Da IlSussidiario.net la testimonianza di mons. Luigi Negri, vescovo di San Marino-Montefeltro, sulla morte di mons. Sandro Maggiolini, Arcivescovo emerito di Como, lucidissimo e sapidissimo pastore, coestensore del Catechismo della Chiesa Cattolica, un vero e proprio Uomo Vivo.
Mons. Sandro Maggiolini era malato da tempo di Parkinson e tumore. Ha vissuto la malattia da vero cristiano.
Rilascio la mia testimonianza in memoria di Sua Eccellenza Monsignor Maggiolini. “Don Sandro”, come lo chiamavo da quando l'ho conosciuto tanti anni fa, appena uscito dal seminario, era un grande uomo di Chiesa. È stato un grande uomo di Chiesa perché era un grande uomo in sé e di enorme cultura. Egli ha ininterrottamente tenuta aperta nel suo cuore la domanda di senso, di bellezza, di giustizia e di bene. E per questo motivo era scattata, anni e anni prima, ancora in seminario, la sintonia profonda con Monsignor Giussani. Mai in lui la visione della fede è diventata un'ideologia, ma sempre la coscienza di una risposta viva e concreta del mistero di Cristo alla domanda di felicità umana. Per questo la sua era una cultura forte, forte come la vita, e per questo dapprima fu un grande insegnante di Introduzione alla Teologia presso l'Università Cattolica di Milano. Decine e decine di persone sue alunne se lo ricordano ancora come un enorme maestro. Poi fu un geniale direttore di una delle più belle riviste ecclesiali ed ecclesiastiche, La rivista del clero italiano, fondata da padre Agostino Gemelli e Monsignor Francesco Olgiati, negli anni eroici della cristianità italiana. In seguito si rivelò un vescovo concretissimo, prudente e saggio, della piccola diocesi di Carpi per poi finalmente approdare alla grande chiesa di Como. Fu un pastore intelligente, prudente, appassionato innovatore, ma soprattutto grande difensore dell'ortodossia. Monsignor Alessandro Maggiolini ha difeso la verità della fede. Diciamocelo chiaramente: l'ha difesa anche all'interno della stessa Chiesa. È stato anche un perfetto interlocutore del mondo laico. Fu un eccezionale interlocutore perché cosciente della propria identità e quindi assolutamente non disponibile a nessun compromesso. Fu capace perciò di un dialogo vero, di un'interlocuzione reale e positiva. Era un oratore che meritava il rispetto sempre anche dell'avversario a condizione, certo, che quest'ultimo fosse intelligente. E poi è passato alla storia della Chiesa, e ormai ne rimarrà legato per sempre, come uno dei cinque estensori del testo del Catechismo della Chiesta Cattolica. Dispiace solo una cosa, un rammarico che ho sempre espresso anche a lui: che gli altri estensori del Catechismo erano poi stati nominati cardinali, lui no. In altri tempi, meno tristi ecclesialmente e socialmente, un uomo come Monsignor Maggiolini sarebbe stato definito un “Confessore della Fede”. E io amo pensarlo così, come un Confessore della Fede. È morto all'avvicinarsi del giorno che la Chiesa ha dedicato alla memoria del grande vescovo e confessore della fede, San Josafat (al secolo Giovanni Kuncewycz), perseguitato a causa della sua fede cattolica nelle lontane regioni della Lituania e della Bielorussia. Come ho detto nel necrologio che ho preparato per il quotidiano Avvenire «la Chiesa in Italia oggi è più povera e anche, certamente, meno coraggiosa».
Mons. Sandro Maggiolini era malato da tempo di Parkinson e tumore. Ha vissuto la malattia da vero cristiano.
Rilascio la mia testimonianza in memoria di Sua Eccellenza Monsignor Maggiolini. “Don Sandro”, come lo chiamavo da quando l'ho conosciuto tanti anni fa, appena uscito dal seminario, era un grande uomo di Chiesa. È stato un grande uomo di Chiesa perché era un grande uomo in sé e di enorme cultura. Egli ha ininterrottamente tenuta aperta nel suo cuore la domanda di senso, di bellezza, di giustizia e di bene. E per questo motivo era scattata, anni e anni prima, ancora in seminario, la sintonia profonda con Monsignor Giussani. Mai in lui la visione della fede è diventata un'ideologia, ma sempre la coscienza di una risposta viva e concreta del mistero di Cristo alla domanda di felicità umana. Per questo la sua era una cultura forte, forte come la vita, e per questo dapprima fu un grande insegnante di Introduzione alla Teologia presso l'Università Cattolica di Milano. Decine e decine di persone sue alunne se lo ricordano ancora come un enorme maestro. Poi fu un geniale direttore di una delle più belle riviste ecclesiali ed ecclesiastiche, La rivista del clero italiano, fondata da padre Agostino Gemelli e Monsignor Francesco Olgiati, negli anni eroici della cristianità italiana. In seguito si rivelò un vescovo concretissimo, prudente e saggio, della piccola diocesi di Carpi per poi finalmente approdare alla grande chiesa di Como. Fu un pastore intelligente, prudente, appassionato innovatore, ma soprattutto grande difensore dell'ortodossia. Monsignor Alessandro Maggiolini ha difeso la verità della fede. Diciamocelo chiaramente: l'ha difesa anche all'interno della stessa Chiesa. È stato anche un perfetto interlocutore del mondo laico. Fu un eccezionale interlocutore perché cosciente della propria identità e quindi assolutamente non disponibile a nessun compromesso. Fu capace perciò di un dialogo vero, di un'interlocuzione reale e positiva. Era un oratore che meritava il rispetto sempre anche dell'avversario a condizione, certo, che quest'ultimo fosse intelligente. E poi è passato alla storia della Chiesa, e ormai ne rimarrà legato per sempre, come uno dei cinque estensori del testo del Catechismo della Chiesta Cattolica. Dispiace solo una cosa, un rammarico che ho sempre espresso anche a lui: che gli altri estensori del Catechismo erano poi stati nominati cardinali, lui no. In altri tempi, meno tristi ecclesialmente e socialmente, un uomo come Monsignor Maggiolini sarebbe stato definito un “Confessore della Fede”. E io amo pensarlo così, come un Confessore della Fede. È morto all'avvicinarsi del giorno che la Chiesa ha dedicato alla memoria del grande vescovo e confessore della fede, San Josafat (al secolo Giovanni Kuncewycz), perseguitato a causa della sua fede cattolica nelle lontane regioni della Lituania e della Bielorussia. Come ho detto nel necrologio che ho preparato per il quotidiano Avvenire «la Chiesa in Italia oggi è più povera e anche, certamente, meno coraggiosa».
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