martedì 31 ottobre 2006
lunedì 30 ottobre 2006
COME IL SEME CHE BISOGNA SALVARE. La gioia dell'incontro, casuale con Giovannino Guareschi
Dal nostro amico Andrea un favoloso contributo (GRAZIE!!!)
«Pochi istanti dopo s'udì partire a motore imballato la giardinetta della ragazza e don Camillo uscì dal confessionale e andò a sfogare col Cristo dell'altar maggiore la tristezza del suo animo:
“Signore, se questi giovani che si prendono gioco delle cose più sacre sono la nuova generazione, che mai sarà della Vostra Chiesa?”
“Don Camillo” rispose con voce pacata il Cristo “Non ti lasciare suggestionare dal cinema e dai giornali. Non è vero che Dio ha bisogno degli uomini: sono gli uomini che hanno bisogno di Dio. La luce esiste anche in un mondo di ciechi. È stato detto 'hanno gli occhi e non vedono'; la luce non si spegne se gli occhi non la vedono.”
“Signore: perché quella ragazza si comporta così? Perché per ottenere una cosa che potrebbe facilmente avere soltanto se chiedesse, deve estorcerla, carpirla, rubarla, rapinarla?”
“Perché, come tanti giovani, è dominata dalla paura d'essere giudicata una ragazza onesta. È la nuova ipocrisia: un tempo i disonesti tentavano disperatamente d'essere considerati onesti. Oggi gli onesti tentano disperatamente d'essere considerati disonesti.”
Don Camillo spalancò le braccia:
“Signore, cos'è questo vento di pazzia? Non è forse che il cerchio sta per chiudersi e il mondo corre verso la sua rapida autodistruzione?”
“Don Camillo, perché tanto pessimismo? Allora il mio sacrificio sarebbe stato inutile? La mia missione fra gli uomini sarebbe dunque fallita perché la malvagità degli uomini è più forte della bontà di Dio?”
“No, Signore. Io intendevo soltanto dire che oggi la gente crede soltanto in ciò che vede e tocca. Ma esistono cose essenziali che non si vedono e non si toccano: amore, bontà, pietà, onestà, pudore, speranza. E fede. Cose senza le quali non si può vivere. Questa è l'autodistruzione di cui parlavo. L'uomo, mi pare, sta distruggendo tutto il suo patrimonio spirituale. L'unica vera ricchezza che, in migliaia di secoli, aveva accumulato. Un giorno non lontano si ritroverà esattamente come il bruto delle caverne. Le caverne saranno alti grattacieli pieni di macchine meravigliose, ma lo spirito dell'uomo sarà quello del bruto delle caverne.
“Signore: la gente paventa le armi terrificanti che disintegrano uomini e cose. Ma io credo che soltanto esse potranno ridare all'uomo la sua ricchezza. Perché distruggeranno tutto e l'uomo, liberato dalla schiavitù dei beni terreni cercherà nuovamente Dio. E lo ritroverà e ricostruirà il patrimonio spirituale che oggi sta finendo di distruggere. Signore, se questo è ciò che accadrà, cosa possiamo fare noi?”
Il Cristo sorrise.
“Ciò che fa il contadino quando il fiume travolge gli argini e invade i campi: bisogna salvare il seme. Quando il fiume sarà rientrato nel suo alveo, la terra riemergerà e il sole l'asciugherà. Se il contadino avrà salvato il seme, potrà gettarlo sulla terra resa ancor più fertile dal limo del fiume, e il seme fruttificherà, e le spighe turgide e dorate daranno agli uomini pane, vita e speranza.
“Bisogna salvare il seme: la fede. Don Camillo, bisogna aiutare chi possiede ancora la fede a mantenerla intatta. Il deserto spirituale si estende ogni giorno di più; ogni giorno nuove anime inaridiscono perché abbandonate dalla fede.
“Ogni giorno di più uomini di molte parole e di nessuna fede distruggono il patrimonio spirituale e la fede degli altri. Uomini d'ogni razza, d'ogni estrazione, d'ogni cultura.”
“Signore” domandò don Camillo: “volete forse dire che il demonio è diventato tanto astuto che riesce, talvolta, a travestirsi perfino da prete?”
“Don Camillo!” lo riproverò sorridendo il Cristo. “Sono appena uscito dai guai del Concilio, vuoi mettermi tu in nuovi guai?”»
GIOVANNINO GUARESCHI “È di moda il ruggito della pecora”, pubblicato su Oggi n. 45 del 10 novembre 1966, ora compreso in “Don Camillo e don Chichì” (già “Don Camillo e i giovani d'oggi”) ed. BUR Rizzoli, 1996, pgg. 134-137.
Questo dialogo tra il Cristo e un don Camillo che ormai (siamo nel 1966) è quasi spaesato rispetto al “mondo nuovo” che sta irrompendo nella sua piccola società di provincia, è quanto di più commovente, profetico, amaro e pieno di speranza abbia letto in quella bellissima ultima raccolta di racconti del Mondo Piccolo, che Giovannino Guareschi ci ha offerto un paio d'anni prima di morire. Quarant'anni fa, proprio in questi giorni Giovannino scriveva questa novella nella il suo pretaccio di campagna, affronta con dolore la sfrontatezza della nipote “sessantottina”, che si confessa senza pentirsi del proprio peccato (aspetto che per un prete nato e cresciuto con il catechismo di Pio X è intollerabile): il dolore di un uomo che riesce a vedere a quarant'anni di distanza il proprio simile che “si ritroverà esattamente come il bruto delle caverne. Le caverne saranno alti grattacieli pieni di macchine meravigliose, ma lo spirito dell'uomo sarà quello del bruto delle caverne”; il dolore di un uomo che si accorge che i suoi simili si stanno “autodistruggendo” perdendo tutto quello che può sostenerli; il dolore di un uomo che si accorge che il demonio sta diventando sempre più furbo, mascherandosi anche da prete. È un racconto che ha in sé la potenza del grande grido esistenziale, dipinto con i tratti leggeri, chiari, paterni, di tutti i racconti di Guareschi: il grido di un uomo che si sta avvicinando agli ultimi giorni e cerca di guardare il suo Piccolo Mondo, con lo stesso sguardo incantato e commosso di vent'anni prima e si accorge che quel mondo sta piano piano, inesorabilmente autodistruggendosi. E di fronte a tutto ciò, il cuore ferito di Guareschi, fa ciò che il suo cuore semplice gli suggerisce: domanda, chiede, a quel Cristo appeso alla croce che sempre gli è stato presente e l'ha accompagnato per tutta la vita. (per inciso: in quest'ultima raccolta di Guareschi i dialoghi tra don Camillo e il suo Cristo, sono sempre più rari e la voce del Cristo, appare sempre distante, perché don Camillo è fuori dalla Chiesa o perché è il Crocifisso stesso che viene “sfrattato” dallo zelo del prete post-conciliare e cattocomunista don Chichì; mentre in questo racconto la voce del Cristo è vicina e potente, come la sua presenza... tutto ciò non è un caso. Non può esserlo... Scusami Giovannino se ho travisato!). E alla domanda sincera del cuore, il Cristo si commuove e, in uno dei più alti pezzi di letteratura che abbia letto, il Cristo (coscienza di Guareschi) dà a don Camillo e a tutti i cristiani il proprio compito: “Bisogna salvare il seme: la fede. Don Camillo, bisogna aiutare chi possiede ancora la fede a mantenerla intatta. Il deserto spirituale si estende ogni giorno di più; ogni giorno nuove anime inaridiscono perché abbandonate dalla fede”. Cosa c'è di più bello, per descrivere quello che è una Compagnia Cristiana! Questo è lo scopo e il significato di una amicizia cristiana, come è questa Società Chestertoniana di cui faccio parte. Cos'è l'amicizia cristiana se non un luogo che possa aiutare che possiede ancora la fede a mantenerla intatta di fronte al deserto spirituale che avanza? Il nostro caro Gilbert (di cui tra l'altro c'è tutto l'eco anche nelle immagini che Guareschi usa... cfr il riferimento al mondo di pazzi in cui “il cerchio sta per chiudersi e il mondo corre verso la sua rapida autodistruzione”) non ci aiuta forse a mantenere intatto il seme ella nostra nostra fede?
Questa citazione vuole essere il mio piccolo, modesto contributo a questa esperienza che sta continuando a tenere vivo in me quel seme, nato dall'incontro con la compagnia cristiana. Appena letta questa pagina, ho proprio pensato che questo è lo scopo per cui da tutte le parti di Italia, si è riunito questo strano gruppo di uomini. E questo vuole essere un grazie, per l'opportunità che mi date: l'opportunità di far diventare la mia passione per la letteratura, non solo un mero passatempo “borghese”, ma una reale possibilità per la mia conversione.
Andrea Collina
lunedì 23 ottobre 2006
L'oggi e Chesterton
E' tanto lontano dall'oggi questo passaggio di Chesterton?
E' tanto distante l'oggi, fatto di referendum su leggi quaranta, di disquisizioni sulla personalità dell'embrione, di eutanasie, di pacs e robaccia varia?
Chesterton aveva visto tutto. Proprio tutto. Ma lui aveva gli anticorpi. E noi?
La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. Sarà una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. E una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l'incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l'erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto".
G. K. Chesterton, Eretici, 1905
E' tanto distante l'oggi, fatto di referendum su leggi quaranta, di disquisizioni sulla personalità dell'embrione, di eutanasie, di pacs e robaccia varia?
Chesterton aveva visto tutto. Proprio tutto. Ma lui aveva gli anticorpi. E noi?
La grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. Sarà una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. E una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere, non solo le incredibili virtù e l'incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili. Guarderemo l'erba e i cieli impossibili con uno strano coraggio. Noi saremo tra quanti hanno visto eppure hanno creduto".
G. K. Chesterton, Eretici, 1905
Chesterton e Giovannino Guareschi
“Non muoio neanche se mi ammazzano”
Giovannino Guareschi, Diario Clandestino
"Sì: Innocenzo Smith, in quest'ultima, come in cento altre occasioni, s'è condotto secondo un principio semplicissimo, e sul quale non c' è proprio nulla da ridire. Parrà stravagante e strampalato nel contrasto della nostra vita moderna. ma non più d'altri principi che ricevono comunissima applicazione. Questo principio, brevemente, può formularsi così: Innocenzo rifiuta di morire finché è vivo".
Gilbert Keith Chesterton, Le avventure d'un uomo vivo.
"Questo fu il mio primo problema, quello di indurre gli uomini a capire la meraviglia e lo splendore dell'essere vivi".
Gilbert Keith Chesterton, Autobiografia
"La misura di ogni felicità è la riconoscenza. Tutte le mie convinzioni sono rappresentate da un indovinello che mi colpì fin da bambino. L'indovinello dice: che disse il primo ranocchio? La risposta è questa: "Signore come mi fai saltare bene". In succinto c'è tutto quello che sto dicendo io. Dio fa saltare il ranocchio e il ranocchio è contento di saltellare".
Gilbert Keith Chesterton, Ortodossia
giovedì 19 ottobre 2006
Chesterton e Benedetto XVI
Chi fa entrare Cristo non perde nulla di ciò che rende la vita libera, bella e grande (...) non abbiate paura di Cristo! Egli non toglie nulla e dona tutto. Chi si dona a Lui, riceve il centuplo.
Non abbiate paura di essere saggi, cioè non abbiate paura di costruire sulla roccia!
Benedetto XVI
Taluni hanno preso la stupida abitudine di parlare dell'ortodossia come di qualche cosa di pesante, di monotono e di sicuro. Non c'è invece niente di così pericoloso e di così eccitante come l'ortodossia: l'ortodossia è la saggezza e l'essere saggi è più drammatico che l'essere pazzi. La Chiesa non scelse mai le strade battute, né accettò i luoghi comuni, non fu mai rispettabile. E' facile essere pazzi; è facile essere eretici; è sempre facile lasciare che un'epoca si metta alla testa di qualche cosa, difficile è conservare la propria testa; è sempre facile essere modernisti, come è facile essere snob.
Gilbert Keith Chesterton
La scuola della fede non è una marcia trionfale, ma un cammino cosparso di sofferenze e di amore, di prove e di fedeltà da rinnovare ogni giorno. Pietro che aveva promesso fedeltà assoluta, conosce l'amarezza e l'umiliazione del rinnegamento: lo spavaldo apprende a sue spese l'umiltà. Anche Pietro deve imparare a essere niente! Quando finalmente gli cade la maschera e capisce la verità del suo cuore debole di peccatore-credente, scoppia in un liberatorio pianto di pentimento. Dopo questo pianto egli è ormai pronto per la sua missione.
Benedetto XVI
Quando, in un momento simbolico, stava ponendo le basi della sua grande società, Cristo non scelse come pietra angolare il geniale Paolo o il mistico Giovanni, ma un imbroglione, uno snob, un codardo: in una parola un uomo. E su quella pietra Egli ha edificato la sua Chiesa, e le porte dell'Inferno non hanno prevalso su di essa. Tutti gli imperi e tutti i regni sono crollati, per questa intrinseca e costante debolezza, che furono fondati da uomini forti su uomini forti. Ma quest'unica cosa, la storica Chiesa cristiana, fu fondata su un uomo debole, e per questo motivo è indistruttibile. Poiché nessuna catena è più forte del suo anello più debole.
Gilbert Keith Chesterton
mercoledì 18 ottobre 2006
Da Wikiquote, aforismi e citazioni in libertà.
Gilbert Keith Chesterton (1874 – 1936), scrittore britannico.
* A mio avviso il golf è un modo costoso di giocare alle biglie.
* Ai giorni nostri, la parte peggiore del lavoro è ciò che capita alla gente quando smette di lavorare.
* C'è un grande uomo che fa sentire ogni uomo piccolo. Ma il vero grande uomo è colui che fa sentire tutti grandi.
* C'è una strada che va dagli occhi al cuore senza passare per l'intelletto.
* Chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente perchè comincia a credere a tutto.
* E Noè diceva spesso a sua moglie, quando si sedeva a tavola: "Non m'importa dove va l'acqua, purché non vada nel vino". (da Wine and water).
* Gli uomini coraggiosi sono tutti dei vertebrati: sono morbidi in superficie e duri nel mezzo.
* I bambini sono grati alla Befana che mette nelle loro calze doni di giocattoli e dolci. Posso io non essere grato a Dio che mi ha messo nelle calze il dono di due meravigliose gambe?
* I bambini sono innocenti e amano la giustizia, mentre la maggior parte degli adulti è malvagia e preferisce la misericordia.
* I fatti non hanno mai creato lo spirito della realtà, perché la realtà stessa è uno spirito.
* I ricchi sono la feccia della terra in ogni paese.
* Il buddismo non è un credo, è un dubbio.
* Il compromesso era solito significare che mezza pagnotta era meglio di niente. Tra i moderni statisti sembra realmente che mezza pagnotta sia meglio di una pagnotta intera.
* Il mondo non morirà mai di fame per la mancanza di meraviglie, quanto per la mancanza di meraviglia.
* Il poeta cerca solo di mettere la testa in cielo. È il logico che cerca di mettere il cielo dentro la propria testa. Ed è la sua testa che si spacca.
* Il povero onesto può a volte dimenticare la sua condizione, ma l'uomo ricco e onesto non lo può fare.
* Il semplice e crudo piacere di leggere può essere paragonato al piacere che una mucca prova mentre bruca.
* Il vero modo per amare qualsiasi cosa consiste nel renderci conto che la potremmo perdere.
* L'"ideale cristiano", ha detto qualcuno,"non è stato messo alla prova e trovato manchevole: è stato giudicato difficile, e non ci si è mai provati ad applicarlo". (da What's wrong with the world).
* L'istruzione è un periodo durante il quale si viene istruiti da qualcuno che non si conosce su qualcosa che non si vuole conoscere.
* L'uomo che lancia una bomba è un'artista perché preferisce un grande momento a tutto.
* L'uomo che non dà importanza al suo cambiamento non è un vero poeta.
* L'uomo non vive di solo sapone. (da All I survey)
* La Bibbia ci dice di amare i nostri vicini di casa, ed anche di amare i nostri nemici. Probabilmente perché spesso sono la stessa cosa.
* La crudeltà è, forse, il tipo peggiore di peccato. La crudeltà intellettuale è certamente il tipo peggiore di crudeltà.
* La dignità dell'artista sta nel suo dovere di tener vivo il senso di meraviglia nel mondo. (da Generally Speaking).
* La donna media è a capo di qualcosa di cui può fare ciò che vuole; l'uomo medio deve obbedire agli ordini e nient'altro. (da All thing considered).
* La famiglia è il test della libertà, perché è l'unica cosa che l'uomo libero fa da sé e per sé. (da Fancies versus fads).
* La felicità é uno strano personaggio: la si riconosce soltanto dalla sua fotografia al negativo.
* La gente litiga perché non può discutere.
* La musica a cena è un insulto sia per il cuoco che per il violinista.
* La primavera non è primavera se non arriva troppo presto. (da A Miscellany of Men)
* La psicanalisi è una confessione senza assoluzione.
* La serietà non è una virtù. Sarebbe un'eresia, ma un'eresia molto più giudiziosa, dire che la serietà è un vizio. (da Ortodossia).
* La tradizione non significa che i vivi sono morti, ma che i morti sono vivi.
* La vera contentezza è una cosa attiva come l'agricoltura. E' la capacità di tirar fuori da una situazione tutto quello che contiene. E' difficile ed è rara. (da A Miscellany of Men)
* Le circostanze spezzano le ossa di un uomo; ma non è mai stato dimostrato che esse spezzino l'ottimismo di un uomo.
* Le grandi opere letterarie sono sempre allegoriche: allegoriche di una qualche visione totale del mondo. (da The Ballad of the White Horse).
* Non abbattere mai una palizzata prima di conoscere la ragione per cui fu costruita.
* Non c’è una scienza nazionale esattamente come non c’è una tavola moltiplicativa nazionale; ciò che è nazionale non è più scienza.
* Non credo che il fato colpisca gli uomini qualunque cosa facciano, ma credo che il fato li colpisca a meno che essi non facciano qualcosa.
* Non è che essi non sappiano vedere la soluzione. E' che non sanno vedere il problema. (The Point of a Pin in The Scandal of Father Brown)
* Ogni architettura è grande dopo il tramonto: forse l'architettura è veramente un'arte notturna, come quella dei fuochi artificiali.
* Pazzo non è chi ha perso la ragione, ma chi ha perso tutto fuorché la ragione.
* Per amare qualcosa bisogna rendersi conto che potremmo perderla.
* Puoi trovare il vero con la logica solo se hai già trovato il vero senza di essa. (The Man who was Orthodox)
* Sarebbe ingiusto passare sotto silenzio la definizione misteriosa ma suggestiva data, pare, da una bambina: «Un ottimista è un uomo che vi guarda gli occhi, un pessimista un uomo che vi guarda i piedi». (da Ortodossia)
* Se c'è qualcosa di peggio dell'odierno indebolirsi dei grandi principi morali, è l'odierno irrigidirsi dei piccoli principi morali. (da Tremendous Trifles)
* Se una cosa merita di essere fatta, merita di essere fatta male. (da What's wrong with the world).
* Si potrebbe compilare il peggior libro del mondo usando solamente passi scelti dei migliori scrittori esistiti.
* Si può conoscere il cosmo, ma non il proprio ego; il proprio io è più distante di ogni altra stella.
* Spade verranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. (da Eretici)
* Talvolta l'uomo d'affari di successo fa i soldi grazie alla propria abilità ed esperienza, ma di solito li fa per sbaglio.
* Tutta la differenza fra costruzione e creazione è esattamente questa: una cosa costruita si può amare solo dopo che è stata costruita; ma una cosa creata si ama prima che esista. (prefazione al Circolo Pickwick di Charles Dickens)
* Tutte le volte che un treno arriva alla stazione, io ho il senso che si sia aperta la strada sotto il fuoco di innumerevoli batterie, e che l'uomo abbia vinto il caos....Tenete per voi il vostro Byron che commemora le disfatte degli uomini. Io verserò lacrime d'orgoglio leggendo l'orario delle ferrovie. (citato da Emilio Cecchi in Scrittori inglesi e americani).
* Tutti i dialetti sono metafore e tutte le metafore sono poesia.
* Tutto era magnifico, paragonato al nulla.
* Un'avventura è solo una disavventura vista dal lato buono. (da All thing considered).
* Un'avventura è soltanto un fastidio considerato nel modo giusto. Un fastidio è soltanto un'avventura considerata nel modo sbagliato.
* Un bel racconto ci dice la verità sul suo vero eroe, ma un brutto racconto ci dice la verità sul suo autore.
* Un grande classico è uno scrittore che si può lodare senza averlo letto. (da All thing considered).
* Un uomo non può mai capire veramente un ragazzo, neppure quando lui è stato un ragazzo.
* Una buona battuta di spirito è una cosa assoluta, sacra, che non si può criticare. I nostri rapporti con una buona battuta di spirito sono immediati e addirittura divini. (prefazione al Circolo Pickwick di Charles Dickens)
* Una nuova filosofia in generale significa in pratica l'espressione di qualche vecchio vizio.
* Una scusa impettita è un nuovo insulto... La parte lesa non vuol essere compensata perché è stata offesa, vuole essere guarita perché è stata ferita.
* Vi è qualcosa di depravato in ogni uomo che non abbia voglia di violare i dieci comandamenti.
Wikipedia su Chesterton
La celebre enciclopedia on line Wikipedia si occupa del Nostro Caro Gilbert in maniera adeguata, per cui vi proponiamo la voce che lo riguarda.
E' un buono spunto per capire chi è questo Grande Dimenticato!
GILBERT KEITH CHESTERTON (LONDRA 29 MAGGIO 1874 - BEACONSFIELD 14 GIUGNO 1936)
Gilbert Keith Chesterton (Londra 29 maggio 1874 - Beaconsfield 14 giugno 1936) fu uno scrittore e giornalista inglese.
Scrisse un gran numero di opere di vario genere: romanzi, racconti, poesie, biografie e opere teatrali. Amò molto il paradosso e la polemica.
Fra le sue opere ricordiamo L'innocenza di Padre Brown, Il segreto di Padre Brown, L'uomo che fu Giovedì, Le avventure di un uomo vivo.
CENNI BIOGRAFICI
Gilbert Keith Chesterton nasce a Londra il 29 maggio 1874 da una famiglia borghese di confessione anglicana. Viene educato alla St Paul's School, quindi frequenta la Slade School of Art dove studia pittura e, in seguito, l'University College, che però abbandonerà senza aver conseguito la laurea.
A vent'anni Chesterton viene colpito da una grave depressione e da una crisi di scetticismo nei riguardi della fede durante la quale si avvicina al satanismo.
Nel 1895 Chesterton inizia a lavorare per l'editore londinese Redway e per T.Fisher Unwin. Molti suoi lavori, poi raccolti nel volume dal titolo "The defendant" (in italiano "Il bello del brutto") vengono pubblicati in giornali come The Speaker, il Daily News, l'Illustrated London News, l'Eye Witness, il New Witness, e nel settimanale che egli dirige per undici anni, il GK’s Weekly.
Nel 1900 scrive la sua prima raccolta di poesie, The Wild Knight, a cui seguiranno articoli di critica letteraria sullo Speaker e sul Daily News. L'anno seguente sposa Frances Webb. Nel 1909 si trasferisce con la moglie a Beaconsfield.
Tra il 1911 e il 1936 Chesterton inizia a scrivere i racconti di Padre Brown (molti dei quali ancora inediti).
Dopo lo scoppio della prima guerra mondiale Chesterton fonda con lo scrittore Hilaire Belloc la Lega distribuzionista allo scopo di aiutare lo sviluppo della piccola proprietà e della piccola industria mediante la divisione e la ridistribuzione delle grandi proprietà latifondiste.
Nel 1922 Chesterton si converte alla Chiesa cattolica.
Nel 1934, dopo aver ricevuto diverse lauree honoris causa dalle università di Edimburgo, Dublino e di Notre Dame, gli viene conferito il titolo di cavaliere dell'ordine di S.Gregorio Magno.
Gilbert Keith Chesterton muore il 14 giugno 1936. La sua bara, troppo grande per essere trasportata per le scale, dev'essere calata dalla finestra. Il funerale si svolge nella cattedrale di Westminster; è sepolto nel cimitero cattolico di Beaconsfield, nel Buckinghamshire.
L'ATTIVITA' DI SCRITTORE
Chesterton è stato giornalista, polemista e scrittore fertilissimo; in trent’anni ha infatti scritto quasi cento libri tra cui alcuni saggi e biografie (su Charles Dickens, S. Francesco d'Assisi e S.Tommaso d'Aquino), composto poesie, opere teatrali, romanzi, racconti brevi, articoli di giornale (firmati GKC) e partecipato a numerose dispute con H. G. Wells e G.Shaw. È inoltre uno dei pochi intellettuali ad avere avuto il coraggio opporsi pubblicamente alla guerra boera.
Gli scritti di Chesterton sono brillanti, arguti, umoristici e spesso anche paradossali, soprattutto quando si tratta di commentare la politica, l'economia, la filosofia, la teologia. Questo ha fatto sì che Chesterton venisse spesso accostato a scrittori come Charles Dickens, Oscar Wilde, George Bernard Shaw e Samuel Butler.
Ciò che tuttavia lo contraddistingue è il fatto di pervenire a conclusioni spesso diametralmente opposte rispetto ai suoi predecessori e ai suoi contemporanei. In "Eretici" ad esempio, parlando di Oscar Wilde, Chesterton scrive: "La stessa lezione (di chi cerca pessimisticamente il piacere fine a se' stesso) viene dalla desolata filosofia di Oscar Wilde. È la religione del carpe diem; ma la religione del carpe diem non è la religione della gente felice, ma delle persone estremamente infelici. La gioia non coglie i boccioli di rosa mente ancora può farlo; i suoi occhi fissano la rosa immortale che vide Dante".
Questa ricerca intellettuale si fa più intensa ne "L'uomo che fu Giovedì"(1908) in cui all'ideale della creazione di un mondo nuovo da parte di uno strano gruppo di sette anarchici che hanno gli stessi nomi dei giorni della settimana, viene contrapposto quello della ricerca della felicità intesa come il vero compimento dell'uomo, dello scontro tra il bene e il male: "Il male è troppo grande e non possiamo fare a meno di credere che il bene sia un accidente, ma il bene è tanto grande che sentiamo per certo che il male potrà essere spiegato".
Lo scontro tra bene e male diventa perciò in Chesterton uno scontro anche tra ottimismo laico e ottimismo cristiano. Così infatti scrive in "Ortodossia": "Tutto l’ottimismo di quest’epoca è stato falso e scoraggiante, per questa ragione: che ha sempre cercato di provare che noi siamo fatti per il mondo. L’ottimismo cristiano invece è basato sul fatto che noi non siamo fatti per il mondo". Una delle teorie di Shaw che Chesterton non poteva accettare fu quella del Superuomo.
In "Ortodossia"(1908), a proposito del suo amico George Bernard Shaw, il rappresentante della nuova scuola di pensiero dell'umanitarismo, Chesterton scrive: "L'adorazione della volontà è la negazione della volontà....Non è possibile ammirare la volontà in generale perché l'essenza della volontà è nell'essere individuale".
E in "Eretici"(1905): "Il signor Shaw non riesce a capire che ciò che è prezioso e degno d’amore ai nostri occhi è l’uomo, il vecchio bevitore di birra, creatore di fedi, combattivo, fallace, sensuale e rispettabile. E le cose fondate su questa creatura restano in perpetuo; le cose fondate sulla fantasia del Superuomo sono morte con le civiltà morenti che sole le hanno partorite. Quando, in un momento simbolico, stava ponendo le basi della Sua grande società, Cristo non scelse come pietra angolare il geniale Paolo o il mistico Giovanni, ma un imbroglione, uno snob, un codardo: in una parola, un uomo. E su quella pietra Egli ha edificato la Sua Chiesa, e le porte dell’Inferno non hanno prevalso su di essa. Tutti gli imperi e tutti i regni sono crollati, per questa intrinseca e costante debolezza, che furono fondati da uomini forti su uomini forti. Ma quest’unica cosa, la storica Chiesa cristiana, fu fondata su un uomo debole, e per questo motivo è indistruttibile. Poiché nessuna catena è più forte del suo anello più debole."
Lo stesso amore per l'uomo, per l'uomo a tutto tondo, con i suoi difetti, le sue debolezze, ma anche con la sua capacità di amare che nessun accadimento umano potrà mai spegnere è presente nei racconti di Padre Brown. Il personaggio di Padre Brown, modellato su quello di padre O'Connor, un sacerdote che ebbe grande parte nella sua conversione al cattolicesimo, è infatti, sotto l'apparenza umile e quasi sciatta, non solo una persona dotata di grande empatia fino al punto di immedesimarsi col criminale ("Io sono dentro un uomo. (...) aspetto di essere dentro un assassino (...) finché penso i suoi stessi pensieri, e lotto con le sue stesse passioni, (...) finché vedo il mondo con i suoi stessi biechi occhi (...). Finché anch'io divento veramente un assassino.") ma anche un uomo capace di bontà, di misericordia perché in grado di riconoscere che ogni uomo contiene in se' sia il bene che tutto il male ("Io non ho proprio ucciso quegli uomini materialmente. Intendo dire che ho pensato e ripensato come un uomo possa diventare così, finché non mi resi conto che ero simile a lui, in tutto, eccetto che nella volontà di compiere l’azione finale").
Ma soprattutto padre Brown è un'amante della verità, un acuto osservatore della realtà che non teme di guardare il male negli occhi in quanto è sicuro che il bene sia sempre più grande del male e quindi in grado di affrontarlo e di sconfiggerlo.
IL CHESTERBELLOC E LE ACCUSE DI ANTI-SEMITISMO
Chesterton è stato spesso associato all'amico poeta e saggista Hilaire Belloc, con cui condivideva sia la fede cattolica che la critica nei confronti del capitalismo e del socialismo, a cui opponevano il distributismo. Fu George Bernard Shaw a coniare il nome Chesterbelloc per indicare i due scrittori.
Sia Chesterton che Belloc sono stati spesso accusati di antisemitismo. In realtà Chesterton pensava che gli ebrei dovessero avere una terra in cui vivere ed era contrario alla politica antiebraica di Hitler.
Nel 1934, dopo che Adolf Hitler prese il potere, egli scrisse: “Sia io che Hilaire Belloc siamo stati accusati di essere antisemiti. Oggi, benché io pensi che esista un problema ebraico, sono inorridito davanti alle atrocità commesse da Hitler. Esse non hanno né ragione né logica. Rappresentano ovviamente l'espediente di un uomo che è stato spinto a cercare un capro espiatorio ed ha trovato con sollievo il più famoso capro espiatorio d'Europa, il popolo ebraico”.
martedì 17 ottobre 2006
Tempi n° 27 del 29/06/2006
'Gli occhi miracolosi' di Chesterton, il genio dimenticato che profetizzò astemie dittature islamiste e mali eugenetici
70 anni fa scompariva l'autore di apdre Brown e dell'uomo che fu giovedì. La sua attualità, il suo realismo e la sua ironia nelle parole del presidente della soceità chestertoniana italiana
di Persico Roberto
In una conferenza tenuta a Toronto nel 1930, su "La cultura e il Pericolo Incombente", Gilbert Keith Chesterton spiegò che il "pericolo incombente" non era il bolscevismo, perché il bolscevismo era stato messo alla prova, e «il miglior sistema di distruggere un'utopia è realizzarla». Non era neppure un'altra guerra mondiale, anche se questa sarebbe scoppiata «quando la Germania farà la stupida sul confine polacco». Il pericolo incombente era «la sovrapproduzione intellettuale, educativa, psicologica, artistica che, insieme alla sovrapproduzione economica, minaccia il benessere della civiltà contemporanea. La gente sarà inondata, accecata, assordata e mentalmente paralizzata da un profluvio di esteriorità, che non le lascerà tempo per il piacere, il pensiero o la creatività».
Contro questo pericolo c'è, sei secoli dopo Dante, un solo rimedio: lo sguardo. «Dammi occhi miracolosi per vedere i miei occhi / questi specchi rotanti che vivono in me / cristallo terribile / più incredibili di tutte le cose che vedono» scrisse GKC in una poesia. Già in un racconto pubblicato sul giornale della scuola aveva narrato di un ragazzo preso per matto dai vicini perché si stupisce di tutto quel che gli altri danno per scontato. La "conversione" del professor Eames, l'intellettuale pessimista di "Manalive", avviene nel momento in cui la luce dell'alba illumina le cose come fosse il primo mattino del mondo: «E sulla piccola città accademica le cime dei vari edifici presero ciascuna una tinta diversa: qui il sole rilevava lo smalto verde d'una guglia, là i tegoli rossi d'un villino, altrove gli ornamenti d'ottone di qualche bel negozio o le ardesie azzurrognole del tetto aguzzo d'una vecchia chiesa. E queste creste variopinte sembravano aver ciascuna un che d'individuale e di stranamente significativo, come cimieri di cavalieri famosi, in un corteggio o sul campo di battaglia: ciascuna attraeva lo sguardo, e specialmente quel disperato sguardo di Eames, errante sullo spettacolo d'un'aurora che per lui doveva essere l'ultima. Il sole cresceva in una gloria che tutti i cieli erano incapaci di contenere; ma la distesa delle acque si dorava, fluiva e pareva sufficiente alla sete degli dei».
Settant'anni fa quegli occhi si chiudevano; ma le tracce di quello sguardo rimaste nei suoi scritti guidano ancora le pupille di molti a guardare il mondo nel suo splendore, e a ringraziare il suo Creatore. Lo abbiamo ricordato insieme a Marco Sermarini, il vulcanico fondatore e presidente della Società Chestertoniana italiana.
Perdoni la curiosità: come le è venuta l'idea di fondare una "Società Chestertoniana"?
Per il desiderio di raccontare a tutti qualcosa di bello, utile, affascinante e costruttivo per la vita. Nulla di intellettuale. Alcuni amici e io avevamo in comune la lettura delle opere di questo grande - grande in tutti i sensi - e abbiamo deciso che bisognava cercare di comunicare a tutti il tesoro di questo inglese bizzarro, pieno di... carne e paradossi, che ci ha reso l'inestimabile servigio di renderci più chiara, ragionevole e lieta la vita.
Com'è nata la sua passione per Chesterton?
È stato come un fiume carsico, che scompare e quando non te l'aspetti ricompare. Avevo cinque o sei anni, vedevo in tv le storie di un pretino piccolo e arguto, che mirava a far convertire piuttosto che condannare i rei. Era il 1970-71, il pretino era padre Brown interpretato da Renato Rascel. Sei puntate memorabili, con qualcosa di vero, oltre la trama in sé, che non capivo ma forse presentivo. Poi finirono, e quel pretino simpatico cadde apparentemente nel dimenticatoio. Non avevo la più pallida idea di chi fosse Chesterton, ma un bel giorno - decenni dopo - trovai allegato a un settimanale L'Uomo che fu Giovedì. Iniziai a leggere, capii che meritava, volevo trovare altro. Andai in libreria, chiesi, e scoprii che era l'autore dei Racconti di Padre Brown della mia infanzia! Dopo anni mi sembrò di riabbracciare un caro vecchio amico. Scoprii pure che Chesterton si era convertito al cattolicesimo dopo averne cantato la ragionevolezza per decenni. Capii l'Origine di quel fascino. Oggi, cerco di avere tutto quello che c'è in giro su di lui, e mi rendo conto, putroppo, che è stato praticamente dimenticato.
Perché?
Incomprensibile. È uno dei pochi scrittori cattolici del 900 che sia riuscito a dare corpo, con giudizi ragionevolmente fondati e artisticamente interessanti, alla razionalità della fede, scrivendo gialli ma anche saggi e opere di critica letteraria ancora validissimi. Per decenni è stato tradotto in decine di lingue, esistono sue edizioni italiane già dagli anni Dieci. Borges disse di aver passato ore felicissime leggendolo...
Il motivo dunque dell'oblio?
Mah! Qualcuno dice: non era né filo capitalista né tanto meno marxista (fu uno degli inventori delle teorie distributiste con Belloc e padre McNabb), e nel mondo della Guerra fredda non sapevano dove metterlo. Forse, più semplicemente, era un cattolico vero, senza sensi di colpa e non andava più di moda...
Cosa fa dunque la Società Chestertoniana?
Vogliamo ridare lustro a questo nome facendolo circolare il più possibile. Da quattro anni organizziamo il "Chesterton Day", in cui ne celebriamo il genio e la simpatia con incontri, musica, buon cibo e buon vino (GKC amava tutto questo). Qualche trasmissione radiofonica. Un bollettino on-line che inviamo gratuitamente a chi ne fa richiesta.
Ma vale ancora la pena leggere GKC oggi?
Alcuni suoi scritti sono a dir poco profetici. L'Osteria volante immagina un'Inghilterra in cui si instaura un governo filoislamico che vieta l'uso degli alcolici; in Eugenics and other evils intravide quasi cento anni fa tutti i problemi di eutanasia, eugenetica e leggi 40 varie con cui combattiamo oggi. Chesterton poi scrisse che sarebbe arrivato un giorno in cui avremmo dovuto difenderci con le armi per affermare che due più due fa ancora quattro: non le pare questo il momento?
'Gli occhi miracolosi' di Chesterton, il genio dimenticato che profetizzò astemie dittature islamiste e mali eugenetici
70 anni fa scompariva l'autore di apdre Brown e dell'uomo che fu giovedì. La sua attualità, il suo realismo e la sua ironia nelle parole del presidente della soceità chestertoniana italiana
di Persico Roberto
In una conferenza tenuta a Toronto nel 1930, su "La cultura e il Pericolo Incombente", Gilbert Keith Chesterton spiegò che il "pericolo incombente" non era il bolscevismo, perché il bolscevismo era stato messo alla prova, e «il miglior sistema di distruggere un'utopia è realizzarla». Non era neppure un'altra guerra mondiale, anche se questa sarebbe scoppiata «quando la Germania farà la stupida sul confine polacco». Il pericolo incombente era «la sovrapproduzione intellettuale, educativa, psicologica, artistica che, insieme alla sovrapproduzione economica, minaccia il benessere della civiltà contemporanea. La gente sarà inondata, accecata, assordata e mentalmente paralizzata da un profluvio di esteriorità, che non le lascerà tempo per il piacere, il pensiero o la creatività».
Contro questo pericolo c'è, sei secoli dopo Dante, un solo rimedio: lo sguardo. «Dammi occhi miracolosi per vedere i miei occhi / questi specchi rotanti che vivono in me / cristallo terribile / più incredibili di tutte le cose che vedono» scrisse GKC in una poesia. Già in un racconto pubblicato sul giornale della scuola aveva narrato di un ragazzo preso per matto dai vicini perché si stupisce di tutto quel che gli altri danno per scontato. La "conversione" del professor Eames, l'intellettuale pessimista di "Manalive", avviene nel momento in cui la luce dell'alba illumina le cose come fosse il primo mattino del mondo: «E sulla piccola città accademica le cime dei vari edifici presero ciascuna una tinta diversa: qui il sole rilevava lo smalto verde d'una guglia, là i tegoli rossi d'un villino, altrove gli ornamenti d'ottone di qualche bel negozio o le ardesie azzurrognole del tetto aguzzo d'una vecchia chiesa. E queste creste variopinte sembravano aver ciascuna un che d'individuale e di stranamente significativo, come cimieri di cavalieri famosi, in un corteggio o sul campo di battaglia: ciascuna attraeva lo sguardo, e specialmente quel disperato sguardo di Eames, errante sullo spettacolo d'un'aurora che per lui doveva essere l'ultima. Il sole cresceva in una gloria che tutti i cieli erano incapaci di contenere; ma la distesa delle acque si dorava, fluiva e pareva sufficiente alla sete degli dei».
Settant'anni fa quegli occhi si chiudevano; ma le tracce di quello sguardo rimaste nei suoi scritti guidano ancora le pupille di molti a guardare il mondo nel suo splendore, e a ringraziare il suo Creatore. Lo abbiamo ricordato insieme a Marco Sermarini, il vulcanico fondatore e presidente della Società Chestertoniana italiana.
Perdoni la curiosità: come le è venuta l'idea di fondare una "Società Chestertoniana"?
Per il desiderio di raccontare a tutti qualcosa di bello, utile, affascinante e costruttivo per la vita. Nulla di intellettuale. Alcuni amici e io avevamo in comune la lettura delle opere di questo grande - grande in tutti i sensi - e abbiamo deciso che bisognava cercare di comunicare a tutti il tesoro di questo inglese bizzarro, pieno di... carne e paradossi, che ci ha reso l'inestimabile servigio di renderci più chiara, ragionevole e lieta la vita.
Com'è nata la sua passione per Chesterton?
È stato come un fiume carsico, che scompare e quando non te l'aspetti ricompare. Avevo cinque o sei anni, vedevo in tv le storie di un pretino piccolo e arguto, che mirava a far convertire piuttosto che condannare i rei. Era il 1970-71, il pretino era padre Brown interpretato da Renato Rascel. Sei puntate memorabili, con qualcosa di vero, oltre la trama in sé, che non capivo ma forse presentivo. Poi finirono, e quel pretino simpatico cadde apparentemente nel dimenticatoio. Non avevo la più pallida idea di chi fosse Chesterton, ma un bel giorno - decenni dopo - trovai allegato a un settimanale L'Uomo che fu Giovedì. Iniziai a leggere, capii che meritava, volevo trovare altro. Andai in libreria, chiesi, e scoprii che era l'autore dei Racconti di Padre Brown della mia infanzia! Dopo anni mi sembrò di riabbracciare un caro vecchio amico. Scoprii pure che Chesterton si era convertito al cattolicesimo dopo averne cantato la ragionevolezza per decenni. Capii l'Origine di quel fascino. Oggi, cerco di avere tutto quello che c'è in giro su di lui, e mi rendo conto, putroppo, che è stato praticamente dimenticato.
Perché?
Incomprensibile. È uno dei pochi scrittori cattolici del 900 che sia riuscito a dare corpo, con giudizi ragionevolmente fondati e artisticamente interessanti, alla razionalità della fede, scrivendo gialli ma anche saggi e opere di critica letteraria ancora validissimi. Per decenni è stato tradotto in decine di lingue, esistono sue edizioni italiane già dagli anni Dieci. Borges disse di aver passato ore felicissime leggendolo...
Il motivo dunque dell'oblio?
Mah! Qualcuno dice: non era né filo capitalista né tanto meno marxista (fu uno degli inventori delle teorie distributiste con Belloc e padre McNabb), e nel mondo della Guerra fredda non sapevano dove metterlo. Forse, più semplicemente, era un cattolico vero, senza sensi di colpa e non andava più di moda...
Cosa fa dunque la Società Chestertoniana?
Vogliamo ridare lustro a questo nome facendolo circolare il più possibile. Da quattro anni organizziamo il "Chesterton Day", in cui ne celebriamo il genio e la simpatia con incontri, musica, buon cibo e buon vino (GKC amava tutto questo). Qualche trasmissione radiofonica. Un bollettino on-line che inviamo gratuitamente a chi ne fa richiesta.
Ma vale ancora la pena leggere GKC oggi?
Alcuni suoi scritti sono a dir poco profetici. L'Osteria volante immagina un'Inghilterra in cui si instaura un governo filoislamico che vieta l'uso degli alcolici; in Eugenics and other evils intravide quasi cento anni fa tutti i problemi di eutanasia, eugenetica e leggi 40 varie con cui combattiamo oggi. Chesterton poi scrisse che sarebbe arrivato un giorno in cui avremmo dovuto difenderci con le armi per affermare che due più due fa ancora quattro: non le pare questo il momento?
Gilbert Keith Chesterton
Cari Amici,
in maniera come al solito tumultuaria e fermamente ancorata all'adagio del Nostro Caro Gilbert ("se una cosa vale la pena di farla, vale la pena di farla male"), ecco a voi il blog dell'Uomo Vivo!
Cercheremo di dare nuovamente voce a Gilbert, in un mondo strano che lo vede attualissimo, profetico e sempre lucido, ma stranamente e ingiustamente dimenticato.
Occupiamo con la pachidermica mole fisica, intellettuale, umana del Nostro Caro Gilbert un pezzettino di quell'immenso Hyde Park che è la rete, nella speranza che questa piccola soap box gli doni nuova notorietà e che soprattutto gli faccia incontrare tanta gente bisognosa delle sue parole di speranza, di senso comune, di intelligenza cattolica.
Quanto bene può fare Gilbert Dio solo lo sa!
Ecco cominciata, allora, la singolar tenzone.
Fatevi avanti, allora! Siamo per la Vita, e pussa via al nulla gaio cui ci vorrebbero sprofondare. Non abbiamo paura.
in maniera come al solito tumultuaria e fermamente ancorata all'adagio del Nostro Caro Gilbert ("se una cosa vale la pena di farla, vale la pena di farla male"), ecco a voi il blog dell'Uomo Vivo!
Cercheremo di dare nuovamente voce a Gilbert, in un mondo strano che lo vede attualissimo, profetico e sempre lucido, ma stranamente e ingiustamente dimenticato.
Occupiamo con la pachidermica mole fisica, intellettuale, umana del Nostro Caro Gilbert un pezzettino di quell'immenso Hyde Park che è la rete, nella speranza che questa piccola soap box gli doni nuova notorietà e che soprattutto gli faccia incontrare tanta gente bisognosa delle sue parole di speranza, di senso comune, di intelligenza cattolica.
Quanto bene può fare Gilbert Dio solo lo sa!
Ecco cominciata, allora, la singolar tenzone.
Fatevi avanti, allora! Siamo per la Vita, e pussa via al nulla gaio cui ci vorrebbero sprofondare. Non abbiamo paura.
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