venerdì 31 dicembre 2010
Newman dalla penna del nostro Angelo Bottone sull'Agenzia SIR
Due aspetti del neo-beato sono stati sottolineati nel discorso alla Curia, la riflessione sulla coscienza e le sue conversioni. L'intera vita di Newman è stata un cammino di conversione guidato dalla coscienza intesa nel duplice senso di capacità di riconoscere il bene e spinta a compierlo. "Coscienza è capacità di verità e obbedienza nei confronti della verità", ha ricordato Benedetto XVI e, pertanto, impone a tutti "il dovere di incamminarsi verso la verità, di cercarla e di sottomettersi ad essa laddove la incontra". Coscienza e conversione sono strettamente legate perché l'una indica la strada all'altra.
Nel Saggio sullo sviluppo della dottrina cristiana, scritto proprio nel periodo che ha preceduto il suo accoglimento nella Chiesa cattolica, Newman scriveva che vivere è cambiare ed essere perfetti è aver cambiato spesso. La verità ci è data a conoscere nella storia e questa conoscenza si compie necessariamente attraverso uno sviluppo. Ma come distinguere lo sviluppo autentico di una dottrina da una sua deviazione? Questa domanda aveva per il teologo inglese una valenza non solo teoretica ma esistenziale, infatti il grande amore per la verità lo stava portando a mettere in discussione la Chiesa anglicana nella quale era cresciuto e che si era impegnato a servire. La stessa domanda, d'altronde, se la pone chiunque si trovi a far conto con il tempo che passa e, esaminando la propria coscienza, si chiede se ci sono stati nella propria vita dei miglioramenti, una trasformazione positiva.
Come risposta Newman elaborò una sua teologia della storia, formulando dei criteri con i quali poter operare una distinzione tra sviluppi dottrinali autentici e distorsioni. Quello che è forse il suo maggiore contributo alla teologia gli provocò però incomprensioni e diffidenze. Infatti il difficile equilibrio, discusso in diverse opere, tra la necessità di cambiare e il pericolo di tradire le proprie origini, toccava il cuore stesso della fede cristiana, attirando il sospetto di quanti non erano abituati al suo argomentare. Come ha ricordato Benedetto XVI nel discorso alla Curia Romana, "nella teologia cattolica del suo tempo, la sua voce a stento poteva essere udita. Era troppo aliena rispetto alla forma dominante del pensiero teologico e anche della pietà. Nel gennaio del 1863 scrisse nel suo diario queste frasi sconvolgenti: 'Come protestante, la mia religione mi sembrava misera, non però la mia vita. E ora, da cattolico, la mia vita è misera, non però la mia religione'. Non era ancora arrivata l'ora della sua efficacia. Nell'umiltà e nel buio dell'obbedienza, egli dovette aspettare fino a che il suo messaggio fosse utilizzato e compreso".
Grazie alla beatificazione, il 2010 ha visto una riscoperta di Newman. Quale messaggio per il futuro ci ha consegnato? Egli è stato definito uno dei padri del Concilio Vaticano II e può ancora oggi illuminare la Chiesa postconciliare nell'affrontare il problema di come riconoscere e preservare l'essenziale senza trascurare il sempre necessario aggiornamento. Dalla vita del beato Newman possiamo trarre due insegnamenti fondamentali: l'amore per la verità e il coraggio di seguirla ovunque si mostri, anche a costo di rompere con la propria tradizione.
Newman però parla oggi non solo alla Chiesa o ai teologi ma anche ai singoli fedeli. L'inizio dell'anno è sempre tempo per nuovi buoni propositi. Quale migliore proposito possiamo darci se non quello della conversione del cuore, seguendo l'esempio del neo-beato? Ascoltiamolo, nelle parole di un sermone predicato nel periodo anglicano, dal titolo La testimonianza della coscienza: "Cos'è quindi quello che manca a noi, che professiamo la religione? Lo ripeto: ci manca la disponibilità ad 'essere cambiati'. La disponibilità a sopportare (se posso usare questa parola) che Dio onnipotente ci cambi. Non ci piace abbandonare il nostro vecchio io e, in tutto o in parte, nonostante ci sia offerto gratuitamente, rimanendo attaccati al nostro modo di vedere e di agire. Ma quando qualcuno si rivolge a Dio per essere salvato, secondo me, l'essenza della vera conversione è consegnare se stessi, senza riserve, senza condizioni. Questa però è un'affermazione che molte persone che si volgono a Dio non riescono ad accettare. Desiderano essere salvate, ma a modo loro; desiderano arrendersi alle loro condizioni, portar via con sé i propri beni; il vero spirito di fede, al contrario, porta una persona a staccare lo sguardo da se stessa, per volgerlo verso Dio, la porta a non preoccuparsi dei propri desideri, delle proprie abitudini, della propria importanza o dignità, dei propri diritti o opinioni, fino a poter sinceramente dire: 'Parla, o Signore, perché il tuo servo ti ascolta' (1 Sam 3,9). Il profeta Isaia dice: 'Eccomi, manda me!' (Is 6,8). E ancora più pertinenti sono le parole di san Paolo quando fu fermato sulla via di Damasco, dalla visione miracolosa: 'Signore, che cosa vuoi che io faccia?' (At 22,10). Questa è la vera voce di chi si consegna totalmente: 'Signore, che cosa vuoi che io faccia? Conducimi secondo la tua volontà; comunque sia, piacevole o dolorosa, io la farò'".
giovedì 30 dicembre 2010
I tre strumenti di morte il libro eBook di Gilbert Keith Chesterton edito da Alphaville Edizioni Digitali - Altre novità digitali
In questo collegamento trovate quello che ad oggi è il primo ebook di Chesterton edito in Italia, ad opera di Alphaville Edizioni Digitali.
Il collegamento è col sito di BOL.
Come vedete, Chesterton suscita molto interesse anche nelle nuove forme di editoria.
Per i Mac addict, segnaliamo l'esistenza della app iBook per iPhone e iPad con la quale è possibile scaricare quasi sempre gratuitamente testi in lingua originale di Chesterton.
Entrando poi in iTunes, esistono ebook di Chesterton in lingua originale.
Da La Bussola Quotidiana
mercoledì 29 dicembre 2010
Ecco chi ha scritto del Cavallo Bianco
Andate a vedere questo collegamento e scoprirete chi è Giacomo Berchi, che abbiamo riscoperto come nostro grande amico e lettore del nostro blog.
Gli facciamo i nostri complimenti per quello che ha scritto e gli diciamo di continuare così.
Visitate il suo blog.
E, caro Ser Jacques, saluti a casa!
Anche L'Eco del Santuario di Oropa si interessa a Chesterton!
Il Santuario è retto dal can. Michele Berchi che apprezza Chesterton.
Bravissimo.
Anzi, bravissimi tutti!
martedì 28 dicembre 2010
Tracce richiama Chesterton in un articolo sul card. Rouco Varela
In questo recente articolo di Tracce, mensile di Comunione e Liberazione, si parla del recente avvenimento che in Spagna ha riguardato il card. Rouco Varela.
Inizia con un appropriato richiamo a Chesterton.
Dal prof. Carlo Bellieni
J'ACCUSE/ Pillole, malattie e gravidanze: chi chiederà scusa per le "bugie" del 2010?
December 27th, 2010 IL SUSSIDIARIOFinisce un 2010 di falsi allarmi e di crisi sottovalutate; e tutto questo non per pura casualità, ma per un clima culturale omologante che intorbidisce l'aria, come succedeva, con note diverse, cinquant'anni fa.
In una nota canzone ("What did you learn at school today?") il grande Pete Seeger, maestro di Bruce Springsteen, diceva: "Cosa hai imparato a scuola oggi, bambino mio?" e il bambino rispondeva le frasi stereotipate della cultura di allora, suscitando le risate nella vastissima platea: "Ho imparato che Washington non diceva mai bugie / che i soldati muoiono solo qualche volta / che tutti siamo liberi / che i nostri leader sono le persone migliori / che tutti pagano per i loro crimini, anche se ogni tanto ci sbagliamo a giudicarli / Ho imparato che la guerra non è così male / Questo ho imparato oggi a scuola!". Era il 1960 e negli USA si lottava contro la segregazione razziale e la pena di morte.
E oggi? Nell'anno 2010 abbiamo avuto un florilegio almeno in campo medico e bioetico, di una cultura appiattita, monotona, pesante. Potrebbe dire così un lettore dei giornali di oggi: "Ho imparato che ogni anno c'è un'epidemia che distruggerà il mondo anche se poi tutte fanno meno morti di un'influenzetta / che fare figli a 50 anni è come farli a 20 / che è amore dare la cicuta al suicida / che i feti non sentono dolore perché dormono / che il mondo sarà distrutto dal surriscaldamento / che la neve che vedo fuori della finestra è neve ora che Bush se ne è andato, ma finché governava Bush era lava vulcanica e sabbia del deserto / che è giusto premiare col Nobel una ricerca di 30 anni fa ma molto quotata dalla cultura dominante mentre i giovani ricercatori non hanno fondi / che il mondo si è creato da sé anzi lo ha creato la forza di gravità / che la forza di gravità non può essersi creata da sé ma questo non importa / Ecco cosa ho imparato oggi!".
Dite se non avete sentito tutti queste notizie, se queste hanno avuto un serio dibattito, o se sono state generosamente elargite come verità rivelata. Abbiamo la coscienza di quanto terrore venga profuso da tanti giornali nella vita di tutti i giorni, su probabili fini del mondo, su crisi annunciate, su tragedie personali spettacolarizzate e rese attrazione? Quanta faciloneria nel trattare i temi della medicina, dove non si spiegano i rischi delle "novità politicamente corrette" come la diagnosi preimpianto, le pillole abortive, le gravidanze rimandate troppo! E quanto silenzio sulla bellezza della vita prenatale, della maternità che nelle pubblicità vale meno di un paio di scarpe, delle persone con handicap e di chi le assiste.
Ora vogliamo sentirci dire: "Abbiamo sbagliato!". Ci farebbe piacere come regalo di Natale e proposito di fine anno. I nostri figli, noi stessi, le persone malate, tutti lo aspettiamo con ansia. Per tutto questo, per le paure provocate, per i rischi sottovalutati, per i vagoni di relativismo etico riversati sulle nostre teste… cari giornalisti che ce le avete propinati nel 2010, chiedeteci almeno scusa!
Macworld consiglia La Ballata del Cavallo Bianco
In questo collegamento dal sito degli amanti del Mac (e l'Uomo Vivo, per la cronaca, è uno di essi...) si parla pure de La Ballata del Cavallo Bianco, giustamente lodata.
Anche noi della SCI condividiamo questo giudizio e la bellissima traduzione della nostra amica Annalisa Teggi.
lunedì 27 dicembre 2010
Papa: i bimbi vogliono un babbo e una mamma
Violenze sui discepoli di Cristo "In questo tempo del Santo Natale, - ha detto il Papa - il desiderio e l'invocazione del dono della pace si sono fatti ancora più intensi. Ma il nostro mondo continua a essere segnato dalla violenza, specialmente contro i discepoli di Cristo. Ho appreso con grande tristezza - ha aggiunto - l'attentato in una chiesa cattolica nelle Filippine, mentre si celebravano i riti del giorno di Natale, come pure l'attacco a chiese cristiane in Nigeria. La terra si è macchiata ancora di sangue in altre parti del mondo come in Pakistan. Desidero esprimere il mio sentito cordoglio per le vittime di queste assurde violenze, e ripeto ancora una volta l'appello ad abbandonare la via dell'odio per trovare soluzioni pacifiche dei conflitti e donare alle care popolazioni sicurezza e serenità. In questo giorno in cui celebriamo la santa famiglia, che visse la drammatica esperienza di dover fuggire in Egitto per la furia omicida di Erode, - ha proseguito Benedetto XVI - ricordiamo anche tutti coloro - in particolare le famiglie - che sono costretti ad abbandonare le proprie case a causa della guerra, della violenza e dell'intolleranza. Vi invito, quindi, ad unirvi a me nella preghiera per chiedere con forza al Signore che tocchi il cuore degli uomini e porti speranza, riconciliazione e pace".
Un bimbo ha bisogno di un padre e una madre La nascita di un bambino "non è un mero atto riproduttivo", e un bimbo ha bisogno non tanto di "comodità esteriori", quanto piuttosto dell'"amore di un padre e di una madre" e del "calore di una famiglia". Lo ricorda il Papa nell'Angelus recitato dalla finestra del suo studio su piazza San Pietro. E' questo, ha detto Benedetto XVI, che dà ai piccoli "sicurezza" e che, "nella crescita, permette la scoperta del senso della vita".
sabato 25 dicembre 2010
Ancora sulla "santità" di Chesterton
Un articolo del Catholic Herald inglese parla di Chesterton come "santo della blogosfera".
Un aforisma al giorno (bellissimo!)
Gilbert Keith Chesterton, Natale 1910
Anche Frances Chesterton, neé Blogg, scriveva...
venerdì 24 dicembre 2010
Buon Natale chestertoniano!!!
Ma cosa sono queste parole, chi le ha dette, cosa vogliono dire?
Sono i sinonimi con cui il nostro caro Chesterton chiama il Natale di Nostro Signore Gesù Cristo.
Per cui Buon Natale a tutti voi!
giovedì 23 dicembre 2010
Iraq: niente Messa di mezzanotte a Baghdad, Mosul e Kirkuk
Catechesi sospese, chiese senza decorazioni natalizie
BAGHDAD, mercoledì, 22 dicembre 2010 (ZENIT.org).- Dopo l'attentato alla Cattedrale di Nostra Signora del Perpetuo Soccorso e gli omicidi di cristiani, non ci saranno Messe di mezzanotte né a Baghdad, né a Mosul o a Kirkuk.
Lo ha annunciato l'Arcivescovo di Kirkuk dei caldei, monsignor Louis Sako, in una testimonianza diffusa dall'agenzia AsiaNews.
"Per questioni di sicurezza, le chiese non avranno addobbi e decorazioni e le Messe si celebreranno solo con la luce del giorno e con la massima sobrietà", ha spiegato.
L'Arcivescovo iracheno ha sottolineato che tra i cristiani regna "uno stato di tristezza e lutto perenne".
"La preoccupazione è grande per il futuro dei giovani che da due mesi ormai non possono frequentare l'università – ha osservato –. Stesso stato d'animo per le numerose famiglie rifugiate al Nord, costrette a pensare a un futuro basandosi su un concreto niente".
"Da parte del Governo non ci si aspetta nulla di rassicurante sul fronte della difesa dei cristiani: la leadership è troppo occupata nella formazione del nuovo esecutivo".
Monsignor Sako si è poi riferito alla vita a Kirkuk, dove "la sicurezza è un po' migliore che nella capitale", anche se si verificano comunque "rapimenti e minacce".
"Per questo abbiamo deciso, per la prima volta dopo sette anni dall'inizio della guerra, di non celebrare la Messa durante la notte, di non fare festa: non ci sarà Babbo Natale per i bambini, non ci saranno cerimonie per gli auguri ufficiali con le autorità".
"Sono già sei settimane che non celebriamo Messe per mancanza di sicurezza – ha lamentato –. Celebriamo solo nella tarda mattinata e il sabato nel pomeriggio".
"Per il momento abbiamo fermato anche la catechesi. Non abbiamo diritto di mettere a rischio la vita della gente".
Anche se "ci sono guardie davanti a tutte le parrocchie", "il problema è quando si esce in fila in strada".
"I cristiani sono un obiettivo facile – ha denunciato –. Anche in questo Natale, nonostante tutto, pregheremo per la pace. Aiuteremo le famiglie povere di Kirkuk e Soulaymania: finora qui sono arrivate 106 famiglie da Baghdad e Mosul".
Riferendosi all'omelia che pronuncerà nel giorno di Natale, il presule ha affermato che insisterà "sui problemi, gli scontri e le paure sulla terra degli uomini, dove però il Natale porta un messaggio di speranza".
"Per noi iracheni Natale, speranza e gioia sono legati a dolore e martirio", ha aggiunto.
"Se vogliamo essere cristiani e se accogliamo il Natale e il suo messaggio, dobbiamo essere veri artigiani della pace, della concordia fra i nostri fratelli e sorelle irachene", ha concluso.
Chestertoniana di Edoardo Rialti oggi su Il Foglio
Puntata decisamente natalizia, dunque.
mercoledì 22 dicembre 2010
Dal prof. Carlo Bellieni - Tante cose interessanti
Il riconoscimento delle parole nei soggetti in stato vegetativo, mostrato con la risonanza magnetica
Il riconoscimento d
AttraAA
Attraverso la risonanza magnetica si può entrare in contatto con i pensieri delle persone in stato vegetativo.
martedì 21 dicembre 2010
Da Totus Tuus - Omar Ebrahime recensisce l'Eroe Andreas Hofer di Paolo Gulisano
Come noto, la Storia (quella con la 'S' maiuscola che si legge nei manuali e nei libri di testo scolastici e che contribuisce a determinare in modo sostanziale giudizi e forma mentis delle future classi dirigenti di un Paese) la scrivono solitamente i vincitori. Il dibattito di questi mesi sul cosiddetto 'Risorgimento', cioè sull'edizione italiana della Rivoluzione francese, con le sue gravose ricadute politiche, sociali e culturali marcatamente anticattoliche, ne è un esempio: tutti conoscono i 'padri' della Patria, come la retorica risorgimentale definisce Cavour, Garibaldi, Mazzini e lo stesso Vittorio Emanuele. Molti di meno, per non dire pochi eletti, conoscono invece la storia e le storie di quanti, non certo meno italiani dei primi, combatterono dalla parte degli sconfitti in quella prima manifestazione identitaria di popolo che furono le Insorgenze, ovvero le sollevazioni antinapoleoniche e controrivoluzionarie, spontanee, che si diffusero praticamente ovunque nell'Italia tra la fine del Settecento e l'inizio dell'Ottocento in coincidenza con l'avanzata dell'occupante francese e l'instaurazione dei relativi governi giacobini, dichiaratamente promotori di istanze anticristiane ed estranee al corpo sociale della Penisola. A tal proposito, quest'anno ricorrono i cento anni dalla morte di Andreas Hofer (1767-1810), eroe della battaglia per la libertà del Tirolo e difensore esemplare della fede cristiana contro la politica massonica e illuminista degli aggressori francesi, spalleggiati nella fattispecie dalla Baviera giacobina (e in cui aveva una parte non irrilevante la loggia degli Illuminati, resa ultimamente famosa, ma sempre a sproposito, dall'ennesimo romanzo dello scrittore americano Dan Brown). Il documentato saggio di Paolo Gulisano, che è da tempo attento studioso del fenomeno delle Insorgenze, oltre ad essere affermato apologeta di primo livello e raffinato studioso della letteratura anglosassone del Novecento, fornisce quindi lo spunto ideale per riscoprire in modo autentico quelle radici dell'identità europea e italiana su cui tanto si discute, anche in considerazione del fatto che proprio pochi mesi fa la figura di Hofer è stata rievocata in una importante lettera pastorale dai Vescovi delle diocesi che storicamente hanno composto il Tirolo, opportunamente riportata in appendice al volume.
* * *
L'Autore, presentando le coordinate storiche in cui gli eventi si svolgono, principia dalla considerazione che la ribellione guidata da Hofer fu soprattutto la reazione di una società contadina, tradizionale, cattolica, all'aggressione perpetrata dallo stato autoritario uscito dalla Rivoluzione Francese del 1789, "uno Stato formalmente espressione della rivoluzionaria volontà popolare, ma in realtà profondamente estraneo al popolo 'vero', quello che viveva nelle grandi città come nelle campagne" (pag. 9). Certo, questa rivoluzione, che diventerà poi la révolution per eccellenza, ha sempre goduto di una stampa favorevole, "presentata come il riscatto degli oppressi contro una società ancora pressoché feudale, come l'avanzare della modernità e del progresso... [In realtà] non molti hanno voluto rendersi conto che, al contrario, fu l'affermarsi di un tentativo oligarchico di conquistare e reggere il potere ai danni degli stessi poveri, di cui principalmente la Chiesa si fece voce" (ibidem). La lotta di Hofer sarà quindi una vera e propria guerra di liberazione contro un invasore (le truppe franco-bavaresi al servizio di Napoleone) che in poco tempo aveva imposto al Tirolo una serie di riforme che riducevano pesantemente le antiche libertà (non ultima quella religiosa) e la storica autonomia politica della regione. Una prima invasione francese ebbe inizio nell'agosto del 1796 e sarà quella che porterà alla creazione di varie repubbliche rivoluzionarie modellate sull'esempio giacobino, tra cui la Repubblica Cispadana che in quel di Reggio Emilia "adottò il 7 gennaio 1797 il tricolore bianco rosso e verde quale bandiera nazionale. Non era altro, ovviamente, che il tricolore della rivoluzione francese, con il blu di Francia sostituito dal verde, il colore simbolo della massoneria" (pag. 38). Miracolosamente, è proprio il caso di dirlo, il Tirolo venne però risparmiato: il popolo scelse infatti di ricorrere anzitutto alle armi della Fede e giurò di venerare in modo particolare il Sacro Cuore di Gesù qualora fosse stato preservato dall'invasione. Così in effetti avvenne e il 3 giugno 1796 il voto fu solennemente espresso nel Duomo di Bolzano. La libertà era salva, per il momento. Nel frattempo il carismatico Hofer, che in passato era stato già eletto della Dieta tirolese come rappresentante dei contadini della val Passiria (il suo luogo natale), stimato per la sua integrità morale e lavoratore instancabile e appassionato della sua terra, diventa sempre più un punto di riferimento della comunità e lo è ancora quando nel novembre 1805, in seguito alla disfatta austriaca di Austerlitz, il trattato di Presburgo (attuale Breslavia, in Slovacchia) assegna la provincia del Tirolo – comprendente il territorio fra l'Inn e le Alpi, Trentino compreso – al re Massimiliano di Baviera, alleato di Napoleone.
Gradualmente, il governo bavarese e filomassonico (molti dei suoi funzionari provenivano proprio dalle logge tedesche cui si faceva riferimento all'inizio) impone riforme di stampo illuministico, in tutti i settori. Con un decreto del 16 aprile 1806, in particolare, "iniziò l'opera di sovvertimento dell'organizzazione ecclesiastica cattolica, che proseguì poi col divieto ai vescovi di ordinare nuovi sacerdoti senza il benestare del re e l'approvazione dei professori dell'università di Innsbruck, con l'obbligo per gli stessi vescovi di adeguarsi incondizionatamente ai provvedimenti presi dalle autorità civili a carico di sacerdoti per la cosiddetta 'polizia della Chiesa', col diritto esclusivo del governo di provvedere alla nomina di parroci, il tutto con l'intento di assoggettare completamente la Chiesa e la stessa religione al governo" (pag. 58), sempre in nome dell'ottica accentratrice e liberticida che la stessa rivoluzione francese, esportata Oltralpe, propagandava ora ovunque in Europa. Di fatto, lo Stato si arrogò il diritto della formazione e dell'ammissione dei preti, della nomina dei professori dei seminari e delle scuole e la gestione economica della Chiesa. Coraggiosamente il popolo tirolese si ribellò allora in modo compatto a sostegno della Chiesa e dell'esercizio della propria fede nella sua integralità, dando luogo a varie proteste e atti di resistenza. La risposta del governo illuminista, che seguì, mostrò la vera essenza dei cosiddetti 'lumi del progresso': dapprima fu vietata ogni manifestazione pubblica della fede in quanto tale, dal suono delle campane alle tradizioni religiose più care e diffuse come le novene, le processioni e i pellegrinaggi. Quindi, diverse festività religiose furono soppresse, le confraternite proibite e persino le prediche domenicali vennero spiate, temendo che contenessero 'messaggi eversivi'. Infine, vennero chiusi interi conventi e monasteri, mentre svariate biblioteche ed opere d'arte furono portate in Baviera, da cui non tornarono più. Da parte sua Hofer, insieme ad altri notabili, chiese che quelle misure criminali e liberticide fossero immediatamente ritirate. Non avendo ottenuto risposta, il 9 aprile 1809 il Tirolo tutto insorse in armi contro i dispotici occupanti stranieri: è quella che passerà alla storia come la Tirols Erhebung e che ancora oggi viene ricordata con orgoglio nelle vallate tirolesi. Va osservato, quindi, e a scanso di equivoci, che la matrice della rivolta fu essenzialmente religiosa, come d'altronde ebbe a specificare lo stesso Hofer, quasi prevenendo le future manipolazioni storiografiche, "si tratta di religione e di cristianesimo; non lasciatevi ingannare dai mascalzoni" (cit. a pag. 72). Seguirono tre battaglie (aprile, maggio e agosto) che, in un clima surreale (con le Messe celebrate sul campo, prima dello scontro), riuscirono a portare alla liberazione di Innsbruck. Hofer, che ne fu il grande protagonista, venne nominato comandante supremo delle truppe di difesa del Tirolo, quindi governatore e reggente dell'intera regione, insediandosi all'Hofburg, in nome e per conto dell'imperatore d'Austria Francesco I. Durerà però poco perché dopo l'estate una quarta battaglia determina una pesante sconfitta delle truppe tirolesi e Hofer sarà costretto a fuggire sui monti dell'amata val Passiria: verrà catturato il 27 gennaio dell'anno seguente, in seguito a una delazione. Neanche un mese dopo, il 20 febbraio verrà fucilato a Mantova su ordine diretto di Napoleone, nonostante che il viceré d'Italia in persona – e figlio adottivo di Napoleone –, Eugenio Beauharnais, avesse cercato più volte di far recedere il dittatore dal suo convincimento. La salma riposa ora nella Hofkirche, la chiesa di Corte asburgica, insieme alle tombe della grande famiglia di quell'impero di cui, fino al giorno della sua morte, si sentiva parte viva, l'ultimo impero cattolico che la Provvidenza avrebbe donato all'Europa. In definitiva, come chiosa l'Autore, Hofer "si mosse per riaffermare le leggi, gli usi, le libertà proprie del Tirolo; per riaffermare l'appartenenza del Tirolo all'Austria, in quanto impero sovranazionale capace di garantirgli la conservazione delle sue originali caratteristiche, e infine per difendere i diritti degli uomini di vivere secondo le leggi di Dio e i doveri a Lui spettanti" (pag. 101).
Omar Ebrahime
Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede - Sulla banalizzazione della sessualità - A proposito di alcune letture di "Luce del mondo"
lunedì 20 dicembre 2010
UDIENZA DEL SANTO PADRE ALLA CURIA ROMANA IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI NATALIZI , 20.12.2010
Signori Cardinali,
venerati Fratelli nell'Episcopato e nel Presbiterato,
cari fratelli e sorelle!
È con vivo piacere che vi incontro, cari Membri del Collegio Cardinalizio, Rappresentanti della Curia Romana e del Governatorato, per questo appuntamento tradizionale. Rivolgo a ciascuno un cordiale saluto, ad iniziare dal Cardinale Angelo Sodano, che ringrazio per le espressioni di devozione e di comunione, e per i fervidi auguri che mi ha rivolto a nome di tutti. Prope est jam Dominus, venite, adoremus! Contempliamo come un'unica famiglia il mistero dell'Emmanuele, del Dio-con-noi, come ha detto il Cardinale Decano. Ricambio volentieri i voti augurali e desidero ringraziare vivamente tutti, compresi i Rappresentanti Pontifici sparsi per il mondo, per l'apporto competente e generoso che ciascuno presta al Vicario di Cristo e alla Chiesa.
"Excita, Domine, potentiam tuam, et veni" – con queste e con simili parole la liturgia della Chiesa prega ripetutamente nei giorni dell'Avvento. Sono invocazioni formulate probabilmente nel periodo del tramonto dell'Impero Romano. Il disfacimento degli ordinamenti portanti del diritto e degli atteggiamenti morali di fondo, che ad essi davano forza, causavano la rottura degli argini che fino a quel momento avevano protetto la convivenza pacifica tra gli uomini. Un mondo stava tramontando. Frequenti cataclismi naturali aumentavano ancora questa esperienza di insicurezza. Non si vedeva alcuna forza che potesse porre un freno a tale declino. Tanto più insistente era l'invocazione della potenza propria di Dio: che Egli venisse e proteggesse gli uomini da tutte queste minacce.
"Excita, Domine, potentiam tuam, et veni". Anche oggi abbiamo motivi molteplici per associarci a questa preghiera di Avvento della Chiesa. Il mondo con tutte le sue nuove speranze e possibilità è, al tempo stesso, angustiato dall'impressione che il consenso morale si stia dissolvendo, un consenso senza il quale le strutture giuridiche e politiche non funzionano; di conseguenza, le forze mobilitate per la difesa di tali strutture sembrano essere destinate all'insuccesso.
Excita – la preghiera ricorda il grido rivolto al Signore, che stava dormendo nella barca dei discepoli sbattuta dalla tempesta e vicina ad affondare. Quando la sua parola potente ebbe placato la tempesta, Egli rimproverò i discepoli per la loro poca fede (cfr Mt 8,26 e par.). Voleva dire: in voi stessi la fede ha dormito. La stessa cosa vuole dire anche a noi. Anche in noi tanto spesso la fede dorme. PreghiamoLo dunque di svegliarci dal sonno di una fede divenuta stanca e di ridare alla fede il potere di spostare i monti – cioè di dare l'ordine giusto alle cose del mondo.
"Excita, Domine, potentiam tuam, et veni": nelle grandi angustie, alle quali siamo stati esposti in quest'anno, tale preghiera di Avvento mi è sempre tornata di nuovo alla mente e sulle labbra. Con grande gioia avevamo iniziato l'Anno sacerdotale e, grazie a Dio, abbiamo potuto concluderlo anche con grande gratitudine, nonostante si sia svolto così diversamente da come ce l'eravamo aspettato. In noi sacerdoti e nei laici, proprio anche nei giovani, si è rinnovata la consapevolezza di quale dono rappresenti il sacerdozio della Chiesa Cattolica, che ci è stato affidato dal Signore. Ci siamo nuovamente resi conto di quanto sia bello che esseri umani siano autorizzati a pronunciare in nome di Dio e con pieno potere la parola del perdono, e così siano in grado di cambiare il mondo, la vita; quanto sia bello che esseri umani siano autorizzati a pronunciare le parole della consacrazione, con cui il Signore attira dentro di sé un pezzo di mondo, e così in un certo luogo lo trasforma nella sua stessa sostanza; quanto sia bello poter essere, con la forza del Signore, vicino agli uomini nelle loro gioie e sofferenze, nelle ore importanti come in quelle buie dell'esistenza; quanto sia bello avere nella vita come compito non questo o quell'altro, ma semplicemente l'essere stesso dell'uomo – per aiutare che si apra a Dio e sia vissuto a partire da Dio. Tanto più siamo stati sconvolti quando, proprio in quest'anno e in una dimensione per noi inimmaginabile, siamo venuti a conoscenza di abusi contro i minori commessi da sacerdoti, che stravolgono il Sacramento nel suo contrario: sotto il manto del sacro feriscono profondamente la persona umana nella sua infanzia e le recano un danno per tutta la vita.
In questo contesto, mi è venuta in mente una visione di sant'Ildegarda di Bingen che descrive in modo sconvolgente ciò che abbiamo vissuto in quest'anno. "Nell'anno 1170 dopo la nascita di Cristo ero per un lungo tempo malata a letto. Allora, fisicamente e mentalmente sveglia, vidi una donna di una bellezza tale che la mente umana non è in grado di comprendere. La sua figura si ergeva dalla terra fino al cielo. Il suo volto brillava di uno splendore sublime. Il suo occhio era rivolto al cielo. Era vestita di una veste luminosa e raggiante di seta bianca e di un mantello guarnito di pietre preziose. Ai piedi calzava scarpe di onice. Ma il suo volto era cosparso di polvere, il suo vestito, dal lato destro, era strappato. Anche il mantello aveva perso la sua bellezza singolare e le sue scarpe erano insudiciate dal di sopra. Con voce alta e lamentosa, la donna gridò verso il cielo: 'Ascolta, o cielo: il mio volto è imbrattato! Affliggiti, o terra: il mio vestito è strappato! Trema, o abisso: le mie scarpe sono insudiciate!'
E proseguì: 'Ero nascosta nel cuore del Padre, finché il Figlio dell'uomo, concepito e partorito nella verginità, sparse il suo sangue. Con questo sangue, quale sua dote, mi ha preso come sua sposa.
Le stimmate del mio sposo rimangono fresche e aperte, finché sono aperte le ferite dei peccati degli uomini. Proprio questo restare aperte delle ferite di Cristo è la colpa dei sacerdoti. Essi stracciano la mia veste poiché sono trasgressori della Legge, del Vangelo e del loro dovere sacerdotale. Tolgono lo splendore al mio mantello, perché trascurano totalmente i precetti loro imposti. Insudiciano le mie scarpe, perché non camminano sulle vie dritte, cioè su quelle dure e severe della giustizia, e anche non danno un buon esempio ai loro sudditi. Tuttavia trovo in alcuni lo splendore della verità'.
E sentii una voce dal cielo che diceva: 'Questa immagine rappresenta la Chiesa. Per questo, o essere umano che vedi tutto ciò e che ascolti le parole di lamento, annuncialo ai sacerdoti che sono destinati alla guida e all'istruzione del popolo di Dio e ai quali, come agli apostoli, è stato detto: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura»' (Mc 16,15)" (Lettera a Werner von Kirchheim e alla sua comunità sacerdotale:PL 197, 269ss).
Nella visione di sant'Ildegarda, il volto della Chiesa è coperto di polvere, ed è così che noi l'abbiamo visto. Il suo vestito è strappato – per la colpa dei sacerdoti. Così come lei l'ha visto ed espresso, l'abbiamo vissuto in quest'anno. Dobbiamo accogliere questa umiliazione come un'esortazione alla verità e una chiamata al rinnovamento. Solo la verità salva. Dobbiamo interrogarci su che cosa possiamo fare per riparare il più possibile l'ingiustizia avvenuta. Dobbiamo chiederci che cosa era sbagliato nel nostro annuncio, nell'intero nostro modo di configurare l'essere cristiano, così che una tale cosa potesse accadere. Dobbiamo trovare una nuova risolutezza nella fede e nel bene. Dobbiamo essere capaci di penitenza. Dobbiamo sforzarci di tentare tutto il possibile, nella preparazione al sacerdozio, perché una tale cosa non possa più succedere. È questo anche il luogo per ringraziare di cuore tutti coloro che si impegnano per aiutare le vittime e per ridare loro la fiducia nella Chiesa, la capacità di credere al suo messaggio. Nei miei incontri con le vittime di questo peccato, ho sempre trovato anche persone che, con grande dedizione, stanno a fianco di chi soffre e ha subito danno. È questa l'occasione per ringraziare anche i tanti buoni sacerdoti che trasmettono in umiltà e fedeltà la bontà del Signore e, in mezzo alle devastazioni, sono testimoni della bellezza non perduta del sacerdozio.
Siamo consapevoli della particolare gravità di questo peccato commesso da sacerdoti e della nostra corrispondente responsabilità. Ma non possiamo neppure tacere circa il contesto del nostro tempo in cui è dato vedere questi avvenimenti. Esiste un mercato della pornografia concernente i bambini, che in qualche modo sembra essere considerato sempre più dalla società come una cosa normale. La devastazione psicologica di bambini, in cui persone umane sono ridotte ad articolo di mercato, è uno spaventoso segno dei tempi. Da Vescovi di Paesi del Terzo Mondo sento sempre di nuovo come il turismo sessuale minacci un'intera generazione e la danneggi nella sua libertà e nella sua dignità umana. L'Apocalisse di san Giovanni annovera tra i grandi peccati di Babilonia – simbolo delle grandi città irreligiose del mondo – il fatto di esercitare il commercio dei corpi e delle anime e di farne una merce (cfr Ap 18,13). In questo contesto, si pone anche il problema della droga, che con forza crescente stende i suoi tentacoli di polipo intorno all'intero globo terrestre – espressione eloquente della dittatura di mammona che perverte l'uomo. Ogni piacere diventa insufficiente e l'eccesso nell'inganno dell'ebbrezza diventa una violenza che dilania intere regioni, e questo in nome di un fatale fraintendimento della libertà, in cui proprio la libertà dell'uomo viene minata e alla fine annullata del tutto.
Per opporci a queste forze dobbiamo gettare uno sguardo sui loro fondamenti ideologici. Negli anni Settanta, la pedofilia venne teorizzata come una cosa del tutto conforme all'uomo e anche al bambino. Questo, però, faceva parte di una perversione di fondo del concetto di ethos. Si asseriva – persino nell'ambito della teologia cattolica – che non esisterebbero né il male in sé, né il bene in sé. Esisterebbe soltanto un "meglio di" e un "peggio di". Niente sarebbe in se stesso bene o male. Tutto dipenderebbe dalle circostanze e dal fine inteso. A seconda degli scopi e delle circostanze, tutto potrebbe essere bene o anche male. La morale viene sostituita da un calcolo delle conseguenze e con ciò cessa di esistere. Gli effetti di tali teorie sono oggi evidenti. Contro di esse Papa Giovanni Paolo II, nella sua Enciclica Veritatis splendor del 1993, indicò con forza profetica nella grande tradizione razionale dell'ethos cristiano le basi essenziali e permanenti dell'agire morale. Questo testo oggi deve essere messo nuovamente al centro come cammino nella formazione della coscienza. È nostra responsabilità rendere nuovamente udibili e comprensibili tra gli uomini questi criteri come vie della vera umanità, nel contesto della preoccupazione per l'uomo, nella quale siamo immersi.
Come secondo punto vorrei dire una parola sul Sinodo delle Chiese del Medio Oriente. Esso ebbe inizio con il mio viaggio a Cipro dove potei consegnare l'Instrumentum laboris per il Sinodo ai Vescovi di quei Paesi lì convenuti. Rimane indimenticabile l'ospitalità della Chiesa ortodossa che abbiamo potuto sperimentare con grande gratitudine. Anche se la piena comunione non ci è ancora donata, abbiamo tuttavia constatato con gioia che la forma basilare della Chiesa antica ci unisce profondamente gli uni con gli altri: il ministero sacramentale dei Vescovi come portatore della tradizione apostolica, la lettura della Scrittura secondo l'ermeneutica della Regula fidei, la comprensione della Scrittura nell'unità multiforme incentrata su Cristo sviluppatasi grazie all'ispirazione di Dio e, infine, la fede nella centralità dell'Eucaristia nella vita della Chiesa. Così abbiamo incontrato in modo vivo la ricchezza dei riti della Chiesa antica anche all'interno della Chiesa Cattolica. Abbiamo avuto liturgie con Maroniti e con Melchiti, abbiamo celebrato in rito latino e abbiamo avuto momenti di preghiera ecumenica con gli Ortodossi, e, in manifestazioni imponenti, abbiamo potuto vedere la ricca cultura cristiana dell'Oriente cristiano. Ma abbiamo visto anche il problema del Paese diviso. Si rendevano visibili colpe del passato e profonde ferite, ma anche il desiderio di pace e di comunione quali erano esistite prima. Tutti sono consapevoli del fatto che la violenza non porta alcun progresso – essa, infatti, ha creato la situazione attuale. Solo nel compromesso e nella comprensione vicendevole può essere ristabilita l'unità. Preparare la gente per questo atteggiamento di pace è un compito essenziale della pastorale.
Nel Sinodo lo sguardo si è poi allargato sull'intero Medio Oriente, dove convivono fedeli appartenenti a religioni diverse ed anche a molteplici tradizioni e riti distinti. Per quanto riguarda i cristiani, ci sono le Chiese pre-calcedonesi e quelle calcedonesi; Chiese in comunione con Roma ed altre che stanno fuori di tale comunione ed in entrambe esistono, uno accanto all'altro, molteplici riti. Negli sconvolgimenti degli ultimi anni è stata scossa la storia di condivisione, le tensioni e le divisioni sono cresciute, così che sempre di nuovo con spavento siamo testimoni di atti di violenza nei quali non si rispetta più ciò che per l'altro è sacro, nei quali anzi crollano le regole più elementari dell'umanità. Nella situazione attuale, i cristiani sono la minoranza più oppressa e tormentata. Per secoli sono vissuti pacificamente insieme con i loro vicini ebrei e musulmani. Nel Sinodo abbiamo ascoltato parole sagge del Consigliere del Mufti della Repubblica del Libano contro gli atti di violenza nei confronti dei cristiani. Egli diceva: con il ferimento dei cristiani veniamo feriti noi stessi. Purtroppo, però, questa e analoghe voci della ragione, per le quali siamo profondamente grati, sono troppo deboli. Anche qui l'ostacolo è il collegamento tra avidità di lucro ed accecamento ideologico. Sulla base dello spirito della fede e della sua ragionevolezza, il Sinodo ha sviluppato un grande concetto del dialogo, del perdono e dell'accoglienza vicendevole, un concetto che ora vogliamo gridare al mondo. L'essere umano è uno solo e l'umanità è una sola. Ciò che in qualsiasi luogo viene fatto contro l'uomo alla fine ferisce tutti. Così le parole e i pensieri del Sinodo devono essere un forte grido rivolto a tutte le persone con responsabilità politica o religiosa perché fermino la cristianofobia; perché si alzino a difendere i profughi e i sofferenti e a rivitalizzare lo spirito della riconciliazione. In ultima analisi, il risanamento può venire soltanto da una fede profonda nell'amore riconciliatore di Dio. Dare forza a questa fede, nutrirla e farla risplendere è il compito principale della Chiesa in quest'ora.
Mi piacerebbe parlare dettagliatamente dell'indimenticabile viaggio nel Regno Unito, voglio però limitarmi a due punti che sono correlati con il tema della responsabilità dei cristiani in questo tempo e con il compito della Chiesa di annunciare il Vangelo. Il pensiero va innanzitutto all'incontro con il mondo della cultura nella Westminster Hall, un incontro in cui la consapevolezza della responsabilità comune in questo momento storico creò una grande attenzione, che, in ultima analisi, si rivolse alla questione circa la verità e la stessa fede. Che in questo dibattito la Chiesa debba recare il proprio contributo, era evidente per tutti. Alexis de Tocqueville, a suo tempo, aveva osservato che in America la democrazia era diventata possibile e aveva funzionato, perché esisteva un consenso morale di base che, andando al di là delle singole denominazioni, univa tutti. Solo se esiste un tale consenso sull'essenziale, le costituzioni e il diritto possono funzionare. Questo consenso di fondo proveniente dal patrimonio cristiano è in pericolo là dove al suo posto, al posto della ragione morale, subentra la mera razionalità finalistica di cui ho parlato poco fa. Questo è in realtà un accecamento della ragione per ciò che è essenziale. Combattere contro questo accecamento della ragione e conservarle la capacità di vedere l'essenziale, di vedere Dio e l'uomo, ciò che è buono e ciò che è vero, è l'interesse comune che deve unire tutti gli uomini di buona volontà. È in gioco il futuro del mondo.
Infine, vorrei ancora ricordare la beatificazione del Cardinale John Henry Newman. Perché è stato beatificato? Che cosa ha da dirci? A queste domande si possono dare molte risposte, che nel contesto della beatificazione sono state sviluppate. Vorrei rilevare soltanto due aspetti che vanno insieme e, in fin dei conti, esprimono la stessa cosa. Il primo è che dobbiamo imparare dalle tre conversioni di Newman, perché sono passi di un cammino spirituale che ci interessa tutti. Vorrei qui mettere in risalto solo la prima conversione: quella alla fede nel Dio vivente. Fino a quel momento, Newman pensava come la media degli uomini del suo tempo e come la media degli uomini anche di oggi, che non escludono semplicemente l'esistenza di Dio, ma la considerano comunque come qualcosa di insicuro, che non ha alcun ruolo essenziale nella propria vita. Veramente reale appariva a lui, come agli uomini del suo e del nostro tempo, l'empirico, ciò che è materialmente afferrabile. È questa la "realtà" secondo cui ci si orienta. Il "reale" è ciò che è afferrabile, sono le cose che si possono calcolare e prendere in mano. Nella sua conversione Newman riconosce che le cose stanno proprio al contrario: che Dio e l'anima, l'essere se stesso dell'uomo a livello spirituale, costituiscono ciò che è veramente reale, ciò che conta. Sono molto più reali degli oggetti afferrabili. Questa conversione significa una svolta copernicana. Ciò che fino ad allora era apparso irreale e secondario si rivela come la cosa veramente decisiva. Dove avviene una tale conversione, non cambia semplicemente una teoria, cambia la forma fondamentale della vita. Di tale conversione noi tutti abbiamo sempre di nuovo bisogno: allora siamo sulla via retta.
La forza motrice che spingeva sul cammino della conversione era in Newman la coscienza. Ma che cosa si intende con ciò? Nel pensiero moderno, la parola "coscienza" significa che in materia di morale e di religione, la dimensione soggettiva, l'individuo, costituisce l'ultima istanza della decisione. Il mondo viene diviso negli ambiti dell'oggettivo e del soggettivo. All'oggettivo appartengono le cose che si possono calcolare e verificare mediante l'esperimento. La religione e la morale sono sottratte a questi metodi e perciò sono considerate come ambito del soggettivo. Qui non esisterebbero, in ultima analisi, dei criteri oggettivi. L'ultima istanza che qui può decidere sarebbe pertanto solo il soggetto, e con la parola "coscienza" si esprime, appunto, questo: in questo ambito può decidere solo il singolo, l'individuo con le sue intuizioni ed esperienze. La concezione che Newman ha della coscienza è diametralmente opposta. Per lui "coscienza" significa la capacità di verità dell'uomo: la capacità di riconoscere proprio negli ambiti decisivi della sua esistenza – religione e morale – una verità, la verità. La coscienza, la capacità dell'uomo di riconoscere la verità, gli impone con ciò, al tempo stesso, il dovere di incamminarsi verso la verità, di cercarla e di sottomettersi ad essa laddove la incontra. Coscienza è capacità di verità e obbedienza nei confronti della verità, che si mostra all'uomo che cerca col cuore aperto. Il cammino delle conversioni di Newman è un cammino della coscienza – un cammino non della soggettività che si afferma, ma, proprio al contrario, dell'obbedienza verso la verità che passo passo si apriva a lui. La sua terza conversione, quella al Cattolicesimo, esigeva da lui di abbandonare quasi tutto ciò che gli era caro e prezioso: i suoi averi e la sua professione, il suo grado accademico, i legami familiari e molti amici. La rinuncia che l'obbedienza verso la verità, la sua coscienza, gli chiedeva, andava ancora oltre. Newman era sempre stato consapevole di avere una missione per l'Inghilterra. Ma nella teologia cattolica del suo tempo, la sua voce a stento poteva essere udita. Era troppo aliena rispetto alla forma dominante del pensiero teologico e anche della pietà. Nel gennaio del 1863 scrisse nel suo diario queste frasi sconvolgenti: "Come protestante, la mia religione mi sembrava misera, non però la mia vita. E ora, da cattolico, la mia vita è misera, non però la mia religione". Non era ancora arrivata l'ora della sua efficacia. Nell'umiltà e nel buio dell'obbedienza, egli dovette aspettare fino a che il suo messaggio fosse utilizzato e compreso. Per poter asserire l'identità tra il concetto che Newman aveva della coscienza e la moderna comprensione soggettiva della coscienza, si ama far riferimento alla sua parola secondo cui egli – nel caso avesse dovuto fare un brindisi – avrebbe brindato prima alla coscienza e poi al Papa. Ma in questa affermazione, "coscienza" non significa l'ultima obbligatorietà dell'intuizione soggettiva. È espressione dell'accessibilità e della forza vincolante della verità: in ciò si fonda il suo primato. Al Papa può essere dedicato il secondo brindisi, perché è compito suo esigere l'obbedienza nei confronti della verità.
Devo rinunciare a parlare dei viaggi così significativi a Malta, in Portogallo e in Spagna. In essi si è reso nuovamente visibile che la fede non è una cosa del passato, ma un incontro con il Dio che vive ed agisce adesso. Egli ci chiama in causa e si oppone alla nostra pigrizia, ma proprio così ci apre la strada verso la gioia vera.
"Excita, Domine, potentiam tuam, et veni!". Siamo partiti dall'invocazione della presenza della potenza di Dio nel nostro tempo e dall'esperienza della sua apparente assenza. Se apriamo i nostri occhi, proprio nella retrospettiva sull'anno che volge al termine, può rendersi visibile che la potenza e la bontà di Dio sono presenti in maniera molteplice anche oggi. Così tutti noi abbiamo motivo per ringraziarLo. Con il ringraziamento al Signore rinnovo il mio ringraziamento a tutti i collaboratori. Voglia Dio donare a tutti noi un Santo Natale ed accompagnarci con la sua bontà nel prossimo anno.
Affido questi voti all'intercessione della Vergine Santa, Madre del Redentore, e a voi tutti e alla grande famiglia della Curia Romana imparto di cuore la Benedizione Apostolica. Buon Natale!
[01824-01.01] [Testo originale: Italiano]
Il nostro Paolo Gulisano su Narnia: "È un'opera di fede".
In questo collegamento un articolo del nostro Paolo Gulisano su Narnia e l'ultima uscita cinematografica.
La Bussola Quotidiana recensisce La Sfera e la Croce
In questo collegamento trovate la recensione de La Sfera e la Croce, edizione Morganti, a cura del nostro Paolo Pegoraro.
Un aforisma al giorno
Gilbert Keith Chesterton, Ortodossia
Un aforisma al giorno
Gilbert Keith Chesterton, La Chiesa Cattolica - Dove tutte le verità si danno appuntamento
venerdì 17 dicembre 2010
Il vescovo anglicano: ecco perché gli inglesi si sentono sempre più cattolici
Avendo sempre fatto parte del gruppo anglo-cattolico, ci può dire qual è la sua posizione all’interno della Chiesa Anglicana?
L’Anglicanorum Coetibus (il documento di Ratzinger rivolto agli anglicani che si convertono al cattolicesimo, Ndr) mi è sembrata un’offerta molto generosa da parte del Santo Padre, in risposta alle richieste degli Anglicani, e che io dovevo prendere molto seriamente. Ho visto per la prima volta Papa Benedetto a Fatima all’inizio di quest’anno; e la sua visita in Inghilterra ha rafforzato la mia convinzione di trovarmi di fronte a un autentico Padre in Dio. Credo che siano state le preghiere de Cardinal Newman, piuttosto che la sua attuale beatificazione, ad avere portato molti di noi verso la Chiesa cattolica.
Fino a che punto la Chiesa anglicana è una realtà ancora viva e incisiva e fino a che punto invece è in crisi?
Ma perché trova così inaccettabile l’ordinazione delle donne-prete?
E sull’introduzione delle donne-vescovo, che cosa ne pensa?
Fino a che punto i cattolici inglesi sono ancora considerati cittadini di serie B?
(Pietro Vernizzi)