mercoledì 4 settembre 2013

Un benvenuto a Francesco Tosi, maggiordomo di Casa Chesterton


Meritava di essere riportata sana sana, questa bella lettera.

Grazie, Francesco, perché sei stato sempre gentile e paziente davanti al branco di pazzi che stazionava dalla mattina presto sino alla sera tardi davanti alla casa del Nostro Gilbertone.
Ti ho anzi ti abbiamo visto in molti.

In ogni caso benvenuto da tutti noi!

E quello che introduci con la tua bella lettera è un interessante argomento di discussione a cui sei arrivato e che tra noi chestertoniani gira già da un po' e che va ripreso ed approfondito.

La Società si farà promotrice di un bel convegno... ma no, che convegni! Di una bella rimpatriata di matti sull'argomento! Quando non lo so, spero presto, e se ci aiutate ancora più presto!

Marco Sermarini

Buon giorno,

mi chiamo Francesco Tosi. 
All'ultimo Meeting ho avuto l'immensa grazia di poter essere una delle guide della mostra di Chesterton "Il cielo in una stanza", o, per meglio dire, uno dei maggiordomi di casa Chesterton.
Grazie a questa opportunità ho avuto modo di conoscere un po' più da vicino una figura a me prima quasi del tutto sconosciuta. Ora non posso che riferirmi a lui come ad un carissimo amico e addirittura padre nello spirito. Dopo aver fatto una tesi di laurea magistrale in filosofia su Lewis, aver incontrato Chesterton e porterlo conoscere "di persona" è davvero un dono. La profondità di sguardo, di riflessione, di meditazione introspettiva di Lewis unita alla spiritualità oggettiva, immaginativa, poetico-pittorica, materiale e contemporaneamente spirituale di Chesterton è un dono impagabile.

Nella settimana del Meeting è sorta in me una viva curiosità circa quella che è possibile nominare come la "prima conversione" di GKC, quella dal nichilismo più estremo, che lo condusse all'orlo del suicidio - "Tutto è niente" - al colpo di reni per cui "Niente è niente", "Tutto era magnifico, paragonato al nulla". Da questo punto di vista mi interesserebbe molto approfondire quella scala di sfumature di autocoscienza che lo portarono dal nero al bianco, ad un radicale ri-pensamento, ri-baltamento, rovesciamento divisione. Un amico, anch'egli maggiordomo di casa Chesterton, Matteo Colombo, mi diceva che Maisie Ward nella sua biografia su Chesterton elenca tutta una serie di incontri, fatti, amicizie, che aiutano a vedere questo passaggio. Devo ancora leggere la biografia, ma il punto che mi interessa sondare sta non nella comprensione di quali o quanti fatti si concatenino e diano ragione della sua conversione, ma quali furono i passi nell'autocoscienza di GKC, che comprensione ebbe di questi fatti o come visse questi passi. A questo punto occorre cautelarmi dalla pretesa di capire Chesterton. Non è questa la mia intenzione. Semplicemente credo interessante portare luce (una luce lewisiana) su un aspetto così radicale. Che cosa può portare un uomo a un simile ribaltamento? Come è vissuto questo ribaltamento? Come è compreso, che coscienza ebbe di questo ribaltamento?  
Quali elementi hanno cooperato a questo cammino di conversione? Ma soprattutto: che consapevolezza storico-esistenziale aveva GKC in quel periodo di risalita dall'abisso?
C'è ancora traccia degli appunti che un Edmund Bentley sbirciò e in cui vide un Chesterton nichilista, filosoficamente "impressionista", per il quale la morale era un nonsenso (un GKC che immaginava le peggiori crudeltà sulle altre persone)?
Il mio è un interesse genuino che intende abbracciare e "comprendere" maggiormente (sapendo benissimo che - parafrasando Agostino - se lo comprendi totalmente allora non è una persona) un punto di passaggio fondamentale nella vita di quest'uomo.

Questa email voleva inizialmente essere una semplice domanda di iscrizione alla società chestertoniana. Mi sono ritrovato a ringraziare e a iniziare un dialogo che spero continui sia con voi che con GKC.

A presto!
maggiordomo di Casa Chesterton
Francesco Tosi

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