G. K. Chesterton, Il bolscevico e l'uomo primitivo, Illustrated London News, 3 marzo 1923 (ediz. USA).
La vita di un uomo pensante sarà probabilmente divisa in due parti: una prima in cui egli desidera sterminare i pensatori moderni, e una seconda in cui desidera osservarli mentre si sterminano a vicenda. Non dico di aver già raggiunto il pieno godimento di quest'ultima, più serena e caritatevole, condizione. Ma ne sono attratto ogni giorno di più, perché ogni giorno scopro più e più esempi di un processo intellettuale con cui tutto quest'intellettualismo distrugge sé stesso.
Supponiamo, per esempio, che ci sia una vecchia storia e un nuovo scettico che è scettico riguardo a quella storia. Dovremo solo aspettare un po' per avere uno scettico ancor più nuovo che sarà scettico riguardo a quello scettico. Probabilmente troverà che la vecchia idea in effetti rafforza la sua idea nuova. Questo procedimento è una verità astratta che si applica a tutto tranne che l'accordo e disaccordo. Non ha niente a che fare col nostro credere nella vecchia storia o nella nuova teoria.
Supponiamo che nella vostra città-giardino vi ritroviate un modernissimo movimento che suggerisce che la storia di Giona e la Balena sia alquanto improbabile. C'è però anche un altro movimento moderno che prova una gioia misteriosa nel sostenere che l'umanità più primitiva era miserevolmente piccola e vile, alla mercé di altre creature. Prima o poi qualcuno molto probabilmente dirà che l'uomo era un minuscolo animale anfibio, in grado di vivere come un microbo all'interno di un organismo più grande; e presto sarà suo interesse intellettuale sostenere che la storia di Giona e la Balena sia del tutto ordinaria.
Supponiamo che nel vostro sobborgo ci siano degli scettici che osano dubitare della storia dell'asina di Balaam. Ci sono però, nel vostro sobborgo, anche dei filantropi che mettono in dubbio la superiorità dell'umanità rispetto agli animali superiori. Presto o tardi uno di loro potrebbe anche trovarsi a sostenere che gli asini erano in grado di parlare al cospetto dell'uomo. Tutto è possibile; e raramente, in quel senso, mancano somari che parlino.
Se questi esempi sembrano un pochino estremi e improbabili, ammetto che esistono casi più misurati in cui la teoria di oggi davvero corregge la teoria di ieri e viene più ragionevolmente in aiuto della teoria dell'altro ieri. Se invece qualcuno nega la possibilità del procedimento, o non comprende esattamente quale sia il procedimento, con gran piacere gli racconterò l'avvincente storia del Bolscevico e dell'Uomo Primitivo. I due personaggi della storia a qualcuno potrebbero sembrare estremi che non si incontrano; invece hanno varie cose in comune, incluso il fatto che nessuno di coloro che ne discutono sa alcunché di essi e che non è impossibile che entrambi in fin dei conti siano dei miti.
Lasciando da parte questo, tuttavia, la curiosissima posizione è la seguente.
Per tutta la mia giovinezza fu sostenuto dai materialisti, e soprattutto dai materialisti marxiani che posero le fondamenta del bolscevismo, che la società era passata per una serie di tappe inevitabili, che sarebbero culminate nella Guerra di Classe e nello Stato Socialista. C'era lo stadio nomade, lo stadio feudale, lo stadio capitalista... tutti prodotti da un destino economico che non poteva deviare dal suo corso; e lo stadio successivo nel destino dell'industrialismo moderno doveva essere il passo dal capitalismo al collettivismo. In tal caso era chiaramente inevitabile che la crisi industriale sarebbe dovuta arrivare nei paesi industrializzati, e che il capitalismo doveva innanzitutto essere capitalista per poter poi diventare collettivista.
Poi accadde qualcosa che gettò all'aria la teoria proprio mentre realizzava il programma. Il socialismo ebbe successo al momento sbagliato e nel posto sbagliato.
Era inevitabile in America, ma ebbe successo in Russia. Raggiunse il culmine proprio dove non aveva alcun interesse a culminare: in un paese che non era particolarmente industrializzato e neanche strettamente capitalista. I bolscevichi furono vittoriosi e furono sconcertati dalla loro vittoria. Il loro trionfo politico fu la loro sconfitta filosofica. Secondo tutti i loro calcoli, la Guerra di Classe sarebbe dovuta accadere a New York o a Londra. Era a Whitehall che avremmo dovuto vedere le Guardie Rosse al posto delle Guardie a cavallo. Era in questo partito laburista britannico che avremmo dovuto vedere Trotsky al posto di Thomas.
Dopo un attento esame di Whitehall e Westminster e del mondo occidentale in genere, il socialista scientifico giunse alla conclusione che quello stato di cose non era esattamente vero. Il socialista scientifico inferì addirittura che doveva esserci qualcosina di sbagliato nella sua teoria scientifica del socialismo. Non restava altro che confutare nell'interesse del bolscevismo ciò che tanto pienamente era stato provato nell'interesse del socialismo.
Un certo signor Goldenweiser ha sistemato la questione. Perlomeno, ha provato che i materialisti marxiani erano tutti nel giusto provando che si sbagliavano tutti.
Nella principale rivista comunista, il Liberator, le sue opportune scoperte sono presentate con gioia trionfante. Evidentemente era necessario che qualcuno scoprisse il prima possibile che non era necessario attraversare tutti gli stadi evolutivi, come invece era stato provato in precedenti occasioni; e il signor Goldenweiser s'è affrettato a scoprirlo senza ulteriore indugio. Mi sembra di capire che, nel dissotterrare la sua scoperta, egli abbia gettato via come spazzatura tutte le altre recenti scoperte. In effetti, getta via l'intera teoria su cui ogni progressista è stato istruito.
Egli «espone con concisione ed essenziale chiarezza la posizione assunta dal più progredito gruppo di antropologi»; ed è l'esatto opposto della posizione verso cui tutti gli altri gruppi progrediti s'erano finora vantati di progredire.
Goldenweiser sembra piuttosto infuriato con «l'accettazione quasi servile della dottrina della superiorità della civiltà attuale rispetto a qualunque altra che si sia finora sviluppata», cioè la dottrina con cui sono stati finora indottrinati tutti gli altri Goldenweiser. Il recensore in effetti dice che «l'antropologia è molto progredita dal 1877, quando Morgan espose per la prima volta le sue teorie sullo sviluppo della razza umana»; sembra però che ora l'antropologia sia progredita fino al punto di negare il progresso. Ad ogni modo, l'Uomo esisteva addirittura prima di Morgan. Il periodo dal 1877 ad oggi difficilmente si può considerare una porzione molto lunga dello "sviluppo della razza umana", o anche solo delle teorie al riguardo, che sono sempre state un bel fastello. Perfino in un periodo così breve, però, sembrerebbe che il progresso sia progredito mettendosi a testa in giù e che l'antropologia abbia fatto tutta la ruota e completamente contraddetto sé stessa.
Ma non è solo in materia di superiorità della civiltà moderna sull'antica, che si è contraddetta. In effetti perfino l'ammirato recensore è in allarme per l'entità del capovolgimento successivo. Dice che «il determinista economico sorride compiaciuto» all'idea che l'uomo sia del tutto alla mercé della sua civiltà e inconsapevole perfino della propria impotenza.
Non ho mai visto sorridere un determinista economico, e dal tono della recensione mi è difficile pensare che i sorrisi siano il suo punto di forza. Vorrei piuttosto che mi rispondesse a una domandina, e cioè: "Se la mente è fabbricata dalle condizioni e non è in grado di correggere sé stessa, come può un bolscevico esser certo che il suo stesso bolscevismo sia più corretto di qualsiasi altra cosa?". Ma questa è un'altra storia. In ogni caso, il sorriso del determinista economico è più spaventoso del suo spaventoso cipiglio, quando apprende che ognuno (incluso lui stesso) è una vittima dell'ambiente, avvelenato da pregiudizi su ogni cosa.
Il recensore però ammette che il determinista smette di sorridere, e comincia perfino a strabuzzare gli occhi, quando legge un ribaltamento di tutte le nostre idee scientifiche come quello che segue: «La dottrina evoluzionista applicata alle società viene messa alla prova... e trovata mancante. "Mentre la caccia fa parte senza dubbio di uno dei primissimi tentativi economici, essa permane lungo tutti gli stadi successivi; e l'agricoltura fu praticata da molte tribù che non erano mai passate attraverso uno stadio pastorale né avevano mai tenuto animali domestici"».
Si noterà, come al solito, che tale invalidamento è offerto come se fosse una novità. La verità è, come al solito, che ciò che esso invalida non fu mai niente di più che una novità altrettanto fuggevole. Chi ha mai detto che l'umanità agricola era passata attraverso uno stadio nomade, se non una manciata di professori della stessa specie, o forse proprio gli stessi professori? Chi mai in possesso dei cinque sensi ha mai avuto bisogno di farsi insegnare che la caccia esiste tuttora, se non una manciata di dotti che non si fanno mai insegnare niente, perché son sempre occupati ad insegnare a noi? Chi mai ha detto che la dottrina evoluzionista era adatta ad essere applicata alle società, se non quella stessa specie di evoluzionisti sociali? Questa sorta di progressista è innanzitutto fiero di avere sempre e comunque ragione e poi è ancor più fiero di scoprire che aveva torto su tutta la linea.
Ma c'è ancora un terzo esempio di favole della scienza che scoppiano; e alla luce di questo giungiamo finalmente al vero motivo di tutto questo misterioso sacrificio di idoli scientifici. Se mai ci fu una cosa che ci fu insegnato essere "scienza", era che le diverse razze avevano differenti capacità naturali e forse addirittura origini differenti. Ora appare chiaro che «la nostra aumentata comprensione dell'organizzazione, dell'industria e delle idee delle comunità primitive rende difficile parlare di stadi di sviluppo, di culture superiori o inferiori. L'unità biologica della razza umana, le pari potenzialità dei gruppi razziali, spiccano nettamente». Ma nella frase precedente il recensore svela il vero problema; quando si volta e fa a pezzi la recente filosofia della sua scuola gridando «Alla luce di questa più recente letteratura, è semplicemente fantasioso parlare di un fallimento predeterminato della Rivoluzione russa per il fatto che la Russia ha saltato un passaggio nell'invariabile sviluppo economico delle nazioni».
Sono completamente d'accordo che sia fantasioso parlare in quel modo, o anche parlare del fallimento predeterminato di qualunque cosa. Ma faccio notare che non era la povera vecchia gente ortodossa come noi a dedicarsi a certe fantasie. E le persone religiose venivano chiamate reazionarie quando credevano nell'unità biologica della razza umana e la chiamavano la fraternità degli uomini.
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