La casa editrice Il Faro ha appena dato alle stampe la traduzione della famosa prefazione al libro di Giobbe stesa dal nostro Chesterton.
Lo fa con la traduzione di un nostro giovane e valente amico, Giulio Mainardi, il quale ci racconta qualcosa di questa bella traduzione.
Ma già dalla copertina potete vedere che c'è qualche cosa di insolito e di inedito, ossia qualche strano carattere. Allora mi sono permesso di chiedere a Giulio il perché di questa scelta e Giulio mi ha risposto. Volevo condividere con voi questa riflessione.
Marco Sermarini
Avevo un ricordo di gioventù: uno straniero che parlava un buon italiano ma faceva dei buffi errori di pronuncia. Per esempio, leggendo un testo diceva asìno anziché àsino. La cosa, però, a ben guardare non era assurda: vedendo scritto «asino» senza altre informazioni, sia àsino sia asìno sono pronunce perfettamente possibili nell’ortografia italiana. Addirittura, asìno come deduzione è anche più “sensato” di àsino, visto che in italiano la gran maggioranza delle parole in -ino ha l’accento sulla i. Io stesso tante volte ho fatto errori simili apprendendo parole poco comuni per iscritto. Con un certo stupore, notavo quindi delle “mancanze” nella nostra ortografia. La cosa pungeva un po’ il mio senso patriottico: Ma come?, mi dicevo. Noi italiani ci vantiamo sempre che la nostra ortografia è semplice e logica, rispetto a quelle di altre lingue, come il francese e l’inglese, e però in realtà non indica esattamente nemmeno la pronuncia di una parola facile come «asino». C’è qualcosa che non va...
Anni dopo, ormai cinque anni fa, ho poi studiato lo spagnolo da autodidatta. Mi è piaciuto molto e ho ammirato il modo in cui l’ortografia spagnola rappresenta perfettamente e semplicemente tutti i suoni della lingua, per cui quando si legge una parola non ci sono ambiguità sulla pronuncia. Questo mi ha ispirato di nuovo sull’argomento, e sono tornato a ragionarci.
Nel 2021, così, ho pubblicato un libro intitolato Proposta di riforma gráfica dell’italjano, in cui presentavo una possibile ortografia “"perfetta” (per rappresentare i suoni) discutendo e ragionando delle varie possibilità per ottenere un risultato del genere. Nonostante la “"bizzarria” dell’argomento, il libro ha avuto un piccolo successo davvero inaspettato, e ho ricevuto molti commenti seri, interessati e intelligenti.
[Per inciso, la questione è interessante anche perché parecchi letterati e linguisti nei secoli si sono posti lo stesso problema e hanno elaborato delle possibili soluzioni. La mia proposta sotto certi aspetti è simile a una piuttosto famosa che risale addirittura al ’500, di Gian Giorgio Trissino (Trìssino con l’accento sulla prima i… l’aveva letto correttamente? ;-) ). Mentre nel complesso la proposta di Trissino evidentemente non è stata accolta, la sua proposta di distinguere graficamente u e v (che all’epoca erano graficamente indistinguibili, benché pronunciate come le pronunciamo oggi) ha avuto successo, e oggi le scriviamo normalmente come lettere distinte.]
A distanza di qualche anno, seguendo uno di questi commenti ho fatto un piccolo cambiamento alla mia proposta (per quanto riguarda la rappresentazione della z), ma per il resto è rimasta del tutto invariata rispetto a come discussa nel libro. Ho voluto così provare a metterla in pratica fuori dal contesto della linguistica, e ho scelto questo bel testo di GKC che avevo tradotto, mettendo insieme due dei miei interessi.
Naturalmente nel trascrivere nella nuova ortografia ho fatto qualche errore qua e là… Ne faccio in abbondanza scrivendo nella nostra ortografia «normale», figuriamoci in questa «riformata» per cui non ho nemmeno il correttore automatico. Spero che i lettori non le notino troppo! ;-)
Un caro saluto,
Giulio Mainardi
https://www.edizionidelfaro.it/libro/introduzione-al-libro-di-giobbe
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