Qualche giorno fa e qualche post fa parlavo di una vecchia e poco nota edizione italiana de Le avventure di un uomo vivo: medesima traduzione di Emilio Cecchi usata da Vallecchi nella prima edizione italiana in assoluto, ma cambia l'editore Colombo. Davo alcune motivazione che trovate lì.
A riprova di quanto dicevo ecco un altro classico chestertoniano, L'Uomo che fu Giovedì, addirittura con il titolo parzialmente diverso da quello poi invalso nell'uso.
La casa editrice è la milanese Bietti, nata nel 1870 dal fondatore Angelo Bietti (stampatore) e tuttora esistente, seppur a seguito di una travagliata storia (un fallimento forzato in epoca fascista, liquidata nel 1941, cessata nel 1943 e ricostituita successivamente, per poi essere nuovamente chiusa nel 1979; il suo marchio fu ricomprato nel 1997). All'inizio si fece strada pubblicando a prezzi accessibili diversi classici della letteratura mondiale come quelli di Giulio Verne, Alessandro Dumas e Fedor Dostoevskij. Più di recente ha pubblicato scrittori come Dino Buzzati, Gianfranco De Turris, Mario Pomilio, Cesare Zavattini, per citarne solo alcuni.
Nel 1929 pubblicò il nostro caro Chesterton e la sua autobiografia romanzata, il Giovedì, tradotta da M. Tacconi. Chesterton aveva iniziato ad essere considerato con attenzione qui in Italia, era già uscito Le avventure di un uomo vivo a puntate su La Ronda, sarebbe venuto in Italia a fine anno per la beatificazione di Tommaso Moro e del primo gruppo dei Martiri Inglesi, già erano uscite colte recensioni delle sue opere (Giovanni Battista Montini, futuro Paolo VI, per fare un esempio). C'era un movimento culturale attorno a lui e a Belloc.
Ecco perché Bietti pubblicava Chesterton.
Marco Sermarini
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