giovedì 3 giugno 2010

Lindau edita C.S. Lewis


«Non sono uno storico esperto, e non esaminerò le evidenze storiche per i miracoli cristiani. Il mio compito è mettere i miei lettori nelle condizioni di farlo. Non serve a nulla rivolgersi ai testi se prima non ci si è fatti un’idea sulla possibilità, o sulla probabilità, del miracoloso. Coloro che danno per scontato che i miracoli non esistono, sprecano semplicemente il loro tempo cercando prove nei libri: sappiamo in anticipo quali saranno i risultati delle loro ricerche, perché hanno cominciato scongiurando la vera domanda.» Clive Staple Lewis

«Ho letto il libro di Lewis con grande piacere molti anni fa, e ogni volta che lo riprendo in mano rivive in me la stessa ammirazione.» John Updike

«C. S. Lewis è stato nel XX secolo l’intellettuale che più di ogni altro ha costretto tutti noi a fare i conti con la nostra filosofia di vita, qualunque essa fosse.» Los Angeles Times


Le
EDIZIONI LINDAU
presentano


MIRACOLI
Uno studio preliminare

di Clive Staple Lewis

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Edizioni Lindau | Collana «I Pellicani» | pp. 272 | euro 19,50 | ISBN 978-88-7180-867-3
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IN LIBRERIA DAL 3 GIUGNO
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Famoso per il ciclo fantasy Le cronache di Narnia, C. S. Lewis è stato anche un fine saggista impegnato nella difesa di una visione spirituale dell’uomo e della vita dal naturalismo materialistico imperante ai suoi (e ai nostri) tempi.
In questo libro (pubblicato la prima volta nel 1947 e rivisto nel 1960), attraverso un’analisi lucida e serrata dei presupposti, dei pregiudizi e degli errori di tale atteggiamento, Lewis argomenta a favore della plausibilità dei miracoli.
Per lui, non si tratta di una questione di fede o di esperienza, ma essenzialmente di ragione. Proprio essa infatti ci dimostra che non può esistere solo la natura (intesa come tutto ciò che viene colto dai nostri sensi), ma che vi è un Fondamento precedente e superiore. Un Essere ultimo creatore del tempo e dello spazio e di quanto in essi fluisce. Un Creatore che può intervenire al di là delle leggi che reggono l’universo, ma mai contro di esse.
Con la sua scrittura lieve e arguta, Lewis propone una tesi che rappresenta ancora oggi il miglior presidio del cristianesimo – fondato sul Miracolo più grande, la Resurrezione – e della sua concezione del mondo.
Contemporaneo di J.R.R. Tolkien, suo grande amico, e di G.K. Chesterton; proprio in questo saggio Lewis sviluppa argomenti cari anche a Chesterton e che si possono ritrovare in San Tommaso d'Aquino (Lindau, 2008).


Titolo originale: Miracles

Traduzione dall'inglese di Diana Mengo


L'AUTORE
Clive Staple Lewis (1898-1963), filologo e scrittore irlandese, insegnò a Oxford letteratura inglese. È noto soprattutto per Le cronache di Narnia e per essere stato membro del circolo letterario degli Inklings, insieme a J.R.R. Tolkien e Charles Williams. Convertitosi al cristianesimo anglicano nel 1931, scrisse numerose opere di narrativa, fantascienza, saggistica e l’autobiografia Sorpreso dalla gioia.


DAL LIBRO
Lo scopo di questo libro

La buona soluzione finale, infatti, è lo scioglimento delle difficoltà precedentemente accertate.
Aristotele, Metafisica, B, 995a

In tutta la mia vita ho incontrato solo una persona che sostiene di aver visto un fantasma. Quel che è interessante, è che questa persona, prima di vedere il fantasma, non credeva nell’immortalità dell’anima, e tuttora non ci crede, anche dopo aver veduto il fantasma. Sostiene che quello che ha visto doveva essere un’illusione, o uno scherzo giocatole dei nervi. Ovviamente potrebbe aver ragione. Vedere non equivale a credere.
Per questo motivo, la domanda se i miracoli accadano davvero non può trovare una risposta semplicemente nell’esperienza. Ogni evento che sia possibile definire miracolo è, in ultima istanza, qualcosa che si presenta ai nostri sensi, qualcosa che si è visto, udito, toccato, odorato o gustato. E i nostri sensi non sono infallibili. Quando sembra che sia accaduto qualcosa di straordinario, si può sempre sostenere di essere stati vittime di un’illusione. Se abbracciamo una visione filosofica che esclude il soprannaturale, ciò che diremo è esattamente questo. Le cose che impariamo dall’esperienza dipendono dal tipo di filosofia che accompagniamo a quell’esperienza. È quindi inutile fare appello all’esperienza prima di aver risolto, quanto meglio possiamo, la questione filosofica.
Se l’esperienza immediata non può dimostrare o confutare il miracoloso, ancor meno può farlo la storia. Molte persone credono che si possa stabilire se nel passato è avvenuto un miracolo esaminando le prove «secondo le consuete regole dell’indagine storica». Ma queste regole non possono essere utilizzate finché non si decide se i miracoli siano possibili e, in tal caso, quanto siano probabili. Infatti, se i miracoli fossero impossibili, non ci sarebbero mai prove storiche sufficienti a convincerci del contrario. Se fossero possibili, invece, ma immensamente improbabili, allora solo le evidenze matematicamente dimostrabili ci convincerebbero; dal momento che la storia non fornisce mai, per nessun evento, un simile grado di dimostrazione, non potrà mai nemmeno convincerci che sia avvenuto un miracolo. Se, d’altra parte, i miracoli non fossero intrinsecamente improbabili, allora le prove esistenti sarebbero sufficienti a convincerci che un buon numero di essi sono effettivamente accaduti. L’esito delle nostre indagini storiche, dunque, dipende dalle idee filosofiche che avevamo ancor prima di iniziare a cercare le prove. Pertanto, la questione filosofica va affrontata per prima.
Ecco un esempio del genere di cose che accade qualora omettiamo di dedicarci al preliminare compito filosofico per precipitarci su quello storico. In un famoso commento alla Bibbia troverete una discussione sulla data in cui fu scritto il Quarto Vangelo. L’autore dice che dev’essere stato scritto dopo l’esecuzione di san Pietro, perché, nel Quarto Vangelo, Cristo predice tale esecuzione. «Un libro – pensa l’autore – non può essere scritto prima degli eventi ai quali fa riferimento». È ovvio che non possa – a meno che non si tratti di vere predizioni. Se così fosse, però, tutta questa argomentazione sulla datazione crollerebbe. Per di più, l’autore non discute affatto della possibilità che esistano delle vere predizioni. Dà per scontato (forse inconsciamente) che questa possibilità non ci sia. E forse ha ragione: ma se è così, non ha di certo scoperto questo principio tramite l’indagine storica. Ha sovrapposto al lavoro storico la sua convinzione preconfezionata, per così dire, riguardo alle predizioni. Se non avesse fatto ciò, non sarebbe mai giunto a quella conclusione sulla datazione del Quarto Vangelo. E allora, il suo lavoro è praticamente inutile per una persona che voglia sapere se esistono le predizioni. L’autore inizia il proprio lavoro solo dopo aver già risposto negativamente a questa domanda, e non dice mai su che base l’ha fatto.
Questo libro vuole essere un’indagine preliminare a quella storica. Non sono uno storico esperto, e non esaminerò le evidenze storiche per i miracoli cristiani. Il mio compito è mettere i miei lettori nelle condizioni di farlo. Non serve a nulla rivolgersi ai testi se prima non ci si è fatti un’idea sulla possibilità, o sulla probabilità, del miracoloso. Coloro che danno per scontato che i miracoli non esistano, sprecano semplicemente il loro tempo cercando prove nei testi: sappiamo in anticipo quali saranno i risultati delle loro ricerche, perché hanno cominciato evitando la vera domanda.


L'INDICE
9 1. Lo scopo di questo libro
13 2. Il Naturalista e il Soprannaturalista
23 3. La difficoltà principale del naturalismo
41 4. Natura e Sopranatura
55 5. Un’ulteriore difficoltà nel naturalismo
63 6. Risposte alle perplessità
71 7. Un capitolo di False Piste
85 8. Miracoli e leggi della Natura
95 9. Un capitolo non strettamente necessario
101 10. «Orribili cose rosse»
119 11. Cristianesimo e «religione»
139 12. La proprietà dei miracoli
147 13. Sulla probabilità
159 14. Il Grande Miracolo
193 15. I miracoli dell’Antica Creazione
209 16. I Miracoli della Nuova Creazione
239 17. Epilogo
247 Appendice A. Sui termini «spirito» e «spirituale»
253 Appendice B. Sulle «provvidenze particolari»



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