venerdì 27 aprile 2012

Biancaneve, la vera bellezza vince la vanità (con una bella menzione di GKC e JRRT e pure di Romano Guardini)

Qui trovate l'articolo di cui al titolo. Che ad un certo punto dice:


Che le favole, il regno delle fiabe e delle fate, siano una cosa da non sottovalutare ce lo insegnano anche due grandi autori inglesi, G. K. Chesterton e J.R.R. Tolkien. Il primo dedica, con la sua solita deliziosa ironia, un intero capitolo del suo Ortodossia – un libro imperdibile – alla Morale delle favole. Questa rappresenta per lui la prima ed ultima filosofia, imparata da bambino dalla nutrice: “le cose in cui ho sempre creduto di più, allora ed ora, sono le cosiddette novelle delle fate, che a me sembrano essere cose interamente ragionevoli. Non sono fantasie: tante altre cose, a loro confronto, sono fantastiche”». Il regno delle favole è pieno di strane proibizioni, parole magiche, castelli di vetro – «questo fugace luccichio di vetro che ricorre dappertutto sta a dimostrare che la felicità è brillante, ma fragile» – ma in esse emerge l’esaltazione degli umili, il castigo ai superbi, l’eroismo e la sensazione che ciò che c’è è il frutto di una scelta, è stato fatto! «Il mondo moderno come io lo trovai si basava saldamente sul calvinismo moderno, sulla necessità che le cose fossero come sono», «ho trovato tutto il mondo moderno che parlava di fatalismo scientifico; diceva che ogni cosa è come ha sempre dovuto essere, essendosi sviluppata senza deviazioni dal suo inizio. La foglia dell’albero è verde perché non avrebbe mai potuto essere di altro colore. Il filosofo delle novelle delle fate è contento che la foglia sia verde precisamente perché avrebbe potuto essere scarlatta; ha la sensazione che sia diventata verde un istante prima che egli la guardasse. (…) Ogni colore ha in sé il potere e il coraggio di una scelta».
Per Chesterton quello che i filosofi moderni hanno voluto toglierci, ossia la gioia di essere stati creati, voluti, ci è restituita dalle favole: «Le sole parole che mi sono sembrate sempre soddisfacenti per descrivere la natura sono quelle usate nei libri delle fate: “malia”, “incantesimo”. Queste esprimono l’arbitrarietà del fatto e il suo mistero. Un albero dà i frutti perché è un albero magico. L’acqua scorre verso il piano perché è fatata; il sole splende perché è fatato». Col dirci che il mondo è una grande magia, Chesterton vuol dirci che è esso è frutto di una grande scelta, un grande ma fragile gioco a cui siamo chiamati a partecipare. Di questo ci avvisa la morale del paese delle fate! 
 Poi leggete il resto, è altrettanto interessante.

E' di Maximiliano Cattaneo.

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