Il Primo Presidente della Corte di Cassazione, con una modalità cui, prima facie, mai si è assistito (un comunicato stampa) difende l'operato della Corte milanese.
La Suprema Corte ci lasci dubitare della legittimità (=conformità alla Carta Costituzionale e alla legge ordinaria vigente) della propria ordinanza di qualche mese fa e del provvedimento della Corte d'Appello di Milano di cui si parla in questi giorni, per giusti motivi. Si continua a confondere il nutrimento con il presidio terapeutico, il cibo con le cure, si insiste a chiamare "terapia" il sondino che alimenta Eluana, il che è paradossale. Perché non cogliere queste differenze così palesi?
Mille riserve poi verso la preventiva affermazione che la Corte milanese abbia deciso applicando la legge.
Non siamo d'accordo con questa presa di posizione. Non vorremmo incappare noi in una situazione simile a quella della Englaro.
Ora sfidiamo chiunque a presentare un qualsivoglia ricorso per cassazione.
La sorte di Eluana sembra segnata, alla luce degli elementi ora presenti.
Ci vuole un miracolo.
Da Repubblica.
Dopo le polemiche, il primo presidente Carbone difende l'operato dei giudici.
"La Corte d'Appello di Milano ha deciso in autonomia applicando la legge".
Caso Eluana, la Cassazione precisa: "Mai travalicato i propri compiti".
Confermata la correttezza della sentenza che consente la sospensione delle cure.
ROMA - La Corte di Cassazione "non ha in alcun modo travalicato il proprio specifico compito istituzionale di rispondere alla domanda di giustizia del cittadino, assicurando la corretta interpretazione della legge, nel cui quadro si collocano in modo primario i principi costituzionali e la Convenzione di Oviedo". E' quanto precisa in una nota il primo presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, in relazione al caso di Eluana Englaro.
Il comunicato è stato diffuso in seguito alle polemiche sulla decisione della Corte d'Appello di Milano che il 9 luglio ha autorizzato l'interruzione dell'idratazione e dell'alimentazione forzata che da 16 anni tiene in vita Eluana. Riferendosi alla propria pronuncia dell'ottobre 2007 con la quale la Cassazione ha accolto il ricorso del padre della ragazza, Beppino Englaro, ed ha chiesto alla Corte d'appello di Milano di pronunciarsi sulla vicenda, nella nota si ricorda che "la Corte con tale pronuncia si è limitata ad affermare un principio di diritto sulla base della interpretazione costituzionalmente orientata delle legislazione vigente".
"In applicazione di siffatto principio - afferma ancora Carbone - la Corte d'Appello di Milano, nella sua autonomia e valutando nel concreto le circostanze di fatto e le prove raccolte, ha deliberato che potessero essere sospesi alla Englaro i presidi che tuttora ne prolungano il riconosciuto stato vegetativo permanente".
Il primo presidente di Cassazione ricorda quindi come "il consenso informato ha come correlato la facoltà non solo di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, ma (...) altresì eventualmente rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale".
Nel caso in cui il malato non possa decidere, interviene il tutore, ma i vincoli sono precisi. "Nel consentire il trattamento medico o nel dissentire dalla prosecuzione dello stesso sulla persona dell'incapace - sottolinea ancora Carbone- la rappresentanza del tutore è sottoposta a un duplice ordine di vincoli: egli deve, innanzitutto, agire nell'esclusivo interesse dell'incapace; e, nella ricerca del best interest, deve decidere non 'al posto' dell'incapace, né 'per' l'incapace, ma 'con' l'incapace".
"Quindi - prosegue il presidente di Cassazione - ricostruendo la presunta volontà del paziente incosciente, già adulto prima di cadere in tale stato, tenendo conto dei desideri da lui espressi prima della perdita della coscienza, ovvero inferendo quella volontà dalla sua personalità, dal suo stile di vita, dalle sue inclinazioni, dai suoi valori di riferimento e dalle sue convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche".
La Suprema Corte ci lasci dubitare della legittimità (=conformità alla Carta Costituzionale e alla legge ordinaria vigente) della propria ordinanza di qualche mese fa e del provvedimento della Corte d'Appello di Milano di cui si parla in questi giorni, per giusti motivi. Si continua a confondere il nutrimento con il presidio terapeutico, il cibo con le cure, si insiste a chiamare "terapia" il sondino che alimenta Eluana, il che è paradossale. Perché non cogliere queste differenze così palesi?
Mille riserve poi verso la preventiva affermazione che la Corte milanese abbia deciso applicando la legge.
Non siamo d'accordo con questa presa di posizione. Non vorremmo incappare noi in una situazione simile a quella della Englaro.
Ora sfidiamo chiunque a presentare un qualsivoglia ricorso per cassazione.
La sorte di Eluana sembra segnata, alla luce degli elementi ora presenti.
Ci vuole un miracolo.
Da Repubblica.
Dopo le polemiche, il primo presidente Carbone difende l'operato dei giudici.
"La Corte d'Appello di Milano ha deciso in autonomia applicando la legge".
Caso Eluana, la Cassazione precisa: "Mai travalicato i propri compiti".
Confermata la correttezza della sentenza che consente la sospensione delle cure.
ROMA - La Corte di Cassazione "non ha in alcun modo travalicato il proprio specifico compito istituzionale di rispondere alla domanda di giustizia del cittadino, assicurando la corretta interpretazione della legge, nel cui quadro si collocano in modo primario i principi costituzionali e la Convenzione di Oviedo". E' quanto precisa in una nota il primo presidente della Cassazione, Vincenzo Carbone, in relazione al caso di Eluana Englaro.
Il comunicato è stato diffuso in seguito alle polemiche sulla decisione della Corte d'Appello di Milano che il 9 luglio ha autorizzato l'interruzione dell'idratazione e dell'alimentazione forzata che da 16 anni tiene in vita Eluana. Riferendosi alla propria pronuncia dell'ottobre 2007 con la quale la Cassazione ha accolto il ricorso del padre della ragazza, Beppino Englaro, ed ha chiesto alla Corte d'appello di Milano di pronunciarsi sulla vicenda, nella nota si ricorda che "la Corte con tale pronuncia si è limitata ad affermare un principio di diritto sulla base della interpretazione costituzionalmente orientata delle legislazione vigente".
"In applicazione di siffatto principio - afferma ancora Carbone - la Corte d'Appello di Milano, nella sua autonomia e valutando nel concreto le circostanze di fatto e le prove raccolte, ha deliberato che potessero essere sospesi alla Englaro i presidi che tuttora ne prolungano il riconosciuto stato vegetativo permanente".
Il primo presidente di Cassazione ricorda quindi come "il consenso informato ha come correlato la facoltà non solo di scegliere tra le diverse possibilità di trattamento medico, ma (...) altresì eventualmente rifiutare la terapia e di decidere consapevolmente di interromperla, in tutte le fasi della vita, anche in quella terminale".
Nel caso in cui il malato non possa decidere, interviene il tutore, ma i vincoli sono precisi. "Nel consentire il trattamento medico o nel dissentire dalla prosecuzione dello stesso sulla persona dell'incapace - sottolinea ancora Carbone- la rappresentanza del tutore è sottoposta a un duplice ordine di vincoli: egli deve, innanzitutto, agire nell'esclusivo interesse dell'incapace; e, nella ricerca del best interest, deve decidere non 'al posto' dell'incapace, né 'per' l'incapace, ma 'con' l'incapace".
"Quindi - prosegue il presidente di Cassazione - ricostruendo la presunta volontà del paziente incosciente, già adulto prima di cadere in tale stato, tenendo conto dei desideri da lui espressi prima della perdita della coscienza, ovvero inferendo quella volontà dalla sua personalità, dal suo stile di vita, dalle sue inclinazioni, dai suoi valori di riferimento e dalle sue convinzioni etiche, religiose, culturali e filosofiche".
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