Hilaire Belloc: La via di Roma
Nel 1901 Belloc decide di intraprendere un viaggio a piedi da Toul, in Francia, dove aveva terminato il servizio militare, fino a Roma. È un viaggio di purificazione che dovrà concludersi davanti alla Basilica di San Pietro il 29 giugno, in tempo per celebrare la festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.
Il pellegrinaggio di Belloc verso Roma non è solo un percorso metaforico, un’impresa dello spirito. È una strada reale, fatta di fatiche, pericoli, grandi silenzi, incontri, momenti di stupore e ostacoli da superare. Belloc lascia spesso la strada maestra e sceglie percorsi secondari, perché più interessanti, piacevoli e ricchi di imprevisti. Lungo il cammino non si lascia scappare l’occasione di conversare con la gente del posto, di visitare luoghi dal grande valore simbolico o di assaggiare qualche pietanza tipica. Ne nasce un intenso racconto che inaspettatamente coinvolge la storia e l’anima dell’Europa. Tra le pagine del suo quaderno compaiono alcuni disegni a matita appena tratteggiati che sembrano indicare i punti fermi del suo cammino: paesaggi, scorci, scene naturali, mura, campanili, borghi, ma soprattutto schizzi delle strade percorse e dei tragitti da compiere.
Nel corso di questa impresa, Belloc riscopre la memoria del vecchio continente e il suo legame con Roma, tutto sembra ricordala ed evocarla, tutto conduce inevitabilmente alle sue porte. Nel grande quadro della storia universale che si dispiega di fronte ai suoi occhi, l’Europa rappresenta il cuore pulsante della cristianità.
Il suo viaggio passa lungo il Rodano, oltre le Alpi, attraverso la Svizzera e gli Appennini per trovare infine le città italiane, preludio della meta tanto agognata. Belloc tende l’orecchio e il cuore per ascoltare tutto ciò che i luoghi sono in grado di offrire e per accogliere impressioni e suggestioni che questi evocano. Nel suo racconto prendono vita panorami magnifici, architetture dalla lunga storia, paesaggi umani variegati che diventano spunto per divagazioni sull’universalità dell’animo umano, sulle peculiarità dei popoli che incontra e sulla sua storia personale.
Più di ogni altra cosa Belloc, come ogni pellegrino, è in cammino verso se stesso: ad ogni passo ha modo di riflettere sulle sue origini (madre inglese, padre francese, nonni irlandesi), sui ricordi della sua prima giovinezza e della sua esperienza di soldato, e sulla sua identità “europea” che prima di essere nazionale è religiosa.
Giunto finalmente alla meta, esattamente nei tempi stabiliti, Belloc ci sorprende ancora una volta. Ci racconta poco o nulla di Roma ma improvvisa delle rime, come un tempo avrebbe fatto un trovatore medioevale, in onore dei suoi compagni di viaggio, il bastone e gli scarponi, che adesso avranno il meritato riposo.
Ciò che conta alla fine, sembra dirci Belloc, non è tanto la meta quanto il cammino, il viaggiare, il tendere di corpo e spirito verso un nobile obiettivo. Fedelmente e con ostinazione.
DALLE PAGINE 146-147: “Certo, era uno spettacolo nuovo per me vedere tutti gli uomini, donne e bambini di un luogo che accettavano tutti quanti senza riserva il Cattolicesimo; sicché misi accuratamente sotto una pietra in cima a un muretto il mio sigaro ed entrai anch’io in chiesa. Vidi allora che andavano a cantare i Vespri. Tutto il villaggio cantava e sapevano molto bene i Salmi; m’accorsi che il loro latino era più vicino a l tedesco che al francese […] Tutto il mio spirito fu rapito e trasfigurato da quest’atto collettivo, e vidi per un momento la Chiesa Cattolica proprio com’era in realtà, e mi ricordai dell’Europa e dei secoli. Mi sentii liberato al tempo stesso da quella tendenza a criticare e a contraddire che, per noialtri, è sempre associata alla Fede. […] Ritrovai il mio sigaro e l’accesi di nuovo, e riflettendo molto più profondamente di prima, non senza lacrime, mi misi a meditare sulla natura della Fede”.
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