lunedì 28 febbraio 2011

Fabio Trevisan su H. G. Wells, amico-rivale di Chesterton


Ero già conscio dei pericoli che avrebbe comportato una nevicata. Non potevo camminare sotto la neve, perché mi si sarebbe accumulata addosso, rivelando la mia presenza. Anche la pioggia, avvolgendomi in un involucro gocciolante, mi avrebbe trasformato in una lucida superficie vagante”.

Questa frase, apparentemente un po’ buffa, cela una profonda inquietudine: l’inquietudine di un uomo che ha perduto, oltre al corpo, la propria identità. Gli agenti atmosferici (pioggia, neve, nebbia) diventano dei potenziali nemici che possono rivelare, paradossalmente, la presenza di un’assenza. L’uomo invisibile di Herbert George Wells (1866-1946) è in realtà un capolavoro drammatico che pone al centro il dilemma della diversità e dell’alienazione umana. Molti sanno della fortuna che arrise al cinema, fin dagli anni ’30, il personaggio popolare dell’Uomo Invisibile mutuato dal romanzo di H.G.Wells, che lo pubblicò nel 1897. Conosciuto come padre della fantascienza, assieme a Jules Verne, Wells scrisse tantissime opere, alcune molto note come La macchina del tempo o L’isola del Dr. Moreau per citarne solo alcune. Nel personaggio dell’uomo invisibile (Griffin nel romanzo), Wells ci fa vedere quanto sia pateticamente vano e illusorio tentare di essere diversi da quello che si è; il ricostruirsi attraverso le sole proprie mani, contando sulle
uniche proprie forze, anticipa il dramma di chi ha smarrito Dio nella propria vita ponendo il solo Sé al centro del mondo. Il grido di disagio lanciato contro il mondo da Griffin, l’Uomo che si è reso invisibile, è il grido di disagio di una società che conta sul solo giudizio umano e non su quello di Dio. Si potrebbe dire che, attraverso l’uomo invisibile, Wells ci ha fatto “toccare” il Dio reso invisibile ai nostri occhi, ai nostri cuori e alle nostre menti. Questo è il dramma di Griffin ed il dramma di una società che si è costruita senza Cristo. Lo confessa apertamente nel romanzo Wells, descrivendo nel romanzo le abitudini dell’uomo invisibile: “Lo straniero (Griffin) non andava mai in chiesa. Anzi, non faceva nessuna differenza tra la domenica e gli altri giorni irreligiosi, nemmeno per quel che riguardava l’abbigliamento”. Terrificante è la proposta che il medico e fisico Griffin fa ad un possibile aiutante: “Ti ho scelto. Sei l’unico ad essere a conoscenza dell’uomo invisibile. Sarai il mio aiutante. Aiutami e farò grandi cose per te. Un uomo invisibile è un uomo molto potente”. A me sono sembrate tentazioni diaboliche, come queste altre asserzioni di Griffin: “Mi si presentò chiara, incontaminata da dubbi, la meravigliosa visione di tutto quello che l’invisibilità può significare per un uomo. Il mistero, il potere, la libertà!”.
Impariamo sorridendo dall’uomo invisibile di Wells che l’autocostruzione dell’uomo è destinata al fallimento più completo; impariamo sorridendo che non è cristianamente corretto prendersi troppo sul serio, come il professor Griffin, il più geniale scienziato che il mondo abbia mai avuto, il primo uomo che sia mai riuscito a rendersi invisibile, che terminò in maniera così crudele e insensata la sua folle esistenza.

Fabio Trevisan

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