venerdì 16 aprile 2021

Dal blog della Casa Editrice Bietti - Se parliamo di Borges non può non uscire Chesterton e il debito dell'argentino verso il giornalista inglese.

Cinematografo borgesiano

Massimo Zanichelli
Jorge Luis Borges – Il Bibliotecario di Babele n. 12/2017
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Nell’introduzione alla prima edizione della Storia universale dell’infamia lo scrittore confessa i propri debiti nei con­fronti del cinematografo: «Gli esercizi di prosa narrativa che compongono que­sto libro furono scritti dal 1933 al 1934, e derivano, credo, da ripetute letture di Stevenson e Chesterton e anche dai primi film di von Sternberg, e forse da una bio­grafia di Evaristo Carriego. Essi abusano di certi procedimenti: enumerazioni con­trastanti, repentine soluzioni di continu­ità, riduzione dell’intera vita di un uomo a due o tre scene. […] Non sono e non vogliono essere racconti psicologici»(3). Una dichiarazione di poetica che Borges avrebbe in seguito rivisto: per lui, come per molti intellettuali, il rapporto con il cinema rimase dilemmatico, sospeso tra attrazione (per la sua magia) e scetticismo (per le sue derive commerciali).
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Il tema, «metafisico e poli­ziesco», «mitologico e allegorico», è la «ricerca dell’anima segreta di un uomo, attraverso le opere che ha costruito, le pa­role che ha pronunciato, i molti destini che ha spezzato. Il procedimento è quel­lo di Joseph Conrad in Chance (1914) e del bel film The Power and the Glory: la rapsodia di scene eterogenee, senza ordi­ne cronologico. […] In uno dei racconti di Chesterton – The Head of Caesar, credo – l’eroe osserva che nulla è più terrificante di un labirinto senza centro. Questo film è esattamente quel labirinto»(24).
Le citazioni provengono da qui:
http://www.bietti.it/riviste/jorge-luis-borges-il-bibliotecario-di-babele/cinematografo-borgesiano/

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