Alla ricerca di una citazione per un caro amico, ho ancora una volta fatto prendere aria alla cara vecchia edizione dell'Autobiografia di Chesterton tradotta e introdotta da mons. Alberto Castelli (Istituto di Propaganda Libraria, che tra l'altro pubblicò anche una validissima traduzione del San Francesco d'Assisi). Mons. Castelli (1907 - 1971) fu arcivescovo, traduttore, letterato, recensore di numerose opere di letteratura inglese. Ne abbiamo parlato in diverse occasioni negli ultimi anni, proprio per ridestarne la memoria e farne conoscere bravura, capacità, profondità di intuizione anche a proposito del nostro Chesterton.
Per questo ritengo giusto riproporre l'Introduzione all'Autobiografia del Nostro Eroe: semplice ma profonda, cita i passaggi essenziali della vita del giornalista inglese che più amiamo, dimostra la profonda conoscenza della storia dell'uomo e dei suoi ammiratori, offre spunti di riflessione non comuni pur nella sua brevità. Inoltre lo stile della traduzione che mons. Castelli produrrà è asciutto e vivo, tuttora validissimo e piacevole. Personalmente è quella che preferisco.
Non mi dilungo: qui sotto trovate diversi post che lo riguardano e che vi consiglio di leggere.
Qualora vi fosse chi, avendone diritto, non volesse che quest'opera venisse pubblicata in questo luogo, siamo pronti a rimuoverla al minimo cenno.
Marco Sermarini
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Due parole su una vecchia edizione dell'Autobiografia di Chesterton:
https://uomovivo.blogspot.com/2023/01/due-parole-su-una-vecchia-edizione.html
Un breve ricordo di mons. Alberto Castelli:
https://uomovivo.blogspot.com/2021/08/un-breve-ricordo-di-mons-alberto.html
Ancora su mons. Alberto Castelli - La sua prefazione a Le Lettere di Berlicche di C. S. Lewis:
https://uomovivo.blogspot.com/2021/08/ancora-su-mons-alberto-castelli-la-sua.html
Il necrologio di mons. Alberto Castelli da parte della Conferenza Episcopale Italiana apparso su l'Osservatore Romano:
https://uomovivo.blogspot.com/2023/01/il-necrologio-di-mons-alberto-castelli.html
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Il discorso su Chesterton cade ancora, in questo nostro tempo, ma capita di sentir dire che egli non è più di moda.
E, se ricordo bene, qualche anno fa, in una veneranda assemblea, un personaggio pieno di meriti, ha citato una delle sue pagine (tra le piú belle, dove descrive il trionfo della «selvaggia verità» sulle eresie: una pagina scritta quando non si era ancora convertito, e precisamente in Ortodossia) dicendo che cose del genere ormai non hanno più valore.
Ritengo che, sotto un certo aspetto, gli amici dell'Istituto di Propaganda Libraria, nel decidere di ripubblicare la traduzione della sua Autobiografia, uscita per la prima volta nel 1937, a un anno dalla sua morte, pensassero la stessa cosa: cioè che Chesterton non è di moda. Questi amici dunque hanno forse pensato così: Chesterton non è di moda, non è un pensatore, non è uno scrittore che segue la moda: lo si vede dal contenuto dei suoi pensieri e dallo stile della sua lingua; dunque facciamo ancora dono di questo suo libro agli uomini del nostro tempo, i quali vedranno che la sua fatica e la sua gioia nel pensare e nello scrivere, non sono cose che passano come e con la moda, ma ricchezze che durano per tutti i tempi; vedranno che esse non disprezzano ciò che è moderno, e si preoccupano anche del nostro tempo, perché non sarà difficile scorgere come le sue pagine sono state riempite con nella mente un pensiero che non ricordo più in quale di esse egli ha espresso: ogni tempo ha i suoi nuovi problemi, e nuovi problemi ha il nostro tempo, ma le risposte agli interrogativi dei nuovi tempi sono sempre le vecchie risposte.
Un discepolo e ammiratore di Chesterton scriveva, nella prima delle Lettere di Berlicche, al giovane diavolo che era alle sue prime armi nel tentativo di dannare un'anima: « Il tuo giovanotto è stato abituato, fin da ragazzo, ad avere nella testa una dozzina di filosofie irriconciliabili tra loro, che danzano insieme allegramente. Non considera le dottrine come, in primo luogo, 'vere' o 'false', ma come accademiche o 'pratiche', 'superate' o 'contemporanee', 'convenzionali' o 'audaci'. Il gergo corrente, con la discussione, è il tuo alleato migliore per tenerlo lontano dalla Chiesa. Non perder tempo nel tentare di fargli pensare che il materialismo è vero! Mettigli in mente che è forte, o robusto, o coraggioso, che è filosofia del futuro. E' di questo che si preoccupa.Il male della discussione è che essa convoglia tutta la lotta sul terreno del Nemico (Dio)».
Tutta la vita di Chesterton non è stata che una interminabile discussione, con qualche pausa di puro umorismo, in versi o in prosa. E nella discussione egli seguì sempre la regola che qualche anno fa soltanto gli uomini sembrarono aver scoperto come una novità, mentre non è poi tanto nuova, anche se non l'hanno sempre praticata. Molte volte, infatti, essi si sono comportati secondo quanto cantò Pascarella nel suo sonetto «Li princípi». Dice che gli avevano sempre insegnato che bisogna fare distinzione fra l'uomo e le idee, e che egli infatti, Pascarella, si era costantemente attenuto a questa regola, e aveva sempre rispettato le idee, e, naturalmente, cazzottato l'uomo!
Per Chesterton le opinioni non sono senz'altro da rispettarsi: il primo rispetto che si deve loro dare è quello di prenderle in considerazione, di studiarle, e di accettarle se sono vere; ma di ucciderle se non lo sono. Nel campo morale è la stessa cosa. Carità significa «perdonare azioni imperdonabili e amare persone non amabili». Il Cristianesimo «venne in modo sorprendente con una spada, e divise una cosa dall'altra: divise il delitto dal delinquente. Si deve perdonare al delinquente settanta volte sette. Al delitto non si deve perdonare mai».
Ecco due esempi del modo con il quale egli trattava con i suoi oppositori, con coloro con i quali era in divergenza totale. Qui, nell' Autobiografia, si troverà il ritratto di Bernard Shaw, dove Chesterton, dopo aver detto di aver disputato violentemente con lui per venti anni, «intorno alle cose piú sacre e piú delicate», raggiunge il punto culminante con queste parole: «Bernard Shaw appare sotto il suo aspetto migliore quando si presenta come antagonista. Potrei dire che si presenta sotto il suo aspetto migliore quando ha torto. Potrei anche aggiungere che generalmente ha torto. O piuttosto in lui tutto è sbagliato, tranne lui stesso ». E' difficile dire meglio a una persona che il suo cuore è migliore delle sue idee; che la sua anima, pur costretta nell'errore, è capace e degna di cose piú grandi: dell'infinita grandezza della verità.
Un'altra testimonianza dell'umanità e della giustezza di Chesterton come perfetto polemista, viene da G.H. Wells, un uomo tanto lontano da lui nelle idee quanto si poteva essere, e che pure, dopo aver letto la recensione di un suo volume, gli mandò questo biglietto, nel dicembre del 1933:
«Caro vecchio G.K.C., uno stralcio della Illustrated London News mi ha raggiunto con un augurio di Natale. Se, dopo tutto, la mia Ateologia dovesse dimostrarsi errata e la vostra Teologia giusta, penso di poter sempre ottenere un passaggio in Cielo (qualora lo desiderassi) come amico di G.K.C. Siate benedetto».
Ecco come in questa nostra età che è cominciata con l'arricciare il naso contro la polemica (praticamente con il polemizzare contro la polemica), e con l'affermare che non si deve più condannare, e che continua placidamente a non condannare condannando tutti e tutto, la rilettura di Chesterton non sarà tempo sprecato.
I contestatori in buona fede potrebbero imparare da lui la distinzione fra contestazione, polemica, e discussione; potrebbero trovare da meditare, per ben discernere i «segni dei tempi», ad esempio, su alcune frasi come quelle che si trovano in un suo saggio su «Lo spirito dell'età nella Letteratura», dove egli incomincia con il far osservare che « lo spirito dell'età non è uno spirito perché, per definizione, non è immortale »; e conclude con il dire che « in quanto lo spirito dell'età è soltanto spirito dell'età e non lo spirito delle età, è uno spirito che evapora velocissimamente, e forse in modo più veloce là dove sembrava particolarmente pungente e forte».
«Ai nostri giorni», continua, «Byron e Swinburne ci sono proprio andati alla testa; ma, a voler giudicare dalla critica corrente, essi han lasciato molti con poco più di un dolore di testa».
Nell'Autobiografa non si troverà, naturalmente, il seguente episodio accaduto nei giorni della sua morte. Il Papa mandò, per mezzo del Segretario di Stato Cardinale Pacelli, un telegramma di condoglianza al capo della Gerarchia in Inghilterra.
Pio XI prega e piange la morte di colui che chiama « devoto figlio della Santa Chiesa, difensore ricco di doti della Fede Cattolica». Era la seconda volta che un Papa dava il titolo di "Difensore della Fede" ad un inglese. I giornali laici non vollero pubblicare per intero il telegramma del Santo Padre, perché dava a un suddito un titolo che spetta al re d'Inghilterra.
Se Chesterton fosse stato ancora capace di gioia terrena, si sarebbe tutto commosso in un «terremoto di riso», la sua cordialità sarebbe scoppiata in una «risata simile a un tuono».
Il titolo di "Difensore della Fede" che Leone X aveva concesso ad Enrico VIII, era stato un gesto di quella moda che chiamava altri sovrani "Re Cristianissimo", "Re Cattolicissimo".
Dare lo stesso titolo a Chesterton era un riconoscimento che richiamava la canonizzazione di San Giovanni Fisher e San Tommaso Moro proclamate l'anno precedente dal medesimo Pontefice Pio XI: non era un gesto che concedeva alla moda ma riconosceva meriti di valore permanente.
ALBERTO CASTELLI