venerdì 8 gennaio 2010

L'Osservatore Romano omaggia Chesterton


L'Osservatore Romano di oggi pubblica un articolo del direttore Gian Maria Vian tratto da un volume collettaneo. L'articolo riporta una lauta citazione di Chesterton e del suo La Resurrezione di Roma. Bene, benissimo!

L'altare nei ricordi di Gilbert K. Chesterton Bastoncini di liquirizia o alberi tropicali?


Da un articolo del nostro direttore sugli anni santi di Pio XI (in Storia dei giubilei, iv, a cura di F. Margiotta Broglio e G. Fossi, Firenze, Giunti, 2000, pp. 118-133) pubblichiamo stralci con una lunga citazione, relativa al giubileo straordinario del 1929, tratta da The Resurrection of Rome di G. K. Chesterton nella traduzione (1950) di Iride Ballini.

La lettura dei decreti per la beatificazione dei martiri inglesi, avvenuta il 14 dicembre, e la successiva cerimonia in San Pietro ebbero un testimone d'eccezione, Gilbert Keith Chesterton, da sette anni divenuto cattolico, che trasse dall'avvenimento uno dei quadri più suggestivi della sua apologia di Roma pubblicata nel 1930 con il titolo trasparente The Resurrection of Rome. La lunga e affascinante descrizione prende le mosse da alcune battute sullo smarrimento di un ombrello dopo un'udienza durante la quale lo scrittore inglese incontrò il Papa: "Poi qualcuno molto addentro nell'ambiente annunciò con serietà che il papa l'avrebbe certo regalato ai negri. "In questo momento, disse con enfasi l'informatore, un piccolo negro passeggia al sole con il vostro ombrello". E sotto questa scherzosa iperbole scopersi per la prima volta con chiarezza una qualità che si deve aggiungere a quelle di maggiore evidenza in Pio xi; la si definisce "il suo entusiasmo per le missioni", ma è fatta in realtà di un fortissimo antagonismo nei riguardi del disprezzo in cui vengono tenute le razze indigene, e di una immensa fede nella fratellanza di tutte le tribù alla luce della fede. (...) La seconda volta vidi il papa meno da vicino ma lo ascoltai più a lungo e fu quando vennero letti e sottoposti alla sua approvazione definitiva i documenti relativi alle beatificazioni. Ascoltai l'ordinata lettura della lunga lista degli eroi inglesi che resistettero alla dispotica distruzione della religione nazionale, e ascoltai un gran numero di nomi inglesi (pronunciati con accento perfettamente italiano) che assomigliavano a quelli di Smith e di Higgins. Poi parlò il papa, e più che un discorso fu una conversazione non senza movimenti di vivacità prettamente italiana se si fa il paragone con l'andamento abituale di una conversazione inglese. Ciò che più profondamente mi commosse nella mia qualità di inglese lontano dalla patria fu che egli parlasse in lode dell'Inghilterra con particolare calore e vivacità di immagine (...) Pure molta importanza diede al fatto che gli ultimi a dare la suprema testimonianza in Inghilterra furono uomini di ogni classe e condizione sociale, ricchi e poveri, i più grandi nobili e gli ultimi lavoratori dei campi (...) E finalmente lo vidi per l'ultima volta (...) quando venne a proclamare le beatificazioni innanzi a una gigantesca assemblea chiudendo poi la cerimonia con la benedizione dall'altare maggiore. (...) La chiesa storica che abbraccia tutta l'esistenza contiene una parte che non è soltanto storica, ma anche preistorica, contiene quelle cose terribili che sono la prima rivelazione, la caduta e il diluvio. Io vidi tutto questo nelle più barbariche volute del barocco e in San Pietro nel baldacchino che avevo un tempo odiato come opera di pasticceria negra fatta con bastoncini di liquirizia intrecciati. Ma quando, come dirò in seguito, una voce attraversò come un gran vento il tempio che sta al centro del mondo, sentii all'improvviso che quelle spirali oscure erano vertiginose come alberi tropicali presi nel ribollire d'un ciclone, quando qualcosa di indicibile scuote il cuore tenebroso dell'Africa (...) Come portato dal vento mi giunse qualcosa che era come un mormorio e che pure dal tono riconoscevo per delle grida. Era il saluto al papa della gente all'altra estremità della chiesa (...) Con questo suono tutta la costruzione parve ancora espandersi e spalancarsi verso l'eternità sino a che compresi che queste caverne dorate e dipinte sono vaste quanto le profondità dei cieli. (...) Qualunque sia il significato di questo spettacolo esso passò come una visione e se non vi fosse altro da dire su quel significato ci si potrebbe trovar d'accordo nel dire che passò come un sogno. Voglio ancora, con il maggior rispetto, ripetere che nessuno all'infuori di uno sciocco presenterebbe a prova della sua fede queste figure e queste ombre; ma una volta che la fede abbia soddisfatto la ragione sarebbe davvero strano che queste cose non venissero al suo seguito sulle ali di tutte le fantasie. Vediamo che il mondo esteriore non disdegna affatto di venire ispirato dal cerimoniale, esso non si limita che a creare altre cerimonie che non sono ispiratrici quanto queste. Si parla di antiritualisti, ma gli antiritualisti non esistono. Agli uomini viene soltanto concesso di degradare il rito trasformandolo in etichetta. E quando da quel luogo uscimmo nel mondo esteriore pieno di avvisi pubblicitari, di giornali, di livree e di vesti alla moda non ci si potrà troppo biasimare se pensiamo che là dentro il mondo era tanto più vasto del mondo esterno".


(©L'Osservatore Romano - 9 gennaio 2010)

2 commenti:

Rodolfo Caroselli ha detto...

Questo mirabile brano, un vero capolavoro di prosa poetica, sembra scritto ieri, non 80 anni fa. Dimostra una volta di più come sia sempre attuale il nostro Chesterton, grande letterato-profeta.

MaryTheCovins ha detto...

D'accordissimo con R. Caroselli!

Ma quanto era grande il nostro caro G.K.C.?

Complimenti per il blog: è il linea con l'ispiratore :)