venerdì 23 settembre 2022

St. Thomas Aquinas (1225-1274) By G. K. CHESTERTON. | Il San Tommaso che non sapevamo di avere.

Questo breve saggio, mai pubblicato in alcuna raccolta, è apparso per la prima volta su The Spectator nel numero del 27 febbraio 1932 alle pagine 8 e 9, prima che la casa editrice Hodder and Stoughton commissionasse a Chesterton il noto studio di grande successo su San Tommaso d'Aquino (il libro vide la luce nel 1933); ricordiamo che fu edito in Italia già negli anni Trenta del secolo scorso da diverse case (Agnelli, Marzocco, eccetera).

Apparve nella rubrica intitolata Studies in Sanctity, con cui la rivista settimanale voleva esporre alcune figure di santi che avevano esercitato, in epoche e modi diversi, "un'influenza trasformatrice sulla vita del loro tempo". La  settimana successiva fu la volta di Santa Caterina da Siena descritta dalla scrittrice irlandese Alice Curtayne (1898-1981).

Traduzione dall'inglese di Marco Sermarini ©.

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La difficoltà di occuparsi di San Tommaso d'Aquino in questo breve articolo è la difficoltà di selezionare l'aspetto di una mente dalle molte facce che meglio ne evidenzi le dimensioni o la scala. A causa del corpo massiccio che conteneva il suo enorme cervello, fu soprannominato "il bue"; ma ogni tentativo di ridurre un tale cervello a letteratura da tabloid fa passare in secondo piano tutte le possibili battute su un bue in una tazza da tè. Era uno dei due o tre giganti; uno dei due o tre uomini più grandi mai vissuti; e non mi sorprenderei mai se si rivelasse, a prescindere dalla santità, il più grande di tutti. Un altro modo di porre il problema è dire che le proporzioni cambiano a seconda degli altri uomini con cui lo si classifica o con cui lo si mette a confronto in quel momento. Non riusciamo a capire la scala fino a quando non arriviamo ai pochi uomini della storia che possono essere suoi rivali.


Così, per cominciare, possiamo confrontarlo con la vita ordinaria del suo tempo e raccontare le sue avventure tra i suoi contemporanei. Già solo in questo ha gettato una luce nella storia, oltre a quella che ha gettato sulla filosofia. Era nato in un ambiente elevato, imparentato con la casa imperiale, figlio di un grande nobile di Aquino, non lontano da Napoli, e quando espresse il desiderio di farsi monaco, come è tipico dell'epoca, tutto gli fu reso facile - fino a un certo punto. Un grande gentiluomo poteva essere decorosamente ammesso nell'ormai antica consuetudine dei Benedettini; come il figlio minore di un signorotto che diventa parroco. Ma il mondo era appena stato scosso da una rivoluzione religiosa, e strani passi si muovevano su tutte le strade. E quando il giovane Tommaso insistette per diventare domenicano - cioè un frate girovago e mendicante - i suoi fratelli lo inseguirono, lo rapirono e lo rinchiusero in una prigione. Era come se il figlio del signorotto fosse diventato uno zingaro o un comunista. Tuttavia, riuscì a farsi frate e fu l'allievo prediletto del grande Alberto Magno a Colonia. In seguito si recò a Parigi e si distinse nella difesa dei nuovi ordini mendicanti alla Sorbona e altrove. Da qui passò alla grande e fondamentale controversia su Averroè e Aristotele; in effetti, si trattava della grande riconciliazione tra la fede cristiana e la filosofia pagana. La sua vita esteriore era prodigiosamente occupata da queste cose. Era un uomo grande, corpulento e calvo, paziente e di buon carattere, ma soggetto a momenti di crisi di distrazione da tabula rasa. Mentre cenava con il re di Francia San Luigi, cadde in uno stato di astrazione e improvvisamente colpì il tavolo dicendo: "E questo sistemerà i manichei!". Il Re, con la fine ironia dell'innocenza, mandò un segretario a prendere nota dell'argomentazione, per evitare che venisse dimenticata. Allora poteva essere paragonato ad altri santi o teologi, in quanto mistico più che dogmatico. Perché era, da uomo sensibile, un mistico in privato e un filosofo in pubblico. Ebbe "esperienze religiose", certo, ma non chiese agli altri, alla maniera moderna, di ragionare a partire dalla sua esperienza. Chiese loro solo di ragionare a partire dalla propria esperienza. Le sue esperienze includevano casi ben attestati di levitazione in estasi; e la Beata Vergine gli apparve, confortandolo con la gradita notizia che non sarebbe mai stato vescovo. Analogamente, potremmo confrontare lo schema tomista con altri, soffermandoci sui punti in cui Scoto o Bonaventura se ne discostano. Non c'è spazio per queste distinzioni, al di là di quella generale: che San Tommaso tende almeno in senso relativo al razionale; gli altri al mistico; potremmo quasi dire al romantico. In ogni caso, certamente non c'è mai stato un teologo più grande, né probabilmente un santo più grande. Ma dire che era più grande di Domenico o di Francesco non significherebbe (nel senso qui necessario) nemmeno accennare alla sua grandezza. 

Per capire la sua importanza, dobbiamo contrapporlo ai due o tre credi cosmici alternativi: è l'intero intelletto cristiano che parla al paganesimo o al pessimismo. Discute attraverso i secoli con Platone o con Buddha; e ha la meglio. La sua mente era così vasta, e il suo equilibrio così bello, che suggerirlo significherebbe discutere un milione di cose. Ma forse la semplificazione più efficace è questa. San Tommaso affronta le altre credenze del bene e del male, senza negare affatto il male, con una teoria che prevede due livelli di bene. L'ordine soprannaturale è il bene supremo, come per qualsiasi mistico orientale; ma l'ordine naturale è buono, solido come per qualsiasi uomo della strada. È questo che "risolve i manichei". La fede è superiore alla ragione; ma la ragione è superiore a qualsiasi altra cosa e ha diritti supremi nel proprio ambito. È qui che anticipa e risponde al grido anti-razionale di Lutero e degli altri; come mi disse un poeta molto pagano: "La Riforma è avvenuta perché la gente non aveva il cervello per capire l'Aquinate". La Chiesa è immortalmente più importante dello Stato; ma lo Stato ha i suoi diritti, nonostante tutto. Questa dualità cristiana era sempre stata implicita, come nella distinzione di Cristo tra Dio e Cesare, o nella distinzione dogmatica tra le nature di Cristo. Ma San Tommaso ha la gloria di aver colto questo doppio filo come indizio di mille cose, creando così l'unico credo in cui i santi possono essere sani. Si presenta soprattutto, forse, al mondo moderno come l'unico credo in cui i poeti possono essere sani di mente. Perché ora non c'è più nessuno che possa risolvere i manichei; e tutta la cultura è infettata da un vago senso impuro che la natura e tutte le cose dietro di noi e sotto di noi sono cattive; che c'è solo una lode per gli alti nell'alto. San Tommaso ha esaltato Dio senza abbassare l'uomo; ha esaltato l'uomo senza abbassare la natura. Perciò ha creato un cosmo di buon senso, una terra viventium, una terra dei vivi. La sua filosofia, come la sua teologia, è quella del senso comune. Non tortura il cervello con tentativi disperati di spiegare l'esistenza, spiegandola. I primi passi della sua mente sono i primi passi di qualsiasi mente onesta; così come le prime virtù del suo credo potrebbero essere quelle di qualsiasi onesto contadino. Perché lui, che combinava tante cose, combinava anche la sottigliezza intellettuale e la semplicità spirituale; e il sacerdote che assistette al letto di morte di questo titano di energia intellettuale, il cui cervello aveva strappato le radici del mondo e trafitto ogni stella e spaccato ogni paglia in tutto l'universo del pensiero e persino dello scetticismo, disse che nell'ascoltare la confessione del moribondo, gli parve improvvisamente di ascoltare la prima confessione di un bambino di cinque anni.

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