lunedì 14 dicembre 2009

Dopo il crocifisso, la Corte Europea ci prova con l’aborto

di Gianfranco Amato (Il Sussidiario)

lunedì 14 dicembre 2009

Dopo i crocifissi in Italia ora tocca alla legge antiabortista irlandese. Lo scorso 9 dicembre, infatti, si è svolta a Strasburgo, davanti ai 17 giudici della Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, l’udienza relativa al ricorso promosso contro l’Irlanda a causa della legislazione pro-life vigente in quello Paese.

Il caso è giunto avanti alla Corte a seguito della richiesta avanzata da tre donne irlandesi di veder riconoscere il “diritto” di aborto anche nell’Isola di smeraldo.

L’interruzione volontaria della gravidanza è attualmente illegale in Irlanda, a meno che la vita della donna non sia in grave pericolo, e persino la Costituzione è stata modificata nel 1983 per includere un emendamento pro-life. Oggi, infatti, nella Carta Costituzionale irlandese si legge: «Lo Stato afferma il diritto alla vita del nascituro e, tenuto conto dell’eguale diritto alla vita della madre, garantisce nella propria legislazione il riconoscimento e, per quanto possibile, l’esercizio effettivo e la tutela di tale diritto, attraverso idonee disposizioni normative».

Il governo irlandese non ha esitato a difendere a spada tratta la propria Costituzione e le norme che ne derivano in tema di aborto, davanti ai giudici di Strasburgo. L’Avvocato Generale dello Stato, Paul Gallagher, ha dichiarato, senza mezzi termini, che il ricorso rappresenta un «significant attack» al sistema sanitario irlandese. Gallagher si è rivolto alla Corte affermando che «il diritto alla vita del nascituro è basato su fondamentali valori morali profondamente radicati nel tessuto sociale irlandese».
La sentenza della Corte Europea è attesa per l’anno prossimo.

Ora, a prescindere dal merito dei singoli casi pendenti avanti la Corte di Strasburgo, la questione più generale che si pone è quella di capire se sia ammissibile che la cultura, la tradizione, i valori e persino le norme approvate in parlamento attraverso un processo democratico, possano essere messe in discussione da un organismo internazionale artificialmente creato e del tutto avulso dal contesto che è chiamato a giudicare.

Il paradosso si ingigantisce se si considera che quella cultura, quelle tradizioni, quei valori e quelle leggi appartengono ad uno stato membro dell’Unione Europea e possono essere smantellate da un organismo che con l’Unione non ha nulla a che vedere.

Sì, perché la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, nonostante l’altisonante aggettivo, non è un’istituzione dell’Unione Europea e non va confusa, come spesso accade, con la Corte di Giustizia Europea, che invece è, a tutti gli effetti, un’importante componente dell’architettura istituzionale comunitaria.

Gli strenui difensori dei principi liberali e democratici si dovrebbero porre il problema se sia giusto consegnare la sovranità popolare di un Paese membro dell’Unione Europea a diciassette uomini dalle più disparate estrazioni, visto che fanno attualmente parte della Corte anche giudici provenienti dalla Turchia, dalla Macedonia, dall’Albania, dal Montenegro, dalla Moldavia, dalla Georgia e persino dall’Azerbaigian.

Oggi quell’organismo internazionale – impropriamente chiamato Corte Europea – è in grado di giudicare cultura, tradizioni, valori e leggi di Paesi che non rappresentano proprio la Korea di Kim Yong Il, la Libia di Gheddafi, l’Iran di Ahmadinejad, o la Birmania della giunta militare golpista guidata dal generale Than Shweh. Si tratta dell’Irlanda e dell’Italia, due civili e democratici Paesi europei accumunati, guarda caso, dal “difetto” di essere entrambi due Paesi cattolici.

Quando scoppiò il caso dei crocifissi, scoprimmo che il giudice della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo in rappresentanza dell’Italia è Vladimiro Zagrebelsky, talmente imparziale da aver meritato il premio di “Laico dell’anno 2008”, conferitogli dalla Consulta Torinese per la Laicità delle Istituzioni, aderente alla EHF – FHE European Humanist Federation.
C’è forse qualcuno disposto a scommettere su come Zagrebelsky si pronuncerà in merito alla questione irlandese?

4 commenti:

Pietro Giovanni Rossi ha detto...

http://www.corriere.it/esteri/09_dicembre_21/adams-confessione_71955434-ee0b-11de-9127-00144f02aabc.shtml

uno dei tanti casi. la concezione che i cattolici hanno della natura umana è piuttosto ingenua. forse, dopo aver riabilitato galileo, dovrebbero pensare di riabilitare pure freud.

un saluto

L'Uomo Vivo ha detto...

Sono molto dispiaciuto per quello che succede da quelle parti, ma non credo proprio che ci sia un legame tra la religione e certi abusi. C'è l'abuso di una posizione da parte di persone che si sono pervertite, ed è gravissimo.
Sarebbe bello avere altrettanta attenzione verso chi ha ucciso, violentato, distrutto un po' in tutto il mondo e non ha mai pagato nulla (leggi: i morti a causa delle persecuzioni, delle ideologie hegeliane, eccetera).
Nel caso di specie, mi spiace davvero per Gerry Adams, che è una persona che rispetto.

Pietro Giovanni Rossi ha detto...

senta, però dovrà ammettere che nei paesi cattolici l'ignoranza in tema di sesso e desideri sessuali è pressoché assente e il più delle volte ipocrita. chesterton potrà insistere quanto vuole che è un luogo comune quello di considerare che la chiesa condanni il sesso, tutt'altro dice lui. poi si scorda di portare gli esempi, dei quali sempre dispone in abbondanza in altri casi. a volte mi sembra che la chiesa di chesterton era solo nella testa sua!

comunque,
a risentirci e, di tutto cuore, buon natale -quello di dickens!

Pietro Giovanni Rossi ha detto...

volevo dire l'educazione in tema di sesso