Riceviamo da un caro amico questa bella riflessione di padre Serafino Tognetti, che non abbiamo il piacere di conoscere personalmente ma che dice molte belle cose su Chesterton e non solo; cita espressamente la nostra Summa Chestertheologica e fa a sua volta una bella Summa di tante idee del nostro per cui volentieri condividiamo questo brano, ringraziandolo perché ci offre l'occasione di fare una riflessione esistenziale su mille cose:
La messa di Divo Barsotti era questo riassunto di tutto. E come lo sentiva! Questo era il bello! Quello che importa è percepire questo durante la Messa. Non ci sono realtà separate. Il culto non è separato dal lavoro dell'uomo. Quindi c’è un carattere sacramentale di tutto in tutto l’universo. E qui salta fuori Chesterton che avevo trovato sempre ostico in passato, poi ultimamente una persona mi ha regalato la “Summa Chestertologica”. Tra l’altro c'è una copertina bellissima! L'avete vista? C’è Chesterton che è su un ring, un pugile con dei muscoli. E c'è San Tommaso dietro che gli fa d'allenatore. Dall’altra parte invece ci sono tre pugili: Marx, Darwin e Lutero. Sono un pochino più smilzi. Sono tre contro uno. C’è una copertina stupenda! Quasi una vignetta! Lui era un omone grosso. Il curatore dice: “Chesterton sosteneva che la funzione, una delle funzioni della Santa Chiesa Cattolica nel mondo è di mantenere vivo e intatto il senso dello stupore”. Cioè il fatto che la creazione sia e sia così, che io abbia due gambe anziché tre a me non mi crea nessun una meraviglia. Chesterton diceva: “No no no! Invece il fatto che tu ti guardi le gambe e ne vedi due anziché una o anziché tre deve creare in te un senso di meraviglia. E diceva: “Quando morirà la regina verrà il titolo sul giornale: Oggi è morta la Regina d'Inghilterra. Invece il giornale dovrebbe essere tutti i giorni “Oggi la Regina non è morta!” con titolo grande così.
Tutto questo insieme di aforismi sul senso di mantenere vivo lo stupore mi ha aiutato moltissimo perché a forza di vedere le cose poi dopo uno non ci fa più caso. Allora vogliamo leggere un po'. Sono dei pensieri paradossali un po' com’è lo stile di Chesterton. “Le sole parole che mi sono sembrate sempre soddisfacenti per descrivere la natura sono quelle usate nei libri delle fate: malia, sortilegio, incantesimo. Queste esprimono il fatto del mistero. Un albero produce frutti perché è un albero magico. L'acqua scorre verso il piano perché fatata. Il sole splende per un incantesimo”. Ripeto, è un linguaggio poetico ma la scienza mi piace più descritta così. Bella questa che l’ho citata una volta a Padre Agostino che verrà domani. Una volta gli dissi: “P. Agostino tu sei un po' troppo serio!”. M’ha guardato come per dire. Allora gli ho citato Chesterton: “La serietà non è una virtù. E’ in realtà una tendenza o debolezza naturale a prendersi sul serio perché è la cosa più facile da fare. E’ molto più facile scrivere un buon articolo di fondo per il Times che una buona barzelletta per il Punch” - Che sarà un giornale satirico. Ma in effetti è vero! E’ molto più facile scrivere un articolo serio che scrivere una vera barzelletta - “Perché la solennità fluisce dagli uomini naturalmente mentre il riso è uno slancio. E’ facile essere pesante. Difficile essere leggeri. Satana cadde per la forza di gravità”. Ma io leggo ste robe e dico: ma è così è così è così è così!
Andiamo avanti. “Ogni vita umana comincia nella tragedia perché comincia con il travaglio. Ma ogni vita umana può finire in commedia. Addirittura in una Divina Commedia". Qui lui fa un elogio a Dante Alighieri che amava moltissimo cioè la Divina Commedia è la storia dell’uomo. La vita finisce in una commedia che non è una farsa ma è Divina perché mi sembra che voglia esprimere la leggerezza della vita. Ecco di quello che non prende tutto troppo sul serio ma che sa vedere, sa meravigliarsi che ho due gambe anziché tre o quattro.
“Una delle funzioni principali della religione è che ci fa ricordare la nostra provenienza dalle tenebre. Ci fa ricordare il semplice fatto che siamo creati”. Anche questo per me è elementare, ma io non ci penso mai! Io sono creato, cioè prima non c'ero poi ci sono. Dio non mi ha fatto per sbaglio prendendo o mischiando dei prodotti. La mia creazione, quindi la creazione delle cose che è anche la mia creazione. “Le cose che gli uomini vedono ogni giorno sono quelle che non vedono per niente. L'umanità non ha sfruttato gran parte delle sue invenzioni e continuando a inventare nuove cose non fa che lasciarsi sempre più indietro la capacità di essere felice”. Questo andrebbe bene per chi punta troppo o tutto o solo sulla scienza o sulla tecnologia. Oggi è tutto tecnologia. L’uomo non tecnologico è un dinosauro. Io sono un uomo di Neanderthal perché a volte mi parlano anche in questi termini tecnici moderni e dico: Scusate ma non riesco a entrare nel discorso.
“Se un uomo si concentra e si mette a guardare qualcosa con adorazione appassionata ad un tratto quella cosa gli parla. La divinità fa capolino in ogni cosa”. Un'altra citazione che è ancora più bellina. “Se tu guardi per mezz'ora una pietra dopo mezz'ora la pietra comincia a parlare”. Vogliamo provare domani? Ci mettiamo davanti a una pietra mezz'ora. Perché dopo mezz'ora? Perché sei tu che devi entrare nel concetto della pietra creata, un essere inanimato ma fatto da Dio. Allora la pietra inanimata ti parla del Creatore. Ma io ci passo davanti alle pietre, mille volte, ma non mi sono mai fermato a guardarle, mai. Questo è il guaio che Chesterton mi indica. Questa è la serietà della vita. La vita è una cosa seria, intendiamoci. Gesù, l’atto del Cristo, la morte e la Risurrezione. Ma l'invito che ci fa Chesterton è di non prendere sul serio tutto il resto. Tutto il resto torna lì. Ma pensate la pietra che parla di Dio. L’albero ancora di più perché è un essere vegetale e ha una linfa vitale. L'animale ancora di più. L’uomo ancora di più. L’uomo è un mistero straordinario. Ma non siamo più abituati! Siamo chiusi a questo tipo di colloquio. Per cui il Santo che parla con la Creazione non è una novità. Serafino di Sarov, Francesco d'Assisi, Sant'Antonio, San Martino de Porres che parlava coi topi. Alle donne piace poco. Quando cito Martino de Porres dicono: “Preferiamo S. Francesco!”. L'episodio della predica ai topolini peraltro era in casa, in sacrestia. Era nell'armadio della sacrestia. C’erano dei topolini e lo sorpresero. Lo sorpresero, lui che faceva i servizi più umili, lo sorpresero che parlava piegato all'interno di questo armadio e c’erano tutti i topolini che ascoltavano. E quando lui fu colto in flagrante allora disse: “Dobbiamo interrompere. Potete andare!” E loro se ne andarono tutti quanti tanti cosi. E vabè questi sono i Santi.
Leggiamo il penultimo. “Nessun uomo ha veramente misurato la vastità del debito verso quell'Essere che lo ha creato e che lo ha reso capace di chiamarsi qualcosa. Dietro il nostro cervello per così dire v'era una vampa o uno scoppio di sorpresa per la nostra stessa esistenza: scopo della vita artistica e spirituale era di scavare questa sommersa alba di meraviglia, cosicché un uomo seduto su una sedia potesse comprendere all’improvviso di essere veramente vivo, ed essere felice”. La percezione dell'essere reale, di essere creato mi basta. Sono seduto su una sedia e ho la percezione che dietro di me c'è qualcuno che ha creato tutto questo. Allora la liturgia si vive meglio, non c’è dubbio! Entra nella liturgia già con un carico di meraviglia, di stupore. Perché ho parlato con la pietra, perché ho parlato col topolino, perché ho visto p. Stefano. Quindi sono entrato nella liturgia con tutta questa meraviglia. Ma i Santi erano così! Forse erano considerati un po' ingenui. Ma gli altri erano troppo seri! Bisognava citare questo aforisma: “La serietà non è una virtù. Satana cade per gravità”. Dunque l’universo visibile e invisibile sono sempre in contatto. L’invisibile è la liturgia, gli angeli e i santi, Pietro, Paolo, Giacomo, Giovanni. Il Cristo stesso vive nell’invisibilità del sacrificio. E il visibile è collegato.
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