Da Il Giornale - non ci si crede...
Roma - I rasta possono girare con qualche dose di marijuana perché "secondo le notizie relative alle caratteristiche comportamentali degli adepti di tale religione di origine ebraica, la marijuana non è utilizzata solo come erba medicinale, ma anche come erba meditativa". Lo ha affermato la Corte di Cassazione con una sentenza di oggi. La VI sezione penale ha annullato con rinvio la condanna inflitta a un 44enne di Perugia che era stato sorpreso dalle forze dell’ordine con 97,3 grammi di marijuana nella macchina. Lui si era difeso sostenendo di essere un adepto alla religione rastafariana e che quindi "l’erba sacra doveva essere consumata fino a 10 grammi al giorno".
Condanna Il tribunale di Terni, a settembre del 2002, lo aveva dichiarato colpevole per illecita detenzione a fine di spaccio e, dandogli le attenuanti, lo aveva condannato a un anno e quattro mesi di carcere oltre a 4mila euro di multa. La Corte d’appello di Perugia, a dicembre del 2004, aveva confermato il verdetto ribadendo il fatto che quella quantità non poteva essere considerata per esclusivo uso personale.
Ricorso Contro questa decisione l’uomo ha fatto ricorso in Cassazione e lo ha vinto: gli ermellini lo hanno accolto rinviando alla Corte d’appello di Firenze affinché riconsideri il caso tenendo presente che la tradizione religiosa prevede l’uso della marijuana come "erba meditativa, come tale possibile apportatrice dello stato psicofisico inteso alla contemplazione nella preghiera, nel ricordo e nella credenza che l’erba sacra sia cresciuta sulla tomba di Re Salomone, chiamato il Re Saggio, e da esso ne tragga la forza, come si evince da notizie di testi che indicano le caratteristiche di detta religione". Tra l’altro, il 44enne, una volta imbattutosi nelle Forze dell’ordine, aveva consegnato spontaneamente la marijuana, non preconfezionata in dosi ma sfusa. Tutti elementi, questi, che la Corte territoriale fiorentina dovrà tenere in considerazione per rivalutare il caso e per decidere, quindi, se togliere la condanna oppure confermarla.
Roma - I rasta possono girare con qualche dose di marijuana perché "secondo le notizie relative alle caratteristiche comportamentali degli adepti di tale religione di origine ebraica, la marijuana non è utilizzata solo come erba medicinale, ma anche come erba meditativa". Lo ha affermato la Corte di Cassazione con una sentenza di oggi. La VI sezione penale ha annullato con rinvio la condanna inflitta a un 44enne di Perugia che era stato sorpreso dalle forze dell’ordine con 97,3 grammi di marijuana nella macchina. Lui si era difeso sostenendo di essere un adepto alla religione rastafariana e che quindi "l’erba sacra doveva essere consumata fino a 10 grammi al giorno".
Condanna Il tribunale di Terni, a settembre del 2002, lo aveva dichiarato colpevole per illecita detenzione a fine di spaccio e, dandogli le attenuanti, lo aveva condannato a un anno e quattro mesi di carcere oltre a 4mila euro di multa. La Corte d’appello di Perugia, a dicembre del 2004, aveva confermato il verdetto ribadendo il fatto che quella quantità non poteva essere considerata per esclusivo uso personale.
Ricorso Contro questa decisione l’uomo ha fatto ricorso in Cassazione e lo ha vinto: gli ermellini lo hanno accolto rinviando alla Corte d’appello di Firenze affinché riconsideri il caso tenendo presente che la tradizione religiosa prevede l’uso della marijuana come "erba meditativa, come tale possibile apportatrice dello stato psicofisico inteso alla contemplazione nella preghiera, nel ricordo e nella credenza che l’erba sacra sia cresciuta sulla tomba di Re Salomone, chiamato il Re Saggio, e da esso ne tragga la forza, come si evince da notizie di testi che indicano le caratteristiche di detta religione". Tra l’altro, il 44enne, una volta imbattutosi nelle Forze dell’ordine, aveva consegnato spontaneamente la marijuana, non preconfezionata in dosi ma sfusa. Tutti elementi, questi, che la Corte territoriale fiorentina dovrà tenere in considerazione per rivalutare il caso e per decidere, quindi, se togliere la condanna oppure confermarla.
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