domenica 17 luglio 2016

La serietà non è una virtù - di Fabio Trevisan (da Riscossa Cristiana)

"Non amo la serietà. Penso che sia antireligiosa. O, se preferite l'espressione, è un vezzo di tutte le false religioni"


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Chesterton iniziava così il breve saggio Sulla serietà contenuto nel volume dal titolo emblematico: "La serietà non è una virtù". Egli aveva dovuto subire, nel corso della sua felice attività di giornalista e romanziere, gli strali lanciati da chi lo considerava uno scrittore poco serio (basti vedere il capitolo dedicato all'ex sacerdote cattolico Joseph McCabe nel saggio Eretici del 1905) a cui aveva replicato con un umorismo intelligente e raffinato: "Il contrario di divertente non è serio ma "non divertente". Chesterton, lo disse più volte, aveva risposto efficacemente a quelle insipide critiche, mostrando quanto fosse bello scrivere cose intelligenti con un sano umorismo cristiano.

Un grande suo epigone è stato in Italia Giovannino Guareschi e ringrazio Alessandro Gnocchi (con il compianto Mario Palmaro) di avermelo fatto conoscere. Insieme avevamo constatato che questi due grandi autori (Chesterton e Guareschi) costituivano un reale antidoto alle "rigidità seriose" dei cosiddetti "professionisti della controrivoluzione", a quelle élite tradizionaliste che non consideravano affatto degne di nota occuparsi di questi scrittori "poco seri". Era riprovevole rendersi conto che, in un'Italia dove l'egemonia culturale della sinistra progressista era palese, anche gli alfieri controrivoluzionari non studiassero e non prendessero in giusto conto la disamina delle opere di Chesterton e Guareschi. Passo dopo passo si è ancor più realizzato che chi avversava, per diverse ragioni, questo straordinario umorismo cristiano non considerava "seriamente" nemmeno coloro che (come il sottoscritto, Alessandro Gnocchi, Paolo Gulisano e altri) da decenni si occupavano di questi formidabili e veri controrivoluzionari, riconoscendo nei loro confronti una grande necessità di farli conoscere, leggere, approfondire. Voglio qui ringraziare, a tale scopo, Paolo Deotto che mi ha dato l'opportunità di scriverne periodicamente.

Un altro fastidio che si è potuto rilevare è stato quello  di sentire menzionati impropriamente e superficialmente, attraverso citazioni spesso estrapolate dal contesto e quindi erronee, questi due grandi autori cattolici. A dirla veramente tutta credo che, attraverso Chesterton e Guareschi, si ponga davvero il confine tra chi predilige (come il sottoscritto) una battaglia culturale popolare e a tutto campo a chi preferisce una disputa più ristretta e aristocratica. Tra chi ama sorridere e prendersi "poco sul serio" (come facevano umilmente Giovannino e Gilbert) a chi mantiene un riserbo e un controllo "superbo" su se stesso. So benissimo che una frase come quella di Chesterton in Ortodossia del 1908: "Gli angeli volano perché sanno prendersi alla leggera" farebbe arricciare il naso e drizzare i capelli a qualche èlitario della controrivoluzione che si prende invece pesantemente sul serio e che quindi non riesce proprio a spiccare il volo! Anche Guareschi, quando si guardava allo specchio e si mirava talvolta nel suo aspetto corrucciato e serio, affermava: "Giovannino, quanto sei fesso!". Invitavano alla scuola dell'umorismo, a non versare il cervello all'ammasso. L'appello ai trinariciuti non era prerogativa esclusiva, ne sono sicuro, dei social-comunisti, basti guardare nei nostri tempi alla galassia "trinariciuta" nel mondo cattolico.

Credo che sia sufficientemente chiaro ora quanto di questi due grandi autori ci sia estremamente bisogno, poiché abbiamo necessità di persone di questo calibro che facciano pensare, sorridere e talvolta commuovere.

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