Dietro il titolo che in italiano suona generico (sa un po' di raccolta libera formata motu proprio dall'editore italiano...), in realtà si cela una delle opere collettanee edite da Dorothy Collins dopo la morte di Chesterton. Confesso di non essermene mai accorto sino adesso che ho sfogliato il volume tirandolo fuori lieto da uno scatolone nello sforzo di dargli una degna collocazione.
È la traduzione italiana di Selected Essays, e raccoglie ben sessantuno saggi messi insieme appunto da Dorothy Collins nel 1949 ed introdotti da Edmund Clerihew Bentley, l'amico degli anni giovanili e di tutta una vita di Chesterton, il compagno di scuola a cui dedicherà L'Uomo che fu Giovedì. L'editore inglese era Methuen, quello italiano le Paoline (che sfoggiarono per anni un'attenzione speciale verso Chesterton), la traduttrice Frida Ballini, autrice di altre versioni italiane del Nostro Eroe.
I saggi coprono un arco di tempo che va dal 1908 al 1936; spiccano tra gli altri Splendore del grigio, Il libro di Giobbe, Quello che mi sono trovato in tasca, Un pezzo di gesso, Dello stare coricati a letto, che abbiamo inserito anni fa nella nostra opera collettanea La Nonna del Drago ed altre serissime storie.
Insomma, è molto significativo che in Italia si pubblicasse anche una raccolta postuma di saggi di Chesterton, quindi non una delle opere più note e navigate come Ortodossia, Padre Brown, Uomovivo, Eretici, eccetera. Ciò dimostra il consolidato interesse, non casuale, non commerciale, per l'opera di Chesterton. Non a caso, come ho detto tempo fa in un altro post, le Paoline pubblicarono altre sue opere. Una conferma di quanto sto sostenendo è data dal fatto che anche L'Uomo Comune, raccolta di saggi anch'essa postuma, trovò ampio spazio, con diverse edizioni.
Tra l'altro l'edizione che vi mostro non è di quelle economiche: ha la copertina dura con una bella sovraccoperta, ed il risvolto reca una sorta di breve introduzione al Nostro Eroe che trae spunto con intelligenza dalle personali notizie che ci dà Bentley nella bella Introduzione che firma; il compagno di scuola ci informa subito che "eravamo scolaretti quando conobbi Gilbert Chesterton; diventammo subito amici, ed egli aveva già incominciato a scrivere saggi...", dandoci l'idea della profondità del rapporto che li legò per tutta la vita (Chesterton dal canto suo non esitò a dargli uno spazio rilevante nella sua Autobiografia, oltre che nella poesia dedicatoria introduttiva del già ricordato Giovedì).
Vedendo questo bel libro (che il nostro carissimo Padre Roberto Brunelli alias Il Patriota Cosmico ha donato, assieme ad altri, alla Società andando a costituire parte del nucleo di una biblioteca sociale che mi auguro si estenda in larghezza, altezza e profondità) ho pensato al tanto impegno di Chesterton nel suo lavoro ed al tanto interesse che suscitava in Italia anche in quegli anni. Oggi siamo tornati a parlarne, grazie a Dio, e allora volevo dimostravi, cari amici, che c'è sempre bisogno di geni di questo genere, e che nel curarcene facciamo un bene a noi e un po' anche all'umanità che abbiamo attorno a noi.
Marco Sermarini
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