Tra il milione e mezzo di abitanti della Striscia, circa 5mila sono cristiani. Il parroco cattolico di Gaza City usa gli sms per contattare i membri della sua comunità. Chi è rimasto senza casa trova ospitalità presso amici e parenti. Molti si recano alla scuola del patriarcato per cuocere il pane. Gli istituti religiosi fuori dalla Striscia pronti a ospitare i bambini, ma nell'area vige il blocco israeliano.
Gerusalemme (AsiaNews) - Su un milione e mezzo di abitanti che vivono nella Striscia circa 5mila sono cristiani, per lo più greco ortodossi, e tra questi i cattolici di rito latino sono 300 circa. Anch'essi vivono giorni di angoscia e dolore per l'offensiva israeliana in atto in questi giorni.
Padre Manawel Mussallam, parroco della chiesa della Sacra Famiglia a Gaza City e responsabile dell’omonima scuola legata al Patriarcato latino di Gerusalemme, ha descritto al situazione drammatica in cui vive la popolazione ai membri del Coordinamento di Terra Santa appena concluso. Su richiesta del Patriarca, mons. Fouad Twal, egli è intervenuto all’incontro di Gerusalemme per raccontare al gruppo di vescovi europei e nord-americani la crisi umanitaria che attanaglia la Striscia ed il clima di terrore con cui ogni giorno fanno i conti i suoi parrocchiani.
I bombardamenti e le operazioni di terra rendono impossibile il contatto con i membri della comunità e padre Mussallam racconta di affidarsi agli sms per raggiungerli e sostenerli in questi giorni. Ai bombardamenti si aggiungono mancanza di acqua, elettricità, medicinali e cibo. Il parroco di Gaza City spiega che le ultime azioni dell’esercito di Tel Aviv hanno distrutto molte case e costretto in strada intere famiglie. Membri della comunità cattolica della città hanno per ora trovato ospitalità presso altre famiglie. Anche la scuola funge da riparo ed in questi giorni molti hanno cotto il loro pane nel forno dell’istituto, a cui però comincia a mancare il combustibile.
La paura e la disperazione di chi vive nella Striscia superano il blocco imposto dall’esercito israeliano tramite internet e il telefono. L’agenzia Assist News, per esempio, ha pubblicato il messaggio di un cristiano di Gaza, probabilmente protestante, inviato ad amici americani. Nella mail scrive: “Abbiamo vissuto molti momenti difficili sino ad oggi, ma nessuno è paragonabile a questo. Ogni giorno muoiono una quantità enorme di persone e molto di loro le conosco”. La paura e la disperazione paralizzano le persone. L’autore del messaggio, che l’agenzia tiene anonimo per motivi di sicurezza, racconta l’impossibilità di recarsi in strada, la morte del padre di un amico e la distruzione della casa di un’amica. “Mentre scrivo questa mail le bombe israeliane stanno cadendo in un numero incalcolabile di posti. Alcune sono così vicine che posso sentirle, di altre ho notizia tramite la radio. Non siamo a casa nostra perché è troppo rischioso. Tutte le finestre di casa mia sono andate distrutte per le bombe…. ha cominciato a fare troppo freddo e adesso siamo a casa di parenti”.
Fuori dalla Striscia gli istituti religiosi hanno dato la disponibilità ad accogliere i bambini di Gaza, ma come ha fatto notare il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, fino ad oggi non è stato possibile a nessuno entrare e uscire dalla zona.
Padre Mussallam ha scongiurato l’intervento della comunità internazionale ripetendo l’appello che diversi esponenti della chiesa cattolica hanno già lanciato in questi giorni. L’ultimo, in ordine di tempo, è stato quello di mons. Migliore, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu. Intervenendo il 15 gennaio davanti al Consiglio di sicurezza ha spronato la comunità internazionale ad “impegnarsi concretamente a proteggere i civili durante i conflitti armati”. Poche ore prima del discorso di mons. Migliore al Palazzo di Vetro, è stato il Patriarca di Gerusalemme a rivolgersi alla diplomazia internazionale lamentandone l’immobilità e l’intervento tardivo che sta costando la vita a centinaia di persone.
Davanti al perdurare degli scontri, il Custode di Terra Santa ha affermato che l’acuirsi del conflitto e l’irrigidirsi della posizioni sta minando anche le possibilità future di dialogo “non tanto il dialogo politico, che le autorità dovranno per forza intraprendere, per via del loro ruolo; ma il dialogo tra le popolazioni: il riconoscimento, cioè, nella percezione comune, che è necessario dialogare, rimarrà lontano e non attuato ancora per molto”.
Gerusalemme (AsiaNews) - Su un milione e mezzo di abitanti che vivono nella Striscia circa 5mila sono cristiani, per lo più greco ortodossi, e tra questi i cattolici di rito latino sono 300 circa. Anch'essi vivono giorni di angoscia e dolore per l'offensiva israeliana in atto in questi giorni.
Padre Manawel Mussallam, parroco della chiesa della Sacra Famiglia a Gaza City e responsabile dell’omonima scuola legata al Patriarcato latino di Gerusalemme, ha descritto al situazione drammatica in cui vive la popolazione ai membri del Coordinamento di Terra Santa appena concluso. Su richiesta del Patriarca, mons. Fouad Twal, egli è intervenuto all’incontro di Gerusalemme per raccontare al gruppo di vescovi europei e nord-americani la crisi umanitaria che attanaglia la Striscia ed il clima di terrore con cui ogni giorno fanno i conti i suoi parrocchiani.
I bombardamenti e le operazioni di terra rendono impossibile il contatto con i membri della comunità e padre Mussallam racconta di affidarsi agli sms per raggiungerli e sostenerli in questi giorni. Ai bombardamenti si aggiungono mancanza di acqua, elettricità, medicinali e cibo. Il parroco di Gaza City spiega che le ultime azioni dell’esercito di Tel Aviv hanno distrutto molte case e costretto in strada intere famiglie. Membri della comunità cattolica della città hanno per ora trovato ospitalità presso altre famiglie. Anche la scuola funge da riparo ed in questi giorni molti hanno cotto il loro pane nel forno dell’istituto, a cui però comincia a mancare il combustibile.
La paura e la disperazione di chi vive nella Striscia superano il blocco imposto dall’esercito israeliano tramite internet e il telefono. L’agenzia Assist News, per esempio, ha pubblicato il messaggio di un cristiano di Gaza, probabilmente protestante, inviato ad amici americani. Nella mail scrive: “Abbiamo vissuto molti momenti difficili sino ad oggi, ma nessuno è paragonabile a questo. Ogni giorno muoiono una quantità enorme di persone e molto di loro le conosco”. La paura e la disperazione paralizzano le persone. L’autore del messaggio, che l’agenzia tiene anonimo per motivi di sicurezza, racconta l’impossibilità di recarsi in strada, la morte del padre di un amico e la distruzione della casa di un’amica. “Mentre scrivo questa mail le bombe israeliane stanno cadendo in un numero incalcolabile di posti. Alcune sono così vicine che posso sentirle, di altre ho notizia tramite la radio. Non siamo a casa nostra perché è troppo rischioso. Tutte le finestre di casa mia sono andate distrutte per le bombe…. ha cominciato a fare troppo freddo e adesso siamo a casa di parenti”.
Fuori dalla Striscia gli istituti religiosi hanno dato la disponibilità ad accogliere i bambini di Gaza, ma come ha fatto notare il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa, fino ad oggi non è stato possibile a nessuno entrare e uscire dalla zona.
Padre Mussallam ha scongiurato l’intervento della comunità internazionale ripetendo l’appello che diversi esponenti della chiesa cattolica hanno già lanciato in questi giorni. L’ultimo, in ordine di tempo, è stato quello di mons. Migliore, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu. Intervenendo il 15 gennaio davanti al Consiglio di sicurezza ha spronato la comunità internazionale ad “impegnarsi concretamente a proteggere i civili durante i conflitti armati”. Poche ore prima del discorso di mons. Migliore al Palazzo di Vetro, è stato il Patriarca di Gerusalemme a rivolgersi alla diplomazia internazionale lamentandone l’immobilità e l’intervento tardivo che sta costando la vita a centinaia di persone.
Davanti al perdurare degli scontri, il Custode di Terra Santa ha affermato che l’acuirsi del conflitto e l’irrigidirsi della posizioni sta minando anche le possibilità future di dialogo “non tanto il dialogo politico, che le autorità dovranno per forza intraprendere, per via del loro ruolo; ma il dialogo tra le popolazioni: il riconoscimento, cioè, nella percezione comune, che è necessario dialogare, rimarrà lontano e non attuato ancora per molto”.
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