“L’uomo eterno” è un saggio, non semplice ma a dir poco audace, di storia universale scritto da Chesterton nel 1925 e pubblicato in Italia prima nel 1930 e, finalmente, oggi ripubblicato grazie alla caparbietà dell’editore calabrese Rubbettino. È uno dei capolavori dello scrittore inglese, senz’altro, dopo “Ortodossia”, il suo saggio più riuscito.
Manca quella gioia spensierata e sprizzante presente in ogni pagina del saggio del 1908. Qui invece Chesterton si è fatto più maturo e, forse più dolente: se in “Ortodossia” c’era la gioia di scoprirsi cristiano, ne “L’uomo eterno” c’è quasi lo stupore e il rammarico di scoprire un mondo che non è più cristiano, che ha perso l’antica letizia, un mondo che avendo perso il gusto del dialogo con Dio, ha smarrito anche quella bussola preziosa, il cristianesimo, formidabile strumento capace di rendere umana l’umanità. Il saggio ruota attorno al tema della «umanizzazione» e, pur avendo la pretesa di essere un libro di storia universale, per la gioia di ferventi ammiratori di Chesterton, come Borges, non contiene neanche una data.
In effetti a Chesterton non servono le date, i dettagli, lui va al cuore del problema e coglie che la vera rivoluzione della storia, quella che non solo l’ha spaccata in due ma l’ha anche messa in moto, è stata l’avvento di Cristo. Di conseguenza lo scrittore inglese ha anche lui suddiviso la sua storia in due parti: nella prima si concentra nel descrivere «l’uomo nella caverna», mentre la seconda sarà dedicata alla storia di «Dio nella caverna». L’uomo preistorico e Cristo sono i due pilastri su cui Chesterton impernia la sua personalissima e affascinante ricostruzione dell’avventura umana. È l’Incarnazione che infatti ha riscattato l’uomo, il fatto cioè che il Dio dei cristiani non è rimasto sull’Olimpo, altero e irraggiungibile, ma ha preferito fare tutto il cammino, faticoso ed esaltante, di ogni singolo uomo, partendo dalla fragilità estrema di un bambino avvolto in fasce nel freddo di una caverna-mangiatoia.
«Il mondo pagano, come tale, non avrebbe mai preso sul serio l’idea che il bambino è una cosa più alta e più sacra dell’uomo... Peter Pan non appartiene al mondo di Pan, ma al mondo di Pietro». È al mondo di Pietro, cioè del cristianesimo, che è ascrivibile quel progresso umano vero, non astratto o utopistico, su cui ancora oggi si può fondare la dignità di quello strano essere chiamato uomo: «…un essere veramente strano: strano quasi nel senso che è straniero a questa terra ... solo, fra tutti gli animali, è scosso dalla benefica follia del riso; quasi avesse afferrato qualche segreto di una più vera forma dell’universo e lo volesse celare all’universo stesso». E al termine di questo libro viene da pensare che anche il sorridente Chesterton abbia afferrato il segreto dell’universo e lo abbia voluto raccontare allo smaliziato lettore del 1925, purtroppo molto simile al disincantato lettore di oggi.
“L’uomo eterno”, Chesterton, Rubbettino, 18 euro
3 novembre 2008
2 commenti:
Rubbettino e Lindau sono sicuramente due case editrici da tenere d'occhio; da quello che risulta dal sito tolkieniano soronel.it la lindau a gennaio 2009 dovrebbe pubblicare un saggio di Caldecott su Tolkien, ne sai qualcosa di più?
Glielo chiediamo subito.
Caldecott è uno dei massimi esperti di Chesterton.
Vi informeremo.
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