Citiamo questo pezzo tratto dal blog del giornalista Pier Francesco Borgia "Camera con vista":
«Nei paesi anglosassoni (ma non solo lì) resiste una solida tradizione. I ragazzi usciti dalla scuola o dall'università si concedono il cosiddetto "anno sabbatico" prima di tuffarsi nella vita reale: fatta di impegno, lavoro e responsabilità. I più facoltosi acquistano un biglietto aereo per fare il giro del mondo. Altri si accontentano di passare questo lungo intervallo di tempo in qualche paese esotico oppure nel cuore della vecchia Europa. Altri, i più ma a anche i meno fortunati economicamente, si industriano nel fare lavoretti stagionali per avere almeno la possibilità di fare sei o quattro mesi fuori dai confini nazionali.
Gli osservatori illuminati plaudono a questa iniziativa. Serve, dicono, per aprire la mente, per fare nuove esperienze e per immagazzinare un sufficiente bagaglio di emozioni e ricordi da riscaldare anche i periodi più opachi della routine che li attende.
Leggendo, anzi rileggendo, uno dei testi più brillanti e acuti di Gilbert Keith Chesterton è proprio questa "sana abitudine" che mi è venuta in mente. Il libro in questione è Le avventure di un uomo vivo (Mondadori). Chesterton l'ha scritto nel 1912. E di certo allora questo vezzo dell'anno sabbatico non era ancora diventato una tradizione. Eppure il testo del celebre scrittore inglese può essere in qualche modo visto come un manifesto pionieristico di questa abitudine. In buona sostanza lo scrittore inglese confeziona un brillante testo umoristico (molto adatto anche alla trasposizione teatrale) nel quale riversare alcuni dei suoi più radicati convincimenti. Primi fra tutti ovviamente l'ottimismo e l'amore per la vita. In tempi in cui ancora andava forte il nichilismo e le ideologie materialiste, Chesterton ci ricorda che l'uomo comune per sentirsi vivo deve capire che il miracolo più autentico è la vita quotidiana».
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