giovedì 24 dicembre 2020

Tanti tanti auguri di Buon Natale, cari amici, con le parole di Frances.

  

Cari Amici!

Quest'anno voglio fare gli auguri per la nascita del Nostro Re Bambino a tutti voi che seguite questo piccolo ma appassionato blog, ma li voglio fare con le parole della moglie di Gilbert, Frances Blogg.

Anzitutto ripropongo la versione  del St Patrick's Cathedral Choir di Dublino (è il coro della cattedrale anglicana di Dublino), che è una di quelle che mi commuovono di più.

Poi voglio soffermarmi ancora una volta su Frances, e un po' su Gilbert, questi due ragazzi che si volevano tanto bene.

Frances era una donna piuttosto riservata e sensibile, buona ed eccezionale nell'interpretare la vocazione che il Nostro Re Bambino le aveva assegnato, cioè quella di essere la moglie di questo grande uomo umilissimo e buono (credetemi, era proprio buono), sostenerlo anche nelle cose più ordinarie, dal vestirsi la mattina al ricordarsi di portare soldi a casa o di scrivere quell'articolo.

Vi garantisco che si volevano davvero bene. Nonostante Frances non abbia voluto tramandare a nessuno le bellissime cose che i due si erano scritti durante tutta la vita (chiese a Dorothy di distruggere tutte le lettere intercorse tra i due, e Dorothy fedelmente eseguì la consegna dopo la morte di Frances), i segni di questo grande saldo fiducioso amore sono numerosi.

Qualcosa emerge anche nell'amore per i bambini (ricordo - altrimenti mi sembra di omettere una circostanza fondamentale, e per un noioso come me tutto è fondamentale - le leggendarie feste natalizie che Gilbert e Frances organizzavano a casa loro per i bambini di Beaconsfield, in cui Frances preparava dolci e decorazioni e Gilbert faceva cose che nessuno può immaginare... teatrino delle marionette, storie avventurose, carote riprese con la bocca... scusate, ma tutte le volte che sono passato davanti alle due case in cui i Chesterton vissero a Beaconsfield non sono mai riuscito a smettere di pensare a quella festa natalizia: mi sembra di risentirne le grida e le risatine infantili... anche quelle di Gilbert), che è tutt'altro che scontato per due persone che non ebbero il dono dei figli pur tantissimo desiderati, e nel culto specialmente affettuoso che Frances dedicava a Gesù Bambino.

In queste due realtà si vedeva tutto lo struggimento dei nostri due amici, ma in particolare quello di Frances, che scriveva una poesia in occasione di ogni Natale per il biglietto augurale che indirizzava agli amici dei Chesterton. Una fu proprio questa bella canzone, le cui parole sono sincera espressione dell'innocenza con cui ciascuno di noi dovrebbe affacciarsi alla vita. Non solo accostarsi a Gesù, ma anche accostarsi ad ogni piccolo istante della propria vita. Per Gilbert suona allo stesso modo la famosa "By the Babe Unborn". 

"How far is it to Bethlehem?" è la poesia augurale del 1917, e in quell'occasione fu pubblicata. Fior da fiore si può intravvedere l'affetto e la bontà dei Chesterton e in particolare quella di Frances in versi come questo: "Piccoli sorrisi e piccole lacrime / Sono tutto ciò che abbiamo portato. In fondo non è così? Ah, se vivessimo il Natale come i bambini! Se vivessimo tutta la vita come i bambini! Cos'altro dovremmo inventarci per andare in Paradiso?




Eccone il testo ed a seguire una mia rude traduzione:

How far is it to Bethlehem,
not very far?
Shall we find the stable room
lit by a star?
Can we see the little child,
is He within?
If we lift the wooden latch,
may we go in?
May we stroke the creatures there,
oxen or sheep?
May we peek like them and see
Jesus asleep?
If we touch His tiny hand,
will He awake?
Will He know we've come so far
just for His sake?

Great kings have precious gifts,
And we have naught,
Little smiles and little tears
Are all we brought.

For all weary children
Mary must weep.
Here, on his bed of straw
Sleep, children, sleep.

God in his mother's arms,
Babes in the byre,
Sleep, as they sleep who find
Their heart's desire.

O what can I give to Him,

poor as I am?
If I were a shepherd,
I'd bring a lamb;
if i were a wise man
I'd do my part;
yet what can I give to Him?
Give Him my heart.

Traduzione:

Quanto dista Betlemme,
non molto lontano?
Troviamo la stalla
illuminato da una stella?
Possiamo vedere il piccolo bambino?
è dentro?
Se alziamo il chiavistello di legno,
possiamo entrare?

Possiamo accarezzare le creature lì,
buoi o pecore?
Che si possa sbirciare come loro e vedere
Gesù addormentato?
Se tocchiamo la Sua manina,
si sveglierà?
Saprà che siamo arrivati da così lontano
solo per il Suo bene?

I grandi re hanno doni preziosi,
E noi non abbiamo nulla,
Piccoli sorrisi e piccole lacrime
Sono tutto ciò che abbiamo portato.

Per tutti i bambini stanchi
Maria deve piangere.
Qui, sul suo letto di paglia
Dormite, bambini, dormite.

Dio tra le braccia di sua madre,
i bimbi nella stalla,
Dormono, come dormono coloro che trovano
Il desiderio del loro cuore.

O che cosa posso dare a Lui,
povero come sono?
Se fossi un pastore,
Io porterei un agnello;
se fossi un Re Mago
Io farei la mia parte;
ma cosa posso dargli?
Do il mio cuore.

La dolcezza e la bontà dell'animo di questi nostri cari amici è tutta espressa nella dolcezza e bontà di Frances, e questa poesia che immagina dei poveri bimbi (noi! siamo noi!) che arrivano a Betlemme e non hanno gran che da dare, se non il proprio cuore. Perché non chiederla questa notte a Gesù Bambino, per noi e per i nostri amici?

Chesterton ebbe questo approccio alla realtà tutta la vita, lo aveva imparato a casa dai genitori, ma prese forma definitiva durante il matrimonio grazie a Frances, che egli non smise mai di ringraziare. Voglio dire di più: quando si parla del rapporto tra Chesterton e il cristianesimo spesso si sorvola o si ignora il ruolo determinante di Frances. Questa poesia è un'espressione fresca del suo più intimo cuore. E' bello farla nostra. Anche solo ascoltarla aiuterà molto.

Ancora una volta Buon Natale, cari amici, di vero cuore, e grazie per il sostegno e l'amicizia che ci date.


Marco Sermarini

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