mercoledì 28 marzo 2007

BENVENUTO MONSIGNOR BAGNASCO

True Chestertonians,
oggi vi proponiamo l'intervento del Monsignor Bagnasco, erede di Ruini alla presidenza della Conferenza Episcopale Italiana, in materia di famiglia ed iniziative legislative attuali su unioni di fatto.
Il documento ci arriva dal nostro PAOLO GULISANO che ci regala anche un suo commento finale al riguardo.
Buona Lettura, dunque, e buoni e liberi commenti!
Lex Sioux


Conferenza Episcopale Italiana

Nota del Consiglio Episcopale Permanente a riguardo della famiglia fondata sul matrimonio e di iniziative legislative in materia di unioni di fatto

L'ampio dibattito che si è aperto intorno ai temi fondamentali della vita e della famiglia ci chiama in causa come custodi di una verità e di una sapienza che traggono la loro origine dal Vangelo e che continuano a produrre frutti preziosi di amore, di fedeltà e di servizio agli altri, come testimoniano ogni giorno tante famiglie.
Ci sentiamo responsabili di illuminare la coscienza dei credenti, perché trovino il modo migliore di incarnare la visione cristiana dell'uomo e della società nell'impegno quotidiano, personale e sociale, e di offrire ragioni valide e condivisibili da tutti a vantaggio del bene comune.
La Chiesa da sempre ha a cuore la famiglia e la sostiene con le sue cure e da sempre chiede che il legislatore la promuova e la difenda. Per questo, la presentazione di alcuni disegni di legge che
intendono legalizzare le unioni di fatto ancora una volta è stata oggetto di riflessione nel corso dei nostri lavori, raccogliendo la voce di numerosi Vescovi che si sono già pubblicamente espressi in
proposito.
È compito infatti del Consiglio Episcopale Permanente «approvare dichiarazioni o documenti concernenti problemi di speciale rilievo per la Chiesa o per la società in Italia, che
meritano un'autorevole considerazione e valutazione anche per favorire l'azione convergente dei Vescovi» (Statuto C.E.I., art. 23, b).
Non abbiamo interessi politici da affermare; solo sentiamo il dovere di dare il nostro contributo al bene comune, sollecitati oltretutto dalle richieste di tanti cittadini che si rivolgono a noi. Siamo
convinti, insieme con moltissimi altri, anche non credenti, del valore rappresentato dalla famiglia per la crescita delle persone e della società intera.
Ogni persona, prima di altre esperienze, è figlio, e ogni figlio proviene da una coppia formata da un uomo e una donna. Poter avere la sicurezza dell'affetto dei genitori, essere introdotti da loro nel mondo complesso della società, è un patrimonio incalcolabile di sicurezza e di fiducia nella vita.
E questo patrimonio è garantito dalla famiglia fondata sul matrimonio, proprio per l'impegno che essa porta con sé: impegno di fedeltà stabile tra i coniugi e impegno di amore ed educazione dei figli.
Anche per la società l'esistenza della famiglia è una risorsa insostituibile, tutelata dalla stessa Costituzione italiana (cfr artt. 29 e 31). Anzitutto per il bene della procreazione dei figli: solo la famiglia aperta alla vita può essere considerata vera cellula della società perché garantisce la continuità e la cura delle generazioni. È quindi interesse della società e dello Stato che la famiglia sia solida e cresca nel modo più equilibrato possibile.
A partire da queste considerazioni, riteniamo la legalizzazione delle unioni di fatto inaccettabile sul piano di principio, pericolosa sul piano sociale ed educativo. Quale che sia l'intenzione di chi propone questa scelta, l'effetto sarebbe inevitabilmente deleterio per la famiglia. Si toglierebbe, infatti, al patto matrimoniale la sua unicità, che sola giustifica i diritti che sono propri dei coniugi e che appartengono soltanto a loro.
Del resto, la storia insegna che ogni legge crea mentalità e costume. Un problema ancor più grave sarebbe rappresentato dalla legalizzazione delle unioni di persone dello stesso sesso, perché, in questo caso, si negherebbe la differenza sessuale, che è insuperabile.

Queste riflessioni non pregiudicano il riconoscimento della dignità di ogni persona; a tutti confermiamo il nostro rispetto e la nostra sollecitudine pastorale. Vogliamo però ricordare che il diritto non esiste allo scopo di dare forma giuridica a qualsiasi tipo di convivenza o di fornire riconoscimenti ideologici: ha invece il fine di garantire risposte pubbliche a esigenze sociali che vanno al di là della dimensione privata dell'esistenza. Siamo consapevoli che ci sono situazioni concrete nelle quali possono essere utili garanzie e tutele giuridiche per la persona che convive.

A questa attenzione non siamo per principio contrari. Siamo però convinti che questo obiettivo sia perseguibile nell'ambito dei diritti individuali, senza ipotizzare una nuova figura giuridica che
sarebbe alternativa al matrimonio e alla famiglia e produrrebbe più guasti di quelli che vorrebbe sanare.
Una parola impegnativa ci sentiamo di rivolgere specialmente ai cattolici che operano in ambito politico.
Lo facciamo con l'insegnamento del Papa nella sua recente Esortazione apostolica
post-sinodale Sacramentum Caritatis: «i politici e i legislatori cattolici, consapevoli della loro grave responsabilità sociale, devono sentirsi particolarmente interpellati dalla loro coscienza,
rettamente formata, a presentare e sostenere leggi ispirate ai valori fondati nella natura umana», tra i quali rientra «la famiglia fondata sul matrimonio tra uomo e donna» (n. 83).
«I Vescovi – continua il Santo Padre – sono tenuti a richiamare costantemente tali valori; ciò fa parte della loro responsabilità nei confronti del gregge loro affidato» (ivi). Sarebbe quindi incoerente quel cristiano che sostenesse la legalizzazione delle unioni di fatto.
In particolare ricordiamo l'affermazione precisa della Congregazione per la Dottrina della Fede, secondo cui, nel caso di «un progetto di legge favorevole al riconoscimento legale delle unioni omosessuali, il parlamentare cattolico ha il dovere morale di esprimere chiaramente e pubblicamente il suo disaccordo e votare contro il progetto di legge» (Considerazioni della Congregazione per la Dottrina della Fede circa i progetti di riconoscimento legale delle
unioni tra persone omosessuali, 3 giugno 2003, n. 10).
Il fedele cristiano è tenuto a formare la propria coscienza confrontandosi seriamente con l'insegnamento del Magistero e pertanto non «può appellarsi al principio del pluralismo e
dell'autonomia dei laici in politica, favorendo soluzioni che compromettano o che attenuino la salvaguardia delle esigenze etiche fondamentali per il bene comune della società» (Nota dottrinale della Congregazione per la Dottrina della Fede circa alcune questioni riguardanti l'impegno e il comportamento dei cattolici nella vita politica, 24 novembre 2002, n. 5).
Comprendiamo la fatica e le tensioni sperimentate dai cattolici impegnati in politica in un contesto culturale come quello attuale, nel quale la visione autenticamente umana della persona è contestata in modo radicale. Ma è anche per questo che i cristiani sono chiamati a impegnarsi in politica.
Affidiamo queste riflessioni alla coscienza di tutti e in particolare a quanti hanno la responsabilità di fare le leggi, affinché si interroghino sulle scelte coerenti da compiere e sulle conseguenze future delle loro decisioni. Questa Nota rientra nella sollecitudine pastorale che l'intera comunità cristiana è chiamata quotidianamente ad esprimere verso le persone e le famiglie e che nasce dall'amore di Cristo per tutti i nostri fratelli in umanità.

Roma, 28 marzo 2007
I Vescovi del Consiglio Permanente della C.E.I.

" I laicisti italioti avevano da tempo lanciato una aspra polemica nei confronti del Cardinale Ruini, oggetto di attacchi vari e lazzi televisivi indecenti.
Ora se la dovranno vedere con monsignor Bagnasco, il nuovo Presidente, un uomo che ho avuto la fortuna di conoscere personalmente lo scorso novembre nel corso di un convegno dei medici cattolici.
Un uomo all'apparenza un pò timido, magro, minuto, dallo sguardo acuto e penetrante. Le parole tranquille, quasi sommesse, ma precise e affilate come una lama, come il giudizio, netto e chiaro. Un padre Brown ligure, insomma.
Bene, monsignor Bagnasco, che la Società Chestertoniana italiana, nella persona del suo Vicepresidente, saluta con filiale e deferente entusiasmo, ha oggi licenziato un chiarissimo documento sulle cosiddette convivenze che dice con perfetta sintesi esattamente tutto quello che c'è da sapere sulla questione.
Immaginiamo che non mancherà la risposta, la gazzarra laicista, la canea anticlericale con i suoi (pochi) personaggi simbolo: il Grillini parlante (a vanvera) e Cecchi Pa(v)one. Li aspettiamo chestertonianamente a piè fermo, saldi come Adam Wayne intorno alla nostra bandiera biancogialla.
Facendo poi seguito a ciò che scrivevo ieri, voglio sottolineare un paio di passaggi cruciali del documento CEI: "Non abbiamo interessi politici da affermare; - dicono i Vescovi- solo sentiamo il dovere di dare il nostro contributo al bene comune…" Molto chiaro.
E poi ancora: "Il fedele cristiano è tenuto a formare la propria coscienza confrontandosi seriamente con l'insegnamento del Magistero e pertanto non «può appellarsi al principio del pluralismo e dell'autonomia dei laici in politica, favorendo soluzioni che compromettano o che attenuino la salvaguardia delle esigenze etiche fondamentali per il bene comune della società".
Più chiaro di così... e vale non solo per i "dico", ma anche per tutte le altre questioni su cui il Magistero si è pronunciato, dalla bioetica alla guerra ingiusta. Per meno di così non ci si può dire cristiani."
Paolo Gulisano

2 commenti:

L'Uomo Vivo ha detto...

Evviva SuperBagnasco, evviva noi che lo seguiamo, evviva la Chiesa che lotta per il vero diritto dell'uomo!
In questo senso la Chiesa è l'unico vero partito a cui voglio appartenere!

Con-tatto! ha detto...

Ti invio un mio post sull'argomento, sperando possa contribuire al dibattito sulla famiglia