mercoledì 15 luglio 2015

La "Buona Scuola" secondo Chesterton - di Fabio Trevisan (da Riscossa Cristiana)

"Secondo l'illusione oggi di moda, attraverso l'educazione possiamo dare alle persone qualcosa che noi non abbiamo avuto"

zzzzchrtn150715Nel 1910 Gilbert Keith Chesterton raccoglieva una straordinaria serie di saggi, dal titolo: "What's wrong with the world" (Ciò che non va nel mondo). Nella quarta parte del medesimo libro si chiedeva cosa fosse l'educazione e la buona scuola: "La prima e unica cosa che mi interessa è affermare che se non si è capaci di salvare i padri non si possono salvare i figli e che, al momento, non possiamo salvare gli altri perché non siamo in grado di salvare noi stessi". Questa considerazione lungimirante era posta in continuità con il fatto che non si poteva dare ciò che non si aveva: un'illusione purtroppo ancora di moda. Che cos'era quindi l'educazione e la buona scuola secondo Chesterton? Era qualcosa di completamente diversa da quella approvata come legge alla Camera (la cosiddetta "buona scuola" del governo Renzi) nei giorni scorsi. Ecco come impostava la discussione il grande pensatore inglese: "L'educazione è trasmissione di verità, ma come possiamo trasmettere la verità se non l'abbiamo mai posseduta? Ai bambini insegnano a essere uomini: e come può essere così semplice insegnare un ideale di umanità agli altri se è un'impresa inutile e disperata cercarne uno per noi?". Un tempo si diceva che una domanda ben posta (come quella chestertoniana) è già una risposta; ora, si potrebbe dire, che non si è nemmeno capaci di fare le domande, figuriamoci le risposte! Bisogna quindi ritornare, anche parlando di "buona scuola", ad impostare i problemi dalle fondamenta, come faceva il grande scrittore cattolico di Beaconsfield: "Educazione è una parola come "trasmissione" o "ereditarietà"; non è un oggetto, ma un metodo, e con essa si intende la trasmissione di certe cose, idee e caratteristiche ai nuovi nati". 

La verità di queste semplici argomentazioni era così banale da essere dimenticata, come temeva lo stesso Chesterton, anche nei comuni discorsi politici. Bisognava allora (e tanto più ora) enunciarla chiaramente. Chesterton partiva da una semplice constatazione: "Un bambino piccolo, figlio di un piccolo commerciante, che vive in una piccola casetta, viene istruito a mangiare il suo breakfast, a prendere la sua medicina, ad amare il suo paese, a dire le preghiere e a mettersi il vestito buono la domenica". Cosa succederebbe se il ragazzo fosse adottato, fosse figlio cioè di un'ideologia impazzita (come potrebbe essere l'ideologia gender dei nostri giorni)? Tutti questi "padri" insani dei nostri tempi non accetterebbero ad esempio chi il sano patriottismo, chi le medicine, chi le preghiere, chi il valore sacro della domenica e così via. Ecco come rispondeva Chesterton, con l'arguzia e l'intelligenza che lo contraddistingueva: "Tutti questi educatori li accomuna la sola cosa che detestano apertamente: il comune concetto di autorità. E' curioso che vi siano persone che parlano di separare i dogmi dall'educazione. Invero i dogmi sono l'unica cosa che non può essere disgiunta dall'educazione: i dogmi sono l'educazione. Un insegnante non dogmatico è semplicemente un insegnante che non insegna". 

Non è difficile immaginare quale reazione produrrebbe oggi questa benefica "trovata" chestertoniana contro i "cattivi maestri" dei nostri giorni. Il processo dell'apprendimento scolastico era visto e presentato da Chesterton in modo diametralmente opposto alla maieutica socratica o all'arte di estrarre qualcosa di latente : "L'intero processo è da loro (gli insegnanti di allora) presentato come qualcosa che non proviene dall'esterno, cioè dall'insegnante, ma interamente dall'interno del ragazzo…il maestro di scuola non fa che liberare dolcemente e con gentilezza il proposito prigioniero". La debolezza e fragilità di questo metodo era perentoriamente denunciata dal grande sostenitore inglese del "senso comune": "Ho accennato all'etimologia latina di "educazione" e all'estrazione di certe facoltà del bambino per porre l'accento sul fatto che nemmeno questo trucco mentale può prescindere dal concetto inevitabile di autorità scolastica o genitoriale. L'educatore che estrae è arbitrario e coercitivo come l'istruttore che inserisce: infatti, tira fuori quel che vuole. E' lui che decide ciò che sarà sviluppato nel bambino e ciò che invece non lo sarà". Per Chesterton le verità più certe e provate dovevano essere trasmesse per prime ai bambini. Ai più giovani avrebbero dovuto essere insegnate le cose più vecchie, stabili e durature.

Ciò che temeva Chesterton, oltre alla marginalizzazione dei ruolo educativo dei genitori (evidente nell'attuale legge sulla "buona scuola") era la fragilità dell'impianto educativo: "Nella scuola moderna il bambino deve obbedire a un sistema che è più giovane di lui. Il fragile bambino di quattro anni ha in verità più esperienza ed è stato esposto al mondo più a lungo del dogma al quale si pretende di sottometterlo". Chesterton aveva pienamente ragione a denunciare i cattivi dogmi dei presunti insegnanti anti-dogmatici. Il dogma della cosiddetta "buona scuola" ha a che fare ancora, volenti o no, sulla verità dell'educazione. Peccato non ci sia più Chesterton a inquadrare lucidamente la questione.

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