Chesterton è un autore la cui conoscenza subisce degli strani paradossi, quasi una sorta di contrappasso a cui viene sottoposto colui che ne fu definito il principe.
Di lui si conoscono, in Italia, soprattutto I racconti di padre Brown, Ortodossia, Eretici e poco altro: forse è uno scotto pagato anche alla fonte della conoscenza di Chesterton nel nostro paese, e cioè l'ambiente letterario in cui fu introdotta la sua opera dal benemerito Emilio Cecchi. Delle sue convinzioni sul piano storico, sociale, economico e politico non si sa praticamente nulla, e quel po' che sta emergendo lo dobbiamo agli sforzi della nostra strana Società, oltre che alla scommessa degli editori. È giusto pure dire che il nostro vicepresidente Paolo Gulisano, nel suo libro Chesterton e Belloc - Apologia e profezia, getta una luce sia sulle sue idee che sulla sua vita giovanile, ma molto ancora si può fare.
Infatti è quello che cercheremo di fare d'ora in avanti, perché chi legge Chesterton e chi ne parla sappia molte cose utili a meglio comprenderlo. Il rischio è sempre quello di averne un'idea parziale, spesso ad uso e scopo di sostenere ciò che di volta in volta ci sembra più utile o opportuno (mesi fa, a titolo di esempio, pubblicammo qui sul blog una serie di opinioni chieste ai nostri più illustri collaboratori, soci ed amici sulla domanda: Chesterton è conservatore o no? E' un tema controverso e che fa gola a chi intende strumentalizzarlo).
Vorremmo allora contribuire a far conoscere il vero Chesterton. Una vita è una vita, e su di essa non ci sono opinioni. Si possono avere giudizi su di essa, ma i fatti che la compongono sono fatti, e soprattutto dobbiamo tenere presente che Chesterton ebbe idee molto chiare e definite.
Sugli anni giovanili, sull'avvicinamento e sulla conversione al cattolicesimo di Chesterton, ad esempio, ci sono molte imprecisioni, inspiegabili (o spiegabili solo con la scarsa conoscenza di documenti e testimonianze) e penalizzanti per chi vuole sapere chi era veramente il nostro Gilbert.
A questo proposito vale la pena di fissare, a mo' di appunti, alcune tappe e punti fermi della sua vita, a beneficio della Verità e della sua più profonda conoscenza.
Anzitutto non molti sanno che Chesterton, nei suoi anni giovanili, venne in Italia assieme a suo padre Edward (noto agli amici del figlio come "Mister Ed", uomo che ebbe un'influenza fortissima su Gilbert e su suo fratello Cecil): era il 1894, durante la Pasqua. Visitò tra l'altro Verona e Firenze. Narrò in una lettera al suo caro amico Edmund Clerihew Bentley della visita a Santa Maria Novella. Bentley fu suo amico dagli anni delle scuole superiori: lo racconta GKC nell'Autobiografia, dedicando a questa figura pagine bellissime (di lui trovate su questo blog, oltre che il collegamento che parte dal suo nome in neretto, anche dell'altro -grazie a Roberto Prisco). Spesso si dice ben poco di quest'uomo che fu nelle corde più intime del cuore di Chesterton almeno quanto l'arcinoto Belloc: fu brillante scrittore dedito al genere che prese da lui il nome di "clerihew".
Sempre su Bentley vanno ricordate due cose: fu lui il destinatario della lettera in cui Gilbert narrava della fine di quel periodo di grave prostrazione esistenziale, avvenuta con una sorta di esperienza mistica ("... È imbarazzante parlare con Dio faccia a faccia come si parla ad un amico..."), e pure lui fu il destinatario della Dedica de L'Uomo che fu Giovedì, spesso in maniera gravemente colpevole saltata da noi lettori, pur essendo la chiave per comprendere il periodo giovanile, non facile e pieno di desideri buoni per la vita futura.
In un'altra lettera di quegli anni giovanili a Bentley (estate del 1894) Chesterton parla della sua vita in quei giorni e la descrive così: "digging for the submerged sunrise of wonder" (scavare alla ricerca dell'alba sommersa della meraviglia).
È di quegli anni la sua misconosciuta "conversione" al socialismo predicato da Robert Blatchford nel suo libro Merrie England, una sorta di rivolgimento verso ciò che egli riteneva il pensiero più rispettoso dell'uomo, o forse il meno peggio. È grazie questo incontro con il socialismo che Gilbert conosce le poesie di Walt Whitman: infatti le legge nell'antologia realizzata da Rhys, un socialista cristiano (non come Blatchford che era solo socialista). Whitman con Stevenson ed il libro di Giobbe furono le carrucole che tirarono fuori Gilbert dalla fossa della morte. Quindi questo passaggio -non momentaneo seppur provvisorio- di Chesterton attraverso il socialismo ha del misteriosamente provvidenziale: se non fosse stato per un po' socialista forse non avrebbe letto nulla che provenisse da quell'ambiente, e nemmeno quel Whitman (a dir la verità un po' problematico: era l'esatta antitesi di quell'innocenza che Chesterton cercava di conservare, ma proprio la parzialità... socialista dell'antologia letta da Chesterton lo condusse alle pagine più positive di Whitman. Difatti quella antologia cassò completamente e volutamente le parti dell'opera del poeta americano più scopertamente omosessuali, che Chesterton non avrebbe né letto né apprezzato).
Ho accennato al socialismo cristiano: sempre misteriosamente, è tramite alcuni ecclesiastici anglicani di quella tendenza (alcuni anche vistosamente modernisti, anche se formalmente della Chiesa Alta Anglicana, quella definita anglocattolica) che Chesterton fece un passo ulteriore verso il cristianesimo. Essi furono Conrad Noel (The Red Vicar, ne abbiamo accennato sul blog), Stopford Brook e Percy Dearmer, ai quali si unì in una sincera amicizia (altre notizie qui). Ad essi fu introdotto dalla futura moglie Frances Blogg, il cui ruolo nell'avvicinamento al cristianesimo da parte del marito è ancora non abbastanza valorizzato ed esplorato.
Marco Sermarini
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