«Non sono le fiabe a trasmettere al bambino la sua prima idea del cattivo. Ciò che le fiabe trasmettono al bambino è la sua prima idea chiara che il cattivo sia possibile sconfiggerlo. Il bambino conosce intimamente il drago sin dal momento in cui ha avuto l’immaginazione. Ciò che la fiaba gli fornisce è un San Giorgio che uccide il drago»…
Chesterton, un battitore libero che ruppe gli schemi e sparigliò le carte
Molti, probabilmente troppi, definiscono lo scrittore inglese Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) “eccentrico”. È il riflesso pavloviano del pensiero poco, altro che debole, quando si trova a corto di parole. Perché Chesterton era più centrato ed equilibrato della gran parte del proprio mondo e di quello che lo ha seguito, descritto perfettamente da parole che il poeta angloamericano T.S. Eliot vergò per altra occasione: «In un mondo di gente che fugge, chi si muove nella direzione opposta sembrerà scappare» (The Family Reunion, 1939, Parte II, The Library, after Dinner, Scena II). Si parva licet, concetto uguale lo esprime il gruppo rock italiano The Sun, passato dal melodic hardcore punk al cattolicesimo, nella canzone Outsider, del 2013: «Di questi tempi noto spesso/quanto le mie scelte vadan dritte ma all’inverso».
La sua “normalità anormale”
L’uomo comune di main street (o, meglio, di qualche viottolo rurale della Merry England): l’eroe chestertoniano è questo, con pregi e difetti, ma normale, benedettamente normale. Cioè nella norma, o che prova a rispettare la norma: la norma della natura di cui è fatto e che per questo, secondo una lunga ma spesso negletta tradizione culturale, si chiama natura normativa. Una sua frase, tanto ripetuta quanto probabilmente incompresa nel trionfo del transumanesimo, lo illustra a pennello: «Fuochi verranno accesi per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che in estate le foglie sono verdi» (Eretici, 1905). Fu nel 1927 che il manifesto di questa sua normalità anormale, Il profilo della ragionevolezza, vide la luce.
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