lunedì 7 marzo 2022

Ecco finalmente per voi amici chestertoniani "Ospiti"...





Cari amici
oggi ho il piacere di presentare qui sul nostro blog un articolo di Emilio Cecchi che in diversi riteniamo importante, dal titolo "Ospiti".

Ci tenevo molto che voi lo leggeste, e sono riuscito a farvelo vedere realmente, non solo a riportarne il testo. Infatti è uno degli ultimi acquisti che abbiamo fatto come Società, tra gli esemplari delle riviste che pubblicarono i contributi italiani di Chesterton e Belloc. Abbiamo adesso diversi numeri de La Ronda e de Il Frontespizio, e lo scopo è che non vada perduto nessuno di loro, che almeno noi, che siamo gli amici italiani di Chesterton e anche di Belloc, conserviamo la loro memoria rilevandone le tracce anche materiali nel nostro bel suolo italiano.


L'articolo che vi ripresento oggi uscì sul terzo numero de La Ronda, quello del Giugno 1919, di cui vedete riprodotta in alto la caratteristica copertina con il tamburino, opera dell'artista fiorentino Armando Spadini. Il numero riportava anche un contributo di Chesterton, ma di questo parleremo prossimamente. "Ospiti" è invece una ripresa del programma, sì della rivista ma soprattutto dell'obiettivo perseguito personalmente da Emilio Cecchi con l'introduzione di questi scrittori inglesi, da lui che era il più anglofilo dei "sette savi", come ironicamente si qualificarono i membri di quel nucleo che costituì il nerbo della rivista. È il perché Cecchi era andato a pesca oltre la Manica, ed è interessante saperlo. È una orgogliosa presentazione di Belloc, descritto come "il più marziale dei centurioni d'Augusto", "il cardinale più in voce d'esser fatto papa", che viene opportunamente accostato al connazionale Charles Peguy (lo fece, non senza criticare aspramente il nostro Napoleone inglese, anche Hannah Arendt), e di cui Cecchi mostra di conoscere bene l'opera e il pensiero, se tra i titoli e gli articoli accende un lume proprio su The Servile State e sul distributismo. Quindi bisogna un po' correggere il tiro sull'approccio cecchiano: il  critico fiorentino non si interessò ai nostri due eroi solamente per le loro doti scrittorie ma anche per il loro pensiero originale e per la loro radice "romana", e qui si capisce molto bene e senza dubbi.

Di Belloc parla in toni guerreschi, e così introduce l'altra figura, Chesterton, che chiama "il secondo Ajace" (accennando anche al fratello Cecil, che considera scrittore di minor qualità). Dice pure, anzi ammette: "ma di Gilbert K. Chesterton ho scritto già tante e tante volte, che alla fine dev'esser cominciata a sembrare quasi una mania". In effetti la comparsa su La Ronda non fu la prima prova di Cecchi su Chesterton: giorni fa vi ho mostrato un vecchio articolo, uno dei primi ritengo, che Cecchi scrisse sulla rivista Il Marzocco già nell'anno 1910, e pure un bel pezzo su Heretics mai tradotto in italiano su La Tribuna nel 1917, solo per fare due esempi. Però su La Ronda il giudizio si è affinato, la conoscenza è più profonda, e questo sonoro contributo segue di pochi mesi l'incontro con Chesterton, Belloc (ma anche Max Beerbohm e altri ancora) a Londra, nel Novembre 1918.

Cecchi termina questa presentazione, dai toni quasi amichevoli, così: "Dicevo che, ormai da molti anni, noi ci siamo sentiti interessati in questi scrittori, per vari atteggiamenti del loro stile e della loro politica, per la loro ostinazione di uomini di fede, e la loro grande capacità di fumisti e umoristi; infine per quel costante sguardo filiale verso Roma. Per parte loro essi non hanno voluto trovare troppo immatura o comunque disdicevole la nostra compagnia: e, così, eccoli nella nostra rivista".

Onestamente sono anche affascinato dalla sua prosa, così fiorita e così distesa ma al tempo stesso affettuosa, viva, che non cela il trasporto pur nel garbo e nell'approccio equilibrato. Mi piace anche per questo riproporvi questo articolo per il suo stile.

Prossimamente tireremo fuori qualche altra perla. Spero tanto le gradiate.

Marco Sermarini

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