di Nirmala Carvalho
Il governo di ispirazione marxista intende legalizzare la “dolce morte” e depenalizzare il tentato suicidio. Essa prevede che sia il paziente a decidere se continuare le cure oppure lasciarsi morire. Critiche della Chiesa cattolica che denuncia un “nuovo attacco alla vita”.
New Delhi (AsiaNews) – Legalizzare la pratica dell’eutanasia e depenalizzare il reato di tentato suicidio: sono le due norme proposte dalla Commissione per le riforme di legge, guidata dall’ex giudice della corte suprema V.R. Krishna Iyer, e contenute nel “disegno di legge sui malati terminali in Kerala”.
“La vita è sacra – dichiarano gli 11 membri della commissione creata dal Left Democratic Front, partito al governo, di ispirazione marxista – ma il dolore prolungato, senza speranza di guarigione, è una tortura che nega persino il significato stesso dell’esistenza”.
La proposta di legge elaborata dai politici del Kerala, stato dell’India meridionale, permetterebbe “ai malati terminali di mettere fine alla propria vita, sotto la supervisione e la guida di parenti stretti e del personale medico”. Nella fattispecie ai malati terminali “in grado di intendere e di volere” è concessa la facoltà di “rifiutare trattamenti medici, fra i quali anche i respiratori artificiali”. Se il paziente è incapace di decidere in modo autonomo, o non è stato informato delle reali condizioni di salute, spetta al personale medico valutare se procedere con la cura, oppure praticare la “dolce morte”.
P. Paul Thelakat, direttore dell’influente giornale Satyadeepam (La luce della verità) e portavoce del Sinodo della Chiesa Siromalabarica, non nasconde le critiche alla proposta di legge che definisce mera “propaganda elettorale del partito marxista”. Egli si oppone con forza alla pratica dell’eutanasia, perché “nessun uomo ha il diritto di togliere la vita, nemmeno se è il paziente stesso a chiederlo”. P. Paul precisa al contempo di non voler avallare “l’accanimento terapeutico”, che lede la dignità del malato e non ne rispetta la sofferenza.
Pascal Carvalho, membro dell’Accademia pontificia per la vita, denuncia senza mezzi termini “il grave attacco alla vita” da condannare “in modo assoluto”. Egli chiarisce che “nessuno può arrogarsi il diritto di decidere in materia di vita o di morte” e deplora il fatto che sia proprio il Kerala, uno degli stati indiani con il più alto tasso di istruzione (89,9%) e sviluppo, a farsi portabandiera di una legge che legalizza di fatto la “dolce morte”.
Pascal Carvalho comprende le ragioni “di quanti soffrono e dei loro cari”, ma sottolinea “l’enorme differenza” che passa fra “uccidere intenzionalmente” e “consentire a una persona di morire nel rispetto della sua dignità, fornendo le cure mediche di base senza per questo sconfinare nell’accanimento terapeutico”.
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