L'annuncio della conversione su «L'Osservatore Romano»
Il colmo del paradosso
di FABRIZIO PELONI
«Chesterton» è il titolo, a caratteri cubitali, di un articolo che occupava le due colonne centrali della seconda pagina de «L'Osservatore Romano» del 24 settembre 1922, scritto da Enrico Furst per celebrare la freschissima conversione di Gilbert Keith Chesterton, «il celebre G.K.C. che ha rinunciato alla fede nella quale per tanti anni aveva militato per riconoscere quella verità che si chiama, perché si rivolge a tutti, cattolica». Furst raccontò come in Inghilterra nessuno si fosse meravigliato di questa notizia, o al limite la meraviglia risiedeva soltanto in coloro che «credevano che Chesterton avesse da tempo confermato la sua conversione», dal momento che lo scrittore inglese era solito affermare di se stesso di far le parti della campana che invita gli altri ad entrare in chiesa, e ne rimane fuori. Commentò la storia della conversione inquadrandola nello stesso spirito che pervade le opere di G.K.C., quello del paradosso. «Questo impareggiabile maestro del paradosso — scrisse Furst — ne raggiunse il colmo nel professare sino ai minimi dettagli una fede che nel complesso egli non volle mai professare». L'autore dell'articolo affermò come tutte le dottrine cristiane rigettate dai protestanti, tra cui «il Purgatorio, la Confessione, l'invocazione dei santi, la divina maternità di Maria, l'Immacolata Concezione», fossero state fatte proprie dallo scrittore; dogmi che Chesterton non solo accettò ma ne fu convinto assertore, «non eccettuato il suo collega di redazione della "New Witness", il cattolicissimo Ilario Belloc». Furst elogiò le opere di Gilbert Keith Chesterton dove «nella lotta tra l'intelletto e il cuore, l'intelletto sembra sempre vincitore, ed è sempre disfatto», e «la convinzione riesce sempre più convincente della fredda logica; unita a questa, essa è irresistibile», per poi confermare l'apprezzamento per l'uomo Chesterton, che «anche dove non sa il fatto, sa la verità che sta dietro al fatto. (...) L'amore del vero lo ha preservato». Per «L'Osservatore Romano», Chesterton, con la sua conversione, avverte il bisogno di fare luce su ogni questione da ogni lato e ogni angolo, sottolineando anche le più piccole differenze, per amore della dottrina e della verità, con l'intendimento «di mettere ogni punto precisamente sopra ogni i». Di qui le conclusioni. Su tutte la speranza che questa conversione porterà qualche editore cattolico «a intraprendere la traduzione almeno delle sue opere più belle, Eretici, Ortodossia, La sfera e la Croce», già di intonazione cattolica, lamentando, come in passato per le opere di Newmann, un'assenza pressoché totale. Traduzioni che, dal momento della conversione, avrebbero fronteggiato il prevedibile ostracismo da parte degli anglicani inglesi. L'articolo si chiude con le seguenti parole: «Però anche da questo lato egli ha motivo d'esser lieto se, perduta una nazione, in compenso ha guadagnato un mondo».
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