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(...) Chi ha scritto il discorso del presidente della Camera ha commesso a mio avviso un’imprudenza, perché da quel passaggio ne veniva l’idea di una Chiesa acquiescente e muta di fronte alla legislazione antisemita. Le cose non stanno così: Pio XI parlò subito dopo la pubblicazione del “Manifesto della razza” per tre volte, al punto che il governo fascista (che non amava le opposizioni, come insegna il caso Matteotti, e forse Fini facendo chiamate in correità alla Chiesa e alla società italiana lo dimentica un po’ troppo facilmente) mise il bavaglio agli organi di stampa cattolica proibendo per decreto che prendessero posizioni contrarie. Dopo la promulgazione delle leggi razziali, il Vaticano fece il possibile, con trattative tesissime, per mitigarne - invano - gli effetti. Come ha ricordato padre Sale, Pio XI fu l’unica autorità pubblica a intervenire contro la discriminazione degli ebrei. Capisco la necessità di Fini di chiudere certe pagine di storia, ma devo dire che mi ha piuttosto sconcertato sentire richiami alla Chiesa e alla società italiana da un esponente politico che ha militato in un partito che per anni ha fatto riferimento a radici innestate nel Ventennio. Le leggi razziali non le hanno promulgate la Chiesa o la società italiana, ma il governo di Benito Mussolini. Il presidente della Camera, vista la sua figura istituzionale, poteva chiarire meglio il senso del suo discorso. Ma evidentemente lui - o chi glielo ha scritto - non conosceva bene quella pagina di storia, come ha dichiarato il gesuita padre Sale, che su “Civiltà Cattolica” ha affrontato più volte l’argomento sulla base dei documenti degli archivi vaticani.
1 commento:
Un'ammissione di colpa a metà è peggio di nessun pentimento. Far l'esame di coscienza agli altri son capaci tutti. Solo la Chiesa ha avuto il coraggio di chiedere perdono per le proprie colpe, senza se e senza ma. Ecco perché essa durerà, al contrario dei piccoli e meschini partituzzi.
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