I consigli religiosi islamici di sette stati malaysiani ammessi al processo che vede il settimanale della diocesi di Kuala Lumpur contrapposto al governo. Oggetto della disputa il divieto di utilizzare la parola “Allah” nelle pubblicazioni non musulmane. la comunità sikh scende al fianco dei cattolici.
Kuala Lumpur (AsiaNews) - I Consigli religiosi islamici di sette stati malaysiani e la Malaysian Chinese Muslim Association (Macma) si rivolgono alla Corte federale per il divieto dell’uso della parola “Allah” nel settimanale cattolico Herald. I rappresentanti musulmani di Terengganu, Penang, Selangor, Kedah, Johor, Malacca e del territorio federale di Kuala Lumpur vogliono che la Corte verifichi se il dettato della legge relativa al caso è stato applicato secondo i principi costituzionali.
La Costituzione malaysiana garantisce piena libertà religiosa a tutte le confessioni, tuttavia un’ordinanza del Ministero della sicurezza interna (Isma) pubblicata nel 1986 proibisce l’uso della parola “Allah” nelle pubblicazioni delle comunità non islamiche. Tuttavia questa legge non era mai stata applicata con decisione. A complicare il caso del’Herald, come di altre riviste non musulmane, si aggiunge anche il fatto che nel Paese operano due sistemi giuridici paralleli: uno federale-civile, regolato dalla Costituzione, ed uno di tipo giuridico-religioso che dovrebbe essere competente solo per i musulmani ed è regolato dalle leggi coraniche.
La vicenda della rivista di Kuala Lumpur è scoppiata nel dicembre dello scorso anno. Il Ministero della sicurezza interna aveva vietato all’Herald di scrivere nei suoi articoli il termine “Allah” affermando che il suo utilizzo “da parte di non islamici può far crescere tensioni e creare confusione fra i musulmani del Paese”. Il divieto paventava il rischio di chiusura per l’unico giornale cattolico del Paese che con le sue 12mila copie e 50mila lettori è l’unico strumento di comunicazione per gli 850mila fedeli.
Negli ultimi giorni del 2007, dopo le proteste della comunità cattolica, il Ministero della sicurezza aveva ritirato l’ingiunzione, ma il 5 gennaio 2008 era intervenuto nella disputa il ministro degli affari islamici ribadendo il divieto. Rivendicando il diritto ad utilizzare la parola “Allah”, l’Herald aveva quindi optato per la via giudiziaria e l’arcivescovo della diocesi di Kuala Lumpur, mons. Murphy Pakiam, ha portato il governo in tribunale (nella foto il vescovo con i legali ad un'audizione dello scorso aprile).
Ora i sette stati ed il Macma sono stati ammessi dalla corte ad intervenire nella disputa e nominati come parti in causa nella revisione del procedimento iniziato dall’arcivescovo della capitale. Nel frattempo il Malaysian Gurdwaras Council (Mgc), gruppo sikh malese, è sceso in campo al fianco dei cattolici dell’Herald. Il presidente del Mgc, Jagjit Singh, ha informato la corte di voler presentare alla Camera del procuratore generale una documentazione che escluderebbe i consigli islamici dal dibattimento.
Stando alla documentazione del Mgc, una richiesta di vietare l’utilizzo della parola “Allah” per i non musulmani era stato presentato a Perak dieci anni fa. Il primo ministro di allora Tun Dr Mahathir Mohamad aveva comunicato alle parti in causa che non sussisteva materia per procedere. Jagjit oggi sollecita il primo ministro Datuk Seri Abdullah Ahmad Badawi di utilizzare lo stesso approccio per il caso dell’Herald.
Jagjit ha chiesto alla corte di aggiornare l’audizione con la richiesta del Mgc. Il guidice Lau Bee Lan, cui compete il caso, ha fissato per il 27 febbraio prossimo la data in cui decidere se permettere alle parti di presentare una deposizione come richiesto per la revisione giudiziale.
Kuala Lumpur (AsiaNews) - I Consigli religiosi islamici di sette stati malaysiani e la Malaysian Chinese Muslim Association (Macma) si rivolgono alla Corte federale per il divieto dell’uso della parola “Allah” nel settimanale cattolico Herald. I rappresentanti musulmani di Terengganu, Penang, Selangor, Kedah, Johor, Malacca e del territorio federale di Kuala Lumpur vogliono che la Corte verifichi se il dettato della legge relativa al caso è stato applicato secondo i principi costituzionali.
La Costituzione malaysiana garantisce piena libertà religiosa a tutte le confessioni, tuttavia un’ordinanza del Ministero della sicurezza interna (Isma) pubblicata nel 1986 proibisce l’uso della parola “Allah” nelle pubblicazioni delle comunità non islamiche. Tuttavia questa legge non era mai stata applicata con decisione. A complicare il caso del’Herald, come di altre riviste non musulmane, si aggiunge anche il fatto che nel Paese operano due sistemi giuridici paralleli: uno federale-civile, regolato dalla Costituzione, ed uno di tipo giuridico-religioso che dovrebbe essere competente solo per i musulmani ed è regolato dalle leggi coraniche.
La vicenda della rivista di Kuala Lumpur è scoppiata nel dicembre dello scorso anno. Il Ministero della sicurezza interna aveva vietato all’Herald di scrivere nei suoi articoli il termine “Allah” affermando che il suo utilizzo “da parte di non islamici può far crescere tensioni e creare confusione fra i musulmani del Paese”. Il divieto paventava il rischio di chiusura per l’unico giornale cattolico del Paese che con le sue 12mila copie e 50mila lettori è l’unico strumento di comunicazione per gli 850mila fedeli.
Negli ultimi giorni del 2007, dopo le proteste della comunità cattolica, il Ministero della sicurezza aveva ritirato l’ingiunzione, ma il 5 gennaio 2008 era intervenuto nella disputa il ministro degli affari islamici ribadendo il divieto. Rivendicando il diritto ad utilizzare la parola “Allah”, l’Herald aveva quindi optato per la via giudiziaria e l’arcivescovo della diocesi di Kuala Lumpur, mons. Murphy Pakiam, ha portato il governo in tribunale (nella foto il vescovo con i legali ad un'audizione dello scorso aprile).
Ora i sette stati ed il Macma sono stati ammessi dalla corte ad intervenire nella disputa e nominati come parti in causa nella revisione del procedimento iniziato dall’arcivescovo della capitale. Nel frattempo il Malaysian Gurdwaras Council (Mgc), gruppo sikh malese, è sceso in campo al fianco dei cattolici dell’Herald. Il presidente del Mgc, Jagjit Singh, ha informato la corte di voler presentare alla Camera del procuratore generale una documentazione che escluderebbe i consigli islamici dal dibattimento.
Stando alla documentazione del Mgc, una richiesta di vietare l’utilizzo della parola “Allah” per i non musulmani era stato presentato a Perak dieci anni fa. Il primo ministro di allora Tun Dr Mahathir Mohamad aveva comunicato alle parti in causa che non sussisteva materia per procedere. Jagjit oggi sollecita il primo ministro Datuk Seri Abdullah Ahmad Badawi di utilizzare lo stesso approccio per il caso dell’Herald.
Jagjit ha chiesto alla corte di aggiornare l’audizione con la richiesta del Mgc. Il guidice Lau Bee Lan, cui compete il caso, ha fissato per il 27 febbraio prossimo la data in cui decidere se permettere alle parti di presentare una deposizione come richiesto per la revisione giudiziale.
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