Intervista a Paolo Gulisano, nostro vicepresidente, saggista e medico. Con un’appendice su Eluana Englaro.
Un ciclo di conferenze per riscoprire le "radici cristiane" d’Europa e conoscere i pilastri fondanti
della nostra identità. In quest’ottica, il circolo "J. Maritain" di San Martino in Rio ha ben pensato di invitare– venerdì 21 novembre, nel teatro parrocchiale di Barco di Bibbiano – Paolo Gulisano,per un incontro sullo scrittorecattolico inglese Chesterton. Il dottor Gulisano – milanese, classe 1959 – è noto anzitutto in quanto prolifico e apprezzato saggista. Fra i libri che ha scritto figurano alcune "guide alla lettura" de Il Signore degli Anelli e Le Cronache di Narnia,
opere letterarie di indiscusso valore, oggi note algrande pubblico anche grazie alle trasposizioni cinematografiche.
Saggi quali "C.S. Lewis.Tra fantasy e Vangelo" e "J.R.R. Tolkien: il mito e la grazia" sono illuminanti nel mostrare, anche nei particolari,la sottesa simbologia e il messaggio cristiano che li permea. Forse non è un caso che gli amici Chesterton, Tolkien e Lewis fossero uniti in una comunanza di pensiero e ideali.
Il titolo di dottore attribuito a Paolo Gulisano non è solo un'attestazione di cortesia e stima nei suoi confronti.
Gulisano infatti è anche medico chirurgo – specialista epidemiologo – e presidente del Centro di Aiuto alla Vita di Lecco. Considerata l'ampiezza della sua preparazione scientifica e culturale – non esclusi temi e problemi d'attualità (collabora con quotidiani quali "L'Osservatore Romano" e con svariate riviste tra cui "Il Timone") – lo abbiamo intervistato. Scoprendo sorprendenti correlazioni fra temi apparentemente lontani e non comunicanti.
Dottor Gulisano, cominciamo dal protagonista dell'incontro: chi era Gilbert Keith Chesterton?
Complicato sintetizzare, in una risposta, la ricchezza intellettuale e umana di questa figura... Anzitutto va detto che in Italia Chesterton – nato nel 1874, morto nel 1936 – è collegato quasi esclusivamente al fortunato personaggio di "padre Brown", il prete-detective uscito dalla sua brillante penna di scrittore e portato in tv in versione sceneggiato a partire dai primi anni ’70, dal grande Renato Rascel.
Dunque, c'è più di padre Brown...
Non temo di affermare che Chesterton è uno degli autori più geniali ed eclettici della letteratura del XX secolo. Dagli stessi racconti di padre Brown trapela quella visione nuova, originalissima e per molti aspetti ancora tutta da riscoprire e valorizzare che è l'apologetica.
Apologetica come difesa della fede?
Sì, ma intesa nel suo senso nobile di "amore per la Verità, nella Carità". Chesterton denunciava puntualmente le aberrazioni della modernità, ma senza anatemi.
Entriamo nel merito dell'incontro: umorismo cristiano in Chesterton".
Sono due aspetti fondamentali del suo pensiero e vissuto. Quest'anno ricorre il centenario – era infatti il 1908 – della pubblicazione di Ortodossia, una delle sue opere più importanti: scritta quando Chesterton era ancora sulla via della conversione, contiene già, in embrione, un fortissimo pensiero cristiano.
Lei sostiene che Chesterton fosse europeo autentico, quindi cristiano autentico. Oggi non è altrettanto facile accostare, addirittura identificare le due cose...
Ma neppure allora. Tantomeno nella patria di Chesterton. Vede, il nostro autore – anglicano di formazione, approdato al cattolicesimo dopo un itinerario di ricerca – nel suo Paese respirò sin dall'infanzia quella che potremmo definire la "persecuzione del ridicolo". Nell'Inghilterra dell'Ottocento – dominata dal pensiero scientista e positivista, 'lontana' dal vento della Controriforma – il cattolicesimo era irriso e sbeffeggiato.
E come riesce Chesterton a conservare il suo sense of humour in un clima simile, di ostilità, quando non – peggio – di indifferenza?
La sua apologia si avvale dei paradossi, che smascherano menzogne e ipocrisie. È il sorriso dell'innocenza. Non fa sconti a nessuno, Chesterton, sui princìpi fondamentali. Ma cerca di valorizzare sempre il buono, il bello della vita e, soprattutto, del cristianesimo. Il gigantesco, straordinario segreto del cristiano – ebbe a dire – è la gioia.
Ma non si rischia una fede edulcorata, che smussa asperità e asprezze, che tace il dolore?
Nient'affatto. Chesterton sa bene cosa intende quando parla di gioia. Lui, che è passato per la "notte nera" della depressione e dell'ossessione per il male, messo alla prova, come il Giobbe biblico, sino ai limiti della disperazione. "Nessun uomo" – scriverà ne Il segreto di padre Brown – "può essere veramente buono finché non conosce la propria malvagità, o quella che potrebbe avere".
Una visione tutt'altro che ingenua. E che cosa intendeva Chesterton quando affermò che "Il mondo moderno ha subìto un tracollo mentale molto più consistente del tracollo morale"?
Torniamo qui al concetto di "ortodossia", che per lui è il "retto pensare". Chesterton era persuaso che la conseguenza più deleteria della scristianizzazione non è lo smarrimento etico – pur grave – ma lo smarrimento della ragione. Un’umanità senza Dio, traviata dall’ideologia non riesce più a pensare. Occorre quindi tornare a una giusta "ratio", via maestra all’autentica fede.
Ai cattolici cos’ha da dire, oggi, Chesterton?
Lui – che è come se avesse vissuto in anticipo, nel suo tempo, la condizione minoritaria che la fede conosce attualmente da noi – riuscì a sviluppare gli anticorpi all’ideologia, al pensiero e alla coscienza sviati della "modernità". Leggerlo e meditarlo potrebbe avere effetti molto salutari.
Parliamo ora di un autore delle nostre parti, restando in tema di letteratura e... di "centenari" (visto che quest’anno ne ricordiamo la nascita,avvenuta nel 1908). Di recente lei ha scritto “Quel cristiano di Guareschi”... Credo che tutta l’arte di questo intellettuale, così libero e difficilmente classificabile, sia intrisa di spirito cristiano.
Guareschi finì internato in un campo di prigionia per non aver riconosciuto l’autorità del re, ma era pronto anche a difendere le ragioni di Dio contro le pretese dell’ideologia comunista (ecco il senso più vero della saga di don Camillo e Peppone). Era a pieno titolo un esponente dell’umorismo e del buon senso cristiano professato da Chesterton.
E non è da escludere che si ispirasse anche a lui.
Altro argomento. Hanno fatto parlare, in questi giorni, gli appelli da lei lanciati sul caso Eluana...
Come presidente del Cav di Lecco ho anzitutto chiesto che siano mostrate immagini di Eluana così com’è ora. Subito si è parlato di disumanità, violazione della privacy… Ma credo che far vedere sempre, solo, sistematicamente le foto di "quella ragazza di 18 anni piena di vita" sia come dire: "Eluana non c’è più". E invece Eluana c’è ancora, vive. È diversa, sì. Ha un altro volto, un altro aspetto. Ma è una persona, non un vegetale. E l’altra presa di posizione? Concerne un aspetto mai messo in evidenza finora: la sentenza, tanto dibattuta, in realtà, non obbliga ma permette che la giovane donna sia lasciata morire. Il che, giuridicamente, significa: si può fare senza che l’esecutore ne risponda penalmente. Ma non c’è alcun vincolo a farlo. Come invece – con evidente forzatura – vogliono far passare i legali degli Englaro.
Più che condanna a morte è "licenza di uccidere"...
Per questo ho chiesto pubblicamente che nessun medico o infermiere se ne faccia responsabile.
Il mio auspicio è che si crei una sorta di positiva disobbedienza civile.
A cura di Matteo Gelmini
Un ciclo di conferenze per riscoprire le "radici cristiane" d’Europa e conoscere i pilastri fondanti
della nostra identità. In quest’ottica, il circolo "J. Maritain" di San Martino in Rio ha ben pensato di invitare– venerdì 21 novembre, nel teatro parrocchiale di Barco di Bibbiano – Paolo Gulisano,per un incontro sullo scrittorecattolico inglese Chesterton. Il dottor Gulisano – milanese, classe 1959 – è noto anzitutto in quanto prolifico e apprezzato saggista. Fra i libri che ha scritto figurano alcune "guide alla lettura" de Il Signore degli Anelli e Le Cronache di Narnia,
opere letterarie di indiscusso valore, oggi note algrande pubblico anche grazie alle trasposizioni cinematografiche.
Saggi quali "C.S. Lewis.Tra fantasy e Vangelo" e "J.R.R. Tolkien: il mito e la grazia" sono illuminanti nel mostrare, anche nei particolari,la sottesa simbologia e il messaggio cristiano che li permea. Forse non è un caso che gli amici Chesterton, Tolkien e Lewis fossero uniti in una comunanza di pensiero e ideali.
Il titolo di dottore attribuito a Paolo Gulisano non è solo un'attestazione di cortesia e stima nei suoi confronti.
Gulisano infatti è anche medico chirurgo – specialista epidemiologo – e presidente del Centro di Aiuto alla Vita di Lecco. Considerata l'ampiezza della sua preparazione scientifica e culturale – non esclusi temi e problemi d'attualità (collabora con quotidiani quali "L'Osservatore Romano" e con svariate riviste tra cui "Il Timone") – lo abbiamo intervistato. Scoprendo sorprendenti correlazioni fra temi apparentemente lontani e non comunicanti.
Dottor Gulisano, cominciamo dal protagonista dell'incontro: chi era Gilbert Keith Chesterton?
Complicato sintetizzare, in una risposta, la ricchezza intellettuale e umana di questa figura... Anzitutto va detto che in Italia Chesterton – nato nel 1874, morto nel 1936 – è collegato quasi esclusivamente al fortunato personaggio di "padre Brown", il prete-detective uscito dalla sua brillante penna di scrittore e portato in tv in versione sceneggiato a partire dai primi anni ’70, dal grande Renato Rascel.
Dunque, c'è più di padre Brown...
Non temo di affermare che Chesterton è uno degli autori più geniali ed eclettici della letteratura del XX secolo. Dagli stessi racconti di padre Brown trapela quella visione nuova, originalissima e per molti aspetti ancora tutta da riscoprire e valorizzare che è l'apologetica.
Apologetica come difesa della fede?
Sì, ma intesa nel suo senso nobile di "amore per la Verità, nella Carità". Chesterton denunciava puntualmente le aberrazioni della modernità, ma senza anatemi.
Entriamo nel merito dell'incontro: umorismo cristiano in Chesterton".
Sono due aspetti fondamentali del suo pensiero e vissuto. Quest'anno ricorre il centenario – era infatti il 1908 – della pubblicazione di Ortodossia, una delle sue opere più importanti: scritta quando Chesterton era ancora sulla via della conversione, contiene già, in embrione, un fortissimo pensiero cristiano.
Lei sostiene che Chesterton fosse europeo autentico, quindi cristiano autentico. Oggi non è altrettanto facile accostare, addirittura identificare le due cose...
Ma neppure allora. Tantomeno nella patria di Chesterton. Vede, il nostro autore – anglicano di formazione, approdato al cattolicesimo dopo un itinerario di ricerca – nel suo Paese respirò sin dall'infanzia quella che potremmo definire la "persecuzione del ridicolo". Nell'Inghilterra dell'Ottocento – dominata dal pensiero scientista e positivista, 'lontana' dal vento della Controriforma – il cattolicesimo era irriso e sbeffeggiato.
E come riesce Chesterton a conservare il suo sense of humour in un clima simile, di ostilità, quando non – peggio – di indifferenza?
La sua apologia si avvale dei paradossi, che smascherano menzogne e ipocrisie. È il sorriso dell'innocenza. Non fa sconti a nessuno, Chesterton, sui princìpi fondamentali. Ma cerca di valorizzare sempre il buono, il bello della vita e, soprattutto, del cristianesimo. Il gigantesco, straordinario segreto del cristiano – ebbe a dire – è la gioia.
Ma non si rischia una fede edulcorata, che smussa asperità e asprezze, che tace il dolore?
Nient'affatto. Chesterton sa bene cosa intende quando parla di gioia. Lui, che è passato per la "notte nera" della depressione e dell'ossessione per il male, messo alla prova, come il Giobbe biblico, sino ai limiti della disperazione. "Nessun uomo" – scriverà ne Il segreto di padre Brown – "può essere veramente buono finché non conosce la propria malvagità, o quella che potrebbe avere".
Una visione tutt'altro che ingenua. E che cosa intendeva Chesterton quando affermò che "Il mondo moderno ha subìto un tracollo mentale molto più consistente del tracollo morale"?
Torniamo qui al concetto di "ortodossia", che per lui è il "retto pensare". Chesterton era persuaso che la conseguenza più deleteria della scristianizzazione non è lo smarrimento etico – pur grave – ma lo smarrimento della ragione. Un’umanità senza Dio, traviata dall’ideologia non riesce più a pensare. Occorre quindi tornare a una giusta "ratio", via maestra all’autentica fede.
Ai cattolici cos’ha da dire, oggi, Chesterton?
Lui – che è come se avesse vissuto in anticipo, nel suo tempo, la condizione minoritaria che la fede conosce attualmente da noi – riuscì a sviluppare gli anticorpi all’ideologia, al pensiero e alla coscienza sviati della "modernità". Leggerlo e meditarlo potrebbe avere effetti molto salutari.
Parliamo ora di un autore delle nostre parti, restando in tema di letteratura e... di "centenari" (visto che quest’anno ne ricordiamo la nascita,avvenuta nel 1908). Di recente lei ha scritto “Quel cristiano di Guareschi”... Credo che tutta l’arte di questo intellettuale, così libero e difficilmente classificabile, sia intrisa di spirito cristiano.
Guareschi finì internato in un campo di prigionia per non aver riconosciuto l’autorità del re, ma era pronto anche a difendere le ragioni di Dio contro le pretese dell’ideologia comunista (ecco il senso più vero della saga di don Camillo e Peppone). Era a pieno titolo un esponente dell’umorismo e del buon senso cristiano professato da Chesterton.
E non è da escludere che si ispirasse anche a lui.
Altro argomento. Hanno fatto parlare, in questi giorni, gli appelli da lei lanciati sul caso Eluana...
Come presidente del Cav di Lecco ho anzitutto chiesto che siano mostrate immagini di Eluana così com’è ora. Subito si è parlato di disumanità, violazione della privacy… Ma credo che far vedere sempre, solo, sistematicamente le foto di "quella ragazza di 18 anni piena di vita" sia come dire: "Eluana non c’è più". E invece Eluana c’è ancora, vive. È diversa, sì. Ha un altro volto, un altro aspetto. Ma è una persona, non un vegetale. E l’altra presa di posizione? Concerne un aspetto mai messo in evidenza finora: la sentenza, tanto dibattuta, in realtà, non obbliga ma permette che la giovane donna sia lasciata morire. Il che, giuridicamente, significa: si può fare senza che l’esecutore ne risponda penalmente. Ma non c’è alcun vincolo a farlo. Come invece – con evidente forzatura – vogliono far passare i legali degli Englaro.
Più che condanna a morte è "licenza di uccidere"...
Per questo ho chiesto pubblicamente che nessun medico o infermiere se ne faccia responsabile.
Il mio auspicio è che si crei una sorta di positiva disobbedienza civile.
A cura di Matteo Gelmini
Nessun commento:
Posta un commento