mercoledì 10 dicembre 2025

Chesterton secondo la Letteratura inglese di Giuseppe Tomasi di Lampedusa.

Il francobollo dedicato a Tomasi
di Lampedusa nel cinquantesimo
della sua morte.



Come saprete, Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896 - 1957) era un grande estimatore di Chesterton: ne abbiamo fatto cenno numerose volte su questo blog, abbiamo anche raccontato di come lo apostrofasse col nomignolo "Cestertonio", come fosse uno di famiglia, e questo sguardo sul Nostro Eroe ci piace.

Oggi vorrei introdurvi gradualmente a qualche brano significativo circa Chesterton e compagni che potete trovare sulla sua Letteratura inglese, una sorta di corso irregolare che produsse per Francesco Orlando e che riservò saltuariamente a pochissimi altri amici; Gioachino Lanza di Assaro, successivamente adottato da Tomasi di Lampedusa, che sarà poi curatore di quest'opera postuma dello scrittore siciliano, dirà di sé di essere stato lettore clandestino di queste lezioni scritte a mano in fogli quadrettati da computisteria composti nell'arco di un anno e pubblicate postume.

Tomasi di Lampedusa mostrò una passione notevole per la letteratura inglese, ma non solo (si dedicò infatti anche a lezioni di letteratura francese). Non mi dilungo su questo. Tutti i riferimenti e le ricostruzioni filologiche le troverete sul volume della collana I Meridiani della Mondadori dedicato al Lampedusa. Vi vorrei quindi, come detto, proporre qualcosa su Chesterton e quando ce ne sarà tempo anche su Belloc. Il suo punto di vista è interessante ed originale, familiare e a tratti polemico, non integralmente condivisibile, però è sincero e brillante; va precisato che in questo profilo, prima del passaggio che segue, trova spazio un giudizio complessivo sugli scrittori cattolici degli ultimi due secoli, e cercherò di proporvi anche questo, anche parte di esso lo avevamo già riesumato in questo blog. Qui Chesterton viene catalogato tra gli autori cattolici "duri" (a me piace molto questa distinzione tra scrittori "duri" e scrittori "mosci", è spassosissima e vera...), ma il passaggio nel collegamento qui sopra merita di essere citato più estesamente, anche nella sua parte più polemica.

È interessante che collochi Chesterton come capo di un manipolo esiguo di scrittori che continuava a propagandare le sue idee. È una tesi sostenuta anche da Herbert Palmer, e ne parlammo diversi anni fa qui sul blog. Mi piacerebbe solo avere dei riferimenti più ampi del pensiero del Tomasi a questo proposito, e mi propongo di reperirli in qualche modo.

Altro punto focale è il giudizio sulla poesia di Chesterton e la conoscenza delle opere poetiche cui si riferisce. Non è scontato profondersi in tali riferimenti quando in Italia pochi conoscevano le opere poetiche di Chesterton.

Ecco qui di seguito un brano del profilo di Chesterton, cui a Dio piacendo ne seguiranno altri.

Marco Sermarini

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Non vi parlerò del cardinale Newman, eccellente scrittore ma un po' lontano nel tempo, né di Hopkins che richiede un discorso separato e la cui enorme importanza è del resto esclusivamente letteraria. Vi parlerò soltanto di Chesterton e del gruppo esiguo ma valoroso che sotto di lui si raggruppò e che dopo di lui continua a propagandare le sue idee. 

Chesterton (1874-1936) fu poeta di vaglia nel suo genere non poetico, e romanziere e novellatore di eccelso valore; ma fu soprattutto, tanto come poeta che come romanziere e autore di saggi e articoli, polemista valorosissimo e instancabile. 

Al cattolicesimo formale egli giunse tardi: si convertì pienamente non molti anni prima della morte. Ma da sempre aveva polemizzato per ciò che gli stava a cuore e che (per lui) s'identificava col cattolicesimo: il rispetto della tradizione, la difesa dell'individualità umana minacciata dal socialismo, la difesa della carità cattolicamente intesa contro ogni forma d'ipocrita beneficenza e di statalizzazione della previdenza. Suoi avversari secondari furono i «proibizionisti» e i colonialisti. 

È bastata, evidentemente, l'elencazione dei suoi bersagli per farvi capire in chi s'incarnasse il suo nemico. In G. B. Shaw. E fu una grande epoca quella fra il 1910 e il 1930, durante la quale questi due super-campioni della polemica si battevano sulla pedana della stampa dinanzi al pubblico inglese, il quale con le sue abitudini sportive applaudiva imparziale ai bei colpi, da qualsiasi parte venissero.

Fedeli alle tradizioni i due avversari erano amicissimi e quando ciascuno di essi immaginava una bella «uscita» che non gli poteva servire pare la comunicasse all'altro perché l'avversario se ne servisse nei suoi articoli e non venisse perduta. Fair play.

Cominciamo dalle poesie. Esse sono tra le più divertenti che esistano. Composte su metri presi alle antiche ballate o presi in prestito da Kipling, esse snodano una serie dei più bei jokes che siano mai stati scritti in versi o in prosa. Sarebbe inutile elencare tutte le sue raccolte di versi. Le migliori sono The Ballad of the White Horse (1911) e Wine, Water and Song (1915) che fra l'altro contiene quelle poesie inserite nel romanzo The Flying Inn che sono fra le più spassose. In un genere più sostenuto The Ballad of St Barbara (1922) e soprattutto Lepanto raggiungono in qualche momento la vera poesia. 

I romanzi e le novelle di Chesterton sono moltissimi e molti sono inutili dal punto di vista artistico, se si astrae dal loro impeto polemico sempre notevolissimo. Fra i migliori io porrei Manalive, The Ball and the Cross, The Napoleon of Notting Hill. Fra i peggiori appunto quel Flying Inn che contiene invece le liriche più estrose dell'autore. Ma intendiamoci, buoni o cattivi tutti sono divertentissimi, pieni di brio e presentano caricature di persone immaginarie o reali disegnate con diabolica malizia.


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