martedì 2 febbraio 2016

Una mente come un diamante - Scritti su Thomas More



L'amico Giuseppe Gangale coltiva interessi moreani e chestertoniani. Chesterton coltivava interessi moreani. L'equazione che precede ha dato vita al libro che potete vedere, edito dalla Studium.

E' una bella idea, quella di osservare Chesterton attraverso chiavi di lettura differenti e "incrociate": è un buon metodo per scoprire l'unitarietà del suo pensiero, la sua coerenza, la costanza nel ripetere e coniugare i motivi fondanti del suo vivere. Lo ha già usato con successo Maurizio Brunetti che per D'Ettoris ha curato Lo spirito del Natale, collazionando gli scritti più significativi sull'argomento, molto dickensiano e chestertoniano.

Ha fatto qualcosa di simile Giuseppe Gangale che ci sciorina una interessante collezione di ciò che Chesterton diceva e pensava su questo santo, avvocato e uomo politico inglese di cui non sapremo mai abbastanza e che dobbiamo scoprire al di là di luoghi comuni che lo sviliscono e lo riducono a poco. Ha aggiunto note biografiche, bibliografia e commenti ed il volume è una bella cosa.

Quanto fosse importante More per Chesterton lo scopre agevolmente chi fa un viaggetto a Beaconsfield. Scavando in questo piccolo blog troverete qualche mia simpatica cronaca (peraltro non ancora finita! Manca ancora l'ultimo giorno di viaggio!) del viaggio in Inghilterra in compagnia del mio angelo custode americano, padre Spencer Howe, e le avventure chestertoniane con Dale Ahlquist e gli altri eroi della bellissima conference del 2014. Lì c'è traccia di questo affetto di Gilbert per Thomas More. Gilbert lasciò una cospicua somma, e così fece sua moglie, per contribuire all'edificazione della chiesa parrocchiale di Beaconsfield. Fece tanto per quella chiesa da vivo, ma anche da morto, tanto che vi campeggia una bella lapide che la definisce una specie di monumento dell'affetto di tutti i chestertoniani del mondo che contribuirono a migliorare e terminare la chiesa. Chesterton avrebbe voluto che la parrocchia fosse intitolata ai Martiri Inglesi, tra cui spicca San Thomas More (amici, se avrete mai la ventura di conoscerli come è capitato a me - e di questo ringrazio padre Spencer che a loro deve la sua conversione dal luteranesimo al cattolicesimo e la sua vocazione al sacerdozio - vi innamorerete di questi uomini e di queste donne che non avevano nulla da difendere, nulla, fuorché il loro amore a Cristo!). Ma le cose andarono diversamente, la chiesa fu dedicata al Piccolo Fiore, Santa Teresina del Bambin Gesù e solo successivamente, dopo la morte di Chesterton, fu aggiunta la dedicazione a San Thomas More, San John Fisher e ai Martiri Inglesi. Questo perché tra le altre cose Chesterton volle che vi fosse presente una cappella a loro dedicata che riproduce la cella in cui fu rinchiuso More nella Torre di Londra, con i ceppi al muro, un polittico delle personalità di maggior spicco che all'epoca non erano state ancora canonizzate o beatificate, e le statue di Fisher e More a destra e sinistra. La statua di More lo ritrae nell'abito dell'avvocato di quei tempi (e un po' mi sono commosso anche per questo, cari amici). Ora capirete molto di più, di certo.

Il libro riporta anche degli scritti che hanno un nesso italico, e cioè la conferenza che Chesterton tenne al Venerabile Collegio Inglese di Roma (l'ho visto da fuori, c'è ancora la sedia dove Chesterton si sedette…) nel 1929 in occasione della sua permanenza in Italia per la beatificazione di More [fu l'occasione in cui incontrò Papa Pio XI che gli disse in francese (più o meno): ma quanto scrive! Papa Pio XI era decisamente arguto]. Fu quello il viaggio che provocò La Resurrezione di Roma (un bel libro da ripubblicare).

Bene, acquistatelo! Leggetelo perché merita. Chesterton che scrive dell'inglese More è lo stesso che si permetteva di fare l'elenco dei delitti dell'Inghilterra, il peggiore dei quali fu quello di mettersi alla testa della cosiddetta riforma protestante e di usarla come grimaldello per fare entrare il male sulla terra. Poco politicamente corretto, come sempre, ma questo è ciò che lui pensava e noi non dobbiamo mascherarlo.

Marco Sermarini

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