I più formidabili filosofi liberali hanno definito tristi i monaci perché si negavano i piaceri della libertà e del matrimonio. Tanto valeva chiamare tristi quelli che viaggiano nei giorni di vacanza perché, di regola, si negano i piaceri del silenzio e della meditazione. C'è però a portata di mano un esempio più semplice e incisivo. Se mai accadesse che l'apparato dell'atletica inglese scomparisse dalle scuole e dalle università, se la scienza fornisse qualche maniera nuova e non agonistica di migliorare il fisico, se l'etica pubblica si convertisse a un atteggiamento di totale disprezzo e indifferenza verso il sentimento chiamato sport, allora è facile vedere quel che accadrebbe. Gli storici del futuro semplicemente affermerebbero che nei giorni bui della regina Vittoria giovani uomini a Oxford e Cambridge erano sottoposti a una orrenda sorta di tortura religiosa. Era loro proibito, da bizzarre regole monastiche, di concedersi vino o tabacco durante certi periodi di tempo fissati arbitrariamente, prima di certi brutali scontri e festeggiamenti. I bigotti insistevano a farli alzare a orari inumani e a farli correre energicamente intorno ai campi senza alcuno scopo. Molti uomini si rovinarono la salute in questi covi di superstizione, molti vi perirono
Gilbert Keith Chesterton, San Francesco, in La Divina Poltrona
Questo, come qualcuno erroneamente potrebbe pensare, non è tratto dal San Francesco d'Assisi ossia dalla biografia scritta da Chesterton, ma dal breve profilo che Chesterton ne tracciò prima della conversione sull'Illustrated London Newse che finì in Twelve Types. Un po' di storia e filologia non guastano e tengono sempre in luce l'argomento Chesterton, sempre facile ad argomentazioni un po' comode e fantasiose.
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