sabato 15 ottobre 2016

Lepanto - di Fabio Trevisan (da Riscossa Cristiana)


chesterton

"Il Papa ha rivolto le sue braccia lontano, temendo agonia e sconfitta ed ha chiamato i Re della Cristianità per combattere in nome della Fede"

.

zgkclepanto

Nello stesso 1911, anno in cui Gilbert Keith Chesterton pubblicò il poema epico: "La ballata del cavallo bianco", il grande scrittore inglese dava alle stampe una straordinaria poesia, composta da otto strofe, dedicata a Lepanto, nella quale appassionatamente riportò, come un cronista di quell'epoca, la storia della battaglia vinta dall'armata navale cristiana contro i Turchi. Il risultato di quell'opera chestertoniana fu talmente roboante che i soldati inglesi, durante il conflitto della prima guerra mondiale, declamarono alcuni di quei versi nelle umide e terribili trincee. Persino il famoso scrittore argentino Jorge Luis Borges (1899-1986) volle commemorare, in occasione della morte di Chesterton nel 1936, questo significativo poemetto: "Credo che Lepanto sia una delle pagine attuali che le generazioni del futuro non lasceranno morire…la sua musica, la sua felicità sono ammirevoli. E' una pagina che commuove fisicamente, come la vicinanza del mare". 

Purtroppo Borges si era sbagliato, in quanto le generazioni future non solo non ricordarono più quel poemetto, ma dimenticarono per lungo tempo il suo autore, seppur insignito del titolo di "Defensor Fidei" da Papa Pio XI.

Perché Chesterton volle celebrare la storia di quel 7 ottobre 1571, in cui venne istituita la Festa della Vergine del Rosario? Perché volle farlo così musicalmente, facendoci percepire i tamburi lontani, i corni squillanti, le vele spiegate al vento, gli archibugi ed i cannoni fumanti, le grida, gli inni ? Non si era ancora convertito ufficialmente alla Chiesa Cattolica Romana, come egli amava definirla, eppure sentiva quell'intelligenza della fede cristiana pulsare nelle sue vene e vibrare in tutto il suo corpo. Quel Don Giovanni d'Austria, chiamato da lontano da San Pio V, era decantato in questi incantevoli versi nella seconda strofa: "L'ultimo cavaliere d'Europa (Giovanni d'Austria) toglie le armi dalla parete. L'ultimo trovatore sopravvissuto, cui ha insegnato il canto l'uccello che un tempo era andato a Sud a cantare, quando il mondo era ancora giovane". Il riso di Don Giovanni d'Austria viene contrapposto al sultano ottomano, che in quel momento domina spaventosamente il Mediterraneo, infliggendo vergogne e umiliazioni, brutalità e terrore alle armate cristiane: "Il Sultano di Bisanzio sorride mentre zampillano le fontane. C'è riso – come quello delle fontane- in quel volto temuto da tutti…Don Giovanni che ride della terribile barba arricciata, ergendosi sulle staffe come sui troni della terra, sollevando la propria testa come una bandiera per tutto il mondo libero…". Le esclamazioni gioiose nel finale delle strofe del poemetto accompagnano l'incedere ed il rumore della Crociata: "Luce d'amore della Spagna-hurrah! Luce di Morte dell'Africa! Gloria Domino! Vivat Hispania! Domino Gloria! Don Giovanni d'Austria ha liberato la sua gente!". 

So benissimo che ai nostri tristi giorni questo poemetto verrebbe letto da molti (anche cattolici) come un inno guerrafondaio, scritto da un pazzo invasato. L'appello del Sultano ed i pericoli paventati dalla discesa in campo dell'armata cristiana vengono  riportati nel poemetto e ne testimoniano invece l'attualità ed il dramma della nostra umanità che ha smarrito la bellezza della fede in Cristo e nella Chiesa Cattolica: "C'è un rumore nelle montagne e riconosco la voce che ha scosso i nostri palazzi quattrocento anni or sono: è di colui che non accetta il Destino; è Riccardo, è Raimondo, è Goffredo alle porte! …Schiacciatelo, ed avremo la pace". Quella "pace" arrendevole e falsa, ostentata con crudeltà dal Sultano, non poteva essere accettata da un personaggio come Chesterton, il quale non mancava di inveire nella quinta strofa contro le lacerazioni del protestantesimo luterano: "Il Nord è pieno di situazioni e testi complessi e di occhi dolenti, e morta è ogni innocenza di rabbia e di sorpresa e un Cristiano ha ucciso un Cristiano in una stanza polverosa e stretta…e il Cristiano ha odiato la Maria che Dio aveva baciato in Galilea". 

Chesterton non nascondeva affatto le sue ragioni e i suoi sentimenti, tanto che aveva scritto nel saggio su San Tommaso d'Aquino che Lutero aveva dato corso ad un'epoca delle suggestioni ponendo fine ai secoli luminosi del Medioevo. San Pio V, al contrario, è raffigurato nella settima strofa trepidante in preghiera: "Il Papa era nella sua cappella prima che il giorno della nostra battaglia finisse, la stanza nascosta nella casa dei mortali in cui Dio siede tutto l'anno…". Chesterton non ha rifiutato di esporci le immagini truci e crudeli collegati al mondo islamico: "La mezzaluna delle navi crudeli il cui nome è mistero, esse proiettano grandi ombre verso i nemici, oscurando la Croce ed il Castello; esse offuscano gli alati leoni di pietra sulle galee di San Marco". 

Il poemetto si chiude con un inno vittorioso ricondotto alla gigantesca figura di un altro cristiano intrepido, l'autore del Don Chisciotte: "Cervantes sulla sua galera rinfodera la spada e  vede attraverso una terra esausta una strada solitaria in Spagna, sulla quale un cavaliere magro ed insensato cavalca sempre invano. E sorride, ma non come il Sultano, e ripone la sua lama…". 

Affinché percepiamo, come desiderava Chesterton, Lepanto come una nostra battaglia, affido all'intelligenza ed al cuore di ciascuno una ri-lettura di questo coraggioso poemetto.




Nessun commento: