giovedì 1 settembre 2011
Echi di Chesterton al Meeting: ne parla L'Ottimista (e ce lo fa notare Maria Grazie Gotti)
<http://www.lottimista.com/2011/08/31/il-mondo-di-chesterton-tra-epica-e-ironia/> http://www.lottimista.com/2011/08/31/il-mondo-di-chesterton-tra-epica-e-ironia/
Il mondo di Chesterton, tra epica e ironia
<http://www.lottimista.com/cultura/>
di Pico Angelico
Discutere di G.K.Chesterton (1874-1936) durante un Meeting che ha a tema la certezza è una scelta scontata, oseremmo dire. Lo è stato fatto e le sorprese non sono mancate. L'ultima edizione che, durante la serata di apertura, ha messo in scena La ballata del cavallo bianco, una delle più significative opere teatrali dello scrittore cattolico inglese, è stata arricchita da un dibattito di approfondimento, intitolato Guardare il mondo con gli occhi di Chesterton, alla presenza di studiosi di vario orientamento culturale e religioso.
Chesterton è stato più volte citato dalla presidente del Meeting di Rimini, Emilia Guarnieri, che prima e durante la manifestazione ha ricordato che l'opzione per la certezza è sempre un "lanciare il cuore oltre le incertezze", come è affermato nella Ballata del cavallo bianco, dove peraltro si va a "cavalcare nel dubbio verso la battaglia". La sfida lanciata dallo scrittore inglese quasi un secolo fa ha quindi un carattere quasi epico, perché epico è il confronto tra verità e menzogna, nel secolo di Chesterton e, ancor più, nel nostro.
Ma cos'è la certezza per il grande scrittore inglese? In primo luogo, come sottolineato dal moderatore Ubaldo Casotto, Chesterton individua l'evidenza come una "enorme accumulazione di piccoli fatti" e "ci insegna a fidarci delle cose come segni". In questo itinerario l'umanità ha incontrato due salti ontologici: "l'uomo che per primo dipinse una renna in una grotta e l'uomo che i Magi trovarono in un'altra grotta".
Alison Milbank, docente di letteratura e teologia anglicana all'Università di Nottingham, da parte sua, ha messo in parallelo l'opera di Chesterton con la Scolastica di San Tommaso d'Aquino. Difatti negli studi di Chesterton emerge "un'appassionata e convincente presentazione del modo con cui il cuore dell'opera di Tommaso ci consente di costruire genuine certezze delle nostre esperienze del mondo e di Dio". Su questa lunghezza d'onda l'uomo è chiamato ad una "intuizione dell'essere", alla presa d'atto dell'esistenza di qualcosa a noi esterno. "La certezza deriva, quindi, da questo incontro mistico con il mondo oltre sé, per cui è un dono, non un possesso".
In Chesterton il gusto per l'ironia e per il paradosso convivono con una dimensione agonistica, quasi da fine dei tempi. Questo aspetto apocalittico dell'opera dello scrittore inglese è stato messo in luce da Edoardo Rialti, professore di letteratura presso l'Istituto Teologico di Assisi, traduttore e curatore di opere di Chesterton e C.S.Lewis. "Chesterton – ha affermato Rialti – combatte contro un nemico oscuro, che tenta di inghiottire tutto e spuntare l'arma dell'avversario". L'amore va di pari passo con la lotta e il duello "tanto che, sorpreso dell'entusiasmo per il reale" l'autore "ha saputo puntare una spada alla gola del mondo del Novecento: tutto è magnifico, paragonato al nulla". Un duello a lieto fine è quello tra il ladro Flambeau e padre Brown, dove il primo si converte perché "solo padre Brown mi ha detto perché rubavo, e da allora non l'ho più fatto". Il duello chestertoniano, quindi, "non è per la fede ma per la ragione".
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