lunedì 7 giugno 2010

BEATIFICAZIONE POPIELUSZKO: LA MADRE DEL SACERDOTE, «ADESSO SONO FELICE»



(Varsavia) – “Dopo la morte di mio figlio ero in lacrime, adesso sono felice”. Sono le parole di Marianna Popieluszko, madre del sacerdote polacco Jerzy Popieluszko (1947-1984), beatificato ieri a Varsavia nel corso di una celebrazione solenne presieduta da mons. Angelo Amato, prefetto della Congregazione per le cause dei santi, e concelebrata dal card. William Joseph Levada, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, e da oltre un migliaio di vescovi e sacerdoti alla presenza di quasi 200 mila persone. Alla signora Marianna, che pochi giorni fa ha compiuto cento anni, l’arcivescovo della capitale polacca, mons. Kazimierz Nycz, ha rivolto parole d’affetto e di ringraziamento “per il figlio sacerdote e martire”: “Dio le ha dato la grazia di essere presente nel 1984 al funerale di suo figlio e alla sua tomba, come sotto la croce, e oggi, di poter gioire della sua elevazione alla gloria degli altari”. Nel corso della beatificazione, mons. Nycz ha presentato la figura del sacerdote polacco, rapito e trucidato nel 1984 da funzionari dei servizi del regime comunista, sottolineando che egli “sin dall’inizio del suo servizio sacerdotale, con zelo pastorale e naturale bontà attirava i fedeli a Cristo”. Padre Jerzy, ha proseguito mons. Nycz, “aveva la capacità di unire le persone provenienti da diversi ambienti e gruppi sociali poiché per ciascuno nutriva un profondo rispetto”.
L’arcivescovo di Varsavia ha poi ricordato che don Popieluszko, durante le “Messe per la Patria” celebrate quando in Polonia era in vigore la legge marziale imposta per soffocare il movimento di Solidarnosc, “parlava dei problemi dolorosi, dei diritti e della dignità umana calpestati, dell’annullamento delle coscienze, ma al contempo inneggiava alla riconciliazione e alla calma affinché il male sia sconfitto dalla forza del bene”. E proprio quelle parole “Sconfiggi il male col bene” scritte in rosso, in memoria di una frase scribacchiata sul recinto del “campo di morte” che sarebbe diventata la Polonia sotto il comunismo, ornavano domenica l’altare nel corso della liturgia di beatificazione. “Proprio a causa di quel suo atteggiamento”, ha concluso mons. Nycz, “padre Popieluszko è stato considerato pericoloso per il sistema comunista e le autorità del regime scatenarono contro di lui una campagna di repressioni” terminata con il rapimento, la tortura e la morte atroce. Durante l’omelia, mons. Amato ha detto che dopo la morte “il volto orrendamente sfigurato di questo mite sacerdote somigliava a quello flagellato e umiliato del Crocifisso, senza più bellezza e decoro” mentre “padre Jerzy era semplicemente un leale sacerdote cattolico, che difendeva la sua dignità di ministro di Cristo e della Chiesa e la libertà di tutti coloro che, come lui, erano oppressi e umiliati”.
Nella Polonia di allora, ha aggiunto mons. Amato, “si abbatté lo tsunami del male” e “religione, Vangelo, dignità della persona umana, libertà non erano concetti in sintonia con l’ideologia marxista”; così “la nobile terra polacca, benedetta da Dio con uomini d’ingegno e di santità, diventò il regno del terrore, della schiavitù e della falsità” mentre “il Vangelo di Cristo, parola di vita e di santità, fu sostituito dalla dottrina perversa dell’odio e della morte”. Padre Jerzy, però, “non si rassegnò a vivere in questo campo di morte e, con le sole armi spirituali della verità, della giustizia e della carità, cercò di rivendicare la libertà della sua coscienza di cittadino e di sacerdote”. Tuttavia, ha spiegato mons. Amato, “l’ideologia malefica non sopportava lo splendore della verità e della giustizia”. Per questo “l’inerme sacerdote fu spiato, perseguitato, catturato, torturato e, come ultimo scempio, incaprettato e, ancora agonizzante, buttato in acqua. I suoi carnefici, che non rispettavano la vita – ha concluso mons. Amato –, non rispettarono nemmeno la morte. Lo abbandonarono, come si abbandona la carcassa di un animale. Fu ritrovato solo dopo dieci giorni. Il sacrificio del giovane prete non fu una sconfitta. I suoi carnefici non potevano uccidere la Verità. La tragica morte del nostro martire, infatti, fu l’inizio di una generale riconversione dei cuori al Vangelo. La morte dei martiri è, infatti, il seme dei cristiani”.

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