. Tutto ruota attorno a due caverne. Nella prima, c’è il disegno di una renna. In quel tratto sulla roccia, sopra a tutte le deduzioni degli studiosi, risplende l’unicità, assoluta, dell’uomo stesso. Nessuna renna, nemmeno nessuna scimmia, ha mai disegnato né mai disegnerà il profilo di Chesterton. L’affondo del suo pensiero e della sua penna inizia qui, fino a svelare che in un geroglifico ci sono gli spiragli, gli enigmi e le speranze dell’uomo di tutti i tempi. Nella seconda caverna c’è un bambino che nasce davanti ai pastori. Il secondo squarcio. Che spacca per sempre il senso della Storia. È nato l’uomo eterno. Non c’è un ossimoro più prepotente di questo su tutta la terra e per tutti i secoli. Un paradosso così abissale che è impossibile venirne a capo. Ma che la modernità riesce persino a trascurare. Come noi quando trascuriamo il cielo e non sentiamo il peso con cui ci sovrasta: «Fissi su qualche particolare - una nuvola, un uccello - possiamo non accorgerci della volta celeste». Ma se ci fosse un marziano che vedesse l’uomo per la prima volta o leggesse i Vangeli senza nulla saperne, ne resterebbe abbagliato, non potrebbe negarne l’eccezionalità. Eppure solo un bambino saprebbe guardare così. E Chesterton vuole indicarcelo. Lo fa lasciandoci pagine intense sull’Egitto e Cartagine. Sulla mitologia. Sui primi cristiani. È una lettura storica, letteraria e profondamente spirituale, che interroga l’esistenza con agguerrito buonumore. Contagioso. Ci sono frasi che finiscono in preghiere senza che te ne accorgi. Sono pagine liete. Di uno «che sembra abbia davvero trovato Dio», come si trovò a dire Kafka di lui.
C’è un passaggio nel libro: «Quando colui che dubita non può che dire “Io non capisco”, è verissimo che colui che sa può soltanto rispondergli “Tu non capisci”. E dietro a questo rimprovero sorge sempre nel cuore un’improvvisa speranza: la sensazione di qualche cosa che meriterebbe d’essere capita». È come se Chesterton descrivesse l’atto di fede di un non credente: la possibilità che la ragione sia libera e vigorosa anche davanti a quel che non capisce. E quell’«improvvisa speranza» è la stessa sensazione che continuamente sorge nel leggere la sua opera. Hai il presentimento che tutto meriti di essere capito. Anche quel che credevi di aver già capito. La parte dedicata all’avvenimento cristiano è una lezione di realismo e, insieme, l’inno di un innamorato al fatto più bello che gli sia accaduto. È come un bambino che strattona i pantaloni a tutti per dire quel che ha visto, perché è la cosa più bella che ci sia. Anzi «troppo bella per essere vera. Ma è vera», ci assicura lui, come che due più due fa quattro.


G. K. Chesterton
L’uomo eterno
Rubettino, 2008
pp. 349 - € 18

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