lunedì 28 febbraio 2011

Fabio Trevisan su H. G. Wells, amico-rivale di Chesterton


Ero già conscio dei pericoli che avrebbe comportato una nevicata. Non potevo camminare sotto la neve, perché mi si sarebbe accumulata addosso, rivelando la mia presenza. Anche la pioggia, avvolgendomi in un involucro gocciolante, mi avrebbe trasformato in una lucida superficie vagante”.

Questa frase, apparentemente un po’ buffa, cela una profonda inquietudine: l’inquietudine di un uomo che ha perduto, oltre al corpo, la propria identità. Gli agenti atmosferici (pioggia, neve, nebbia) diventano dei potenziali nemici che possono rivelare, paradossalmente, la presenza di un’assenza. L’uomo invisibile di Herbert George Wells (1866-1946) è in realtà un capolavoro drammatico che pone al centro il dilemma della diversità e dell’alienazione umana. Molti sanno della fortuna che arrise al cinema, fin dagli anni ’30, il personaggio popolare dell’Uomo Invisibile mutuato dal romanzo di H.G.Wells, che lo pubblicò nel 1897. Conosciuto come padre della fantascienza, assieme a Jules Verne, Wells scrisse tantissime opere, alcune molto note come La macchina del tempo o L’isola del Dr. Moreau per citarne solo alcune. Nel personaggio dell’uomo invisibile (Griffin nel romanzo), Wells ci fa vedere quanto sia pateticamente vano e illusorio tentare di essere diversi da quello che si è; il ricostruirsi attraverso le sole proprie mani, contando sulle
uniche proprie forze, anticipa il dramma di chi ha smarrito Dio nella propria vita ponendo il solo Sé al centro del mondo. Il grido di disagio lanciato contro il mondo da Griffin, l’Uomo che si è reso invisibile, è il grido di disagio di una società che conta sul solo giudizio umano e non su quello di Dio. Si potrebbe dire che, attraverso l’uomo invisibile, Wells ci ha fatto “toccare” il Dio reso invisibile ai nostri occhi, ai nostri cuori e alle nostre menti. Questo è il dramma di Griffin ed il dramma di una società che si è costruita senza Cristo. Lo confessa apertamente nel romanzo Wells, descrivendo nel romanzo le abitudini dell’uomo invisibile: “Lo straniero (Griffin) non andava mai in chiesa. Anzi, non faceva nessuna differenza tra la domenica e gli altri giorni irreligiosi, nemmeno per quel che riguardava l’abbigliamento”. Terrificante è la proposta che il medico e fisico Griffin fa ad un possibile aiutante: “Ti ho scelto. Sei l’unico ad essere a conoscenza dell’uomo invisibile. Sarai il mio aiutante. Aiutami e farò grandi cose per te. Un uomo invisibile è un uomo molto potente”. A me sono sembrate tentazioni diaboliche, come queste altre asserzioni di Griffin: “Mi si presentò chiara, incontaminata da dubbi, la meravigliosa visione di tutto quello che l’invisibilità può significare per un uomo. Il mistero, il potere, la libertà!”.
Impariamo sorridendo dall’uomo invisibile di Wells che l’autocostruzione dell’uomo è destinata al fallimento più completo; impariamo sorridendo che non è cristianamente corretto prendersi troppo sul serio, come il professor Griffin, il più geniale scienziato che il mondo abbia mai avuto, il primo uomo che sia mai riuscito a rendersi invisibile, che terminò in maniera così crudele e insensata la sua folle esistenza.

Fabio Trevisan

LAOS Niente cibo per 65 contadini laotiani, finchè non abbandoneranno il cristianesimo


Funzionari governativi hanno espropriato case e terreni a 18 famiglie. Sono riunite in un centro di raccolta e non hanno cibo. Bloccate le donazioni di cibo da parte dei vicini. Per il regime comunista, devono rinnegare la fede in Cristo. Attivista pro diritti umani: “il governo rispetti la Costituzione”. 

 Vientiane (AsiaNews/Agenzie) – Le autorità laotiane hanno cacciato 65 contadini cristiani dal loro villaggio, perché si sono rifiutati di rinnegare la fede cristiana. Radunati in un centro di raccolta, essi sono a rischio fame: i funzionari hanno distrutto i loro raccolti e impediscono la consegna di generi di prima necessità. Fonti locali affermano che il governo intende affamarli “fino a che non abbandoneranno il cristianesimo”.

Le 18 famiglie contadine vivono in un centro di accoglienza provvisorio nei pressi del villaggio di Katin, nel distretto di Ta-Oyl, nella provincia di Caravan, nel sud del Laos. In due diversi frangenti, i cristiani sono stati scacciati dalle loro case. Il primo episodio risale al gennaio 2010 e ha riguardato 11 famiglie, mentre il secondo provvedimento – preso a dicembre dello scorso anno – ha interessato altre sette famiglie.
Fonti cristiane in Laos, citate da Christian Solidarity Worldwide (CSW), riferiscono che i capi del villaggio impediscono ai contadini di tornare nelle loro case e riprendere possesso delle terre. Una zona coltivata nei pressi del villaggio è stata distrutta. I funzionari hanno imposto alle famiglie della zona di non aiutare i cristiani o fornire loro cibo. Il timore è che le autorità vogliano “affamare” le persone, fino a che “non abbandoneranno il cristianesimo”.
Nonostante gli appelli della comunità internazionale, la situazione non sembra migliorare, tanto che è morto un uomo in questi mesi di lontananza dal villaggio. Stuart Windsor, direttore nazionale di CSW, invita il governo comunista laotiano a “aderire alle disposizioni della Costituzione nazionale che garantisce protezione a tutti i cittadini, permettendo ai contadini Katin di tornare nel loro villaggio”.
In Laos, nazione guidata da un regime comunista, la maggioranza della popolazione (il 67%) è buddista. Su un totale di sei milioni di abitanti, i cattolici sono lo 0,7%

Afghanistan - Liberato in segreto a Kabul un cristiano in carcere per apostasia


Sayed Mussa rischiava la condanna a morte per aver lasciato l’islam e abbracciato il cristianesimo. Forse l’uomo è già stato fatto uscire dal Paese. Mesi di sforzi diplomatici occidentali per ottenere la liberazione. Ancora in carcere un altro convertito.

Kabul (AsiaNews/Agenzie) – Un afghano convertito al cristianesimo è stato liberato dalla prigione, in cui era rinchiuso da nove mesi, ed è forse stato fatto uscire dal Paese in segreto questa settimana. Sayed Mussa 46 anni, correva il rischio di una condanna a morte per apostasia. La sua liberazione è giunta dopo mesi di discreti sforzi diplomatici dei rappresentanti occidentali sul governo afghano.

Sayed Mussa, sposato e padre di sei figli, lavorava per il Comitato internazionale della Croce Rossa prima dell’arresto. E’ stato liberato il 21 febbraio dal Kabul Detention Center dopo che i giudici avevano appurato che non c’era sufficiente materiale per portare avanti le accuse. Così ha dichiarato il gen. Qayoum Khan, direttore della prigione.
Non è chiaro se Sayed Mussa sia ancora in Afghanistan, o sia già stato fatto espatriare. Alcuni dei parenti, fra cui la moglie, dicono di non avere sue notizie. I diplomatici, in primo luogo l’ambasciata Usa, si sono rifiutati di confermare la notizia della liberazione, e affermano di continuare a tenere sotto osservazione il caso Mussa, e altri simili.
Il gen. Qayoum Khan ha detto che Mussa è stato portato lunedì scorso negli uffici del tribunale, dopo che il procuratore aveva inviato alla prigione una lettera, in cui si diceva che non c’erano prove contro di lui, e che doveva essere rilasciato.
Sayed Mussa è stato arrestato nel maggio 2010 dopo che una televisione locale aveva mostrato alcuni occidentali che battezzavano degli afghani, e altri afghani che pregavano in un raduno segreto di cristiani. Fonti locali, in condizioni di anonimato, dicono che il governo afghano ha subito forti pressioni per la sua liberazione, e che era a disagio, perché temeva le reazioni dei musulmani radicali.
Secondo alcuni Mussa potrebbe aver rinnegato la sua conversione, prima di essere liberato. Mussa era uno degli almeno due afghani in carcere con l’accusa di apostasia. Un altro, Shoaib Assadullah Musawi è in prigione dal novembre 2010 nella città di Mazar-i-Sharif , con l’accusa di aver dato un Vangelo a un amico. La costituzione afghana garantisce la libertà di praticare la propria fede, ma ambiguamente lascia ai singoli tribunali la possibilità di riferirsi alla Shari’a su molti temi, fra cui la conversione.

sabato 26 febbraio 2011

Riscoprire con Chesterton perché la Chiesa è contro l'aborto, dice William Oddie

http://www.catholicherald.co.uk/commentandblogs/2011/02/23/we-need-to-constantly-rediscover-why-the-church-is-against-abortion/

In questo articolo del Catholic Herald, William Oddie, editorialista di punta del magazine inglese e presidente della Società Chestertoniana Inglese, ci dice che dobbiamo riscoprire costantemente perché la Chiesa Cattolica sia contro l'aborto, e nel dire questo "usa" (a proposito) Chesterton e parla della sua santità.

venerdì 25 febbraio 2011

Un aforisma al giorno (bellissimo!)


"Fui contento, non scontento, quando scoprii che le figure magiche del teatrino potevano essere mosse da tre dita umane. Poiché quelle tre dita umane sono più magiche di ogni dito magico; le tre dita che tengono la penna e la spada e l’arco del violino, proprio le tre dita che il sacerdote alza benedicendo, come l’emblema della Trinità".

Gilbert Keith Chesterton, Autobiografia






L'immagine ritrae alcuni pupazzetti del teatro delle marionette di Gilbert, di cui abbiamo parlato in un altro post in questo blog. Splendido.

Un aforisma al giorno


"La fatale metafora del progresso, che significa lasciare le cose dietro di noi, ha assolutamente oscurato la vera idea di crescita, che significa lasciare le cose dentro di noi".

Gilbert Keith Chesterton, Fancies versus Fads

Sempre grande, Gilbert...

giovedì 24 febbraio 2011

L'imputato - Il non essere conformisti.

Pubblichiamo questo articolo, a firma del nostro presidente Marco Sermarini, uscito sul  numero i Gennaio 2011 del mensile Vivere! e non vivacchiare..., organo ufficiale della Compagnia dei Tipi Loschi del beato Pier Giorgio Frassati. L'articolo compare nella rubrica L'Imputato - La difesa dell'indifendibile.



I lettori di questa insofferente rubrica dovranno subire, all'inizio del 2011, una difesa da "discorso sui massimi sistemi".

Anzitutto l'imputato: chi lo conosce? Che cos'è il non essere conformisti? Mi devo spiegare. Non è certo andare in giro in abito originale o cose del genere (perché è di moda pure l'essere anticonformisti, il che è di per sé un ossimoro). Infatti il nome è volutamente posto al negativo, non c'era niente di meglio. Viviamo nell'epoca della massima libertà in cui tutto e il contrario di tutto sono leciti se non addirittura dovuti. Il punto è proprio questo: sono "dovuti". Per uno strano processo, sono talmente dovuti che se non li fai ti prendono per marziano. Ed ecco come la libertà diventa libertà obbligatoria, come diceva in una canzone molto vera il simpatico cantautore Giorgio Gaber. Per cui l'imputato di oggi, se fosse in carne e ossa, sarebbe uno di quelli dimenticati a marcire in qualche segreta di qualche regime autoritario, uno di quelli che stanno dentro senza processo (un po' come gli oppositori degli "italiani" dopo l'Unità d'Italia, rinchiusi in posti come Fenestrelle, in Piemonte: chissà se qualcuno parlerà di loro quest'anno di celebrazioni a senso unico? Mah!).

Mi guardo intorno e cosa vedo? Persone, tante persone, che vivono così come capita, anzi -come dicono molti di loro- "come sentono". Non c'è nulla di casuale, però. Ci si guarda intorno e si osservano gli altri. Gli altri osservano te, e commentano. Ci si sente improvvisamente tranquilli solo se si vede una certa rassicurante uniformità, ma tutto questo avviene che manco te ne accorgi. Tutto quello che si fa sembra debba per forza essere conforme a quello che fanno e dicono gli altri. Dal vestire al parlare, ma soprattutto al ragionare. E al fare. Tutto è abbastanza già scritto e c'è molta, molta pressione intorno. Questo modus vivendi, pur nella sua multiformità (ed è questa multiformità che inganna!), ha dei punti fermi propagandati con grande forza da televisioni, giornali, internet e soprattutto discorsi da bar o da banco taglio del supermercato. La vita, secondo questa metalità, ha un suo svolgersi piuttosto preciso. Nasciamo, ed è un miracolo coi tempi che corrono (basta che nella pancia di tua madre ti vedano con un banale labbro leporino e sei morto, il medico dice con faccia costernata che avrai delle gravissime malformazioni e che "per il tuo bene" -?!?- è meglio che tua madre abortisca... Ma avranno studiato per corrispondenza? Attento, avvocato, potresti beccare una denuncia - querela per diffamazione, ingiurie e falso: abortire per questi non è uccidere...). Dopo che riesci faticosamente a nascere, di solito ti danno pure un fratello o una sorella (perché te lo danno i genitori, mica il Padre Eterno: pure quello si programma, sino al colore dei capelli e degli occhi. Andate su internet e vedete alla luce del sole i traffici di ovociti nei siti di interesse femminile), ma devi essere proprio fortunato, sennò rimani figlio unico. Poi ti rimpinzeranno di attenzioni, coccole e regali inutili, perché se tu avessi dei fratelli "non potresti avere le stesse attenzioni" (una pensata da premio Nobel, e guardate che c'è chi lo dice sul serio e se lo contraddici ti sputa!). Le attenzioni che ti riversano addosso sono la Play Station, il Nintendo, il computer con allegate 18 ore al giorno di Facebook "perché sennò mio figlio non socializza e si sente un disadattato, invece un po' al giorno e con le regole si può fare tutto" (io dico: anche le pere o tirare i sassi dai cavalcavia, allora!). C'è più ebbrezza nel nascere quindicesimo figlio in una famiglia africana, credimi. Corollario di questo principio è che se vuoi fare l'università tuo padre e tua madre non potranno "darti dei fratelli" e comunque è meglio così perché sennò "sarete tutti dei precari" quindi meglio non nascere che "vivere da precari". Acutissimo.

Superati quasi indenne i primi anni di vita, i tuoi di solito ti iscrivono ad una bella scuola  (rigorosamente pubblica perché "quelle private rubano soldi alle pubbliche") dove ti confronterai con un battaglione di maestre (i maestri maschi sono ovviamente in via di estinzione! Pensa, ai miei tempi erano quasi tutti maschi, ma sono nato in un altro secolo...). Di queste ce ne sarà di certo qualcuna che avrà preferito fare la maestra a -che so?- fare l'impiegata alle poste o in qualche ente pubblico o la segretaria in qualche azienda (quindi con una solidissima vocazione per l'insegnamento, si dirà, visto che ha rinunciato a ben altra carriera...). Qualche volta lo spirito materno ha la meglio sul politicamente corretto per cui dovresti salvarti dallo svuotamento della testa (anche se a questo provvederanno alacremente i tuoi genitori affinché tu non ti senta un disadattato, ricordatelo. La solfa è sempre quella: disadattato, se non sei come gli altri sei un disadattato, tienilo bene a mente). Tieni conto che a Natale non festeggerai più il Natale bensì la Festa dell'Inverno (o qualche altra amenità del genere), accenderete le stelle e di Gesù non sentirai mai parlare a scuola (ma che c'entra? Babbo e mamma, da genitori moderni ed acuti dal punto di vista educativo, ti diranno che sono cose che si dicono e che si fanno a casa, come ai tempi in cui gli irlandesi cattolici erano perseguitati dai protestanti inglesi e andavano a dire la messa sulle mass rock in mezzo alle brughiere, o come ai tempi dei cristeros del Messico. All'educazione religiosa ci devono pensare le famiglie, che -messe così- hanno indubbiamente un vigore educativo tutto loro!).

In chiesa potrai trovare una catechista (anche qui quasi sempre di sesso femminile: ma come mai?) che ti spiegherà che Dio è amore (va bene, ma quale Dio? Chi è Dio? Se farai queste domande potresti sentire rispondere che "Dio o Allah o Budda è la stessa cosa, l'importante è credere ed essere sinceri e coerenti". Tu forse dirai in un sussulto di umanità e di logica: "ma cos'è vero? Quale di queste religioni è quella vera?" e forse ti verrà detto che "risposta non c'è/o forse chi lo sa/caduta nel vento sarà". A posto). Sorvoliamo su quello che potrai sentire sull'Eucarestia, sui Quattro Novissimi e sul contenuto del Credo di Nicea-Costantinopoli. Se sei fortunato potresti trovare il prete che, prima di fare la Prima Confessione e la Prima Comunione, giustamente pretenderà di sapere che cosa hai capito e forse ti dirà qualcosa di sano. Mamma e babbo potrebbero saperti dire ben poco perché sono giovani e dovrebbero aver subito la stessa tua sorte. Io no, perché sono troppo vecchio... Poi, fatta la cresima, addio messa (ammesso che tu ci andassi), chiesa e cose del genere, che "si fanno da bambini"... Difficilmente qualcuno ti correrà dietro, "sei libero, è una tua scelta".

A dieci - undici anni ancora dovresti essere un innocente, per quanto molti tuoi coetanei, in nome della "fiducia" (?!?) concessa loro da improvvidi genitori, potrebbero aver passato molte e molte ore su internet ed in televisione già da anni e aver appreso cose che manco tuo padre e tua madre messi insieme (droghe, sesso, satanismi vari, per tacere poi dell'idea che ti sarai fatto dell'amicizia, se come parametro avrai quella di Facebook...), quindi potrebbero trasmetterti il tutto gratuitamente. Qualora tu vivessi ancora nella beata innocenza (ma lo dico sul serio, non con compatimento! L'innocenza è una cosa beata e da non perdere quanto prima, bensì da conservare a spada tratta), i tuoi ti iscriveranno subito ad una bella scuola media (anche qui pubblica, scherziamo? "sono stati nella bambagia fino adesso e tu me li vuoi portare dai preti e dalle suore"...) che avranno scelto dopo uno dei fantastici open day dove tutto è perfetto, svizzero, impeccabile. Lì ne sentirai di cotte e di crude e il cervello, faticosamente preservato sinora, rischierà di subire un processo di fusione e di liquefazione. Imparerai che meno farai, meno ti chiederanno, che saprai se vorrai (sennò, eugeneticamente e darwinisticamente, ti attacchi: se studi perché lo vuoi, va bene, sennò sono cavoli tuoi. E poi, anche se studi, studierai tanto tempo ma poche cose, della cui utilità permettimi di dubitare). Prenderai tanti nove a scuola e i tuoi genitori faranno la ruota, poi ti accorgerai che quelli che proprio manco aprono il libro verranno ugualmente promossi. Per lungo tempo sarai convinto di essere un genio ma forse avrai qualche dubbio. Naturalmente in tutto questo studio non ti venga in mente di preoccuparti dei tuoi amici che non vanno bene a scuola (ammesso che tu ne abbia qualcuno): babbo e mamma ti diranno che non va bene, che non hai tempo, che devi studiare, fare sport, danza, ippica, "socializzare" ma non con questi amici...

Alle superiori avrai questa sorte: se avrai preso una strage di nove alle medie (della cui origine ho già detto...) i professori e i tuoi ti consiglieranno minimo un Liceo Scientifico, ma se vuoi fare bella figura un bel Liceo Classico, che ha ancora la nomina di essere "un posto dove si studia" (poi si lamenteranno o gioiranno, a seconda se buonisti o darwinisti, se "lì si fa competizione")... Sennò a scalare, in base ai voti (vedi sopra...) qualche istituto tecnico fino alle famose scuole professionali: sentirai che a qualche tuo amico che non distingue l'uovo dalla gallina avranno consigliato di andare all'Alberghiero, ad un altro che non distingue la sinistra dalla destra il Professionale per l'Industria e l'artigianato, magari anche con l'indirizzo elettronico - elettrotecnico (perché la sinistra dalla destra no, ma il verde dal rosso dell'interruttore del quadro elettrico sì!). Nel frattempo "farai delle esperienze": quali? Non è importante, l'essenziale (sempre per non essere un disadattato, attento) è farle. Il tutto con metodo e concentrazione. In questo contesto la sbornia e la canna del sabato sera ci stanno, ogni tanto, anche qui "con le regole". Tuo padre e tua madre diranno: "l'abbiamo fatto anche noi alla sua età. E poi che fai? Lo leghi? Si deve pur divertire, studia!" (e sullo studiare abbiamo già detto...). L'acume e il vigore educativo sono sempre più solidi.

Poi l'università! "Che fai, non ti iscrivi? Guarda che senza «pezzo di carta» non si va da nessuna parte!". D'altronde chi non si iscriverebbe ad un bel corso di laurea in tecnologia della penna a sfera? Gli esami lì sono "difficilissimi" e dopo ben tre anni ti fregi del titolo di dottore, un titolo con cui sarai uno degli "emigranti precari che non tornano in Italia ed è un peccato" e che servono a tanti giornalisti e politici per dire qualcosa di estremamente corretto dal punto di vista politico. Anche lì continuerai a fare esperienze: andrai ad abitare in una bella casa piena di maschi e di femmine tutti insieme, sarà un bel tritume ma è tanto di moda ed è "moderno", anzi è "avanti"! Discuterai la tesi di laurea dove parlerai di fantargomenti, ci infilerai una decina di a senz'acca, la sintassi zoppicherà ma forse non se ne accorgerà nessuno e comunque "non è quello che conta".

A questo punto dovresti trovarti "il posto". Fisso, stai attento. Lo sai che non va più di moda, lo dicono tutti, tra un po' anche i sindacalisti più bolscevichi in circolazione. Però proprio per questo è un obiettivo che dal punto di vista di Darwin consoliderebbe le sue rabberciate tesi: è la lotta per la sopravvivenza e vince solo la razza più forte, chi tenacemente persegue l'obiettivo del "massimo rendimento col minimo sforzo". E quando lo avrai trovato potrai dedicarti alla cosa più bella della tua vita: occupare il tempo libero con qualcosa che riscatti il non senso del lavoro.

Mettere su famiglia: se proprio devi, pensaci bene! Non ti legare, cerca i diritti e rifuggi i doveri. Il matrimonio, anche quello civile, è un'anticaglia, non ci devono essere legami di nessun genere, le unioni iniziano e finiscono quando vogliamo noi, durano finché ne siamo soddisfatti. Poi, se hai proprio la malsana idea di sposarti, prima fai un bel periodo di convivenza "così vediamo, facciamo la prova" (ma il tuo futuro coniuge è una potente coupé che devi provare dal concessionario? un bue di cui devi accertare le capacità di traino dell'aratro? Eh, magari...!). D'altronde, dopo il tritume di cui sopra, oramai l'altro sesso non avrà più segreti per te, quindi a che serve il "dopo" quando sono anni che lo si è provato e riprovato? Sui figli non mi ripeto. Poi se decidi di cambiare orientamento sessuale (perché anche questo è possibile, oggi. Non esistono maschi e femmine, esistono almeno cinque gender e non provare a negarlo ché ti denunciano per razzismo...), non c'è problema.

Si può fare tutto, basta volerlo.

Dopo tutto questo percorso a ostacoli cosa troveremo?

Ho volutamente scritto tutto col colore nero, non per pessimismo ma per aver visto con i miei occhi tutto quello che ho appena descritto. Ognuno dei passaggi di questo percorso di guerra (ed è bene pensarlo così, credetemi: non è per niente scontato che le cose vadano tutte per il verso giusto, ed esiste anche colui che questa guerra ce l'ha dichiarata ed è il maligno) contiene una possibilità di bene anzi di Bene (quindi: qualcosa da scrivere non con il color nero ma con l'oro delle tante belle cose che viviamo e facciamo tenendo presente quello che dirò tra qualche riga), che però non è scontato, va riconosciuto e scelto in maniera chiara e decisa e va coltivato e difeso ogni giorno. E' un nostro diritto, per cui tutta questa trafila che abbiamo visto non è obbligatoria: non è obbligatorio fare quello che fanno tutti, ma bisogna pure ricordarsi che è possibile non farlo! Bisogna che qualcuno ce lo ricordi. Non è vero che esistono solo le scuole dove si incontra il primo che capita da cui -come disse Cesare Pavese- "non accetteremmo nemmeno una sigaretta", esistono pure quelle dove tutti gli insegnanti vanno con lo stesso passo verso lo stesso obiettivo, ed il fatto che la gran massa vada da un'altra parte non farà di noi, statene certi, dei disadattati. Forse mantenerci fuori dalla sarabanda farà sì che puntiamo dritti all'obiettivo, e cioè una vita veramente felice e bella. Lo stesso dicasi del nostro tempo libero, del nostro lavoro e delle nostre scelte: è vero che non si vive per lavorare ma è altrettanto vero che l'importante è il vivere prima ancora che il lavorare. Per cui: per cosa viviamo? San Benedetto da Norcia diceva: "nihil amori Christi praeponere", nulla preporre all'amore di Cristo, e dice Gesù nel Vangelo: cercate il Regno di Dio, il resto vi sarà dato in sovrappiù (non c'è scritto: cercate il sovrappiù e il resto vi sarà dato in aggiunta, tanto meno c'è scritto di cercare il posto fisso...).

Sarà forse una strada un po' scoscesa, in salita, ma i frutti li vediamo negli occhi dei santi, nelle nostre città, nelle nostre chiese, nella nostra arte, e vi ricorriamo tutte le volte che vogliamo avere tra le mani qualcosa di Bello e di Vero.

E' uscito Il profilo della ragionevolezza per Lindau!


Eccovi la copertina, cari amici, e ci auguriamo che lo leggiate.

Chesterton è ancora da scoprire, soprattutto qui in Italia, e ha moltissimo da dire in nostro aiuto.


Considerato da molti un vero e proprio manuale del Distributismo, Il profilo della ragionevolezza – pubblicato per la prima volta nel 1926 – è la risposta di Chesterton al fallimento del capitalismo e del socialismo, colpevoli della stessa impersonalità e disumanità. Anziché abbandonarsi a facili pessimismi, l’autore elabora con la consueta verve un’alternativa al vicolo cieco del progresso, perché «centinaia di episodi della storia umana dimostrano che le tendenze possono essere invertite, e che una pietra d’inciampo può diventare il punto di svolta». Rifacendosi alla dottrina sociale della Chiesa cattolica, propone quindi una ricetta quanto mai semplice e ragionevole: fare un passo indietro per poter andare avanti. Ma al di là delle soluzioni pratiche indicate in quest’opera – come fermare l’avanzata del monopolio favorendo i piccoli negozi o come spartire la proprietà delle macchine –, quella invocata da Chesterton è soprattutto la nascita di uno spirito nuovo: un poderoso sforzo della volontà umana per riappropriarsi del potere di indirizzare in qualche misura la propria esistenza. Il profilo della ragionevolezza è così in primo luogo un manifesto contro qualsiasi forma di determinismo (storico, economico, sociale) o comunque di rassegnata accettazione di ciò che sembra (ma non è) inevitabile, quanto mai attuale nel moderno scenario della globalizzazione.

mercoledì 23 febbraio 2011

Chestertoniana 14

Ecco la puntata 14 pubblicata su Il Foglio di oggi: http://www.tracce.it/detail.asp?c=1&p=1&id=20423

L'Editore Cantagalli sull'Unità d'Italia (finalmente qualcuno fuori dal coro!)

NEWSLETTER il fuoco ha da ardere

N°39 del 23 febbraio 2011



L'Italia delle polemiche: 150 anni tra dibattiti e controversie
Newsletter a cura di Mariavera Speciale


novità

L'unità d'Italia, centocinquant'anni 1861-2011Giacomo BiffiL'unità d'Italia, centocinquant'anni 1861-2011. Contributo di un italiano cardinale a una rievocazione multiforme e problematica

Nella variegata moltitudine degli interventi dedicati alla celebrazione di questo importante anniversario, quella del cardinal Biffi è una voce controcorrente che aggiunge un po' di pepe al dibattito sulla storia e sul futuro del nostro paese.
La provocazione lanciata dal cardinale è che se lo Stato italiano, in quanto realtà politica, fino al 1861 non esisteva ancora, lo "spirito della nazione" era innegabilmente riconoscibile: "agli occhi del mondo gli italiani esistevano già da almeno sette secoli", universalmente ammirati per la loro creatività e il loro genio. Nell'arte come nella musica, nell'architettura e in poesia, i modelli italiani venivano osservati con meraviglia, innalzati a esempio di perfezione e bellezza suprema, mentre scienziati, inventori e ingegnosi ricercatori italiani offrivano notevoli contributi alla storia del progresso.
Allora lo si chiamò Risorgimento, ma da che cosa effettivamente dovevamo "risorgere"? Il '700 italiano, a ben vedere, non è stato quel periodo di squallore e desolazione che la parola evocava. Certo l'unità politica ha portato i suoi innegabili vantaggi, ma la frammentazione, a detta del cardinale, non era un fenomeno del tutto negativo in quanto "corrispondeva a un certo genio del nostro popolo". Quali grandi prove di eccellenza hanno dato, invece, gli italiani all'indomani della fatidica data? Le genti italiche finalmente unite sotto l'unico vessillo tricolore, sembrano perdere "un certo smalto" e quell'originalità di pensiero che l'aveva caratterizzate nei secoli precedenti.
Rimane poi il dubbio se il percorso verso lo Stato unitario fu vera rivolta di popolo, e vera unificazione, o piuttosto una conquista piemontese che si limitò, incautamente e precipitosamente, a sottomettere al suo dominio economie, storie e condizioni talmente diverse tra loro da far sì che ancora oggi ne siano evidenti i drammatici frutti. I padri della nazione, legati soltanto dall'evidenza "che nessuno di loro poteva soffrire gli altri tre", non si curarono troppo di dare al popolo la sensazione che si trattasse davvero di un nuovo inizio (per salvare la forma sarebbe bastato che il re d'Italia si imponesse il nome di Vittorio I, ad esempio), né ebbero la saggezza di interpretare come una risorsa le particolarità regionali immaginando una qualche forma di Stato federale.
Ma l'errore più grave commesso da chi si impegnò a costruire l'Italia politica, secondo il cardinale fu quello di ignorare, o meglio, combattere aspramente, l'unico vero collante dello spirito italico: la fede cattolica.
Comunque la si pensi, se gli italiani trovano difficile identificarsi con fierezza nella loro nazione è anche perché, agli albori dell'unità statuale, poco è stato fatto per metterne in risalto la specificità, trasformando così la terra di Dante, Michelangelo e Vivaldi in un "regno di secondo ordine" tutto proteso a riproporre versioni sbiadite di modelli politici e culturali altrui. E di questa "poca lungimiranza" è figlia forse anche una certa esterofilia aprioristica che domina il pensiero comune contemporaneo e non incoraggia certo un dibattito sereno e costruttivo sulla nostra identità.
Solo una cosa forse il cardinal Biffi ha omesso di citare tra ciò che veramente unisce gli italiani di ogni regione e a qualunque latitudine, un segno distintivo del carattere italico odierno: il piacere di polemizzare e discutere su qualunque argomento, anche senza averne le competenze. Anche senza, ad esempio, avere mai letto (o per lo meno sfogliato) un libro di cui si parla.


DAL CAPITOLO III "QUALE RISURREZIONE?": "Credo sia innegabile che alla fine del secolo XVIII le condizioni sociali, politiche, economiche della penisola postulassero qualche trasformazione non superficiale, e qualche rinnovamento fosse auspicabile e necessario.
E va riconosciuto che quanto è avvenuto ha provocato un mutamento profondo nelle strutture pubbliche, nella legislazione, nella vita associata, che oggettivamente va giudicato benefico.
Sotto questo profilo il Risorgimento non può ricevere, entro la lunga storia d'Italia, una valutazione negativa. Ma nella sua denominazione, oltre che nella storiografia più diffusa e, conseguentemente, nella retorica divulgata, si tende a lasciar credere che si sia trattato di una rinascita totalizzante: un passaggio degli italiani dalle tenebre alla luce, se non proprio dalla morte alla vita. Prima del 1860 - si ama supporre - tutto è degenerazione e squallore; dopo il 1860 tutto riprende a fiorire: il termine stesso "risorgimento" insinua o suppone proprio questa amplificazione che invece chiederebbe, a nostro parere, di essere attentamente verificata. Senza disconoscere che in campo politico, sociale e anche economico (almeno per alcune regioni settentrionali) si siano dati effettivi progressi, vorremmo domandarci se si possa anche parlare - in che senso, con quale legittimità e con quale ampiezza - di un "risorgimento&#1 48; culturale, morale e spirituale del nostro popolo, tale da avvantaggiarlo nella stima delle nazioni"
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novità

1861-2011: A centocinquant'anni dall'Unità d'Italia. Quale identità?1861-2011: A centocinquant'anni dall'Unità d'Italia. Quale identita?
A cura di Francesco Pappalardo e Oscar Sanguineti

A centocinquant'anni dalla sua unificazione, l'Italia porta ancora il pesante fardello lasciatoci in eredità dall'epopea Risorgimentale (la "questione cattolica", la "questione istituzionale" e l'irrisolta "questione meridionale"), che spesso la successiva mitizzazione nazionalista ha voluto negare o ignorare del tutto.
La riscoperta dell'identità italiana, invece, passa proprio per un'analisi storica libera da tutte le ideologie, che riconosca le radici profonde di un Paese la cui storia inizia molto prima del 1861.
Rileggendo le pagine del Risorgimento sembra che il disegno dei padri della Nazione fosse "fare l'Italia contro gli italiani", non solo rifiutando ogni forma di federalismo sia politico che sociale (necessario in una realtà così variegata) ma soprattutto decostruendo "il tradizionale ethos italiano radicato nel cattolicesimo" in favore di "un ethos nuovo, progettato a tavolino, modellato sulle presunte caratteristiche delle più avanzate nazioni protestanti europee". L'ethos nazionale italiano di fronte alla modernità mantiene invece, proprio in virtù del suo radicamento nel cattolicesimo, tre elementi che lo distinguono da qualunque altro esprit collettivo: il realismo, la libertà dall'esito e l'universalismo. Nessuna utopica ricerca di una perfezione inarrivabile, ma semplice tensione verso il "meglio possibile", nessuna paura della predestinazione, ma valorizzazione dell'impegno a presc indere dall'esito, e infine, ma non da meno, una apertura all'universale, a una totalità costituita da molte differenze da valorizzare e accogliere. Certo il realismo degli italiani diventa spesso anche scetticismo frenante davanti ai grandi progetti, la libertà dall'esito fatalismo e apatia, e lo stesso universalismo può degenerare in atteggiamenti remissivi e in uno spirito di compromesso a tutti i costi. Questo però non basta a negare lo spirito di un popolo, semmai può diventare il punto di partenza per cercare di stimolarne gli aspetti migliori.
L'idea di unità politica dell'Italia era stata sostenuta da diverse correnti di pensiero che ne intravedevano senza difficoltà i vantaggi e i benefici, ma la forma che assunse, lo stato centralista, non teneva conto della ricchezza rappresentata dalle differenze dell'Italia preunitaria.
Per imporre all'Italia questa nuova veste bisognava stravolgere anche l'ethos del suo popolo, negare la storia e le tradizioni concrete per sostituirle con un modello astratto e utopistico. Lo sforzo "di vestire tutti gli italiani con lo stesso abito di legno" finì però col distruggere tradizioni, culture "e anche economie che - come quella del Regno delle Due Sicilie […] - non erano affatto in rovina prima del 1860". Dopo il Risorgimento così si alimenta il pregiudizio che attribuisce all'ethos cattolico l'arretratezza economica dell'Italia e del Meridione, e si cerca di rimpiazzare l'antico spirito della nazione con altre forme ispirate alle realtà politiche d'oltreconfine, che però non riusciranno mai ad attecchire veramente nell'animo del nostro popolo.
Per "risorgere" pienamente oggi, l'Italia ha bisogno di riscoprire le sue radici e la sua identità, senza pregiudizi né complessi. Scrive nell'introduzione Massimo Introvigne: "[…] la fedeltà all'ethos nazionale - che come ogni tradizione ha bisogno di essere continuamente rimeditata e aggiornata alle esigenze dell'ora presente - è una bussola che può sempre indicare la via, e tenere unita l'Italia in momenti storici particolarmente difficili. Purché non ci si vergogni delle proprie radici, e non si abbia timore di riaffermare la verità secondo cui non si può neppure cominciare a percepire e formulare l'ethos nazionale italiano prescindendo dalla fede cattolica".


DAL SAGGIO DI OSCAR SANGUINETI "RISORGIMENTO E STORIOGRAFIA NON-CONFORMISTA": "Il Risorgimento è uno dei nodi principali - se non il nodo per antonomasia - della storia italiana contemporanea. Momento di svolta e mutamento radicale del modello politico del Paesi, autentico cambio di paradigma della cultura nazionale, è stato oggetto obbligato della ricostruz ione e della riflessione di ognuno dei differenti soggetti culturali e politici, individuali e collettivi - non escluse le numerose generazioni di cittadini a ondate successive ammaestrate al suo culto - che si sono affacciati e avvicendati alla ribalta della vita nazionale dal 1861 ad oggi.
Coerentemente con il carattere di scontro civile e di culture che in ultima analisi il Risorgimento italiano ha assunto e trasmesso come impronta all'Italia contemporanea, questa elaborazione non è mai sfociata in una lettura autenticamente comune e condivisa, o almeno riconosciuta sulle sue grandi linee, ma al contrario si è divisa, se non frammentata, in interpretazioni diverse e spesso contrastanti, quando non antitetiche.
Non tutte le letture però hanno avuto la medesima sorte. […] Dal momento che la versione "canonica" degli eventi del processo risorgimentale era stata eretta a mito fondatore del nuovo Stato nazionale unitario […] violare questo cliché, uscire dall'imperante agiografia, semplicistica o raffinata che fosse, significava essere guardati con sospetto, quasi come potenziali eversori o traditori della patria […]"
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Il testamento biologico è un paralogismo anzi un autogol

Un interessante articolo di Alessandro Gnocchi e Mario Palmaro.

23 Febbraio 2011 - Foglio
Fine Vita
Il testamento biologico è un paralogismo 283 KB



Un aforisma al giorno (lungo ma splendido! Attualissimo!)


"Walter Pater ha detto che noi siamo tutti condannati a morte e che la sola via possibile è di godere momenti squisiti in se stessi. La medesima lezione insegnava la filosofia, così potente e così desolata di Oscar Wilde. E‘ la religione del carpe diem; ma la religione del carpe diem non è la religione di persone felici, bensì di persone molto infelici. La grande gioia non coglie i boccioli di rosa finché può; i suoi occhi sono fissati sulla rosa immortale che Dante poté vedere. La grande gioia ha in sé il senso dell’immortalità; lo stesso splendore della giovinezza risiede nella sensazione di avere tutto lo spazio per distendere le gambe".

Gilbert Keith Chesterton, Eretici

lunedì 21 febbraio 2011

Un aforisma al giorno

"Il fatto che «Dio guardò tutte le cose e vide che erano buone» contiene una sottigliezza che sfugge al normale pessimista, forse troppo frettoloso per farci caso. È la teoria che non esistono cose sbagliate, ma solo modi sbagliati di usare le cose. Se volete, non ci sono cose cattive, ma soltanto cattivi pensieri e soprattutto cattive intenzioni".

Gilbert Keith Chesterton, San Tommaso d'Aquino

Un aforisma al giorno

"Soltanto i calvinisti possono credere veramente che la strada per l’inferno sia lastricata di buone intenzioni. Eppure sono proprio la cosa con cui quella strada non può essere lastricata".


Gilbert Keith Chesterton, San Tommaso d'Aquino

venerdì 18 febbraio 2011

Morganti sta per pubblicare Il ritorno di don Chisciotte

titolo: Il ritorno di Don Chisciotte
autore: Gilbert Keith Chesterton
traduzione di Paolo Morganti

anno: 2011
pagine: 288
ISBN: 978-88-95916-12-5
prezzo: 15.00
stato: uscita prevista marzo 2011


Michael Herne è il meticoloso e solitario bibliotecario di Abbey Seawood. Quando la figlia di lord Ashley, proprietario della tenuta, decide di mettere in scena con alcuni suoi amici una commedia intitolata Blondel il Trovatore, egli si trova costretto a vestire i panni di un re del Medio Evo. Nonostante le poche battute che dovrà recitare, il bibliotecario inizierà un’accurata e trascinante ricerca storica sulla cultura di quel periodo storico. Il guaio si presenterà quando, dopo la recita, Herne, che ha preso troppo sul serio il suo personaggio, si rifiuterà di togliersi il costume da re e deciderà di vivere alla maniera medioevale. Lo scrittore inglese fa di questo personaggio buffo e romantico il suo Don Chisciotte, colui che smette i panni moderni e decide di assumere un’identità di pazzo, in un mondo che sente non appartenergli. Non manca l’alter ego di Sancho Panza, impersonato dal buono, colto e concreto Douglas Murrel. Il libro, per gli argomenti e l’ambientazione, è il seguito ideale del capolavoro di Chesterton, Uomovivo.

mercoledì 16 febbraio 2011

Su Zenit un'intervista ad Annalisa Teggi, traduttrice per Rubbettino di What's Wrong with the World

http://www.zenit.org/article-25600?l=italian

In questo collegamento trovate un'interessante intervista di Gilberto Castrovilla ad Annalisa Teggi, traduttrice per Rubbettino del libro di Chesterton What's Wrong with the World (Cosa c'è di sbagliato nel mondo).

Annalisa Teggi ha partecipato sabato scorso alla trasmissione di Radio Maria "Uomini e letteratura - Incontri alla luce del Vangelo".

The Telegraph parla di Wilfrid Sheed (e di rimbalzo del nostro Gilbert...)

In questo collegamento trovate un articolo di The Thelegraph che racconta la vita dello scrittore Wilfrid Sheed, morto il 19 Gennaio 2011, figlio di Frank Sheed e Mary Ward, amici di Chesterton e Belloc (anzi, Mary Ward è stata la prima e, se permettete, più importante biografa di Chesterton con i due volumi "Chesterton" e "Return to Chesterton"), fondatori ed animatori della casa editrice Sheed & Ward.

Wilfrid Sheed ebbe come padrino Chesterton. Nell'articolo ci sono degli interessanti accenni alla vita dei genitori (padre australiano convertito al cattolicesimo dal metodismo, madre cattolica il cui nonno si convertì al cattolicesimo per l'amicizia che ebbe con il beato John Henry Newman).

Tra i suoi titoli: A Middle Class Education (1960), The Hack (1963), Frank and Maisie (1985), My Life as a Fan (1993), In Love With Daylight: A Memory of Recovery (1995), The House that George Built: With a Little Help From Irving, Cole and a Crew of About Fifty (2007).

L'articolo è (of course!) in inglese.

Trasmissione su Radio Maria

Cari Amici,
a gentile richiesta di alcuni di voi che hanno perso la trasmissione di sabato sera su Radio Maria , mettiamo a vostra disposizione il file audio della puntata del 12 Febbraio 2011 di " Uomini e letteratura - Incontri alla luce del Vangelo ", condotta da Alessandro Gnocchi e con la partecipazione di Fabio Trevisan , Annalisa Teggi e Marco Sermarini .
La trasmissione naturalmente parlava di Chesterton e sono stati toccati La Ballata del Cavallo Bianco e Cosa c'è di sbagliato nel mondo .

martedì 15 febbraio 2011

Benedetto, Chesterton e Charlie Sheen...

http://fullcomment.nationalpost.com/2011/02/12/father-raymond-j-de-souza-charlie-sheens-search-for-god/

Padre Raymond De Souza, columnist canadese, parla di Chesterton, Papa Benedetto e Charlie Sheen...

Un bel brodetto...

Bomba demografica?

http://www.forumfamiglie.org/allegati/rassegna_20824.pdf

Ancora la storia della bomba demografica.

Chesterton sa ancora cosa dire a proposito di queste favole.

Il distributismo ha una risposta. A noi metterla in pratica.

Rassegna stampa del 15 Febbraio 2011


15 Febbraio 2011 - Avvenire
Adozione E Affido
La Cassazione preme sul Parlamento
 <http://www.forumfamiglie.org/allegati/rassegna_20833.pdf> 433 KB
15 Febbraio 2011 - Agi
Adozione E Affido
Deriva che ignora il bene del minore
 <http://www.forumfamiglie.org/allegati/rassegna_20832.pdf> 36 KB
14 Febbraio 2011 - Apcom
Adozione E Affido
:: Priorità è il bene dei bambini
<http://www.forumfamiglie.org/allegati/rassegna_20831.pdf> 35 KB
14 Febbraio 2011 - SIrQuotidiano
Adozione E Affido
:: Belletti: il diritto dei bambini al primo posto
<http://www.forumfamiglie.org/allegati/rassegna_20835.pdf> 39 KB
15 Febbraio 2011 - Sole24ore
Adozione E Affido
Cassazione: adozione leggera per i single
<http://www.forumfamiglie.org/allegati/rassegna_20829.pdf> 184 KB
15 Febbraio 2011 - CorrieredellaSera
Adozione E Affido
Cassazione: adozione anche per i single
<http://www.forumfamiglie.org/allegati/rassegna_20828.pdf> 482 KB
15 Febbraio 2011 - CorrieredellaSera
Adozione E Affido
C'è famiglia senza coppia?
<http://www.forumfamiglie.org/allegati/rassegna_20827.pdf> 378 KB
15 Febbraio 2011 - Repubblica
Adozione E Affido
Giovanardi: già troppe coppie in attesa
<http://www.forumfamiglie.org/allegati/rassegna_20826.pdf> 90 KB
15 Febbraio 2011 - Repubblica
Adozione E Affido
Griffini:i tempi sono maturi
<http://www.forumfamiglie.org/allegati/rassegna_20830.pdf> 97 KB
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Società Chestertoniana Italiana
Via San Pio X, 4/C
63039 San Benedetto del Tronto (AP)
http://uomovivo.blogspot.com
C.F.: 91022790447 ccp 56901515
"Quando vale la pena di fare una cosa, vale la pena di farla male"
(G.K. Chesterton)

Chestertoniana n° 13 e Tempi


«God bless America». La dichiarazione d'amore di Chesterton agli Stati Uniti "paese nuovo ma con più tradizione di noi" http://www.tracce.it/detail.asp?c=1&p=1&id=20253

Da Il Foglio.

Inoltre sul settimanale Tempi oggi in edicola trovate la recensione di Ciò che non va nel mondo, edizioni Lindau.

Grazie della segnalazione, Maria Grazia Gotti e Giuseppe De Dominicis.

lunedì 14 febbraio 2011

Abbiamo amici occhiuti che ci suggeriscono dove trovare GKC! Grazie!

Cari Amici,
rieccomi, grazie per gli avvisi. (...).
Su Tempi di questa settimana c'è la recensione del libro di Chesterton  "Ciò che non va nel mondo". Su Tracce di febbraio nella rubrica "Segnalibro" Javier Prades presentando il libro intervista al Papa "Luce del mondo", inizia con una lunga citazione di Chesterton: "Non pensavo di diventare cattolico più di quanto non pensassi di diventare cannibale: Mi limitavo a supporre che anche i cannibalivanno trattati con giustizia...ma con la Chiesa cattolica è impossibile essere soltanto giusti. Nel momento in cui tentano di attaccarla, se ne sentono attratti...". Il nostro amico Gilbert la dice lunga su certi argomenti perchè ne ha fatta esperienza sulla sua pelle!!  

Buon lavoro 
Crislamanna di Palermo

Youcat, Benedetto XVI e Chesterton, grazie a Paolo Pegoraro...

http://www.labussolaquotidiana.it/ita/articoli-youcat-il-catechismoattira-pi-di-un-giallo-923.htm

Da La Bussola Quotidiana, il nostro Paolo Pegoraro ci parla di Youcat, del Papa e di Chesterton...

Bello!

domenica 13 febbraio 2011

Da Il Giornale - Il Papa e i bambini rom carbonizzati

domenica 13 febbraio 2011, 13:25

Il Papa ricorda i bimbi rom carbonizzati: "Con società più fraterna non sarebbe successo"

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Benedetto XVI nella preghiera dell'Angelus ricorda i quattro bimbi rom morti carbonizzati nella loro baracca e dice: "E' doveroso domandarci se si sarebbe potuto evitare questa tragedia se la nostra società fosse più solidale" 


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Roma - È "doveroso domandarci" se si sarebbe potuta evitare la morte dei quattro bimbi rom, arsi vivi domenica scorsa a Roma, se la nostra società fosse più solidale e fraterna". Con queste parole pronunciate durante la preghiera dell'Angelus, il Papa ricorda la tragedia che è accaduta nella Capitale domenica scorsa nel quartiere Appio. Mentre lo fa, in piazza San Pietro è presente tutta la famiglia dei bimbi morti carbonizzati. I genitori dei quattro piccoli rom "hanno pianto quando il Papa ha ricordato i loro figli, e sono stati molto contenti per le sue parole", ha raccontato Paolo Ciani, responsabile della Comunità di Sant'Egidio per i rom e i sinti, che ha accompagnato l'intera famiglia dei piccoli nomadi defunti - genitori, fratelli, zii e cugini - in piazza San Pietro.

La frase di San Paolo Il Papa ricorda i quattro bambini facendo riferimento a una frase di San Paolo "Pienezza della Legge è la carità" e dice che questo tragico episodio "impone di domandarci se una società più solidale e fraterna, più coerente nell'amore, cioè più cristiana, non avrebbe potuto evitare tale tragico fatto. E questa domanda vale per tanti altri avvenimenti dolorosi, più o meno noti, che avvengono quotidianamente nelle nostre città e nei nostri paesi". Benedetto XVI ricorda poi che "la novità di Gesù consiste, essenzialmente, nel fatto che Lui stesso riempie i comandamenti con l'amore di Dio, con la forza dello Spirito Santo che abita in Lui. E noi, attraverso la fede in Cristo, possiamo aprirci all'azione dello Spirito Santo, che ci rende capaci di vivere l'amore divino. Perciò ogni precetto diventa vero come esigenza d'amore, e tutti si ricongiungono in un unico comandamento: ama Dio con tutto il cuore e ama il prossimo come te stesso".  

Veglia Ieri sera nel campo rom abusivo dove una settimana fa è divampato il rogo, si è svolta una veglia di preghiera organizzata dai genitori dei piccoli morti. Erdei Mircea, il padre delle vittime, ha annunciato che le salme dei figli saranno portate in Romania la prossima settimana. Nel quartiere romano di Bravetta ieri sono comparse scritte razziste contro i rom.