sabato 18 giugno 2011

Ma Chesterton era o no un conservatore? - Ecco cosa pensa Paolo Pegoraro

Caro Marco,

confesso la mia profonda antipatia per tutte le etichette, per tutte le scorciatoie che consentono di disumanizzare l'uomo tramutandolo in un semplice partito preso, e di non prendere sul serio le sue idee. L'attitudine ecclesiale - rafforzatasi negli ultimi anni - a bollare gli autori come "conservatori" o "progressisti" mi ripugna. E' un vero cancro. Come se la fede potesse essere un partito. Qualcosa di statico. Di morto. Credo che nulla in Gilbert sia oggi tanto attuale quanto la sua capacità di discutere animatamente con chiunque e allo stesso tempo di rispettare, intimamente e pubblicamente, chi la pensa in maniera contraria. Questa è la testimonianza che ha reso a tutti, al suo tempo, e in cui oggi vedo davvero un seme luminoso di santità.

In seconda battuta, anche Chesterton ha vissuto una maturazione. Non ha sempre sostenuto le stesse cose. E senza lo stimolo bruciante di Belloc e Cecil, forse non si sarebbe impegnato civilmente così come non sarebbe attraccato al cattolicesimo. Sarebbe rimasto un borghese unitariano. Le due cose sono andate insieme. La sua citatissima frase «Non vogliamo una Chiesa che si muova con il mondo. Vogliamo una Chiesa che muova il mondo» prosegue con una precisazione che non viene *mai* ripresa: «Non vogliamo una Chiesa che si muova con il mondo. Vogliamo una Chiesa che muova il mondo. Una Chiesa che lo rimuova da tutto ciò verso cui si sta muovendo: come per esempio lo Stato servile. E' in base a questo criterio che la Storia giudicherà realmente, nei riguardi di qualunque Chiesa, se sia quella vera o meno».

Non ho la pretesa di conoscere tutto GKC e mi rendo conto che il Chesterton distributista, i cui scritti stanno arrivando in Italia solo ora, non è secondario: anzi, è il Chesterton della maturità. Forse meno seducente, più difficile perché da contestualizzare, ma essenziale per cogliere il suo cammino. Non mi resta che tuffarmi nello studio.

Paolo

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